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Autore: MV_Raven    31/08/2014    1 recensioni
Questa, più che una fan fiction, è una raccolta di piccole One shot che hanno tutte un tema comune: la mente di Vegeta. Sarà un viaggio introspettivo nella sua testa, in cui mi diletterò a dar "voce" ai pensieri del taciturno Principe dei Saiyan. Perché a volte un'espressione vale più di mille parole ed io ho solo cercato di interpretarle.
«Tornando al motivo del mio soggiorno terrestre, la cosa che mi trattiene qui è una sola… beh… forse sono due ma la seconda la lascio perdere per restare fedele ai miei principi e, soprattutto, sano di mente.» (Elucubrazioni Notturne)
«Ma chi poteva saperlo, allora che il mio tempo da mercenario stava per esaurirsi? Chi avrebbe mai solo pensato che, di lì a poco, la mia vita sarebbe cambiata radicalmente, che mi sarei stabilito per più di qualche mese su un pianeta e che avrei persino accettato di combattere al fianco di un’inetta terza classe? Ovviamente dopo i cyborg distruggerò anche lui, ma non mi ero mai schierato in vita mia dalla parte di qualcuno.» (Cicatrice)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Nelle menti di Bulma e Vegeta'
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In Vegeta’s Mind
Il Passato

L’élite dei Saiyan.
I guerrieri con la migliore prestanza fisica e preparazione bellica.
Una categoria di alta classe, separata dal resto della feccia di infimo livello dalla nascita.
Se un neonato è forte, ha futuro. Un bel futuro a dirla tutta: ricchezze, popolarità e la possibilità di avere missioni degne di nota; di un certo livello, per intenderci.
Se la tua forza è minima sin dalla nascita, invece, vieni separato dalla tua genitrice ancora in fasce per essere spedito su qualche insulso pianeta della galassia, laddove un saiyajin preparato, perderebbe soltanto del tempo.
Io non sono solo un Saiyan d’élite, ma sono anche il figlio del Re della razza più potente dell’universo: io sono il Principe dei Saiyan ed il mio nome è Vegeta.
Mio padre era sempre stato austero e severo con me, anche se rare erano le volte in cui passavamo del tempo insieme in cui mi allenava duramente, complici i numerosi impegni e le missioni in giro per la galassia. Quando capitava, però, era sempre stimolante per me e mi impegnavo a fare del mio meglio per compiacerlo.
Ero il suo orgoglio più grande e lo capivo da come mi parlava, da ciò che mi diceva ed insegnava e, tutte quelle cose che mi ha detto, non le ho mai dimenticate. Mi raccontava spesso del nostro impero e di quanto, tutto quello, un giorno sarebbe stato mio.
Ancora oggi, appena posso sottolineare il mio rango sociale ricordando a tutti che sono il Principe dei Sayan -sebbene questo popolo non esista quasi più- lo faccio con orgoglio pari, se non superiore, a quello del mio genitore.
Ammiravo mio padre. Adoravo vedere come trattava i nostri sottoposti o come li uccideva con un semplice ki-blast quando fallivano un compito, ma adoravo ancor di più quando mi portava con sé in qualche missione e mi incitava a spargere quanto più sangue possibile!
Mi sentivo importante, al suo fianco. Ogni giorno mi ripeteva quanto da grande sarei divenuto forte, potente e mi ricordava che, un giorno, sarei persino divenuto un Super Saiyan!
Sebbene fossi solamente un bambino, i ricordi sul mio pianeta non mi hanno mai abbandonato; non che io amassi il mio popolo, sarebbero solo grandi stronzate da dire, ma a quel tempo ero… si, beh, felice.
Avevo tutto. Ogni cosa che desiderassi potevo averla al solo schiocco delle dita. Un Principe di una prestigiosa e potente razza guerriera che aveva davanti a sé un futuro glorioso e grandioso. Un bambino che era destinato a diventare il guerriero più forte dell’intero universo, ornandosi del dorato, leggendario manto del Super Saiyan.
Ricordo ancora l’enfasi adoperata da mio padre mentre mi parlava delle gesta del nostro popolo oppure quando narrava le gesta delle missioni che intraprendeva lui stesso. Non era un Re codardo, tutt’altro! Amava combattere ed insieme alla sua squadra partiva spesso alla conquista di pianeti lontani, abitati da creature forti e temerarie, ma che finivano sempre piegate dinnanzi alla ferocia della nostra razza.
Un giorno, tutto quell’impero sarebbe stato mio e sarei stato incoronato Re dopo aver preso in moglie la più potente e bella guerriera del pianeta, così come a suo tempo fece mio padre.

Non andò così… non per me almeno, e tutto ciò che mi aveva detto mio padre si rivelò, all’età di cinque anni, una pura utopia.
Venni dato in custodia a Freezer, affinché facessi parte del suo esercito e da lì a poco sarebbe iniziata la mia lunga” era” da mercenario spaziale, in cui uccisi migliaia di forme di vita, ma senza mai piegarmi veramente a quel despota alieno grazie al mio smisurato orgoglio.
Contrariamente a quanto si pensi, non fui venduto a Freezer. In realtà mio padre non ci guadagnò nulla nel cedermi alle continue richieste di quella sottospecie di lucertola, ma anzi!, fu per lui motivo di disonore permettere al suo primo figlio maschio di diventare un guerriero qualunque, mescolato alle miriadi di razze che componevano l‘esercito di Freezer, anche se, comunque, non avrebbe potuto far nulla per impedirlo. Perché?
Perché Freezer era più forte e nemmeno lui, il Re Veldock Vegeta, avrebbe potuto batterlo sul campo di battaglia. Tuttavia… aveva un piano in mente.
Decise di cedermi, ma solo accompagnato dal mio maestro e “guarda spalle” Nappa (sottoposto che avrei avuto fra i piedi per molti anni), un Saiyan di élite dalla forza combattiva molto alta.
A soli cinque anni ero in grado di stroncare la vita di quel colosso. Il motivo per cui non lo feci subito, rimane un mistero tutt‘ora.
Partimmo verso una delle tanti basi sparse per la galassia e subito ci fu assegnato un pianeta da distruggere, anche se preferii partire da solo, ordinando a Nappa di restare a debita distanza, su una delle astronavi madri dell’esercito di Freezer.
Solo quando fui lontano dal pianeta Vegeta, mio padre si decise ad agire: se un solo Saiyan non poteva fare nulla contro Freezer, in gruppo forse avevano qualche chance!
Formò una squadra composta da una trentina di elementi, tutti di prima classe e partì alla volta dell’astronave del despota…

Fallì anche in quell’occasione, dove perse la vita miseramente.
La notizia mi fu comunicata da Nappa: un folle gesto da parte di mio padre che gli era costata la vita. Un grande Re che aveva osato sfidare Freezer, ribellandosi alla sua tirannia conscio del suo azzardo, ma del tutto deciso a tentare l’ultima carta, perdendo la vita.

La morte del Re avvenne qualche tempo prima che la lucertola si decidesse di distruggere l’intero pianeta. Quando Nappa mi disse che un meteorite aveva distrutto tutto, dalla voce metallica dello scouter, risposi nel modo più cinico che conoscessi: «Beh? C’è dell’altro!?».
Mio padre era morto qualche mese prima dell’esplosione del pianeta e la verità era che me lo aspettavo. Dopo la morte del mio genitore, così come qualche tempo prima morì mia madre, capii che per noi, quel bastardo di nome Freezer, era più che una minaccia… era un vera e propria piaga.
L’ultimo dei miei problemi, in quel momento, era un insulso pianeta popolato perlopiù da terze classi. Ormai, le uniche due persone a cui ero legato, non esistevano più.
Davvero avrei avuto motivo di preoccuparmi della sorte del mio pianeta?
Ormai l’unica priorità che avevo era quella di diventare un Super Saiyan e battere Freezer.
Per il mio orgoglio, per i miei genitori, ma soprattutto per dimostrare che Vegeta, il Principe dei Saiyan, era davvero il guerriero più potente dell’universo!
Dovevo dar veridicità alle parole di mio padre, anche se, con gli anni, mi dimenticai di lui e l’unico motivo per cui avevo ancora i medesimi ideali era per via dello smisurato orgoglio di cui sono fatto tutt’oggi.

A distanza di anni non ho ancora raggiunto l’oro e sono stato surclassato da un traditore di infimo livello… e da uno strano tizio venuto dal futuro.
Mi tocca indossare abiti terrestri dai colori osceni e sono obbligato ad adattarmi a questa vita, sebbene mi faccia decisamente schifo. Vorrei essere altrove, a vivere quella vita che mi spettava… e invece mi tocca vivere con questo popolo frivolo e debole.

L’incubo che ho appena fatto è la chiara prova di quanto questo “sentirmi inferiore” non vada bene al mio organismo, ma sono ferito e distrutto.
Non posso muovermi dal letto e mi tocca portare ancora pazienza… l’incidente con la Gravity Room s’è rivelato più pesante del previsto.
Lancio un’altra occhiata alla bizzarra terrestre che dorme appoggiata al tavolo…
Quando, mezz’ora fa, ho ripreso i sensi lei era già qui… e non ne comprendo il motivo. Forse dovrei svegliarla, ma non mi va di aprire la bocca. Né tantomeno mi va di sentire la sua voce starnazzante… né quella dei suoi genitori. Voglio solo stare zitto ancora per un po’.
Solo un altro poco, per ricordare quel passato che avevo dimenticato, lavandolo con il sangue e l’odio.

Fine.






   
 
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