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Autore: monalisasmile    21/09/2008    0 recensioni
Il viola è conosciuto come il colore dello spirito. Rappresenta il valore medio tra terra e cielo, tra passione ed intelligenza, tra amore e razionalità. È il colore della volontà di essere diversi, della metamorfosi. È una forza legata alla vitalità del rosso e all'intimo accoglimento dell'azzurro. Ma è anche il colore degli occhi di una ragazza che entrerà a far parte della vita dei digi-prescelti.
La narrazione comincia in toni leggeri: leggerete di nuovi incontri, di battibecchi e amori adolescenziali, di amicizie e piccoli dispiaceri, emozioni che condizioneranno le giornate e si porranno al centro delle loro vite. Almeno inizialmente.
Perché come nella vita spesso accade, arriverà il momento in cui i personaggi verranno posti di fronte a problemi maggiori e difficili decisioni. D’improvviso tutto parrà sfuggirgli tra le dita. Gli eventi si faranno incalzanti e spesso imprevedibili. Più volte si sentiranno impotenti di fronte a una realtà indecifrabile e troppo crudele per essere affrontata.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10

 

Mancavano cinque giorni alla festa, quando Taichi si presentò a casa sua. Erano un paio di settimane che non si parlavano quasi più. Non che avessero motivo di disaccordo, semplicemente per un tacito patto di rispetto nei confronti dei rispettivi amici. Fu perciò con una certa sorpresa che Rumiko lo fece accomodare nel salotto.

-      È da un po’ che non vengo da te. – commentò allegro.

In effetti era vero, anche perché la ragazza passava meno tempo in casa. Trascorreva i pomeriggi in compagnia di Daisuke o di Sora.

-      Senti, so che ti potrà sembrare un po’ strano, ma… ti va di venire con me ad una festa? –

-      Ti riferisci a quella delle scuole medie? –

-      Sì, come facevi a saperlo? –

-      Daisuke me ne ha parlato e mi ha convinta ad accettare l’invito. –

-      Daisuke ti farà da cavaliere?! – sgranò gli occhi.

-      Già, sai com’è, per non essere secondo a Takeru… -

-      Allora lo sai che ci viene anche Yamato? –

-      Sì. –

-      E hai deciso di venire lo stesso? –

-      Non intendo diventare una suora in clausura a causa sua, perciò non vedo perché rintanarmi in casa. In fondo è Natale, no? –

-      Mi sembra di sentire Daisuke parlare dello spirito natalizio! – sospirò lui.

-      Forse hai ragione, non devo farmi influenzare troppo. – sorrise.

Lui la guardò un attimo.

-      Mi sembri allegra. Sai, negli ultimi tempi ci sono stati un po’ di… casini. Perciò non ho potuto avvicinarmi troppo, capisci? –

-      Sì, non preoccuparti. Sto bene. –

-      Mi fa davvero piacere. Sono stato in pensiero per te… -

-      Grazie… ma non ce n’era bisogno. – arrossì leggermente – Sono sempre riuscita a cavarmela da sola. E poi con me c’erano Daisuke e Sora… -

-      Già, certo… -

-      Ecco… perché non inviti lei alla festa? –

-      Come? –

-      Ma sì, in fondo non sai con chi andarci, no? –

-      Non so se accetterà… -

-      Io penso di sì! – gli sorrise.

-      D’accordo. Allora ci provo! – si alzò, avviandosi verso l’uscita – Ma in caso vada a monte… -

-      Risparmierò un ballo per te. – sorrise aprendogli la porta.

Taichi si fermò un attimo sulla soglia.

-      Sai, mi piace il tuo sorriso, ti rende più… bella. – commentò tranquillo, per poi salutarla e scomparire alla sua vista.

-      Più… bella? – sussurrò tra sé, sfiorandosi il viso con una mano e accorgendosi di essere arrossita lievemente.

Fece per tornare in casa, quando incrociò due iridi azzurre, che la guardavano indecifrabili. Poi si affrettò a richiudersi la porta alle spalle. Il cuore le batteva forte nel petto.

-      Ok. –

-      Come scusa? –

-      Ho detto che va bene. –

Taichi la guardò fisso e la rossa divenne in tinta con i capelli. Insomma, di punto in bianco si presentava a casa sua, le chiedeva di poterle fare da cavaliere ad una festa e poi la fissava con quegli occhi da pesce lesso… E meno male che era Natale, o l’avrebbe sbattuto fuori di casa all’istante! La stava forse prendendo in…

-      Grazie, grazie Sora! – le sorrise felice come un bambino, facendole morire ogni istinto omicida.

-      Non devi ringraziarmi, stupido! Sei tu che mi hai invitato nonostante avessimo litigato, perciò… -

-      Oh, ma ormai quella è acqua passata, no? –

-      Sì, se lo è per te… -

-      Ma certo! Lo sai che non serbo rancore! –

-      Hai ragione – gli sorrise dolcemente – non si addice alla tua personalità. –

Yamato girovagava per le stanze come un avvoltoio in cerca di una preda, la mente in subbuglio.
Poi si sedette sul divano, in mezzo ai libri e i quaderni di scuola. Le gambe larghe piantate saldamente al suolo, i gomiti puntellati sulle ginocchia, il mento appoggiato alle mani. Guardava avanti a sé, senza però vedere il disordine che regnava nella stanza. Il suoi occhi erano lontani, i pensieri volavano verso un altro mondo.
Ad un tratto riemerse da quel luogo remoto per tornare alla realtà. Si guardò intorno in cerca di qualcosa, impugnò una penna e afferrò il primo foglio che gli capitò a tiro. La sua mano si mosse, tracciando segni e scritte, a tratti quasi nervosa, poi placida e leggera, un momento tanto pesante da rischiare di strappare il pezzo di carta. La sua mente e le sue dita un tutt’uno. La bocca si muoveva, gli occhi semichiusi, l’espressione concentrata e distesa al tempo stesso.
Dopo pochi minuti si alzò, senza lasciare il prezioso foglio, raggiunse la chitarra e provò alcuni accordi. Scarabocchiò qualcosa sulla superficie stropicciata e sfiorò ancora le corde con le dita agili e forti.
Sì, la sensazione era quella giusta… una piccola modifica e sarebbe stata perfetta. Sorrise, sereno per la prima volta da molti giorni: forse aveva trovato il modo di farsi perdonare.

Era la sera del 23. Daisuke si presentò alla porta numero 17 alle 19.30: era puntuale. In più aveva indossato il suo abito migliore, composto da giacca scura e pantaloni ben stirati, camicia e cravatta. Niente di eclatante, ma comunque faceva la sua bella figura. Suonò il campanello e gli venne aperta la porta.
Dopo un secondo di stupore, esibì un largo sorriso.

-      Sei bellissima! –

La sala era spaziosa e elegante. Fiori bianchi e rossi erano stati posizionati sui tavoli del rinfresco, sulle gradinate e vicino al palco. Era una serata importante, non tanto perché si trattava di una tradizione degli studenti dell’ultimo anno della scuola media, quanto per i personaggi che vi avrebbero presenziato.
Quando Daisuke e Rumiko fecero il loro ingresso non passarono inosservati. Il ragazzo era soddisfatto del figurone che stava facendo. Dal canto suo, lei esibiva il miglior sorriso che le riuscisse, camminando a braccetto dell’amico.
“ Ma chi me l’ha fatto fare? “ si chiese sconsolata. D’altronde non poteva certo piantare in asso il suo cavaliere, perciò… perciò avrebbe dovuto far buon viso a cattivo gioco.
“ Sperando che questo gioco duri poco! “

Yamato seppe con esattezza quando era entrata, lo avvertì un piccolo fremito lungo la schiena.
Con gli occhi vagò tra la folla… e la trovò.
Indossava un abito di raso viola, corto poco sopra le ginocchia e abilmente drappeggiato. Le braccia erano scoperte, il decolleté ampio ma non per questo volgare. I capelli erano stati fissati dietro il capo con uno chignon. Una ciocca vaporosa ombreggiava un lato del viso luminoso, poco truccato. Ai piedi, ragionò il biondo, probabilmente calzava un paio di scarpe dai tacchi vertiginosi, vista la ridotta differenza di altezza tra lei e il suo cavaliere.
La constatazione che il suo accompagnatore fosse Daisuke lo rincuorò un poco: era sicuro che sarebbe venuta con Taichi. Se ripensava alle parole dell’amico e all’effetto che avevano avuto su di lei… meglio accantonare la questione, almeno per il momento.
Però, seppur di nascosto, continuò ad osservarla.

Rumiko non fece caso a quegli occhi puntati su di lei, forse perché ne aveva ben altri da tenere a bada. Infatti, da quando avevano messo piede nella sala, la coppia era stata letteralmente circondata da una decina di ragazzi, a cui presto si erano aggiunti molti altri.

-      Ehi, Daisuke! Non ci avevi detto di avere una ragazza così attraente! – scherzò uno.

-      Già, dove la nascondevi? Cattivo, non si fa così! – rise un altro.

-      E pensare che vai ancora dietro a Hikari quando hai a disposizione una… -

-      Adesso basta! La mia Hikarina resterà sempre al primo posto! – li zittì lui.

-      E allora come spieghi la sua presenza? – disse qualcuno indicandola – Non l’avrai pagata, spero! –

-      Ehi, ma come ti permetti?! – esplose la ragazza in questione – Innanzitutto abbassa quel dito! E poi modera i termini, visto che sono più grande di te! –

-      Ragazzi, vi presento Rumiko Kitamura, una mia amica! Frequenta l’ultimo anno delle superiori. – si mise in mezzo il quindicenne, per tentare di salvare la situazione e, soprattutto, i compagni.

-      Ehi, ma non è la ragazza che ci era venuta a vedere un mesetto fa? – fece un ragazzo.

-      Hai ragione, deve essere proprio lei! Con un caratterino simile… -

-      Ma non stava con Kamiya? –

-      No, non sono mai stati insieme. – spiegò Daisuke, un po’ infastidito – Sono solo ottimi amici e compagni di classe. –

-      Ah, e dovremmo crederti? Non è che sei geloso? –

-      Ma che dici? – si intromise un secondo – Lui può sempre ripiegare sulla piccola Mei. A proposito, dov’è finita? Strano che non ti sia già saltata addosso! – rise.

-      Che branco di pettegoli. – sbottò Rumiko, seccata da simili discorsi.

-      Ma dai, stavamo solo scherzando! –

-      Io no. – li mise tutti a tacere.

-      Vedo che hai già perso le staffe! – scherzò qualcuno alle sue spalle.

-      Non mettertici anche tu, Taichi, non è giornata… –

-      Ma a Natale sono tutti più buoni! Non puoi deporre l’ascia di guerra solo per questa sera? –

-      Va bene, ma lo faccio solo per non offendere la tua dama. – accennò ad un sorriso rivolto alla rossa.

Erano proprio una bella coppia. Lui era stato messo in tiro, con uno smoking dal taglio semplice, anche se i capelli restavano spettinati. Lei indossava un abito blu scuro, lungo fino alle caviglie e con uno spacco fino a poco sopra il ginocchio. Una fascia le stringeva la vita e le spalle erano scoperte. I capelli erano stati raccolti e due piccole ciocche erano tenute dietro le orecchie, da cui pendeva una coppia di piccoli orecchini sfavillanti.

-      Vedo con piacere che alla fine sei riuscito ad invitarla. – disse Rumiko, stando ben attenta che l’amica sentisse.

-      Beh, sì. – sbiascicò il bruno, imbarazzato.

-      Non so se lui te l’ha già detto, ma sei davvero bella questa sera, Sora. –

-      Grazie, ma me l’ha detto anche lui appena mi ha vista… – sorrise, mentre il ragazzo si grattava il capo, impacciato.

-      Però la coppia più bella siamo noi! – si intromise Daisuke.

-      Certo, come no. – sospirò lei.

-      Ammettilo che sono il cavaliere dei tuoi sogni… –

-      Piuttosto dei suoi incubi! – scherzò Taichi.

Le due diciottenni trattennero a stento un risolino.

-      Ridete pure! Ma vi dimostrerò che, oltre a gentilissimo, sono anche un ottimo ballerino. –

-      Me lo auguro… - disse la castana, sconsolata.

-      Vuoi dire che non l’hai testato prima di accettare? – esclamò il bruno.

-      Perché, Sora l’ha fatto? – protestò il quindicenne.

-      Non ne ha bisogno, perché IO non sono un impiastro come te! –

-      Sono sicuro che farai una figuraccia! –

-      Vedremo chi farà una figuraccia, tappo! –

-      Ancora con sto “tappo”? Sono nella media, va bene? –

-      Ma se sei alto quanto la tua dama? –

-      Solo perché lei ha dei tacchi da paura! –

-      Non tiratemi in mezzo! Io e le miei scarpette non vi abbiamo fatto nulla. –

-      Ma faranno molti qualcosa sui miei piedi! –

-      Per un ballerino provetto non dovrebbe essere un problema… –

-      Colpito e affondato, Daisuke! –

-      Tu è meglio se stai zitto, che non sei tanto meglio di lui. –

-      Sentito? –

-      E tu non montarti la testa! Siete entrambi degli impiastri. –

-      Cattivaaa! – piagnucolarono i due, sotto lo sguardo inclemente della castana, tra le risate della rossa e lo sbalordimento del pubblico.

La band venne invitata a salire sul palco e, tra gli applausi generali, diedero fondo a tutto il loro repertorio.
Rumiko faceva di tutto per non alzare lo sguardo, sapendo cosa, o meglio chi avrebbe incontrato. Nella sua mente lo vedeva, in piedi sotto i riflettori, mentre con una mano teneva il microfono e con l’altra impugnava la chitarra. I capelli biondi ad ombreggiargli il viso imperlato di sudore e dall’espressione concentrata. I movimenti sicuri. La camicia tenuta fuori dai pantaloni, la cravatta allentata che gli pendeva sul petto. All’apparenza dimesso, eppure maledettamente elegante.
La sua musica la rapiva. Quanto era cambiata in quelle ultime settimane… da orecchiabile era diventata ammaliante, capace di prenderla con il solo sfiorarla, così soave e vera da sembrare una…
“ Fotografia.”
Al pensiero si sentì scuotere. Aveva fatto come lei gli aveva detto. L’aveva ascoltata, seguendo il suo consiglio. Si era impegnato e… ci era riuscito. Era riuscito a fondersi con le note, a creare un tutt’uno tra parole e mente, a comunicare al cuore delle persone. Al suo cuore.
Appoggiando il capo alla spalla del suo cavaliere, lasciò che quei suoni la avvolgessero.

Taichi e Sora ballavano al centro della pista. La ragazza dapprima aveva trattenuto a stento le risate: lui non faceva che pestarle i piedi, alla faccia di ciò che aveva detto prima. Poi l’aveva visto in faccia, concentrato, e un dolce sorriso aveva sostituito l’ilarità. Era evidente che stava facendo del suo meglio e che si sentiva imbarazzato. Provava tenerezza per quel suo modo di fare così testardo e orgoglioso, così simile a quello che aveva da bambino. Eppure era diverso, così diverso da risultarle a tratti irriconoscibile. C’era qualcosa nel suo sguardo, nel suo portamento, nei suoi gesti, nella linea del suo mento che lo rendeva… adulto. Per la prima volta lei lo guardò e pensò che era davvero carino, ma non come un ragazzo, bensì come un uomo.
Quel pensiero la fece arrossire, ma le sue braccia si strinsero con più forza a lui, senza riserve.

Rumiko e Daisuke stavano ballando, o meglio, lei tentava di evitare i piedi dell’altro. Però c’era da dire che il ragazzo imparava in fretta, dato che rispetto alla prima mezz’ora le sue scarpe protestavano molto di meno. Ad un tratto, lei sentì un brivido tutt’altro che piacevole percorrerle la schiena e si voltò leggermente: una ragazza la fissava. Era di costituzione piccolina, probabilmente sui quindici anni. I capelli corti e ricci creavano un’aureola bionda attorno al suo visino. Indossava un abito rosso fuoco, corto e dal taglio semplice. Tuttavia, nonostante fosse carina e di sicuro di indole dolce e allegra, in quel momento aveva un’aria ben poco rassicurante.
“ Ma chi è quella? E perché diavolo mi sta fulminando? Non sto mica facendo nulla di male! Di certo non può essere un crimine ballare con… “ ma improvvisamente le fu tutto chiaro.

-      Ehm, Daisuke? –

-      Non dirmi che ti ho pestato di nuovo i piedi! –

-      No, sta volta non si tratta delle mie scarpe, ma della mia vita. –

-      Ah, grazie… –

-      Non mi riferivo a te, ma a lei. – e lo fece voltare un poco.

-      Ah, quella. – commentò.

-      La conosci, vero? Scommetto che si tratta della tipa di cui mi parlavi. Com’è che hanno detto che si chiama? …Kotobugi? –

-      Kotobuki. Mei Kotobuki, alias la mia rovina! –

-      Non essere antipatico, non ti si addice. – lo rimproverò gentilmente.

-      Va bene, scusami… -

Lei lo trasse un attimo da parte e si sedettero.

-      Ah, finalmente un po’ di riposo per le mie povere membra! Allora, mi vuoi spiegare cos’è questa storia? –

-      Niente di che, è solo una svitata. –

-      Sarà anche una svitata, ma ciò non cambia che abbia intenzioni omicide nei miei confronti. –

-      Non ti preoccupare, ci sono io a proteggerti! –

-      Lo sai che questo non mi conforta affatto? – commentò acida – Non mi hai ancora spiegato perché l’hai rifiutata. –

-      Ma te l’ho già detto che la mia Hikarina è al primo posto nella… -

-      Sii serio, Dai. Lo sappiamo tutti e due che il motivo non è certo quello. Insomma, potrai essere cotto e stracotto, ma dopo anni e anni avrai capito che non hai speranza, no? Anche questa sera lei è venuta con Takeru. –

-      Lo so, ma non si sono ancora messi insieme, perciò… -

-      Perciò cosa? Sono solo timidi oltre natura, ma lo sanno tutti che sono fatti l’uno per l’altro. –

-      Hai ragione. Lo so che hai ragione, eppure io… -

-      Se ti impunti in questo modo non otterrai nulla, anzi: rischi di rimanere da solo. –

-      Ma ci sei tu qui con me… –

-      Sì, ora. Ma non per sempre, lo capisci? –

Lui abbassò lo sguardo e lei addolcì il tono, prendendolo per mano.

-      Tu sei un ragazzo gentile e affettuoso, un tipo che merita di essere amato. Potresti fare felici molte ragazze. –

-      Lo dici solo per consolarmi. –

-      Lo sai che non è mia abitudine farlo. Sono oggettiva e se dico che potresti, anzi, dovresti  legarti ad un’altra ragazza, sono seria. –

-      Perché dovrei? –

-      Perché ne hai bisogno. – sospirò – Prendi me, ad esempio: io sono una di quelle persone possono stare sole. Ma per quelli come te è diverso. Voi… voi avete bisogno di avere qualcuno accanto. –

-      Ed è un male? –

-      Assolutamente no! Che c’è di male a voler amare ed essere amati? È perfettamente… naturale. –

Daisuke si appoggiò allo schienale della sedia.

-      Dunque, secondo te dovrei provare ad amare qualcun altro? –

-      Non pretendo che il sentimento sbocci di punto in bianco, ma… perché no? In fondo non hai nulla da perdere, no? –

-      Già. In effetti Mei non è male… insomma, sarà un po’ esuberante, ma è carina, simpatica, quando vuole dolce… -

-      Penso che andreste d’accordo. – gli sorrise.

-      Va bene. Allora… io ci provo, ok? –

-      Visto che hai fatto pratica con le mie povere scarpe, se te la fai scappare vuol dire che sei DAVVERO un impiastro. – rise lei.

-      Grazie per la lezione di ballo! –

E fece per andarsene.

-      Ah, un’ultima cosa: quando ridi così sembri più luminosa, sei più… bella, credo! –

-      Sarà l’effetto del trucco. – borbottò per nascondere l’imbarazzo.

-      Può darsi… ma penso che dovresti farlo più spesso! –

E si allontanò.

Dopo pochi minuti Rumiko era di nuovo sulla pista, accompagnata da un ragazzo dai capelli scuri e il sorriso smagliante. Lui la riempiva di complimenti, a cui lei rispondeva con sorrisi tirati e monosillabi.
Però ballare le piaceva. Volteggiava sulla pista, leggera e sicura, illuminata dalle luci colorate che si riflettevano sul suo abito. Anche il dolore ai piedi era passato. Poco lontano da lei c’erano Sora e Taichi, che ballavano abbracciati, mentre con la coda dell’occhio poteva vedere Daisuke e la sua nuova dama. Quest’ultima coppia era di sicuro la più eccentrica, visto che investivano la gente vicina, improvvisando passi su passi che non avevano nulla a che fare con il ritmo della musica.
Quando la canzone finì, il ragazzo dai capelli neri venne sostituito da un biondino, quasi sicuramente tinto e stratinto. Lavorava molto di braccia mentre ballava, forse anche un po’ troppo. Ad un tratto la ragazza si ritrovò una mano sul sedere, che scansò senza troppe cerimonie. Il giovane ci riprovò: a quanto pareva non aveva capito l’antifona. Questa volta lei non si fece cogliere impreparata e gli piantò un tacco nel piede. Lui aprì la bocca per dire qualcosa, ma anche se proferì parola, nessuno lo sentì. Rumiko si avvicinò al suo orecchio e gli sibilò un gelido “scusa”.
Stava per voltarsi, quando la musica si fermò.

-      Un attimo di attenzione, per favore. – parlò il cantante.

La sala intera era in silenziosa attesa.

-      La canzone che vi canterò ora l’ho composta pochi giorni fa ed è molto importante per me. É dedicata a due persone cui tengo molto e che recentemente ho ferito. Mi sono comportato come un idiota, non lo nascondo. Eppure una di queste due persone mi ha già assolto. Non ho la presunzione di credere che una semplice canzone basti a cancellare i miei atti, ma… forse ingenuamente, spero di riuscire ad ottenere un perdono che per me significherebbe molto. –

Un leggero brusio percorse la pista da ballo. Per un attimo fugace le parve che quegli occhi azzurri l’avessero guardata, malinconici.

Note di puro rock. La chitarra s’impennò. Le corde del basso vibrarono. La batteria tuonò. La tastiera filò il tutto in un unico arazzo musicale.
Le voci si spensero.


All that you touch
All that you see
All that you taste
All you feel

All that you love
All that you hate
All you distrust
All you save

All that you give
All that you deal
All that you buy
beg, borrow or steal

All you create
All you destroy
All that you do
All that you say

All that you eat
everyone you meet
All that you slight
everyone you fight

All that is now
All that is gone
All that’s come
and everything under the sun is in tune
but the sun is eclipsed by the moon.


Non un suono accolse la fine. Un applauso si levò, seguito da un secondo, un terzo, un quarto e un quinto. E poi un altro e un altro ancora, finché tutta la sala si riempì di urla, schiamazzi e incitamenti urlati a gran voce.
Yamato fece un segno ai compagni e la band ricominciò a suonare, mentre il ragazzo alla pianola assunse temporaneamente il ruolo di vocalist. Ma il biondo non si unì a loro.
Con un balzo scese dal palco e si fece largo tra la folla acclamante.

-      Allora? Che ne pensate? –

-      Che ne pensiamo?! Ma dico, scherzi?! –

-      Credo che Tai volesse dire che sei stato davvero sensazionale! – sorrise la rossa.

-      Qui ci sta uno dei “mitico” di Daisuke! – aggiunse il bruno.

-      Credete che sia andato bene, insomma, non sarà stato un po’… -

-      Sono sicura che le è piaciuta. – disse dolcemente Sora.

Yamato non se lo fece ripetere due volte: era di nuovo scomparso tra la folla.

Gli invitati avevano ripreso a ballare. Il biondino si era tirato faticosamente in piedi e le si era avvicinato.

-      Ma che diavolo ti è preso, tutto d’un tratto?! Mi hai azzoppato solo per…? –

-      Ciao. –

-      Ciao. – disse, quasi in un sussurro.

Poi si fecero entrambi zitti, come se avessero esaurito gli argomenti o se li fossero improvvisamente dimenticati.

-      Ehm, la canzone… - tentò Yamato.

-      Come s’intitola? –

-      Eclipse. –

“ Eclisse” tradusse Rumiko tra sé e sé. Non ricevendo risposta, lui continuò.

-      È molto semplice, lo so. Probabilmente ti aspettavi qualcosa di più… -

-      È bella. –

-      Come? –

-      Ho detto: è bella. – abbassò un poco il capo, per nascondere un lieve rossore.

-      Lo so che non dovrei chiedertelo, ma… potresti perdonarmi? Per tutto, intendo. –

In quel momento, una parte di lei avrebbe voluto urlargli di no. Avrebbe voluto farlo soffrire, vederlo rabbuiarsi. Sarebbe stata la sua vendetta… E l’avrebbe fatto. Fino a qualche mese fa avrebbe gioito nel vederlo logorarsi per lei.
Quel pensiero la fece rabbrividire. Ormai era acqua passata. Aveva superato quel momento e ora stava conducendo una nuova vita… o no?

-      Sì, ti perdono. –

Yamato le regalò uno di quei sorrisi splendidi e speciali che riservava a pochi. Poi le porse la mano, che lei accettò, e la condusse al centro della pista, incurante del biondino azzoppato che cercava di attirare la loro attenzione.

Ballavano, scatenandosi al centro della sala. Lei volteggiava leggera e sinuosa. Sembrava una farfalla, nel suo vestito di raso. In quel momento si accorse di quanto gli era mancata: i suoi capelli lunghi e morbidi, il profumo della pelle candida, gli occhi viola che sapevano incantare e ingannare, la voce, il broncio abituale, il sorriso così… enigmatico, a tratti timido o malizioso, ma comunque radioso, che la faceva brillare come un angelo ai suoi occhi. Ricordava come fosse ieri il giorno che l’aveva vista dalla finestra arrancare in mezzo alla neve alta e si era ritrovato ad afferrare un ombrello. Le era andato incontro e lei si era fermata, meravigliata quasi quanto lo fosse lui stesso. Tremava, avvolta da una sciarpa spessa tra le cui maglie il suo respiro si era condensato, i capelli gocciolanti, il naso e le gote arrossate. Così piccola e delicata, incoronata dai fiocchi di neve. Lui l’aveva riparata con l’ombrello, per quanto fosse ormai inutile. Lei non aveva fiatato, limitandosi a seguirlo. Strano: fino ad allora non si era accorto di quanto il suo passo forse corto, le spalle strette. Ebbe l’improvviso desiderio di cingerla con un braccio, di stringerla forte contro il suo petto. Poi le aveva lanciato un’occhiata fugace e l’aveva vista… così fragile e vibrante di una strana energia, che non aveva osato infrangere quell’istante.
Anche in quel momento, avvolta dalla musica, lei era…
“ Magica, come una fata.”
Non sapeva quanto avesse ragione e torto al tempo stesso.

Così, la sera del 23 dicembre segnò l’inizio di molte cose: nuovi sentimenti, nuova musica e nuove storie. Ma vecchi ricordi stavano tornando in superficie, per infrangere quella felicità tanto perfetta quanto fragile. Più tardi se ne sarebbero resi conto… era solo questione di tempo.

 


Continua…



N.d.a.
Quando scrissi questo capitolo mi ero fissata con i PINK FLOYD. Alcuni di voi può darsi che abbiano riconosciuto il testo di una delle loro più famose canzoni: ECLIPSE.

Per chi amasse il rock e non li conoscesse (difficile!) li consiglio vivamente.

Monalisasmile

  
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