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Autore: monalisasmile    21/09/2008    0 recensioni
Il viola è conosciuto come il colore dello spirito. Rappresenta il valore medio tra terra e cielo, tra passione ed intelligenza, tra amore e razionalità. È il colore della volontà di essere diversi, della metamorfosi. È una forza legata alla vitalità del rosso e all'intimo accoglimento dell'azzurro. Ma è anche il colore degli occhi di una ragazza che entrerà a far parte della vita dei digi-prescelti.
La narrazione comincia in toni leggeri: leggerete di nuovi incontri, di battibecchi e amori adolescenziali, di amicizie e piccoli dispiaceri, emozioni che condizioneranno le giornate e si porranno al centro delle loro vite. Almeno inizialmente.
Perché come nella vita spesso accade, arriverà il momento in cui i personaggi verranno posti di fronte a problemi maggiori e difficili decisioni. D’improvviso tutto parrà sfuggirgli tra le dita. Gli eventi si faranno incalzanti e spesso imprevedibili. Più volte si sentiranno impotenti di fronte a una realtà indecifrabile e troppo crudele per essere affrontata.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 12

 

La cena procedette senza intoppi, a parte gli occasionali dispetti di Mei. Coglieva ogni buona occasione per criticare il cibo e la tavola, senza il minimo riguardo. Ma niente di preoccupante per la padrona di casa, che non si faceva ingannare dai suoi tiri mancini, restituendoli senza fatica.
Poi arrivò il momento tanto atteso: lo scambio dei regali. Per ognuno c’era un pensiero, fatto singolarmente o a gruppi.
Il primo fu Iori, che scartò il libro regalatogli da Rumiko. La ragazza lo conosceva poco, ma le era stato descritto come un adulto racchiuso nel corpo di un bambino. Dunque la scelta era ricaduta su qualcosa che potesse stuzzicarne l’interesse: un’opera letteraria di pregio. Lui lesse attentamente il retro, poi si alzò e fece un inchino educato, sorridendole: aveva apprezzato.
Quando venne il turno di Sora, le venne presentato un pacchetto da parte dell’amica e di Daisuke. La rossa lo scartò e rimase un attimo meravigliata: un vestito turchese, corto e dal taglio semplice.

-      L’ho trovato io, ma l’idea è stata di Rumiko! – gioì il moretto.

-      Voleva che lo comprassi per me, ma ho pensato che il colore si addicesse più a te. –

Sora li ringraziò entrambi, abbracciandoli insieme, cosa che, manco a dirlo, scatenò di nuovo la gelosia della biondina.

I pacchetti passavano ancora di mano in mano, quando Mei si sedette, annoiata. Per lei non c’era niente, poiché fino a poche ore fa era estranea a quel gruppo di amici. Eppure qualcuno le si avvicinò e si sedette accanto a lei.

-      Buon Natale. – e si ritrovò un pacchetto sotto il naso.

-      Da te non voglio nulla, grazie. – girò il capo dall’altra parte, indignata.

-      Preferiresti ricevere qualcosa da Daisuke. – commentò l’altra.

La biondina non rispose.

-      Sai bene che non ti ha comprato nulla, visto che vi siete messi insieme solo ieri sera. Perché ti ostini? – chiese Rumiko, attenta a non apparire indiscreta.

-      Non sono affari tuoi! –

-      Senti, io non ti ho fatto nulla, anzi. – cominciò ad irritarsi - Vuoi sapere perché lui è venuto da te ieri sera? Perché io gli ho detto di lasciar perdere Hikari. –

-      Me l’ha detto! Cosa credi?! Che mi faccia piacere sapere di averlo ottenuto dopo tanto tempo solo grazie ad un’altra?! –

-      Potevo essere io come chiunque altro. Prima o poi qualcuno gli avrebbe aperto gli occhi. –

-      Ma volevo essere io a farlo! –

-      Non avrebbe funzionato. –

-      E perché?! –

-      Perché tu saresti stata imparziale. Ci voleva una persona esterna per fargli vedere le cose oggettivamente. –

-      Però… lui è stato praticamente spinto nella mia direzione. – abbassò un poco la voce.

-      E che ti importa? – la guardò negli occhi – Quel che conta è che ora state insieme, no? Se hai avuto un po’ di fortuna, tanto meglio! –

Lei non rispose, ma abbassò gli occhi. Sentì il pacchetto spingerle piano contro la spalla e si decise ad accettarlo. Lo scartò e afferrò un… libro?

-      È un libro di ricette. Visto che hai criticato tanto la mia tavola, volevo darti l’occasione di dimostrarci le tue qualità di cuoca. –

-      Io non so cucinare… - ammise la quindicenne.

-      Nemmeno io. – le confidò Rumiko.

-      Ma se era tutto buonissimo! –

-      Mi ha aiutata Yamato. – bofonchiò, lanciando un’occhiata al biondo – Diciamocelo – aggiunse poi, come se le parole le uscissero a fatica – ha fatto tutto lui. –

La biondina rise: in fondo loro due un po’ si assomigliavano.

-      Buon Natale. – e si ritrovò un pacchetto fra le mani. Voltandosi incontrò il volto sorridente di Yamato.

-      Ehm, grazie, ma io… -

-      Non fare tante storie e aprilo. Non voglio passare la notte a pregarti. –

-      Va bene, va bene. –

Era di forma cubica e avvolto da una carta blu scura. Il fiocco era stato fatto alla bell’e meglio e il nastro adesivo era stato staccato e riattaccato un paio di volte.

-      Scommetto che il pacco l’hai fatto tu. E dire che ti sei descritto come un perfetto uomo di casa. – lo canzonò.

-      Appunto: uomo di casa, non dei pacchetti. – borbottò lui.

La diciottenne sorrise divertita e scartò con cura il regalo. Dentro vi trovò una scatola bianca e al suo interno… dei cd. Anzi, i suoi cd.

-      Ma questi sono… -

-      Tutti i singoli e gli album che abbiamo sfornato. –

-      Grazie… –

Ora veniva la parte più difficile: riferirgli di non avere alcun regalo da dargli. In realtà l’aveva comprato qualche giorno prima, ma non avrebbe mai ammesso di averlo ceduto a Mei. Lei stessa si era sorpresa del proprio gesto, però che ci poteva fare? Ormai l’aveva già consegnato alla biondina, perciò…

-      Ehm, per il tuo regalo devi aspettare un attimo! Mi… mi sono dimenticata di prenderlo… dalla mia stanza, è ovvio! – e si dileguò in fretta, sotto lo sguardo perplesso di lui.

Chiusasi la porta alle spalle si guardò attorno, in cerca di un’idea. Ma quale idea? Non poteva certo regalargli qualcosa di usato! E poi cosa poteva interessargli di ciò che aveva lei? Non c’era nulla di particolare in quella camera…
Si voltò verso il cassetto e, lentamente, lo aprì. La foto era ancora al suo posto, completa di cornice. Era riuscita davvero bene, una delle migliori scattate da suo padre, se non fosse per il soggetto che si stagliava contro la luna piena. Rimase lì, inginocchiata a terra, pallida e immobile come pietrificata. Sentiva lo stomaco torcersi e le lacrime pizzicarle gli occhi, la testa che le girava. Ma non pianse e sollevò piano la cornice. Quasi a fatica la impacchettò con della carta e del nastro avanzati e ad ogni movimento si ripeteva: “devo liberarmene, devo liberarmene, devo liberarmene”. Non impiegò molto e pochi minuti dopo si trovava di nuovo in salotto, scossa ma sorridente.

-      Buon Natale… e scusa se ci ho messo un po’, ma era rimasto in mezzo alla carta da pacchi. –

-      Fa niente, anzi! Mi ha stupito che tu mi abbia voluto fare un regalo, dopo… -

-      Ti avevo perdonato già prima della festa. –

-      Allora ho fatto tutta quella fatica con la canzone per niente? –

-      Apri il regalo e piantala di lamentarti! –

-      Ah, guardate, stanno scartando l’ultimo dono! Dai, Yamato, non tenerci sulle spine! – e tutti si strinsero attorno alla coppia.

-      Va bene, va bene… lo sto aprendo. – sorrise il cantante.

Stava per togliere la carta, quando, lanciando un rapido sguardo alla ragazza, si accorse di quanto fosse pallida. Per un attimo le sue mani si fermarono, incerte. Cosa le prendeva tutto d’un tratto?
La cornice gli scivolò in mano e lui la guardò, gli occhi sgranati. Tutti si sporsero per vedere il regalo misterioso ed esclamarono un “oooh”, seguito da complimenti e apprezzamenti. Solo Taichi parve avere la stessa reazione di Yamato ed entrambi si voltarono verso di lei.

“ A che gioco stai giocando, Rumiko? Pensavo che fosse importante per te, che non volessi liberartene. Credevo fosse un ricordo importante della tua vita passata. Ero convinto che l’avessi nascosta in fondo a quel cassetto per non vederla e al tempo stesso tenerla sempre accanto a te. Tua madre… non è forse tua madre quella ritratta nella foto? Non è forse la città dove lei è morta, quella che si vede? Perché me la stai regalando? Cos’hai in mente? Sono forse una semplice discarica di ricordi spiacevoli? O piuttosto mi stai affidando un tesoro importante? ”

-      Ti piace? – chiese lei, la voce ridotta ad un flebile sussurro.

“ Il tuo è lo sguardo vergognoso di chi teme un rimprovero. No, non mi piace per niente essere la tua discarica di ricordi infelici. Come non mi piace la tua domanda, che al mio orecchio suona tanto ambigua. Vorrei scagliarla a terra con tutte le mie forze. Vorrei urlarti il mio sdegno e il mio orrore. Perché non posso e non voglio credere che tu stia facendo una cosa simile. Pensi forse di cancellare il passato, gettandolo in faccia ad altre persone? Hai deciso di scaricare tutto su di me, senza chiedermi nulla? È per questo che oggi mi hai detto quelle cose, è per questo che ti sei confidata con me? Per prendermi in giro? Per usarmi? E mi chiedi ancora se mi piace?! NO! ”

-      Sì. –

“ A che gioco stai giocando, Rumiko? Quando l’ho vista appesa all’ingresso la prima volta, ne sono rimasto estasiato, come incantato. Ricordo bene il tuo sguardo, che allora mi era parso tanto triste e malinconico. Poi l’immagine era sparita, lasciando uno spazio bianco accanto alla porta. Perché? La stessa domanda mi ero posta allora e mi pongo adesso. Perché quella fotografia appare e scompare in questo modo? Quando non l’avevo più vista ero sicuro che l’avessi nascosta, magari anche buttata. Perché ti faceva tornare in mente cose spiacevoli, si capiva. E ora eccola risorgere come per magia, inspiegabilmente. “

-      Ti piace? – chiese a Yamato, la voce ridotta ad un flebile sussurro.

“Sì, io direi di sì, senza alcun indugio. Lo direi anche solo per il modo in cui l’hai chiesto, così tremante e piena di timore. Immagino che ti sia valso molto coraggio regalarla. Significa molto per te, su questo non c’è dubbio. Eppure sei disposta a separartene, a beneficio di un amico. Lo fai per riconciliarti? Vuoi dargli un pegno della tua fiducia? E gli chiedi ancora se gli piace?! SÍ!”

-      Sì. –

“ Mi chiedo a che gioco sto giocando. Ma non lo so e non lo voglio sapere. Ormai, non ha più importanza, come non ne ha quest’immagine. Si dice che bisogna lasciarsi il passato alle spalle, no? Ebbene, io, lo sto facendo. La sensazione è brutta: il corpo e l’animo si contorcono, il cuore piange. Ma è la cosa migliore. È giusto così. Lo so, eppure non riesco a fermare il fremito che mi percuote. Perché? Perché mi sento così… colpevole? Non può essere una colpa voler dimenticare. “

-      Ti piace? – chiese a Yamato, la voce ridotta ad un flebile sussurro.

“ Sì, ti prego, dì di sì. Non so perché, ma sento di aver bisogno della tua approvazione. Sento lo sguardo di tutti su di me. Anche tu mi guardi, ma non riesco a percepire i tuoi pensieri. Sei contorto, Yamato. Sei contorto e pericoloso. Te lo leggo nello sguardo, così attento e sagace. Eppure voglio sentire il tuo commento, solo il tuo. Il perché, non me lo chiedo neanche. In questo momento non saprei rispondermi. Non voglio rispondermi. E, invece di dar sfogo al mio cuore, ti chiedo se ti piace.”

-      Sì. –

“ Non ti chiedo a che gioco stai giocando, Rumiko. Non faccio domande e non pretendo risposte. Solo spero tu sappia cosa stai facendo. Sperare è concesso, ad un padre? Ecco, mi sono posto una domanda. Avevo deciso di cancellarle, ma i punti interrogativi della mia vita sono tanti e irrisolti. Sono uno spettatore, io, padre vedovo innamorato di sua figlia. Assisto alla vita della persona a cui tengo di più, esterno. Anche adesso osservo i suoi gesti, la sua espressione, e capisco. Capisco e osservo, io, il padre esterno. “

-      Ti piace? – chiese a Yamato, la voce ridotta ad un flebile sussurro.

“ Parla. Non voglio dirti come rispondere, io, che non mi pongo domande e non pretendo risposte. Ma, per favore, parla, tu che sei entrato nella vita di mia figlia. Ti prego, parla, tu che hai il potere di penetrare nel suo animo. Ti supplico, parla.

Ricordo quella volta che ti mostrai le vecchie fotografie. Tu le guardasti e percepii in te un fremito. Quella volta, ti innamorasti della mia bambina, morta un anno fa. Probabilmente sbagliai, poiché tu fraintendesti il mio gesto. Io, che non sono mai stato bravo con le parole, volevo presentarti il suo passato. Volevo che conoscessi e apprezzassi la donna che è diventata. Volevo che le stessi vicino, che la sostenessi come io non ero più in grado di fare, non come vorrei. E così guardo anche questa scena, spettatore paziente che osserva un dramma o commedia, che ancora non si sa. Perciò non mi chiedo se ti piace, io, padre esterno e innamorato di sua figlia.”

-      Sì. –

“ E buon Natale a tutti. “

La festa era finita, gli invitati se n’erano andati. Rumiko si gettò sul letto, mentre il padre era stato investito del ruolo di “metti a lavare i piatti, se no puzzano tutta la notte”. A dire il vero il compito ingrato era stato giocato a carta-forbici-sasso.
“ Povero papà… Però l’idea di affidarsi alla sorte è stata sua! “ rise piano. In un altro momento gli avrebbe dato una mano, ma era letteralmente a pezzi. E il giorno dopo le sarebbe toccato riordinare tutto.
“ E dire che è Natale!” sospirò sconsolata.
Si rigirò tra le morbide coperte. Beh, poteva sempre fare appello ai vicini, sperando che il biondo non facesse troppe storie. In fondo era lui il perfetto uomo di casa, no?
Il pensiero del ragazzo la fece accigliare. Come mai, così all’improvviso, aveva tanta voglia di averlo in casa? Ma, a pensarci bene, non era esattamente una novità. E poi non c’era nulla di strano nel voler riallacciare i rapporti con un amico a cui non aveva rivolto la parola per giorni… era perfettamente normale che volesse chiacchierare e scherzare con lui, che era anche suo vicino, nonché compagno di classe… ma era altrettanto normale che lo pensasse tanto?
Scosse la testa. Meglio non farsi prendere da simili idee sconnesse. Però, per quanto cercasse di distrarsi con altri pensieri, non riusciva a scacciarlo dalla testa.
Lo sguardo cadde un secondo sul cassetto dimenticato aperto e automaticamente la mente ricominciò a viaggiare. Aveva ceduto la fotografia. Se n’era liberata insieme al suo passato. Senza sapere il perché, gliel’aveva regalata. Ora ce l’aveva lui, magari in camera sua, in un cassetto come il suo, o forse sulla scrivania, o su uno scaffale, oppure l’aveva già appesa al posto di qualche altro quadretto. Non era mai entrata nella sua stanza, perciò non poteva saperlo. Eppure immaginava che in quel momento lui fosse seduto sul letto, le gambe larghe e le braccia appoggiate alle ginocchia. O magari con la schiena abbandonata contro la parete e una gamba piegata, come suo solito. Immaginava i suoi occhi azzurri che scorrevano sulla liscia superficie, attenti e profondi, che si perdevano fra i giochi di luce, che delineavano i contorni della sagoma dai capelli lunghi mossi dalla brezza… e allora pensava a lei, ai suoi capelli, a…
“ Ma che diavolo mi viene in mente?! Devo essermi rincretinita a causa di quella compagnia di pazzi! Come posso anche solo immaginare che lui stia pensando a me?! Perché dovrebbe farlo? E, soprattutto… perché dovrei volerlo? ”
Ormai non poteva più nascondere a se stessa di desiderare che quei pensieri fossero rivolti a lei. Ma come si era ritrovata a fantasticare cose simili? Loro due erano, nell’ordine: vicini, compagni e amici. Le cose stavano e andavano bene così.
Allora perché si faceva simili problemi? Perché continuava a rimuginarci? Perché desiderava che la notte passasse più in fretta possibile?
La sua mente stava per formulare la risposta, quando si assopì. Poco male: il cervello cancella, ma il cuore ricorda.

Comunque non aveva indovinato. Appena entrato nella stanza, Yamato aveva deciso di appendere l’immagine sul soffitto, sopra il proprio letto. Con attenzione aveva attaccato dei pezzi di nastro adesivo sul retro, per non rovinarla.
Ora stava sdraiato sulle coperte. E rifletteva. Il suo sguardo era fisso sull’immagine, duro. Più ci pensava e meno riusciva a capire. Che le era preso, così all’improvviso? Quali erano le sue intenzioni? Che significato aveva quell’oggetto?
All’improvviso si accorse di aver dato troppe cose per scontato. Tanto per cominciare l’immagine stessa. Che fosse stata scattata a New York non c’erano dubbi, dati gli edifici che spiccavano nel cielo. Ma qui finivano le certezze e cominciavano i dubbi.

Innanzitutto la data in cui era stata scattata. Poteva trattarsi di poco prima la loro partenza o l’inizio del soggiorno in America. Dunque una distanza di quattro anni. Di per sé la cosa poteva apparire poco rilevante, ma il ragazzo capì di aver trovato la pista giusta. Innanzitutto quattro anni fa Rumiko non aveva di sicuro quell’aspetto e la figura dai capelli lunghi era di sicuro una donna. Poi c’era da tenere conto la morte della madre. Dunque quella misteriosa sagoma poteva essere o la madre quattro anni fa, oppure la giovane stessa, non più un anno fa.
Non staccò gli occhi dalla fotografia, lo sguardo minuzioso e la mente lucida. Poi bisognava considerare un altro particolare, sempre legato al tempo: i sentimenti della ragazza. Se era vera la prima supposizione, significava che l’immagine rappresentava i giorni felici del passato. In caso si esaminasse la seconda, più recente, le cose cambiavano: quell’immagine le ricordava il dolore, la disperazione, la solitudine e tutte le emozioni provate alla scomparsa di una persona tanto cara. E solo una volta accertati i suoi stati d’animo avrebbe saputo quale fosse il suo ruolo e come reagire.
Alla fin fine la soluzione stava nel misterioso personaggio. Si sollevò a sedere, deciso. Il giorno dopo si sarebbe recato da loro, magari con la scusa di dare una mano con le pulizie, e avrebbe indagato. Difficilmente avrebbe ottenuto informazioni da lei, che quasi sicuramente non intendeva dargliene. Anzi, se avesse scoperto le sue intenzioni si sarebbe chiusa ermeticamente e avrebbe perduto la sua occasione di far chiarezza nella vicenda. Doveva dunque rivolgersi al padre, che sicuramente si sarebbe dimostrato più disponibile a collaborare. Ovviamente avrebbe agito con discrezione, per non allarmarli. Ma era certo della riuscita del suo piano.
Si sentiva uno di quei famosi personaggi di gialli e polizieschi. Solo che lui aveva un problema in più. Non essendo del tutto esterno alla situazione, non sapeva come comportarsi nei confronti dell’indiziata. Ora la rabbia e la delusione per l’enigmatico regalo ricevuto erano passati, lasciando spazio ad una sorta d’apprensione mista a impazienza. La fotografia da offesa era diventata indizio prezioso, un punto di partenza per conoscere quella misteriosa ragazza che aveva fatto irruzione nella sua vita.

 


Continua…



  
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