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Autore: teeni    01/09/2014    4 recensioni
"Il mio amico sta soffrendo. Quello che piove è il suo sangue."
Genere: Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Le 3:20 del 15 dicembre.
Nuvole cariche di pioggia nascondevano le brillanti stelle che, solitamente, illuminavano l’oscura notte e fulmini dalle sfumature quasi rosee rigavano il cielo, per poi perdersi nel campo poco distante.
Will guardava fuori dalla finestra di camera sua, al secondo piano, la pioggia schiantarsi sulle rocce e sciogliere pian piano la neve formatasi sul cancello, osservava ogni singolo lampo, preparandosi a sentire il frastuono che pochi secondi dopo sarebbe arrivato.
Aveva iniziato a soffrire d’insonnia, quell’anno. La maturità che a fine scuola avrebbe dovuto affrontare gli faceva perdere sonno e appetito.
Guadava le poche foglie secche rimaste attaccate agli alberi cadere con maestosa lentezza, spinte dal vento.
Spostò lo sguardo verso la neve, per vederla lentamente sciogliersi.
Neve cremisi.
Si stropicciò gli occhi, chiedendosi se l’insonnia provocasse normalmente allucinazioni.
Sempre più gocce coloravano la neve color cremisi, fino a farla sciogliere.
Scese le scale e uscì. Restò sotto il porticato, scoprendo solo la mano.
Gocce rosse acquose e tiepide gli rigarono la mano.
Riportò la mano sotto il porticato, per guardarla da vicino.
Pioggia Rossa? Molto improbabile.
Quella pioggia era tiepida, quasi calda, al tatto.
Si chiese se magari aveva mangiato pesante, la sera prima.
Fece per rientrare in casa, quando un lampo delineò una figura oltre in cancello.
“Un gatto” pensò.
Mise un paio di ciabatte, un maglione e andò verso il cancello per recuperarlo.
Arrivato, tremante, al cancello, fece per aprirlo. Sporgendo le braccia in avanti, vide strisce rosse rigargli il maglione candido.
Forse non stava immaginando.
Aprì il cancello cigolante, per cercare in fretta l’ipotetico gatto.
Si ritrovò solo, sul marciapiede leggermente rossastro. Nessuna traccia del gatto, o qualunque cosa fosse, vista prima.
 
Lui soffre.
Sibilò il vento.
 
Si girò, si guardò intorno, ma non c’era nessuno.
 
Ha tanta paura.
Sembrava una voce bambinesca, quasi ingenua.
 
Will cominciò a tremare, non solo per il freddo.
 
Le ferite gli fanno tanto male.
 
Indietreggiò, cercando il cancello per poter tornare dentro.
 
Perché scappi? Non vuoi aiutarlo?
 
Si pietrificò, mollando le mani dal freddo cancello.
 
Lui si sente molto debole, sta per morire.
 
Si sentì tirare la manica. Abbassò lo sguardo, lentamente.
Una bambola di pezza, con dei bottoni per occhi, uno di essi scucito; senza capelli, solo qualche ciuffetto corto tagliato male; un vestito rosa a pois, sporco e logoro; segni di cuciture su collo, polsi, caviglie e bocca.
 
Lo aiuterai, vero?
Le labbra, ad ogni movimento, cominciavano a scucirsi.
 
Will cominciò a sentire le gambe pesanti, la testa pulsare. Iniziò a vedere tutto a pallini.
Sentì solo il dolore del colpo alla testa sul marciapiede.
 
 
Come stai?
Chiese la bambola, seduta vicino al volto di Will.
 
Aprì lentamente gli occhi, mettendo a fuoco la fantasia rosa a pois bianchi del vestito.
Ricordò gli attimi prima di svenire, la pioggia rossa, la voce nel vento, l’inquietante bambola che gli aveva preso la mano.
Indietreggiò, ignorando dove fosse e come ci fosse finito lì, e continuò a fissare quel corpo animato e sfregiato di pezza.
 
Ti senti ancora male?
Domandò di nuovo la bambola, con una voce estremamente acuta e infantile, scrutandolo –o almeno così sembrava- con il suo unico occhio.
Non devi avere paura di me, io non faccio delle cose cattive.
 
Will, ancora scosso e leggermente intimorito  dallo stato della bambola, riuscì a farfugliare un: -Cosa mi è successo?-
 
Sei svenuto in mezzo alla pioggia. Io ti ho portato qui, a casa mia.
 
Si guardò intorno: una stanza piccola, con la carta da parati verde a fantasia floreale che si stava lentamente staccando. Un vecchio letto impolverato; sopra esso, bambole di porcellana mal messe. Una di esse fece uno scatto con la testa, facendo singhiozzare Will. Dall’altro lato, una scrivania logora. Sopra di essa, aghi, matite, pastelli, forbici, stoffe squarciate, ciocche di capelli di ogni colore e lunghezza.
 
-Questo posto mette i brividi…- disse, scostando velocemente lo sguardo dalle bambole che ogni tanto facevano qualche scatto.
 
Questa è la mia stanza. Non è adorabile?
Disse in tono serio.
 
Will non rispose. La stanza, illuminata da candele rosso sangue sparse per le pareti, conferiva alla bambola un aura demoniaca. Quella camera non aveva finestre. Tremò.
 
Hai freddo? Vuoi una coperta?
 
Will cercò di smettere di tremare, e fece no con la testa.
 
Il tuo maglione è tutto sporco… vuoi qualcosa di pulito?
Disse, con un tono che aveva un non so che di amichevole.
 
Will si guardò il maglione: rosso.
-Perché… la pioggia era rossa?- chiese, sedendosi a gambe incrociate.
 
Il mio amico sta soffrendo. Quello che piove è il suo sangue.
 
-E come mai?-
 
Non lo so, quando sono andata a trovarlo stava sanguinando. Io mi sono spaventata tanto.
 
-Ma… perché PIOVEVA il suo sangue?-
 
Non te l’ho detto? Il mio amico vive lassù, nel cielo.
Disse indicando il soffitto.
Tu puoi salvarlo, vero?
 
Ci pensò su un attimo. Voleva dirle che era semplicemente un diciottenne con problemi d’insonnia, ma quella bambolina, sarà per il tono di voce o per l’ingenuità infantile, gli sembrava sincera. Inoltre, se andare a salvare il suo amico significava uscire da quella stanza, l’avrebbe fatto di sicuro.
 
-Ma non so come.- rispose tristemente.
 
Ti porterò io da lui.
 
Will annuì, cominciando a pensare ad un modo per aiutarla.
 
La strada non è difficile. Tienimi la mano, così non ti perderai.
 
La bambolina gli tese la mano.
Will si avvicinò e la strinse.
 
Stai attento. Sulla strada c’è tanta gente cattiva. Tieni sempre la mia mano.
 
Si alzarono, e la bambola aprì la porta sulla destra. Will si aspettava un’altra sala, o un giardino.
Si trovava su una strada deserta in pietra. Il cielo era rosso sangue, il paesaggio spoglio e lugubre.
 
Non avere paura, io sono qui.
 
Camminarono per quel sentiero inquietante, incontrando cadaveri, zombie, carcasse, bambole rotte.
 
Non guardarli, guarda avanti.
 
“Voglio solo andarmene da qui.” pensava disperato.
Nell’aria c’era un acre odore di fumo. “Odore di male” diceva la bambola. Tutto questo si mischiava all’odore di sangue e putrefazione dei corpi di animali, persone o bambole.
 
Sono molto preoccupata per il mio amico.
Farfugliava ogni tanto.
 
Will cercava di rassicurarla, le diceva che presto sarebbe finito tutto, perché quello sperava.
 
Siamo quasi arrivati. Guarda, lì c’è il cimitero.
Disse, indicando con il braccino senza mano le lapidi che stavano per affiancare.
 
Stai attento, qui ci sono gli spiriti dei morti. Non mollare la mia mano.
 
Will si guardò intorno: dalla terra sotto le lapidi iniziava a salire qualcosa, spiriti.
Vide una madre che chiamava il figlio, un ragazzo con un lungo cappotto nero seduto sulla sua lapide, delle bambole tornate come nuove camminare meccanicamente verso la strada.
 
Mi dispiace che tu abbia visto tutto questo. Vedi quel castello laggiù? Lì ci sono le scale che ci porteranno dal mio amico. Facciamo presto, potrebbe essere peggiorato!
 
Sveltirono il passo, avvicinandosi sempre di più a quel castello: nero, sfregiato, per niente illuminato.
Salirono i gradoni, per arrivare al portone.
 
Me lo apri, per favore? E’ troppo pesante per me.
 
Will spinse l’enorme portone in legno e guardò all’interno del castello.
Sembrava gigante, all’apparenza, ma era composto invece da una sola stanza. Il soffitto sembrava non esserci: solo il buio.
Al centro della stanza, una scala che finiva sul nulla.
 
Dobbiamo prendere quella scala lì. E’ un po’ buio, ma quando si arriva sulle nuvole torna la luce.
 
Presero quelle scale. Will rallentò, per non inciampare nel buio più totale.
E infine, la luce.
Una sgradevole luce rossa.
Si guardò intorno: nuvole rosse macchiate di sangue, che gocciolavano a terra, grida.
 
Questo posto di solito è bianco e silenzioso.
Disse la bambola con tutta tranquillità.
 
Will continuò a guardarsi intorno, disgustato da quel fastidioso odore di sangue.
 
Guarda quella grotta: è lì il mio amico. Andiamo!
 
Coprendosi il volto con la mano, Will corse con la bambola fino a quella grotta.
Appena entrati, vennero travolti da un disgustoso odore di carne putrefatta, mischiata a fumo, mischiata a sangue.
Corsero fino in fondo, seguendo una flebile luce.
E lì, lui.
Un angelo.
Aveva i vestiti strappati e macchiati di sangue, le ali spezzate,  gli occhi neri e assenti, le mani sulla bocca grondante di liquido rosso.
Will non resistette e vomitò, girandosi di lato.
 
Sei ancora vivo, vero?
 
L’angelo alzò lo sguardo.
-TU!- tuonò, sputando sangue.
-Chiunque tu sia, allontanati da lei. E’ malefica!- continuò, rivolgendosi a Will.
Lui si girò verso la bambola, confuso.
Lei lo guardava con il suo unico occhio.
 
Cosa dici, io sono buona.
Disse, perdendo l’ultima sillaba della frase.
 
Uno scricchiolio continuo.
Il collo della bambola si stava girando.
Iniziò a vedersi una nuova faccia. Occhi sbarrati, rossi, fissi su Will con un espressione sadica.
 
Mi piace giocare con la gente. Vuoi giocare anche tu con me?
 
Will sbarrò gli occhi. Quella non era la bambola di prima, quella che gli teneva la mano e gli parlava con sincerità. Quella era una bambola demoniaca, dal tono infantile e mostruoso.
 
Sarà divertente, fidati!
 
Guardò la sua mano sinistra: un taglierino.
Aveva sempre tenuto in mano quel taglierino.
-Se le tagli la testa morirà!- gli urlò l’angelo, tossendo e sputando sangue.
Will ci pensò su.
Non sarebbe riuscito a prenderle il taglierino di mano, e non aveva altri oggetti con sé.
Non andava in palestra molto spesso, ma ne aveva la forza, si disse.
“Le strapperò la testa.”
Si fiondò su di lei e la prese per il collo.
Dall’altra parte, vide il volto dal solo bottone della bambola.
Si sentì in colpa. Avrebbe davvero potuto uccidere la bambola che lo aveva accompagnato fino a quel punto?
Le guardò la bocca cucita. Uscì un sibilo.
 
Fallo.
 
Le prese la testa e tirò.
Si sentì un suono di tessuto strappato.
Vide sgorgare sangue, pezzi di stoffa e ovatta.
Lasciò cadere a terra la bambola. Si sentiva comunque in colpa.
Guardò l’angelo: gli stava sorridendo. Gli occhi erano tornati normali, le ali si aprirono maestosamente, tornò a brillare.
 
 
 
Si risvegliò nel letto.
Le 6:30.
Guardò fuori dalla finestra: cielo chiaro, pioggia.
Controllò il terreno: pulito.
La pioggia aveva il solito color trasparente.
Si rincuorò, ricordando l’accaduto come un sogno lontano; forse era così.
Scese dal letto, infilò le pantofole e andò a prepararsi la colazione.
La sua camera era in ordine come al solito: i libri sulla sedia della scrivania, il cambio per la giornata sul comodino.
 
E un maglione rosso ripiegato sul letto.




(Angolo della beota)
Buonsalve popolo della terra!
Questa è la mia prima Fic, e, sì, si vede.
Spero vi piaccia lo stesso, perché ho stressato le mie amiche in una maniera impressionante mentre la scrivero :'D

~CherryBlood
  
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