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Autore: MagikaMemy    03/09/2014    3 recensioni
La Disney High non è un semplice liceo, ma una vera e propria GIUNGLA! E tra compiti in classe, feste sulla spiaggia e amori incompresi, Jasmine, Nani, Belle... ma anche Aladdin, Naveen, Alice, Jim, Trilli e altri saranno vittime della più temibile sfida cui la vita ci pone davanti : l'adolescenza. E si sa, essere giovani non è semplice... in fin dei conti, questa è la vita reale, non siamo mica in una fiaba!
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7



Peter, sei …. sei davvero sicuro che vada bene così?”

Peter fece un ghigno e si mise una mano tra i folti capelli rossi, scuotendoli con nonchalance e dando mostra di tutta la sua inesauribile vanità.

Tsk, tu mi sottovaluti! Sono un pasticcere formidabile, biondina.”

Trilli continuava a guardare la torta malridotta in cottura, chinata davanti al forno con il grembiule e i guantoni di stoffa che spuntavano dalla tasca dei jeans.

Cercava, più che altro, di ripassare a mente il tipo di comportamento da avere in caso l'intero edificio andasse a fuoco.

Peter le si avvicinò, imbronciato: “Smettila di fissarla con quella faccia!”

Io non sto facendo alcuna faccia!” si affrettò a spiegare, tranquilla, rialzandosi e iniziando a ripulire il tavolo dell'enorme cucina “è solo che credevo l'avremmo comprata, la torta.”

Ma... ma le cose fatte a mano e con amore sono le migliori!” esclamò Peter, incredulo che l'amica non si esaltasse come lui per una cosa del genere.

Trilli sorrise, arrendevole, e senza continuare il discorso afferrò lo zucchero a velo per riporlo al suo posto.

Mentre si avvicinava alla mensola, tuttavia, sentì qualcosa sotto il piede e fu un attimo: scivolando in avanti, si ritrovò tra le braccia di Peter (che era riuscito ad afferrarlo al volo).

Ovviamente, è inutile specificare che lo zucchero le era sfuggito dalle mani, volando in aria come per magia e ricoprendoli entrambi dalla testa in giù, fin sulla punta delle scarpe, per poi finire rovinosamente a terra, sparso ovunque.

Peter la teneva per i gomiti, e dopo un istante di sincera sorpresa sbottò in una fragorosa risata.

Trilli, dal canto suo, si affrettò a rialzarsi e a guardarsi attorno: la cucina era un disastro, lo zucchero ricopriva metà del pavimento, loro sembravano due pupazzi di neve e i Bimbi Sperduti sarebbero tornati a breve dalla passeggiata nel parco, compresi i gemelli – cui la torta era destinata.

Peter, smettila di ridere come una iena e diamoci una mossa! Bianca, Bernie e i Bimbi saranno qui tra poco.”

Peter smise lentamente di ridere, senza riuscire a tornare serio del tutto, e le si avvicinò piano; Trilli, ferma davanti al frigorifero, cercava di togliersi lo zucchero dai capelli ma si bloccò quando si ritrovò l'amico a pochissima distanza.

Le mancò il fiato per un istante, Peter le sfiorò la punta del naso col dito e se lo mise in bocca, poi le mostrò la lingua divertito: “io adoro lo zucchero a volo!”

Sentendosi come sempre una perfetta cretina, alzò lo sguardo al cielo e gli diede un buffetto sulla guancia, poi insieme iniziarono a mettere tutto in ordine.

Come previsto, i Bimbi tornarono alle sei e trenta – ma loro fecero miracolosamente in tempo a mettere tutto in ordine e a finire di sistemare la sala per la festa.

Quando gli orfani rientrarono, però, non solo si stupirono per i festoni e i palloncini.

Aprirono la porta e, dopo essersi guardati attorno, ancora con i jeans sporchi di fango e i capellini in testa, videro Trilli spuntare da un angolo e gridare: “Ecco qui i miei Bimbi Sperduti!”

Trilliiiiiiiiiiiiiiiiiiii!”

I Bimbi le corsero incontro con enfasi, tenendole una specie di affettuoso agguato e stendendola letteralmente a terra.

Peter, Bianca e Bernie osservavano la scena sorridenti, mentre Trilli e i piccoli ridevano con entusiasmo.

Pennino, che le si era avvinghiato, le lasciò un ultimo, umido bacio sulla guancia per poi lanciarle uno sguardo pieno di amore sincero.

Ci sei mancata tanto, Trilli.”

Oh, piccoli miei...” li guardò commossa, mentre si rimetteva seduta sul tappeto e loro continuavano ad abbracciarla e a farle le feste come una cucciolata “... mi dispiace di non essere riuscita a venire, negli ultimi mesi. Tra il lavoretto estivo e l'inizio della scuola non ne ho avuto il tempo...”

I gemelli la interruppero, e uno dei due le mise una mano tra i capelli: “sei venuta per la nostra festa?”

Ma certo!” disse Trilli con entusiasmo “non avete visto com'è bello il salone? Chi pensate ci abbia pensato, ad addobbarlo così?”

Di sicuro non Peter!” rispose l'altro gemello prontamente.

Ehi, tu!” protestò Peter, prendendolo in braccio tra le risate generali “Ma guarda cosa mi tocca sentire … cos'è, pensi che io non sia in grado di gonfiare due stupidi palloncini?” domandò, e senza attendere risposta lo portò sul divano dove iniziò a fargli il solletico.

Trilli, mentre i bambini si alzavano e iniziavano i festeggiamenti, osservò la scena restando seduta.

Peter, non accorgendosi di essere l'oggetto delle attenzioni di qualcuno, fu attaccato di spalle dall'altro gemello, e prontamente lo ribaltò su un cuscino fingendo di morderlo, per poi alzarsi di tanto in tanto e far finta di masticare, esclamando con enfasi: “mmmh... questo bambino ha davvero un buon sapore!”

I gemelli, ovviamente, ridevano con le lacrime agli occhi, e lei non potò ignorare la sensazione che le riempiva lo stomaco.

Tutti i loro amici giudicavano Peter uno sciocco infantile, e probabilmente avevano anche ragione.

Ma, pensò, se avessero potuto vederlo in quel momento … se solo qualcuno avesse visto come si prendeva cura di quei bambini, di come era pronto a difenderli, amarli … a morire per loro.

Nonostante fosse legalmente possibile, per lui, comprare un appartamento per conto suo, si era rifiutato mesi fa.

Bianca e Bernie hanno bisogno di me” aveva detto, sdraiati sul letto di lei, un tiepido pomeriggio del passato Aprile “... i bimbi hanno bisogno di me. Non posso abbandonarli.”

Trilli, però, sapeva la verità.

Non erano i Bimbi Sperduti ad aver bisogno di Peter … era lui a non poter immaginare la sua vita senza di loro.

Il Neverland era stata la loro casa, in fondo -e anche Trilli, se avesse potuto, sarebbe rimasta lì sin dall'infanzia.

Poi Turchina l'aveva adottata, e nonostante fosse stata felice di avere una madre il suo cuore non aveva mai abbandonato quel luogo.

Non aveva mai abbandonato i Bimbi Sperduti (arrivati qualche anno dopo, quando lei era ormai solo un'amata visitatrice e non più una Sperduta) e, soprattutto, non aveva mai, mai abbandonato Peter.

Erano cresciuti in letti vicini, tenendosi la mano prima di dormire e facendo il bagno assieme, nella piscina gonfiabile durante le estati afose della loro infanzia; Bianca aveva ricoperto i loro sederini di borotalco, aiutata da un piccolo Aladdin (il ragazzo che andava nel loro stesso liceo ma con cui, ironicamente, lo stesso Peter non aveva mai praticamente parlato).

Avevano imparato a condividere i giocattoli e i biscotti, rubandoli quando Bernie era distratto, e quei giorni non avrebbero mai abbandonato le loro memorie.

Poi, però, i compleanni erano aumentati.

Dopo dieci anni – dieci anni di simbiosi, di fratellanza, di carezze e coccole innocenti- Trilli aveva abbandonato il Neverland.

E mentre, in cortile, Bianca Bernie e gli altri orfani agitavano la mano, salutandola con gioia e invidia, Trilli stringeva al petto il coccodrillo di pezza che Peter le aveva regalato e lo aveva cercato con lo sguardo, prima di salire in macchina.

Lui era lontano, nascosto dietro un albero, ma Trilli lo aveva visto lo stesso.

E piangeva.

Piangeva piano, il viso per metà coperto dal tronco, senza riuscire a smettere di guardarla.

Lei avrebbe voluto andare là e stringerlo, ma a dieci anni si inizia ad avere una strana comprensione mista a saggezza, tramite la quale iniziamo a capire i sentimenti delle persone che amiamo.

E Trilli capì in quel momento di non poterlo raggiungere, perchè era giusto così: era giusto che finisse senza parole inutili, senza addii drammatici.

Capì questo e capì di amarlo.

Certo era solo una bambina, ma talvolta ancora si stupiva di quanto quel sentimento fosse sempre esistito.

Amava Peter da tutta la vita, di quell'amore nascosto e disperato che non tutti conoscono – ma, per ironia, era l'unico amore che lei potesse accettare di provare.

Sapeva di non poterlo avere.

Lo aveva sempre saputo, e in un qual senso questo la consolava, perchè le lasciava la strada libera per aprirsi a nuovi sentimenti.

Tuttavia, era in lei forte la consapevolezza che non avrebbe mai amato nessuno come amava lui.

Peter si voltò verso di lei all'improvviso, e le sorrise dolcemente.

E lei ricambiò, per poi alzarsi di scatto, in pieno panico, mentre Bianca gridava qualcosa a proposito di 'uno strano odore di bruciato'.


*

Un altro colpo, più forte del precedente.

Ed un calcio, ben assestato, con la gamba ben tesa.

Mulan sentiva le gocce di sudore scorrerle lungo la schiena, mentre il judoji aderiva alla pelle umida, limitandole quasi i movimenti.

Il silenzio del dojo la rilassava, permettendole di concentrarsi.

Il sacco davanti a lei oscillava, cigolando, sotto la pressione dei colpi- ed era da una decina di minuti che proseguiva così, a quel ritmo, ignorando la stanchezza.

Poi si fermò un istante, per riprendere fiato.

Si avvicinò al suo armadietto, togliendosi la cintura nera e la casacca bianca, e rimasta in canottiera strofinò l'asciugamano sulle spalle, i capelli neri e lisci raccolti quel giorno in una cipolla disordinata – ma, ovviamente, il fermaglio del signor Fa era sempre lì, come tutte le volte.

Ne approfittò per bere un sorso d'acqua e dare un'occhiata al suo cellulare.

Un messaggio di Meg su un'uscita serale improvvisata con Rapunzel e Belle, qualche mails di inutile e insopportabile spam, un 'like' di sua nonna sotto la foto fatta la sera della festa con Naveen, Nani e Herc.

Alzò gli occhi al cielo, ripromettendosi di non iniziare mai più la signora Fa ai social network, che da quando li aveva scoperti passava giornate intere a commentare le foto dei suoi amici (rigorosamente maschi) con cuoricini e frasi altamente censurabili.

Loro ci ridevano su, ma la cosa stava diventando decisamente imbarazzante e...

... Mulan?”

Si voltò di scatto, facendo cadere l'asciugamano sul tatami.

Rimase a fissare Shang e il suo sguardo incuriosito per qualche istante, poi si chinò per raccogliere il panno con un'espressione indecifrabile.

Shang.” disse soltanto, e lui sentì una morsa al cuore nel provare ad ignorare il tono di voce con cui gli si era rivolta.

Che... che cosa ci fai qui?” chiese, timidamente.

Inaspettatamente, Mulan rilasso i muscoli del viso e sorrise flebilmente: “...questo è il mio dojo, Shang.” rispose, rendendosi conto di doversi almeno sforzare di essere gentile.

Voglio dire, in fondo non c'era motivo plausibile per cui dovesse avercela con lui... sì beh, ok, si sentiva tremendamente a disagio quando lui le chiedeva di uscire con insistenza davanti a tutti gli altri atleti della palestra, e questo era appurato.

Ma, a parte quel suo lato da spaccone fissato con il ninjutsu, spesso si dimostrava un ragazzo molto tranquillo – un po' troppo permaloso, forse, e lievemente vittima di manie di protagonismo.

Però le era capitato spesso di incontrarlo anche fuori dai corridoio della scuola (destino crudele che aveva fatto innamorare i loro rispettivi migliori amici come cerbiatti in primavera!), più che altro nelle uscite di gruppo – e doveva ammettere che, quando non c'erano di mezzo le arti marziali e il suo spirito competitivo, diventava un ragazzo estremamente gentile, ed anche un po' impacciato.

Sembrava perdere completamente la sicurezza che aveva in palestra e diventava...

...insomma, a suo modo era... tenero.

Lui si grattò la nuca, visibilmente imbarazzato: “Sì, beh, io ho dimenticato i guantoni e...” guardò di sfuggita il sacco ancora ciondolante e le lanciò un'occhiata maliziosa.

Ah, ecco come fai ad essere così brava. Lo spacci per talento naturale, e invece ti rinchiudi qui dentro ad allenarti...”

Mulan inarcò un sopracciglio, divertita dalla sua idiozia: “Non bastano il talento e la passione, Li. Ci vuole il duro lavoro” e, sottolineando le ultime parole, torno al suo sacco, riprendendo con i pugni.

Stava per sganciare il sesto colpo, ma qualcosa le afferrò il gomito da dietro bloccandone il movimento, e si ritrovò un Li decisamente compiaciuto dalla buffa circostanza.

Mulan emise una sorta di ringhio, funesta: “Che diavolo fai?! Potevo colpirti!”

Li mollò la presa e, senza dire nulla, le cinse la vita con il braccio muscoloso.

Mulan, dopo un breve istante di sorpresa, non si mosse: si limitò a guardarlo dal basso della sua statura, con una calma che nascondeva visibile irrequietezza.

Sei scorretta, Fa. Scommetto che vieni qui tutte le sante sere, a prendere questo povero salsicciotto a pugni finchè non crolli dalla stanchezza.” disse lui, con un fil di voce, accorciando le distanze tra loro.

La ragazza soffiò come un felino, ma mostrò una smorfia di scherno: “Quel che faccio, Li, non è decisamente affar tuo.”

Li le si avvicinò ancora di più, chinato verso le sue labbra- e Mulan potè distintamente guardare le pagliuzze scure nei suoi occhi e le labbra carnose farsi tremendamente vicini.

... se continui ad allenarti così, non ho proprio speranze di batterti eh?”

...qual'è il problema, Shang? Non sopporti più di perdere coontro una donna?”

...no, se perdere contro di lei significa non avere chances nel prendermela.”

La risposta era stata inaspettata per entrambi- sì, anche per Shang, che si sarebbe chiesto probabilmente tutta la vita cosa diavolo gli era saltato in testa per dire una cosa simile con quel tono strafottente.

Probabilmente sarà il livello massimo di virilità che raggiungerai nella vita, amico. Goditi il momento. O, in alternativa, scappa.

Mulan sentiva il petto stringersi contro quello del ragazzo, ma potè giurare che non fu per quello che le mancò il fiato, e per la prima volta in vita sua si trovò seriamente in difficoltà davanti a un ragazzo.

Senza sapere assolutamente quale fosse la cosa giusta da dire-sempre che ce ne fosse una, distolse lo sguardo dagli occhi del ragazzo per abbassarli, seriamente in preda alla confusione.

Dopo qualche istante, finalmente riuscì a parlare, la voce appena percettibile.

... devo pensare a studiare, Li. E ad allenarmi. Non ho tempo per.. per una cosa come i ragazzi” ma improvvisamente, la convinzione che aveva sempre ostentato ora stava vacillando.

Tuttavia la cosa non la stupì, perchè sapeva che prima o poi sarebbe successo- sapeva che prima o poi Shang avrebbe seriamente provato a mettere in chiaro quella stupida faccenda, e che lei non avrebbe avuto altre scuse per scappare.

Lui sembrò capire l'antifona, e non faceva che guardarle il viso, ammirato.

Lei era là.

Mulan era... era proprio lì, tra le sue braccia, e... era così fottutamente bella.

Anzi, poteva giurare di non averla mai vista bella come quella sera – anche se era sudata, con i capelli spettinati e gli occhi stanchi.

Era troppo, troppo più bella di qualsiasi ragazza avesse mai anche solo guardato di sfuggita.

E la voleva, la voleva davvero, e per la prima volta sentiva che anche lei voleva lui.

Allora, improvvisamente, capì che per tutto quel tempo lei non aveva fatto altro che fuggire per la paura, sì, semplice, sciocca paura di mostrare debolezza, ed era così tipicamente da lei un simile ragionamento che si stupì di non esserci mai arrivato.

... baciami.” bisbigliò.

Lei sussultò, immobile, e sentì mancarle il fiato.

Shang, sei scemo? Non hai sentito quello...”

Ho sentito.” rispose lui, senza neanche lasciarle finire la frase “Ma so che sei ancora qui, quando avresti potuto benissimo liberarti dalla mia stretta e andartene, lasciandomi qui.”

Lei, profondamente spaventata, aveva un'espressione corrucciata, ma lievemente più rilassata di pochi secondi prima.

... sei più forte di quanto pensassi” ammise, arrossendo.

Shang pensò che, tanto, peggio di così non poteva andare- ma c'era da ammettere che anche il fatto che lei non fosse fuggita stamapndogli un ceffone era ben al di là di ogni sua prospettiva per il pomeriggio (che, nei piani originali di quella mattina, doveva semplicemente consistere in una corsa al parco con le cuffie nelle orecchie e un patetico tuffo nell'autocommiserazione).

E poi c'era ancora in ballo il piano geniale dell'auto super sportiva con cui farla rimanere a bocca aperta all'uscita di scuola (ebbene sì, non lo aveva dimenticato).

Conscio di essere ormai in una situazione estrema, provò ad avvicinarsi ancora, lentamente.

Le carezzò una guancia, e ad entrambi mancò il respiro.

... allora... devo ancora batterti per avere un appuntamento?”

Mulan non ebbe il coraggio di guardarlo: chiuse gli occhi e, con un rapido, piccolo salto, annullò la distanza tra loro, baciandolo con foga.

E Li, al contrario di ciò che aveva sempre pensato, non sentì stupide campane o musiche romantiche in sottofondo.

Al contrario, si concetrò sull'assoluto niente intorno a loro, e forse si addiceva di più ad entrambi.

Un silenzio tanto sconcertante quanto accogliente.

Dopo un sentimento così intenso, fu deludente tornare alla realtà quando Mulan si scostò e gli sorrise, distaccandosi anche con il corpo e carezzandogli un braccio muscoloso.

... sì, Shang.” disse solo, divertita.

Li, in piena confusione, troppo felice per ragionare in maniera razionale, la guardò allontanarsi verso la porta confuso più che mai.

Mulan, che... che diavolo vuol dire?”

Lei raccolse la borsa e sciolse i capelli; poi si fermò sull'uscio e lo guardò profondamente compiaciuta.

... che il patto è ancora valido, Shang. Tu battimi, ed io esco con te.”

Shang, ora, stava praticamente perdendo fumo dalle orecchie e la osservava, tra lo sconvolto e il disperato.

Ma.. ma io...tu...” balbettò, ma Mulan, senza cattiveria sorrise intenerita.

..diciamo che era un incentivo.”

E detto questo, gli fece un cenno con la mano e sparì nel corridoio, mentre Li, fermo come una statua di sale, fissò la porta per qualcosa come venti minuti, per poi arrendersi alla sfiga che lo perseguitava e andarsene, gridando epiteti poco gradevoli a una divinità cinese.

*


Jasmine masticava la penna, in preda a quello che sembrava un vero e proprio attacco isterico.

E, giurò, stavolta non era colpa del ciclo- bensì di quella cazzo di odiosa, irritante, perfettamente inutile invenzione quale la chimica.

Al, intento a scrivere qualcosa sul suo quaderno degli esercizi, una mano ferma sul libro della tavola degli elementi, sembrava essere meravigliosamente a suo agio nel mondo di provette e liquidi dagli strani colori, e questo non faceva che irritarla ancora di più.

Seduta all'altro capo del tavolo, sbuffò e gli dedicò un'occhiata gelida.

Ti odio, Street. Te e la nonchalance con cui svolgi questa … questa roba.”

Aladdin neanche sollevò lo sgaurdo dal quaderno, confrontando il risultato degli esercizi teorici con quelli del libro, e sorrise senza degnarla di un'occhiata: “Perchè non provi semplicemente a stare attenta durante la spiegazione?”

Jasmine avrebbe voluto mettere a tacere quel suo tono irritante colpendolo con il trinciapollo, ma si limitò a posizionare le braccia conserte come una bambina e a incenerirlo con gli occhi.

Non è colpa mia se la prof Yzma, durante le lezioni, ha l'enfasi di un bradipo investito da un furgone."

Aladdin alzò gli occhi al cielo, evitando di guardare quegli occhi scuri e perdercisi.

Jasmine aveva provato diverse volte a fare domande inerenti alla serata della festa, e negli ultimi giorni i era stupito di come riuscise ogni volta ad inventare una scusa fantasiosa con cui cambiare argomento.

A forza di frequentare Flynn, aveva imparato a dire un acco di frottole- cosa che Adam gli aveva fatto prontamente notare, ma lui aveva accuratamente evitato di starlo a sentire.

Ora, però, averla davanti a è era estremamente complicato; lui stesso, per natura, non era mai stato molto a suo agio a mentire, e nascondere una cosa tanto importante a Jasmine gli sembrava come ... non so, fingere di lanciare una palla ad un cane solo per vederlo annaspare.

Jasmine gli agitò una mano davanti agli occhi, seria: "Al! A cosa cavolo stai pensando?! Sembri sotto effetto di... beh, di roba strana."

"Non... non mi sono fatto alcuna canna, Jas!" ribattè lui, abbandonando la riflesione e concentrandoi su di lei.

Jasmine ridacchiò e si alzò, avviandosi verso la cucina e uscendone poco dopo con due lattine di birra.

Si sedette sul tavolo e gliene offrì una, poi stappò la sua.

Aladdin guardava i suoi gesti come si osserva una tigre in gabbia-perchè, sinteticamente, di questo si trattava.

Jasmine aveva una casa splendida, ma sembrava starle stretta da tutta la vita, il che dal suo punto di vista era inconcepibile.

Non che ad Aladdin non andasse bene il suo appartamento con Genio (era la prima vera 'casa' che avesse potuto considerare tale), ma spesso immaginava Jasmine nei suoi attacchi isterici in cui usciva, sbattendo la porta e lasciandosi quel lusso alle spalle, e davvero non comprendeva coa le passase per la testa in quei momenti.

"... sei preoccupato per Genio?" gli chiese lei, d'un tratto, con dolcezza.

Aladdin deglutì, colto di sorpresa, e decise di cogliere la palla al balzo: "Un pò." ammise, sorseggiando la birra fresca e sentendo mentre scorreva giù per la gola "...sembrava davvero molto scosso."

"I funerali non sono esattamente eventi che la gente definisce 'gradevoli'." disse lei, guardando il vuoto, sovrappensiero.

Poi si voltò nuovamente verso di lui e prese a giocare con la sua mano, distrattamente.

"...lui e questo...Robin... erano molto amici?"

Aladdin provò a ignorare i brividi lungo la schiena, ma non poteva negare che quelle dita sembravano comprimere tutta l'energia del suo corpo in quel contatto.

Scosse la testa, pensando a Genio che, in quel momento, stava assistendo a una cerimonia funebre, probabilmente all'ultima fila, per non farsi notare, e sorrise amaramente.

"... sembra che si fossero persi di vista negli anni, ma che per un periodo siano stati...aspetta...com'è che ha detto..." pensò un istante alle parole con cui Genio gli aveva parlato di quel suo amico e le ricordo all'improvviso: " ...l'uno la voce dell'altra."

Jasmine fece una smorfia che doveva essere un sorriso, ma non gli si avvicinava minimamente: "... un pò come noi."

Lo guardava intensamente, e Aladdin non resistette più e ricambiò lo sguardo, profondamente.

...avrebbe voluto smetterla di sentirla così tanto.

Sentirla nella carne, nelle vene che pulsavano, nel vuoto del silenzio prima di addormentarsi, quando attorno a lui c'era solo il buio e gli bastava pensare ai momenti insieme per essere acciecato dal desiderio.

E avrebbe voluto non averla mai baciata, così adesso le starebbe semplicemente stringendo la mano – e non ci sarebbe niente, dietro quel gesto, solo semplice e puro affetto.

Ma si rende conto, a malincuore, che vorrebbe solo tirarla verso di sè, farla sedere su di lui e baciarla, stringerla, respirare nella sua bocca, perdersi nel profumo dei suoi capelli e fare l'amore.

Fare l'amore sul tavolo, in cucina, sul pavimento – e sentirsi vivi, insieme, perchè ogni momento in cui non è con lei si sente vuoto e morto, un corpo privo di stimoli e aria.

Jasmine gli strinse la mano, e per un istante sentì qualcosa muoversi nel petto – non lo avrebbe necessariamente chiamato 'batticuore', anche perchè l'utilizzo di termini così romantici non era da lei.

E poi, non c'era motivo di essere romantiche- non con Al, comunque.

Che la stava guardando, ora, con un'espressione di taciuta ammirazione.

Le si gonfiava il petto di orgoglio al solo pensiero, perchè lui poteva davvero dire di conoscerla; e, nonostante questo, sembrava riuscire a non giudicarla mai, neanche quando commetteva uno dei suoi stupidi errori.

A volte avrebbe voluto concedersi pensieri diversi su loro due: stupide fantasie in cui non erano solo amici, ma qualcosa di più.

Tuttavia, non se l'era mai permesso, perchè Aladdin la amava come solo gli amici possono amarti, con le loro buffe considerazioni e il loro cieco appoggio, e Jasmine lo amava nello stesso modo.

Solo, c'erano giorni in cui perfino una ragazza come lei -tutta d'un pezzo, orgogliosa e decisamente poco femminile- sentiva uno strano calore nel petto quando lui le lanciava sguardi maliziosi e battute lievemente ambigue.

Era un gioco, ovviamente, e lei sapeva che ne erano a conoscenza entrambi, perchè entrambi erano bravi a giocare in quel modo.

Era divertente fingere davanti agli altri, mostrarsi complici per instaurare il dubbio nei loro amici riguardo le basi reali del loro rapporto, e con Aladdin ridevano dei loro sguardi incuriositi.

Ma poi, quandoe rano soli e giocavano a farsi il solletico o, semplicemente, stavano sul letto a parlare, lei a volte non riusciva a non farsi una semplice, stupidissima domanda.

... dove finiva il gioco e iniziava la verità?


*


Aurora premette il rossetto sulle labbra, guardando la ua immagine riflessa allo specchio, mentre Bianca e Cenere chiacchieravano animatamente del campionato di football che sarebbe iniziato a Novembre.

Sistemò una ciocca di capelli e, finalmente soddisfatta, chiuse l'armadietto, il libro di inglese stretto al petto.

"Si sa già quali college offrono le borse di studio quest anno?" chiese, unendosi alla conversazione delle amiche.

Cenere le levò un pelucchio dalla spalla, storcendo il naso, e sorrise entusiasta: "Non si sa ancora nulla, ma dobbiamo sbrigarci a proporci per il comitato se vogliamo organizzare la giornata di orientamento. Non voglio mandare le lettere all'ultimo minuto..."

Biancaneve le diede un pugnetto affettuoso sulla testa, divertita: "...te e le tue dannate ansie mi fate venire il mal di testa!"

"No, tesoro. Quello è perchè ti sta crescendo il dente del giudizio e non vuoi andare a farlo controllare." la rimbeccò Aurora, e tutte e tre si avviarono verso il cortile, perse tra le risate e il chiacchiericcio.

Cenere iniziò un noioso discorso sull'importanza dell'igiene, e mentre svoltavano verso il lato dell'aula del club di teatro Aurora colpì qualcuno in pieno.

Cadde rovinosamente a terra, il libro di inglese aperto sul pavimento.

Il ragazzo contro cui si era scontrata era ancora in piedi, ma dalla stazza era plausibile: Aurora, ancora a terra, stava per mandarlo a quel paese ma si era fermata non appena aveva visto le scarpe da ginnastica del tipo.

Cenere e Bianca erano ammutolite, avvampando, e Aurora si rialzò rapida, raccogliendo di fretta il libro e abbassando lo sguardo.

"Scusa, non ti avevo visto." disse, secca, per poi trascinare Bianca e Cenere per un braccio, superando il ragazzo.

Questi la bloccò però per un gomito, e lei fu costretta a voltarsi e a ritrovarcisi faccia a faccia.

Filippo le guardava il viso, in silenzio, poi allentò la presa.

"...ciao." riuscì solo a dire, mentre accanto a lui un fino ad allora nascosto Eric si guardava attorno, imbarazzato.

Aurora arrossì suo malgrado e, con un gesto rapido, allontanò il gomito: "Quanta eloquenza." disse, sogghignando, per poi fare per voltarsi, ma Filippo la prese per una spalla, la voce spezzata.

"...non... non sembri contenta di rivedermi."

Aurora rise con cattiveria: "Ma no Filippo, cosa dici?! Ho sognato per settimane questo momento. Anzi, probabilmente stanotte non dormirò per l'emozione, ripensando a ogni singolo istante di questa conversazione." esclamò, ironica.

Filippo stava per risponderle, ma Aurora non gliene diede il tempo: fece un cenno di saluto a Eric e, dopo averlo guardato con freddezza un'ultima volta, chiuse il dialogo e gli diede le spalle, avviandosi verso il cortile.

Bianca e Cenere lanciarono un'ultima occhiata a Filippo e poi la seguirono, mentre il rumore dei tacchi rimbombava per il corridoio.

Lì accanto, Tiana si era avvicinata e sorrise imbarazzata.

"Ciao, Fil! Sei tornato, finalmente."

"Almeno qualcuno è contento di rivedermi..." disse il ragazzo, lo sguardo perso nel vuoto, per poi andarsene verso i bagni e lasciare soli Tiana ed Eric a lanciarsi sguardi preoccupati.

Aurora aprì la porta del cortile sul retro e respirò forte l'aria, senza muovere un passo.

Si limitò a prendere una sigaretta dal pacchetto in tasca ed accenderla con fretta, quasi rabbia, per poi aspirare a pieni polmoni quella splendida merda e cacciare indietro la sensazione di... totale disagio che le inondava lo stomaco.

...andiamo, doveva smetterla di fare la stupida.

In fondo, cosa cazzo si aspettava?!

Un pò di febbre e un viaggio in California per la visita a un college non potevano trattenerlo via per sempre.

Diede un'altra boccata e fu tentata di sedersi sull'erba, sdraiarcisi fino a sprofondare tra i fili e con il sole sulla pelle.

Ma poi si diede della stupida, perchè lei non poteva farlo- lei era Aurora Wood e, santo cielo, non poteva macchiarsi d'erba la gonna.

Si ravvivò i capelli con un gesto sicuro e, ostentando tranquillità, prese posto sulla panchina sotto la statua del signor Mouse (primo preside del liceo pericolosamente somigliante a un topo, ma grande uomo) e si guardò attorno.

Cenere e Bianca non dissero una parola, e lei sorrise apertamente: "...cosa sono quelle facce?! Invece di pensare a queste stronzate, concentriamoci su cose importanti." fece una pausa, ma non per aspettare una risposta.

Le amiche continuavano a guardarla, silenziose, un'espressione indecifrabile.

Lei finì la sigaretta e accavvallò le gambe, arricciando le labbra: "...stavo proprio pensando di farmi Eric. Voglio dire... ok, è timido e tutto quello che vi pare, ma... dài, fa vela al club dove va anche mio padre. Dico, l'avete mai vito in costume?" chiese con enfasi, ma continuò di nuovo senza alsciarle parlare: "...ad ogni modo, oggi pomeriggio voglio andare a fare shopping. Fanculo gli allenamenti, giusto? Tanto le reclute di quest anno fanno schifo comunque, non saprebbero cosa sono dei pon pon neanche se gli uscissero dal buco del culo di ognuna..."

Bianca le prese la mano all'improvviso e lei si zittì.

Stava per continuare il discorso, ma l'amica le sorrise: si voltò verso Cenere, che le spostò la frangia da davanti gli occhi e le sorrise lieve a sua volta, incoraggiante.

Aurora allora abbassò la testa e, piano, in silenzio, ricambiò la stretta.

Le sue mani tremavano, e non ci fu bisogno di parlare di altre stupidaggini: rimasero così, all'ombra della statua, mentre il giardino era deserto e le sue guance si rigavano di lacrime.




*

Naveen entrò nell'aula vuota, guardandosi attorno spaesato.

Venire a scuola la sera era sempre stato uno dei suoi Sogni Da Adolescente, sì, ma certo se l'era sempre immaginata come un'esperienza diversa e divertente – o comunque più trasgressiva di quanto si fosse effettivamente rivelata.

Il laboratorio di cucina, poi, non era effettivamente dentro la scuola ma si trovava all'esterno, a pochi passi dalla palestra e dal campo di footbal; in più, era venuto sotto invito di un insegnante, e questo rendeva tutta la faccenda così tranquilla da sembrare quasi patetica.

"Maldonia, se hai finito di guardarti attorno con aria circospetta come fossi il protagonista di un film inglese di spionaggio puoi anche entrare. Non mordo."

Naveen trovò il professor Remì seduto su uno dei banconi, intento a smangiucchiare un piatto di uova calde e a lanciargli occhiate contrariate.

Il ragazzo sorrise timidamente e fece un breve cenno con la mano, poi si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò all'insegnante.

Il professor Remy era uno dei migliori insegnanti della scuola, nonostante fosse lì solo per insegnare Economia Domestica e per coordinare il club di cucina; di origini francesi, bassino e con un volto da roditore che stonava con le sue epressioni spesso dolci e pacate.

Amava i suoi studenti come fossero figli e passava per lo più il suo tempo a barcamenarsi tra le padelle e i fumi del laboratorio e i compiti in classe degli allievi.

Tuttavia, Naveen era a conoscenza di essere uno dei pochi alunni a non essersi mai guadagnato la sua simpatia: probabilmente perchè marinava sempre le sue lezioni come se non ci fosse un domani e una vota aveva dato fuoco a un mucchio di grembiuli, mettendoci in mezzo anche i guantoni da forno.

Beh, era stato un incidente ma non poteva negare di essersi divertito- e tutt'ora, quando ripensava a quella faccenda rideva con Flynn fino alle lacrime.

"Grazie per avermi permesso di incontrarci, professore."

"Dacci un taglio, ragazzo. Ho acconsentito solo perchè mi hai detto che era qualcosa di importante per una delle mie allieve."

Il viso si ammorbidì impercettibilmente, tuttavia Naveen se ne accorse e rimase di sasso quando l'uomo gli chiese: "...hai già cenato' Vuoi che ti prepari qualcosa?"

Naveen arrossì di botto e sorrise imbarazzato: "No prof, io ... la ringrazio, ma non ho molta fame." si schiarì la gola e prese coraggio: "Sono qui per parlarle di Tiana."

Il volto del professor Remì cambiò radicalmente espressioni, facendosi improvvisamente paonazzo.

"...cosa le è successo? E' in qualche pasticcio?" domandò, con un fil di voce.

Naveen si affrettò a tranquillizzarlo (Tiana era la sua pupilla, e l'insegnante aveva ammesso più volte che gli sarebbe piaciuto vederla nella cucina di un famoso ristorante francese, in futuro), avvicinandoglisi e agitando le mani.

"No no, assolutamente! Però... ecco, sono..." farneticò, per poi tossicchiare nervoso e ammettere: ".. sono preoccupato per lei. Il lavoro le porta via tempo ed energie, e..."

Il professor Remy lo guardava incuriosito, poi non potè fare a meno di sorridere: "... non sapevo ci fosse del tenero tra voi."

"NO!" si affrettò a gridare Naveen, impulsivo, per poi ridacchiare nervoso: "No no, mi ha frainteso! Io.. ho solo paura che trascuri la scuola, o le amicizie ... è troppo giovane per tutte quelle ore di lavoro."

Naveen si era preparato per giorni quel discorso, ma ora sembrava avesse le labbra di burro.

L'insegnante abbandonò il bancone e scattò in piedi, ergendosi in tutta la sua modesta altezza, e sospirò, avvicinando il piatto al lavabo ed azionando il getto dell'acqua.

" Il corpo docenti è al corrente della situazione, ma sono solo lavori part-time, il che rende la cosa legale. Non possiamo fare nulla per lei..."

Naveen strinse la tracola con forza e guardò il professore: "...io sì, però."

Remy lanciò un'occhita incuriosita a lui e la sua borsa, e il ragazzo si affretto a tirar fuori un portafogli rigonfio fino all'inverosimile.

Remy stava per chiedergli spiegazioni, ma Naveen tirò fuori un indicibile numero di banconote e le posò con foga sul bancone, poi guardò il suo insegnante dritto negli occhi.

"Questa è la cifra che serve a Tiana per terminare il pagamento e affittare il locale. La cifra esatta."

Remy sentiva il peso del silenzio, e continuava ad avere un enorme punto interrogativo stampato sulla fronte.

Naveen si affrettò a spiegare la sua idea, sperando che il professore accettase – cosa che comunque era altamente probabile, se significava risparmiare a Tiana ore di lavoro in luridi pub.

"Sappiamo che Tiana non li accetterebbe mai, men che meno da me."

"Non ho intenzione di farmi coinvolgere in queste stupidaggini da adolescenti orgogliosi, mio ragazzo." esclamò il professore, sereno e con voce ferma, e fece per voltarsi.

Naveen gli posò incerto una mano sulla spalla e lo pregò di ascoltarlo, nervoso.

"... lei non deve fare nulla, professore. Solo proporre a Tiana di farle da assistente ai corsi e di aiutarla nelle pulizie dell'aula per un compenso."

Remy si voltò di scatto e lo guardò fisso negli occhi con gelo; poi si raddolcì e si guardò attorno, vago, controllando che non ci fosse nessuno – ma dalle finestre si intraveva il buio, e a quell'ora nessuno studente si aggirava nè per la scuola nè per i campi sportivi.

Poi parlò, il tono curioso e docile ma autoritario.

"...Tiana è la mia studentessa preferita, e lo sai bene. Ma se gli altri inseganti..."

"Non lo saprà nessuno." lo interruppe Naveen, chiarendo la cosa. "Lei non la pagherà con i suoi soldi, ma con questi."

"...e dove li avresti presi?" chiese l'insegnante.

Nonostante sapesse che Naveen era di nobile famiglia (i suoi discendevano dalla famiglia reale di nonricordavaqualepaese), quei soldi erano troppi per stare tra le mani di un adolescente scapestrato come lui.

Ma il ragazzo rispose, la voce carica di agitazione: "Sono soldi puliti, professore. Glielo garantisco."

L'insegnante continuava a studiare Naveen, che dal canto suo sentiva il respiro farsi affannoso, in attesa di una risposta.

... quella era una parte dei fondi per il college che teneva da parte, ma non gli importava.

I suoi genitori glielo avrebbero pagato comunque, ignari delle sue scorte segrete, e lui avrebbe rinunciato volentieri alle serate di divertimento e svago pur di vedere Tiana felice.

Ma questo, lei non doveva saperlo – lei e nessun altro.

Nessuno era conoscenza del suo segreto, e ora il suo unico eventuale complice se ne stava lì, a guardarlo ansimare.

L'omino restò titubante ancora per qualche minuto, poi sospirò e gli porse la mano, abbastanza convinto.

"Non so perchè lo fai, ragazzo, ma ti fa onore."

"Professore... non dovrà saperlo nessuno, chiaro?! Se Tiana lo scoprisse..."

"Non succederà" rispose solo il professore, sereno, e Naveen sentì il peso che aveva percepito nello stomaco scioglieri come neve.

Immaginò Tiana che, entusiasta, correva dai venditori per pagare finalmente quel locale e ristrutturarlo; la immaginò pitturare le pareti e studiare la disposizione dei mobili.

Già la vedeva lì, in cucina, con la divisa immacolata e le padelle sul fuoco, e il suo staff che coordinava il lavoro e creava piatti splendidi e deliziosi.

...era quello, il suo segreto.

Sognare la vita di Tiana come se fosse la sua, sperare che tutto ciò per cui aveva lottato negli anni si sarebbe avverato – e sapeva di averlo nascosto bene, sin dal loro primo incontro.

Lei non gli aveva mai mostrato qualcosa che si allontanasse dall'odio profondo, comunque, e di conseguenza non si era mai neanche sognato di esporsi e ...non so, invitarla ad uscire.

Ma quando litigavano per il corridoio, o si lanciavano occhiate e frecciatine, sentiva i passi amplificarsi verso di lei e cadere in un baratro di silenziosa adorazione.

Lei rispondeva a tono, lo insultava velatamente, lo prendeva in giro – ma lo guardava, e lui questo lo aveva notato.

Faceva tutto parte del suo piano non programmato, della sua lotta per la conquista di quella ragazza straordinaria: e quello che stava facendo era il passo definitivo.

Certo lei non lo avrebbe mai saputo, ma cosa importava?

Se la sarebbe presa, perchè Tiana era sempre stata sua così come lui non era mai stato davvero di nessun'altra.



*


...le fischiavano le orecchie.

Sì, beh, se ci fosse stata sua madre adesso le avrebbe detto che 'qualcuno la stava pensando', per poi farle l'occhiolino e sorriderle sorniona.

Ma Tiana era molto, molto diversa dalla signora Green- il che non era necessariamente un male, per quanto la adorasse.

L'autobus arrivò e finalmente ci si potè fiondare sopra, abbandonando le forze sul primo sedile disponibile.

L'autista Taddeo (che Jasmine definiva sempre incredibilmente simile a un rospo e fissato con la velocità) ripartì a tutta birra verso casa, e Tiana guardò distrattamente fuori dal finestrino.

Quella città era decisamente troppo piccola, eppure non l'avrebbe lasciata per nulla al mondo- tutto, lì, sembrava ancorarla al passato e ai ricordi di suo padre, e non aveva alcun desiderio di viaggiare.

La luna, alta e piena, sembrava guardarla accigliata e sentì improvvisamente la pancia gorgogliare.

...fantastico, si era dimenticata di mettere qualcosa sotto i denti.

Di nuovo.

Frugò nella borsa alla ricerca di qualche snack perduto – ma tutto quel che trovò furono le chiavi di casa, il telefono, l'abbonamento dell'autobus e il libro di biologia che si era portata dietro.

Sbadigliò e pensò che tanto valeva mettersi a studiare per il compito che ci sarebbe stato tra un paio di giorni- l'unico che capiva qualcosa di questa roba era Aladdin, ma sinceramente non aveva davvero il tempo per una sessione di studio pomeridiana neanche di venti minuti.

Il movimento dell'autobus la cullava, e abbandonò dopo pochi minuti il suo pateticop tentativo di studio per socchiudere gli occhi e dedicarsi pochi minuti di riposo.

... cominciava ad essere stanca.

Sua madre e Rapi avevano ragione, quando la rimproveravano; i caffè non bastavano più a tenerla sveglia, e nonostante perdesse allo specchio dieci minuti ogni mattina quelle occhiaie erano sempre lì, in agguato, incuranti del trucco e altre tattiche di camuffamento.

A volte pensava sul serio di mollare, lasciare il lavoro e fare una vita .... beh, una vita normale.

Ma poi... nelle orecchie sentiva quella canzone.

Suo padre che fischiettava la Domenica mattina lo stesso motivetto – la canzone sua e di sua madre, che iniziava a cantare sottovoce mentre cucinavano il pranzo assieme e Tiana fingeva di essere in camera sua a giocare.

Le piaceva sgattaiolare giù per le scale e nascondersi dietro lo stipite della porta della cucina, restando a piedi nudi a guardarli; loro non la notavano, ma si guardavano a vicenda e pian piano continuavano a cantare piano, quasi sussurrando, affettando verdure e baciandosi le spalle e il collo con tenerezza.

Tiana li guardava e sorrideva, senza trovare mai il coraggio di andare lì tra loro e, come tutti gli altri giorni, cucinare assieme.

Mamma e papà, in quei momenti, erano così felici da irradiare la stanza di luce.

...ma poi, suo padre si era ammalato e se n'era andato.

Portandosi via il sogno di aprire quel ristorante e cucinare con amore assieme alla sua famiglia, fischiettando quel motivetto e guardando sua madre mentre cucinava i suoi meravigliosi dolci.

E lei non aveva mai voluto altro che realizzare quel sogno, rincorrerlo costruendo le radici con le sue stesse mani.

...spesso ricordava quei momenti e sentiva un estremo bisogno di avere anche lei, qualcuno con cui fischiettare in cucina la Domenica mattina.

Ma poi, ogni volta, tornava a concentrarsi su ciò che stava facendo – c'era il lavoro, la scuola, il tempo da organizzare ... era già un miracolo che riuscisse a frequentare il corso del professr Remy.

E poi, francamente, non aveva poi questa gran voglia di frequentare qualcuno.

Lei aveva bisogno di qualcuno con cui poter essere sè stessa, perdersi nelle risate e che cucinasse al suo fianco.

Da qualche parte, probabilmente, c'era davvero qualcuno fatto per lei: ma non era del tutto sicura di volersi far trovare.


*


Adam avrebbe fatto di tutto, per lei.

Gaurdò Belle che, lentamente, apriva gli occhi nella luce del primo mattino e sbadigliava tra le lenzuola di pizzo – e avrebbe voluto fotografare quel momento, quell'intera scena, per essere sicuro di non dimenticarla mai.

Belle, finalmente, si svegliò e pensò di stare ancora sognando.

Adam le sorrise e lei ricambiò, dolcemente, biascicando un 'buongiorno' confuso e nascondendo il volto tra le mani, imbarazzata.

Adam gliele scansò delicatamente e le fece la linguaccia, per poi soffermarsi sui suoi occhi.

Le scansò dolcemente una ciocca di capelli, sistemandola dietro l'orecchio, e le prese il volto tra le mani.

"Ma come ho fatto ad essere così fortunato?"

Belle arrossì lieve: "... ci siamo alzati con spirito romantico?"
Adam le carezzo una spalla e le sfiorò le labbra, godendosi per un istante il silenzio dell'alba.

Poi alzò le spalle e rise: "...ogni tanto ho il diritto di esserlo anche io, non credi?"

Fece una pausa e sospirò.

"...ti amo da impazzire, Belle. Io ... so che dovrei dirtelo più spesso, ma..."

Belle gli posò una mano sulle labbra, piano, e gli baciò la punta del naso.

"...non ho bisogno di sentirmelo dire. So che mi ami. Io... lo capisco da come mi guardi."

Levò la mano e nascose le dita tra i capelli lunghi di lui, soffici e fini come paglia.

Lui gliela afferrò e gliela baciò, facendogli sopra una pernacchia e condividendo una risata, poi sospirò.

..era arrivato il momento.

Non era previsto che fosse così presto, ma quando entrò un pò di vento dalla finestra aperta e la luce dietro Belle si fece più limpida sentì di non poter aspettare.

Le strinse la mano, le dita incrociate e solide tra loro come fossero parte di un solo arto, di un solo corpo.

"...non ci sono altre mani che voglio stringere, se non le tue."

Belle sorrise, una strana sensazione al petto.

Adam aveva una luce, negli occhi... qualcosa che non gli aveva mai visto, o che forse stava nascendo in quell'esatto momento.

Una luce che sembrava illuminarlo come stava facendo ora il sole.

"E non riesco a pensare di dividere la mia vita con qualcuno che non sia tu. Mi hai portato via da... da tutto il buio in cui ero caduto. Mi hai trascinato in superficie e mi hai salvato come fossi ferito, senza mai farmelo pesare."

Adam aspettò un istante prima di continuare, ma Belle lo studiava silenziosa e pensò di continuare, di seguire il cuore e aprirsi come uno scrigno.

"... mi hai portato alla luce come fossi un fiore. Ero solo un seme e sono nato con te, e... voglio continuare a crescere con te, e morire con te. Voglio svegliarmi accanto a te la mattina, e... non so, litigare per chi debba accompagnare i bambini a scuola e chiederti scusa la sera, tornando a casa e portandoti un mazzo di rose. Io..."

Belle sentiva mancarle il respiro, ma quando Adam si sedette e si voltò verso il cassetto rimase letteralmente senza fiato e temette di svenire, per un istante.

Il ragazzo si voltò di nuovo verso di lei, visibilmente emozionato e con gli occhi lucidi.

Lei anche si sedette, coprendo il corpo nudo con le lenzuola come se ci si volesse nascondere dentro.

"..allunga una mano." esclamò lui emozionato, e lei obbedì mentre il tempo sembrava essersi fermato.

Un uccellino fuori dalla finestra aveva iniziato a cantare, ma nessuno dei due sembrò farci caso.

Belle chiuse gli occhi, ma quando sentì qualcosa di freddo caderle sul palmo li riaprì, sorpresa.

Un mazzo di pesanti chiavi di ottone troneggiava sulla mano candida.

Guardò Adam interrogativa e lui le sorrise.

"...Adam, cosa..."

Lui le chiuse la mano e le sorrise dolcemente.

"...sono le chiavi della biblioteca al centro. Ho iniziato i lavori di ristrutturazione questa estate."

Belle spalancò gli occhi, totalmente confusa.

Prima che potesse fare domande, Adam si affrettò a spiegarsi: "... è per te. Se la desideri, dopo il diploma sarà tua. E anche tutti i libri al suo interno. Potrai... " la voce spezzata dall'emozione e la timidezza, "...potrai leggere tutto il giorno, tutto ciò che vorrai. "

Non capendo le emozioni della ragazza, si affrettò ad aggiungere: "...sempre se vuoi, ovviamente."

Belle restò in silenzio, incredula.

Boccheggiò per qualche minuto, pensando a cosa dire – ma erano... così tante le frasi che le roteavano nella mente.

Smise di guardarsi la mano e alzò il viso verso quello di Adam, che si torturava le mani, visibilmente agitatissimo.

"... beh, ho pensato che... tu non vuoi andare al college per non lasciare da solo tuo padre, no? Beh io... posso fare un corso per corrispondenza alla Animation University, e andare in sede solo per gli esami. Studierei a casa e resterei qui con te, e tu lavorerai giù alla biblioteca."

Belle continuava a non parlare, ed Adam era ormai ufficialmente nel panico.

Non che si aspettasse grida di gioia (non aveva avuto la forza di farsi speranze così rosee), ma almeno di assistere a una qualsiasi reazione.

"Belle, " disse alla fine, tutto d'un fiato, "... queste chiavi... ecco, dopo i lavori alla libreria non mi erano rimasti abbastanza soldi per..." fece una pausa, prese fiato e la guardò dritta negli occhi, paonazzo: "...per un anello."

Belle sussultò impercettibilmente.

...un momento...

"A-Adam... mi stai chiedendo di..."

Adam le prese le mani, le sorrise ancora e...pregò con tutto sè stesso che lei rispondesse ciò che sperava.

"Belle, vuoi sposarmi?"

La ragazza sentì venir meno il respiro, e la sua espressione tradiva uno smarrimento mai provato.

Doveva rispondere, ma... non... santo cielo, non ci stava capendo nulla.

Adam al vide guardare il vuoto per un istante, e abbassò lo sguardo.

Ma quando lo rialzò, vide gli occhi castani di Belle lucidi e colmi di lacrime.

Preoccupato le prese il volto tra le mani, ma quando la vide sorridere sentì il cuore battere come un tamburo.

Belle stava piangendo di gioia.

Sorrideva, e piangeva, e... e si sentiva una perfetta idiota, ma al diavolo!

Era un sogno?

Probabilmente stava ancora dormendo, non era possibile... gli accarezzò una guancia e quando sentì la pelle di Adam sotto le dita scoppiò a ridere e a piangere contemporaneamente.

Lo abbracciò, ed iniziò a gridare "Lo voglio! Lo voglio!" al culmine della gioia.

Restarono lì, abbracciati e a ridere e a baciarsi e piangere come due bambini, guardandosi negli occhi e sperando che quello fosse solo il primo momento perfetto di una lunga serie.



Nella tana dell'autrice:

Lo so, questo capitolo contiene una dose di romanticismo tale da far invidia a un film con Julia Roberts – ma ehi, ho pensato che ogni tanto devo conderveli capitoli del genere.

Questa volta non c'è stata molta azione, lo so, ma ho preferito concentrarmi di più sulle emozioni dei vari personaggi.

Stavolta non ci sono state scene del gruppo dei 'piccoli', ad eccezione della prima dedicata a Trilli e Peter (e a una aprte del loro passato).

Aggiungo inoltre che questo capitolo non mi convince AFFATTO, ma ci stavo lavorando da un sacco e ho semplicemente capito che tra il caldo, la disoccupazione e le uscite con gli amici (più il mio nuovo kindle <3 ) non ho avuto testa per la scrittura – comunque, ci tenevo a pubblicarlo i primi di Settembre, e comunquetrovo sia scritto in maniera sufficentemente dignitosa.

Almeno spero.

COMUNQUE. Com'è andata la vostra estate? Avete fatto i bravi? Io sono rimasta a Roma ad ammuffire, quindi deduco l'abbiate comunque passata meglio di me.

Parliamo un pò di alcuni passaggi del capitolo: la scena finale era presente sin dal progetto iniziale, ed è una delle poche cose che ho lasciato. Adam e Belle sono una coppia solida, e anche se non è specificato nella storia stanno insieme da cinque anni (ebbene sì, Belle è stata la prima tra le sue amiche a... beh, avete capito. Furba, eh?). La cosa della biblioteca mi piaceva molto e alla fine l'ho inserita, anche se solo ora mi accorgo di quanto sia sfacciatamente simile a ciò che accade a Belle di Once Upon A Time (serie tv che mi auguro voi conosciate. In caso contrario, RIMEDIATE).

Naveen e Tiana sono due personaggi un pò contorti, secondo me; tuttavia, lei tra le principesse è quella che mi rispecchia di più, decisamente.

Il ritorno di Filippo è appena accennato, ma non pensate che la reazione di Aurora sia esagerata: rivedere la persona che ci ha feriti, ritrovarsela faccia a faccia, è sempre qualcosa di estremamente doloroso.

Mi spiace tanto di non aver potuto inserire Jim e gli altri, e so che la loro assenza come personaggi si sente tantissimo.

Probabilmente è per questo che il capitolo non mi ha convinta, ma dovevo dare spazio anche ai 'grandi', che ultimamente avevo un pò trascurato (voglio dire, ci ho messo SETTE capitoli a dedicare una scena a Belle ed Adam...).

Il problema delle fanfiction crossover è questo: personalmente, non mi pento di avere tutti questi protagonisti, solo che ovviamente gestirli in egual misura non è facile e alcuni prendono inevitabilmente un pò di rilievo in confronto agli altri.

Ma io li amo tutti, eh!

Allora, concludo dicendovi che... HO UNA MIA PAGINA SU FACEBOOK! YEEEEEE!

Ovviamente è una fanpage, ma sarei felicissima se voleste mettere un mi piace. L'ho aperta appositamente per interagire con voi lettori, aggiornarvi sui tempi di aggiornamento, chiacchierare, conoscervi e rispondere a tutti le vostre curiosità sulle storie e i personaggi!

Potete chiedermi a che punto sono con il nuovo capitolo o anche semplicemente cose del tipo "A quali personaggi della tua ff piace Harry Potter?" "Rapunzel è allergica a qualcosa?" "A che club sono iscritti Jim e gli altri?" e cose del genere XD Ma anche su di me... insomma, l'indirizzo è questo:

https://www.facebook.com/magikamemyfanwriter

Spero davvero di conoscervi! Non vedo l'ora. Invito quindi tutti a mipiacciare, se vi va! :3

Il sondaggio di questa volta è: cosa ne pensate dei famosi Big Four? (Merida, Hiccup,Jake Frost e Rapunzel)? Vi piacciono o, come, li trovate carini ma vi sono abbastanza indifferenti? E pensate che Disney sia l'unica casa di produzione valida, riguardo i lungometragi animati? Io, per esempio, non ho mai apprezzato molto i Dreamworks ma alcuni loro lavori sono SPLENDIDI (Dragon Trainer 1 e 2 sono sensazionali). Ovviamente, amo i Ghibli! E voi?

Ringrazio moltissimi tutti coloro che seguono la storia, la recensiscono, la aggiungono tra i preferiti o, in generale, apprezzano ciò che scrivo e mi seguono! Le vostre parole mi rendono sempre indescrivibilmente felice, e spero di riuscire a non deludervi nè ora nè nei prossimi capitoli/storie.

Spero di conoscervi su facebook, e grazie per aver letto! Buon rientro a scuola/lavoro a tutti <3


Un abbraccio, alla prossima, Memy.

   
 
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