Capitolo 10
Mancavano
cinque giorni alla festa, quando Taichi si presentò a casa
sua. Erano un paio
di settimane che non si parlavano quasi più. Non che
avessero motivo di
disaccordo, semplicemente per un tacito patto di rispetto nei confronti
dei
rispettivi amici. Fu perciò con una certa sorpresa che
Rumiko lo fece
accomodare nel salotto.
-
È
da un po’ che non vengo da te. –
commentò allegro.
In
effetti era vero, anche perché la ragazza passava meno tempo
in casa.
Trascorreva i pomeriggi in compagnia di Daisuke o di Sora.
-
Senti,
so che ti potrà sembrare un po’ strano,
ma… ti va di venire con me ad una
festa? –
-
Ti
riferisci a quella delle scuole medie? –
-
Sì,
come facevi a saperlo? –
-
Daisuke
me ne ha parlato e mi ha convinta ad accettare l’invito.
–
-
Daisuke
ti farà da cavaliere?! – sgranò gli
occhi.
-
Già,
sai com’è, per non essere secondo a
Takeru… -
-
Allora
lo sai che ci viene anche Yamato? –
-
Sì.
–
-
E
hai deciso di venire lo stesso? –
-
Non
intendo diventare una suora in clausura a causa sua, perciò
non vedo perché
rintanarmi in casa. In fondo è Natale, no? –
-
Mi
sembra di sentire Daisuke parlare dello spirito natalizio! –
sospirò lui.
-
Forse
hai ragione, non devo farmi influenzare troppo. – sorrise.
Lui
la guardò un attimo.
-
Mi
sembri allegra. Sai, negli ultimi tempi ci sono stati un po’
di… casini. Perciò
non ho potuto avvicinarmi troppo, capisci? –
-
Sì,
non preoccuparti. Sto bene. –
-
Mi
fa davvero piacere. Sono stato in pensiero per te… -
-
Grazie…
ma non ce n’era bisogno. – arrossì
leggermente – Sono sempre riuscita a cavarmela
da sola. E poi con me c’erano Daisuke e Sora… -
-
Già,
certo… -
-
Ecco…
perché non inviti lei alla festa? –
-
Come?
–
-
Ma
sì, in fondo non sai con chi andarci, no? –
-
Non
so se accetterà… -
-
Io
penso di sì! – gli sorrise.
-
D’accordo.
Allora ci provo! – si alzò, avviandosi verso
l’uscita – Ma in caso vada a
monte… -
-
Risparmierò
un ballo per te. – sorrise aprendogli la porta.
Taichi
si fermò un attimo sulla soglia.
-
Sai,
mi piace il tuo sorriso, ti rende più… bella.
– commentò tranquillo, per poi
salutarla e scomparire alla sua vista.
-
Più…
bella? – sussurrò tra sé, sfiorandosi
il viso con una mano e accorgendosi di
essere arrossita lievemente.
Fece
per tornare in casa, quando incrociò due iridi azzurre, che
la guardavano
indecifrabili. Poi si affrettò a richiudersi la porta alle
spalle. Il cuore le
batteva forte nel petto.
-
Ok.
–
-
Come
scusa? –
-
Ho
detto che va bene. –
Taichi
la guardò fisso e la rossa divenne in tinta con i capelli.
Insomma, di punto in
bianco si presentava a casa sua, le chiedeva di poterle fare da
cavaliere ad
una festa e poi la fissava con quegli occhi da pesce lesso…
E meno male che era
Natale, o l’avrebbe sbattuto fuori di casa
all’istante! La stava forse
prendendo in…
-
Grazie,
grazie Sora! – le sorrise felice come un bambino, facendole
morire ogni istinto
omicida.
-
Non
devi ringraziarmi, stupido! Sei tu che mi hai invitato nonostante
avessimo
litigato, perciò… -
-
Oh,
ma ormai quella è acqua passata, no? –
-
Sì,
se lo è per te… -
-
Ma
certo! Lo sai che non serbo rancore! –
-
Hai
ragione – gli sorrise dolcemente – non si addice
alla tua personalità. –
Yamato
girovagava per le stanze come un avvoltoio in cerca di una preda, la
mente in
subbuglio.
Poi si sedette sul divano, in mezzo ai libri e i quaderni di scuola. Le
gambe
larghe piantate saldamente al suolo, i gomiti puntellati sulle
ginocchia, il
mento appoggiato alle mani. Guardava avanti a sé, senza
però vedere il
disordine che regnava nella stanza. Il suoi occhi erano lontani, i
pensieri
volavano verso un altro mondo.
Ad un tratto riemerse da quel luogo remoto per tornare alla
realtà. Si guardò
intorno in cerca di qualcosa, impugnò una penna e
afferrò il primo foglio che
gli capitò a tiro. La sua mano si mosse, tracciando segni e
scritte, a tratti
quasi nervosa, poi placida e leggera, un momento tanto pesante da
rischiare di
strappare il pezzo di carta. La sua mente e le sue dita un
tutt’uno. La bocca
si muoveva, gli occhi semichiusi, l’espressione concentrata e
distesa al tempo
stesso.
Dopo pochi minuti si alzò, senza lasciare il prezioso
foglio, raggiunse la
chitarra e provò alcuni accordi. Scarabocchiò
qualcosa sulla superficie
stropicciata e sfiorò ancora le corde con le dita agili e
forti.
Sì, la sensazione era quella giusta… una piccola
modifica e sarebbe stata
perfetta. Sorrise, sereno per la prima volta da molti giorni: forse
aveva
trovato il modo di farsi perdonare.
Era la sera del 23. Daisuke si presentò alla porta numero 17
alle 19.30: era
puntuale. In più aveva indossato il suo abito migliore,
composto da giacca
scura e pantaloni ben stirati, camicia e cravatta. Niente di eclatante,
ma
comunque faceva la sua bella figura. Suonò il campanello e
gli venne aperta la
porta.
Dopo un secondo di stupore, esibì un largo sorriso.
-
Sei
bellissima! –
La
sala era spaziosa e elegante. Fiori bianchi e rossi erano stati
posizionati sui
tavoli del rinfresco, sulle gradinate e vicino al palco. Era una serata
importante, non tanto perché si trattava di una tradizione
degli studenti
dell’ultimo anno della scuola media, quanto per i personaggi
che vi avrebbero
presenziato.
Quando Daisuke e Rumiko fecero il loro ingresso non passarono
inosservati. Il
ragazzo era soddisfatto del figurone che stava facendo. Dal canto suo,
lei
esibiva il miglior sorriso che le riuscisse, camminando a braccetto
dell’amico.
“ Ma chi me l’ha fatto fare? “ si chiese
sconsolata. D’altronde non poteva
certo piantare in asso il suo cavaliere, perciò…
perciò avrebbe dovuto far buon
viso a cattivo gioco.
“ Sperando che questo gioco duri poco! “
Yamato seppe con esattezza quando era entrata, lo avvertì un
piccolo fremito
lungo la schiena.
Con gli occhi vagò tra la folla… e la
trovò.
Indossava un abito di raso viola, corto poco sopra le ginocchia e
abilmente
drappeggiato. Le braccia erano scoperte, il decolleté ampio
ma non per questo
volgare. I capelli erano stati fissati dietro il capo con uno chignon.
Una
ciocca vaporosa ombreggiava un lato del viso luminoso, poco truccato.
Ai piedi,
ragionò il biondo, probabilmente calzava un paio di scarpe
dai tacchi
vertiginosi, vista la ridotta differenza di altezza tra lei e il suo
cavaliere.
La constatazione che il suo accompagnatore fosse Daisuke lo
rincuorò un poco:
era sicuro che sarebbe venuta con Taichi. Se ripensava alle parole
dell’amico e
all’effetto che avevano avuto su di lei… meglio
accantonare la questione,
almeno per il momento.
Però, seppur di nascosto, continuò ad osservarla.
Rumiko non fece caso a quegli occhi puntati su di lei, forse
perché ne aveva
ben altri da tenere a bada. Infatti, da quando avevano messo piede
nella sala,
la coppia era stata letteralmente circondata da una decina di ragazzi,
a cui
presto si erano aggiunti molti altri.
-
Ehi,
Daisuke! Non ci avevi detto di avere una ragazza così
attraente! – scherzò uno.
-
Già,
dove la nascondevi? Cattivo, non si fa così! –
rise un altro.
-
E
pensare che vai ancora dietro a Hikari quando hai a disposizione
una… -
-
Adesso
basta! La mia Hikarina resterà sempre al primo posto!
– li zittì lui.
-
E
allora come spieghi la sua presenza? – disse qualcuno
indicandola – Non l’avrai
pagata, spero! –
-
Ehi,
ma come ti permetti?! – esplose la ragazza in questione
– Innanzitutto abbassa
quel dito! E poi modera i termini, visto che sono più grande
di te! –
-
Ragazzi,
vi presento Rumiko Kitamura, una mia amica! Frequenta
l’ultimo anno delle
superiori. – si mise in mezzo il quindicenne, per tentare di
salvare la
situazione e, soprattutto, i compagni.
-
Ehi,
ma non è la ragazza che ci era venuta a vedere un mesetto
fa? – fece un
ragazzo.
-
Hai
ragione, deve essere proprio lei! Con un caratterino simile…
-
-
Ma
non stava con Kamiya? –
-
No,
non sono mai stati insieme. – spiegò Daisuke, un
po’ infastidito – Sono solo ottimi
amici e compagni di classe. –
-
Ah,
e dovremmo crederti? Non è che sei geloso? –
-
Ma
che dici? – si intromise un secondo – Lui
può sempre ripiegare sulla piccola
Mei. A proposito, dov’è finita? Strano che non ti
sia già saltata addosso! – rise.
-
Che
branco di pettegoli. – sbottò Rumiko, seccata da
simili discorsi.
-
Ma
dai, stavamo solo scherzando! –
-
Io
no. – li mise tutti a tacere.
-
Vedo
che hai già perso le staffe! – scherzò
qualcuno alle sue spalle.
-
Non
mettertici anche tu, Taichi, non è giornata…
–
-
Ma
a Natale sono tutti più buoni! Non puoi deporre
l’ascia di guerra solo per
questa sera? –
-
Va
bene, ma lo faccio solo per non offendere la tua dama. –
accennò ad un sorriso
rivolto alla rossa.
Erano
proprio una bella coppia. Lui era stato messo in tiro, con uno smoking
dal
taglio semplice, anche se i capelli restavano spettinati. Lei indossava
un
abito blu scuro, lungo fino alle caviglie e con uno spacco fino a poco
sopra il
ginocchio. Una fascia le stringeva la vita e le spalle erano scoperte.
I
capelli erano stati raccolti e due piccole ciocche erano tenute dietro
le
orecchie, da cui pendeva una coppia di piccoli orecchini sfavillanti.
-
Vedo
con piacere che alla fine sei riuscito ad invitarla. – disse
Rumiko, stando ben
attenta che l’amica sentisse.
-
Beh,
sì. – sbiascicò il bruno, imbarazzato.
-
Non
so se lui te l’ha già detto, ma sei davvero bella
questa sera, Sora. –
-
Grazie,
ma me l’ha detto anche lui appena mi ha vista…
– sorrise, mentre il ragazzo si grattava
il capo, impacciato.
-
Però
la coppia più bella siamo noi! – si intromise
Daisuke.
-
Certo,
come no. – sospirò lei.
-
Ammettilo
che sono il cavaliere dei tuoi sogni… –
-
Piuttosto
dei suoi incubi! – scherzò Taichi.
Le
due diciottenni trattennero a stento un risolino.
-
Ridete
pure! Ma vi dimostrerò che, oltre a gentilissimo, sono anche
un ottimo
ballerino. –
-
Me
lo auguro… - disse la castana, sconsolata.
-
Vuoi
dire che non l’hai testato
prima di accettare?
– esclamò il bruno.
-
Perché,
Sora l’ha fatto? – protestò il
quindicenne.
-
Non
ne ha bisogno, perché IO non sono un impiastro come te!
–
-
Sono
sicuro che farai una figuraccia! –
-
Vedremo
chi farà una figuraccia, tappo! –
-
Ancora
con sto “tappo”? Sono nella media, va bene?
–
-
Ma
se sei alto quanto la tua dama? –
-
Solo
perché lei ha dei tacchi da paura! –
-
Non
tiratemi in mezzo! Io e le miei scarpette non vi abbiamo fatto nulla.
–
-
Ma
faranno molti qualcosa sui miei
piedi! –
-
Per
un ballerino provetto non dovrebbe essere un problema…
–
-
Colpito
e affondato, Daisuke! –
-
Tu
è meglio se stai zitto, che non sei tanto meglio di lui.
–
-
Sentito?
–
-
E
tu non montarti la testa! Siete entrambi
degli impiastri. –
-
Cattivaaa!
– piagnucolarono i due, sotto lo sguardo inclemente della
castana, tra le risate
della rossa e lo sbalordimento del pubblico.
La
band venne invitata a salire sul palco e, tra gli applausi generali,
diedero
fondo a tutto il loro repertorio.
Rumiko faceva di tutto per non alzare lo sguardo, sapendo cosa, o
meglio chi avrebbe incontrato.
Nella sua mente
lo vedeva, in piedi sotto i riflettori, mentre con una mano teneva il
microfono
e con l’altra impugnava la chitarra. I capelli biondi ad
ombreggiargli il viso
imperlato di sudore e dall’espressione concentrata. I
movimenti sicuri. La camicia
tenuta fuori dai pantaloni, la cravatta allentata che gli pendeva sul
petto.
All’apparenza dimesso, eppure maledettamente elegante.
La sua musica la rapiva. Quanto era cambiata in quelle ultime
settimane… da
orecchiabile era diventata ammaliante, capace di prenderla con il solo
sfiorarla, così soave e vera da sembrare una…
“ Fotografia.”
Al pensiero si sentì scuotere. Aveva fatto come lei gli
aveva detto. L’aveva
ascoltata, seguendo il suo consiglio. Si era impegnato e… ci
era riuscito. Era
riuscito a fondersi con le note, a creare un tutt’uno tra
parole e mente, a
comunicare al cuore delle persone. Al suo
cuore.
Appoggiando il capo alla spalla del suo cavaliere, lasciò
che quei suoni la
avvolgessero.
Taichi e Sora ballavano al centro della pista. La ragazza dapprima
aveva
trattenuto a stento le risate: lui non faceva che pestarle i piedi,
alla faccia
di ciò che aveva detto prima. Poi l’aveva visto in
faccia, concentrato, e un
dolce sorriso aveva sostituito l’ilarità. Era
evidente che stava facendo del
suo meglio e che si sentiva imbarazzato. Provava tenerezza per quel suo
modo di
fare così testardo e orgoglioso, così simile a
quello che aveva da bambino.
Eppure era diverso, così diverso da risultarle a tratti
irriconoscibile. C’era
qualcosa nel suo sguardo, nel suo portamento, nei suoi gesti, nella
linea del
suo mento che lo rendeva… adulto. Per la prima volta lei lo
guardò e pensò che
era davvero carino, ma non come un ragazzo, bensì come un
uomo.
Quel pensiero la fece arrossire, ma le sue braccia si strinsero con
più forza a
lui, senza riserve.
Rumiko e Daisuke stavano ballando, o meglio, lei tentava di evitare i
piedi
dell’altro. Però c’era da dire che il
ragazzo imparava in fretta, dato che
rispetto alla prima mezz’ora le sue scarpe protestavano molto
di meno. Ad un
tratto, lei sentì un brivido tutt’altro che
piacevole percorrerle la schiena e
si voltò leggermente: una ragazza la fissava. Era di
costituzione piccolina,
probabilmente sui quindici anni. I capelli corti e ricci creavano
un’aureola bionda
attorno al suo visino. Indossava un abito rosso fuoco, corto e dal
taglio
semplice. Tuttavia, nonostante fosse carina e di sicuro di indole dolce
e
allegra, in quel momento aveva un’aria ben poco rassicurante.
“ Ma chi è quella? E perché diavolo mi
sta fulminando? Non sto mica facendo
nulla di male! Di certo non può essere un crimine ballare
con… “ ma improvvisamente
le fu tutto chiaro.
-
Ehm,
Daisuke? –
-
Non
dirmi che ti ho pestato di nuovo i piedi! –
-
No,
sta volta non si tratta delle mie scarpe, ma della mia vita. –
-
Ah,
grazie… –
-
Non
mi riferivo a te, ma a lei.
– e lo
fece voltare un poco.
-
Ah,
quella. – commentò.
-
La
conosci, vero? Scommetto che si tratta della tipa di cui mi parlavi.
Com’è che
hanno detto che si chiama? …Kotobugi? –
-
Kotobuki.
Mei Kotobuki, alias la mia rovina! –
-
Non
essere antipatico, non ti si addice. – lo
rimproverò gentilmente.
-
Va
bene, scusami… -
Lei
lo trasse un attimo da parte e si sedettero.
-
Ah,
finalmente un po’ di riposo per le mie povere membra! Allora,
mi vuoi spiegare
cos’è questa storia? –
-
Niente
di che, è solo una svitata. –
-
Sarà
anche una svitata, ma ciò non cambia che abbia intenzioni
omicide nei miei
confronti. –
-
Non
ti preoccupare, ci sono io a proteggerti! –
-
Lo
sai che questo non mi conforta
affatto? – commentò acida – Non mi hai
ancora spiegato perché l’hai rifiutata.
–
-
Ma
te l’ho già detto che la mia Hikarina è
al primo posto nella… -
-
Sii
serio, Dai. Lo sappiamo tutti e due che il motivo non è
certo quello. Insomma,
potrai essere cotto e stracotto, ma dopo anni e anni avrai capito che
non hai
speranza, no? Anche questa sera lei è venuta con Takeru.
–
-
Lo
so, ma non si sono ancora messi insieme, perciò… -
-
Perciò
cosa? Sono solo timidi oltre natura, ma lo sanno tutti che sono fatti
l’uno per
l’altro. –
-
Hai
ragione. Lo so che hai ragione, eppure io… -
-
Se
ti impunti in questo modo non otterrai nulla, anzi: rischi di rimanere
da solo.
–
-
Ma
ci sei tu qui con me… –
-
Sì,
ora. Ma non per sempre, lo capisci? –
Lui
abbassò lo sguardo e lei addolcì il tono,
prendendolo per mano.
-
Tu
sei un ragazzo gentile e affettuoso, un tipo che merita di essere
amato.
Potresti fare felici molte ragazze. –
-
Lo
dici solo per consolarmi. –
-
Lo
sai che non è mia abitudine farlo. Sono oggettiva e se dico
che potresti, anzi,
dovresti legarti
ad un’altra ragazza, sono seria. –
-
Perché
dovrei? –
-
Perché
ne hai bisogno. – sospirò – Prendi me,
ad esempio: io sono una di quelle
persone possono stare sole. Ma per quelli come te è diverso.
Voi… voi avete
bisogno di avere qualcuno accanto. –
-
Ed
è un male? –
-
Assolutamente
no! Che c’è di male a voler amare ed essere amati?
È perfettamente… naturale. –
Daisuke
si appoggiò allo schienale della sedia.
-
Dunque,
secondo te dovrei provare ad amare qualcun altro? –
-
Non
pretendo che il sentimento sbocci di punto in bianco, ma…
perché no? In fondo
non hai nulla da perdere, no? –
-
Già.
In effetti Mei non è male… insomma,
sarà un po’ esuberante, ma è carina,
simpatica,
quando vuole dolce… -
-
Penso
che andreste d’accordo. – gli sorrise.
-
Va
bene. Allora… io ci provo, ok? –
-
Visto
che hai fatto pratica con le mie povere scarpe, se te la fai scappare
vuol dire
che sei DAVVERO un impiastro. – rise lei.
-
Grazie
per la lezione di ballo! –
E
fece per andarsene.
-
Ah,
un’ultima cosa: quando ridi così sembri
più luminosa, sei più… bella, credo!
–
-
Sarà
l’effetto del trucco. – borbottò per
nascondere l’imbarazzo.
-
Può
darsi… ma penso che dovresti farlo più spesso!
–
E
si allontanò.
Dopo pochi minuti Rumiko era di nuovo sulla pista, accompagnata da un
ragazzo
dai capelli scuri e il sorriso smagliante. Lui la riempiva di
complimenti, a
cui lei rispondeva con sorrisi tirati e monosillabi.
Però ballare le piaceva. Volteggiava sulla pista, leggera e
sicura, illuminata
dalle luci colorate che si riflettevano sul suo abito. Anche il dolore
ai piedi
era passato. Poco lontano da lei c’erano Sora e Taichi, che
ballavano
abbracciati, mentre con la coda dell’occhio poteva vedere
Daisuke e la sua
nuova dama. Quest’ultima coppia era di sicuro la
più eccentrica, visto che
investivano la gente vicina, improvvisando passi su passi che non
avevano nulla
a che fare con il ritmo della musica.
Quando la canzone finì, il ragazzo dai capelli neri venne
sostituito da un
biondino, quasi sicuramente tinto e stratinto. Lavorava molto di
braccia mentre
ballava, forse anche un po’ troppo. Ad un tratto la ragazza
si ritrovò una mano
sul sedere, che scansò senza troppe cerimonie. Il giovane ci
riprovò: a quanto
pareva non aveva capito l’antifona. Questa volta lei non si
fece cogliere
impreparata e gli piantò un tacco nel piede. Lui
aprì la bocca per dire
qualcosa, ma anche se proferì parola, nessuno lo
sentì. Rumiko si avvicinò al
suo orecchio e gli sibilò un gelido
“scusa”.
Stava per voltarsi, quando la musica si fermò.
-
Un
attimo di attenzione, per favore. – parlò il
cantante.
La
sala intera era in silenziosa attesa.
-
La
canzone che vi canterò ora l’ho composta pochi
giorni fa ed è molto importante
per me. É dedicata a due persone cui tengo molto e che
recentemente ho ferito.
Mi sono comportato come un idiota, non lo nascondo. Eppure una di
queste due
persone mi ha già assolto. Non ho la presunzione di credere
che una semplice
canzone basti a cancellare i miei atti, ma… forse
ingenuamente, spero di
riuscire ad ottenere un perdono che per me significherebbe molto.
–
Un
leggero brusio percorse la pista da ballo. Per un attimo fugace le
parve che
quegli occhi azzurri l’avessero guardata, malinconici.
Note di puro rock. La chitarra s’impennò. Le corde
del basso vibrarono. La
batteria tuonò. La tastiera filò il tutto in un
unico arazzo musicale.
Le voci si spensero.
All that you touch
All that you see
All that you taste
All you feel
All that you love
All that you hate
All you distrust
All you save
All that you give
All that you deal
All that you buy
beg, borrow or steal
All you create
All you destroy
All that you do
All that you say
All that you eat
everyone you meet
All that you slight
everyone you fight
All that is now
All that is gone
All that’s come
and everything under the sun is in tune
but the sun is eclipsed by the moon.
Non un suono
accolse
la fine. Un applauso si levò, seguito da un secondo, un
terzo, un quarto e un
quinto. E poi un altro e un altro ancora, finché tutta la
sala si riempì di
urla, schiamazzi e incitamenti urlati a gran voce.
Yamato fece un segno ai compagni e la band ricominciò a
suonare, mentre il
ragazzo alla pianola assunse temporaneamente il ruolo di vocalist. Ma
il biondo
non si unì a loro.
Con un balzo scese dal palco e si fece largo tra la folla acclamante.
-
Allora?
Che ne pensate? –
-
Che
ne pensiamo?! Ma dico, scherzi?! –
-
Credo
che Tai volesse dire che sei stato davvero sensazionale! –
sorrise la rossa.
-
Qui
ci sta uno dei “mitico” di Daisuke! –
aggiunse il bruno.
-
Credete
che sia andato bene, insomma, non sarà stato un
po’… -
-
Sono
sicura che le è piaciuta. – disse dolcemente Sora.
Yamato
non se lo fece ripetere due volte: era di nuovo scomparso tra la folla.
Gli invitati avevano ripreso a ballare. Il biondino si era tirato
faticosamente
in piedi e le si era avvicinato.
-
Ma
che diavolo ti è preso, tutto d’un tratto?! Mi hai
azzoppato solo per…? –
-
Ciao.
–
-
Ciao.
– disse, quasi in un sussurro.
Poi
si fecero entrambi zitti, come se avessero esaurito gli argomenti o se
li
fossero improvvisamente dimenticati.
-
Ehm,
la canzone… - tentò Yamato.
-
Come
s’intitola? –
-
Eclipse.
–
“
Eclisse” tradusse Rumiko tra sé e sé.
Non ricevendo risposta, lui continuò.
-
È
molto semplice, lo so. Probabilmente ti aspettavi qualcosa di
più… -
-
È
bella. –
-
Come?
–
-
Ho
detto: è bella. – abbassò un poco il
capo, per nascondere un lieve rossore.
-
Lo
so che non dovrei chiedertelo, ma… potresti perdonarmi? Per
tutto, intendo. –
In
quel momento, una parte di lei avrebbe voluto urlargli di no. Avrebbe
voluto
farlo soffrire, vederlo rabbuiarsi. Sarebbe stata la sua
vendetta… E l’avrebbe
fatto. Fino a qualche mese fa avrebbe gioito nel vederlo logorarsi per
lei.
Quel pensiero la fece rabbrividire. Ormai era acqua passata. Aveva
superato
quel momento e ora stava conducendo una nuova vita… o no?
-
Sì,
ti perdono. –
Yamato
le regalò uno di quei sorrisi splendidi e speciali che
riservava a pochi. Poi
le porse la mano, che lei accettò, e la condusse al centro
della pista,
incurante del biondino azzoppato che cercava di attirare la loro
attenzione.
Ballavano, scatenandosi al centro della sala. Lei volteggiava leggera e
sinuosa. Sembrava una farfalla, nel suo vestito di raso. In quel
momento si
accorse di quanto gli era mancata: i suoi capelli lunghi e morbidi, il
profumo
della pelle candida, gli occhi viola che sapevano incantare e
ingannare, la
voce, il broncio abituale, il sorriso così…
enigmatico, a tratti timido o
malizioso, ma comunque radioso, che la faceva brillare come un angelo
ai suoi
occhi. Ricordava come fosse ieri il giorno che l’aveva vista
dalla finestra
arrancare in mezzo alla neve alta e si era ritrovato ad afferrare un
ombrello.
Le era andato incontro e lei si era fermata, meravigliata quasi quanto
lo fosse
lui stesso. Tremava, avvolta da una sciarpa spessa tra le cui maglie il
suo
respiro si era condensato, i capelli gocciolanti, il naso e le gote
arrossate.
Così piccola e delicata, incoronata dai fiocchi di neve. Lui
l’aveva riparata
con l’ombrello, per quanto fosse ormai inutile. Lei non aveva
fiatato,
limitandosi a seguirlo. Strano: fino ad allora non si era accorto di
quanto il
suo passo forse corto, le spalle strette. Ebbe l’improvviso
desiderio di
cingerla con un braccio, di stringerla forte contro il suo petto. Poi
le aveva
lanciato un’occhiata fugace e l’aveva
vista… così fragile e vibrante di una
strana energia, che non aveva osato infrangere quell’istante.
Anche in quel momento, avvolta dalla musica, lei era…
“ Magica, come una fata.”
Non sapeva quanto avesse ragione e torto al tempo stesso.
Così, la sera del 23 dicembre segnò
l’inizio di molte cose: nuovi sentimenti,
nuova musica e nuove storie. Ma vecchi ricordi stavano tornando in
superficie,
per infrangere quella felicità tanto perfetta quanto
fragile. Più tardi se ne
sarebbero resi conto… era solo questione di tempo.
Continua…
N.d.a.
Quando scrissi questo capitolo mi ero fissata con i PINK FLOYD. Alcuni
di voi
può darsi che abbiano riconosciuto il testo di una delle
loro più famose
canzoni: ECLIPSE.
Per
chi amasse il rock e non li conoscesse (difficile!) li consiglio
vivamente.
Monalisasmile