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Autore: smartys ayane    03/09/2014    1 recensioni
È finita, pensai, mentre mio padre mi pregava di scendere giù velocemente.
Guardai per l'ultima volta quegli occhi gialli che mi avevano incantata. Il suo volto pallido sembrava ancora più bello adesso che aveva finalmente cessato di parlare. Stupidamente, mi chiesi come sarebbe stata la mia vita se avessi accettato di scappare con lui.
Seconda classificata al contest 6 Fandom in Pacchetti” indetto da karter95 sul forum di EFP.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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NdA: Santo cielo, non scrivevo sulle Tokyo Mew Mew dal 2010! Quando ho letto di questo contest ho preso subito la palla al balzo e ho deciso di approfittarne per scrivere qualcosa sul mio pairing preferito di sempre! E' la prima AU che scrivo su questo fandom, spero di non essere andata OOC e di non avervi annoiato troppo! Buona lettura :)


Bandit



 



Di quei giorni di prigionia ricordo soprattutto il buio.
Non mi era mai capitato prima di restare giornate intere in una stanza oscura come quella in cui mi avevano confinata. Potevo essere ovunque: nella camera di un castello, all'interno di una navicella spaziale, o in un buco abbastanza grande da poter contenere soltanto le mie membra stanche e doloranti. Non c'era nessun forellino, nessuno spiraglio che potesse far arrivare a me un granello di luce. Solo e soltanto buio.
Avevo completamente perso la ricognizione del tempo: mangiavo e bevevo quello che le mani invisibili mi portavano quotidianamente, a volte dormivo e non so neanche io per quanto tempo, altre volte ancora sentivo delle voci parlare una lingua sconosciuta ma poi svanivano anche loro. E rimanevo da sola, nel buio.
Dovette passare meno di una settimana quando lo straniero venne a farmi visita. Allora mi ero già convinta che non ci sarebbe più stata speranza per me.
Avevo udito per prima cosa il suono di una porta che si apriva, da qualche parte. Poi dei passi.
E, infine, luce.
Era un leggero fascio, inviato verso di me da una semplice torcia elettrica. Ma era troppo tempo che i miei occhi si erano abituati al buio più totale, perciò dovetti coprirmi il volto per un paio di minuti prima di poter guardare.
Intanto il mio udito mi aiutava a capire ciò che stava facendo lo straniero: si era fermato a pochi passi da me, aveva allontanato con un calcio il vassoio dell'ultimo pasto e si era seduto a terra.
Sono morta. È qui per uccidermi.

«Come ti chiami?» chiese l'alieno spostando leggermente la torcia, permettendomi di liberare il volto.
«Ichigo» risposi, fissando il pavimento. Come avevo potuto constatare dal tatto, si trattava di sterrato.
«Sei molto bella, Ichigo. Quanti anni hai?»
Un brivido di terrore mi percorse l'intera spina dorsale. Cosa voleva quell'alieno da me?
«Dove mi trovo?» risposi, guardando le pareti grigie attorno a me «E' un tunnel? Siamo ancora sulla Terra? Che ne avete fatto dei miei genitori, dei miei amici e della mia famiglia? Dov'è Mark?»
Una lacrima mi rigò il volto, scendendo sulla mia mano destra, poggiata sulle cosce. Sentivo lo sguardo dell'alieno su di me, e provavo ancora più paura.
«Chi è Mark?» chiese lui, immobile.
Io non risposi. Continuai a piangere, e a tenere la testa bassa, e a pregare che tutto finisse subito.
Poi l'alieno si alzò da terra, prese la ciotola e la torcia e si allontanò.
Quando sentii il rumore della porta richiudersi, rimasi di nuovo da sola con il buio.

Qualche ora dopo l'alieno tornò a farmi visita. Non avevo la più pallida idea di quanto tempo fosse precisamente passato, perchè mi ero addormentata. Quando udii i suoi passi, ero sicura si trattasse di lui.
Mi chiusi a guscio con la schiena poggiata in un angolo, e approfittai della luce della torcia per capire meglio dove fossi.
Si trattava di un tunnel. Non potevo capire quanto lungo fosse, perchè non si estendeva in modo rettilineo ma si piegava in una curva a pochi metri da dove mi trovavo io. A giudicare dal tempo che stava impiegando l'alieno a raggiungermi, doveva prolungarsi per più di  cinquecento metri.
Quando le gambe dello straniero comparvero dalla curva, mi voltai velocemente dall'altra parte. Lui sogghignò, e accelerò il passo. Io mi strinsi ancora di più su me stessa.
«Buongiorno, Ichigo. Dormito bene?»
L'alieno si fermò a un soffio da me, poggiò un gomito a terra e mi sfiorò il mento con una mano. Io gli colpì il braccio, allontanandolo.
«Non mi toccare» sussurrai, sforzandomi di non piangere.
L'alieno si sedette a gambe incrociate davanti a me, vicino. Troppo vicino.
«Hai un bel caratterino, bambolina. Me ne sono accorto quando ho cominciato a seguirti. Sei mia prigioniera, non puoi darmi ordini!»
«Non chiamarmi bambolina!»
L'alieno sospirò, prendomi il volto tra le mani. Io tenevo gli occhi chiusi, ostinata a non guardarlo.
«E smettila di fare la stupida! Non avere paura. Se avessi voluto ucciderti non avrei aspettato tutto questo tempo»
Niente. Non mi mossi di un muscolo. Non volevo guardarlo, avevo paura di incrociare il suo sguardo. Non avevo mai visto un alieno, non avevo la minima idea di come fossero.
«Al diavolo!» urlò, dopo qualche minuto di vani tentativi, calciando un vassoio pieno verso di me «Meriti la fine di tutti gli altri tuoi simili»
Detto ciò, prese la torcia e andò via.
Io piansi. Dov'era mia mamma? Dov'era mio papà? Dov'era Mark?
Mi mancavano. Mi mancavano terribilmente. Ero terrorizzata all'idea che fosse successo loro qualcosa. Della mia condizione, in fondo, non mi importava molto. Non sapevo neanche se considerarmi viva o morta. Mi sentivo in un limbo, e quando dormivo facevo soltanto incubi. Avrei voluto lottare, scappare e trovare gli altri, ma non ne avevo la forza. Non mi restava altro che lasciarmi morire lì dentro, sola.
Ero sfuggita alla morte solo qualche mese prima. Stavo tornando da una festa, ero in motorino in una strada sperduta in mezzo al nulla, non sapevo neanche io dove stessi andando, perchè avevo litigato con Mark e volevo soltanto stare un pò da sola. Ma, all'improvviso, una macchina era sbucata dal nulla, mi aveva preso in pieno e io avevo sbattuto la testa da qualche parte. Nessuno sa nulla di quello che è successo dopo, perchè quando è arrivata l'ambulanza non c'era nessuno con me. Qualcuno, forse un passante, mi aveva salvato la vita. E adesso un alieno stava per prendersela.
Quel buio che avevo tanto temuto era diventato adesso per me l'unica consolazione.

L'alieno veniva ogni giorno. Portava con sè la torcia, si sedeva di fronte a me, provava a convincermi inutilmente di guardarlo e poi, rassegnato e arrabbiato, se ne andava. Con il tempo cominciò a parlare di più, e le sue visite divennero più lunghe e più frequenti. Disse di chiamarsi Kisshu, che mi seguiva da quasi un anno e che si era innamorato di me. Credevo fosse un pò pazzo, perchè a volte mi proponeva addirittura di scappare insieme nel suo pianeta.
Sapeva tutto di me: sapevo che scuola frequentavo, chi erano i miei genitori, quando litigavo con Mark e tutto il resto. Mi portava sempre da bere e da mangiare, e un giorno mi regalò la sua torcia per non farmi restare sempre al buio.
Mi chiesi perchè non mi aveva ancora uccisa. Che cosa stava aspettando? Nel frattempo, io mi avvicinavo sempre di più all'uscita. Ogni giorno, infatti, mi muovevo di qualche passo all'interno del tunnel, con la speranza di riuscire a trovare una via di fuga. Tuttavia, il fatto che Kisshu non si fosse mai allarmato per questo mi faceva preoccupare ulteriormente. Forse non c'era una via d'uscita? Per questo era tranquillo pur sapendo che mi avvicinavo alla porta da cui lui entrava nel tunnel?
Un giorno decisi di chiederglielo. Era appena arrivato con la dose giornaliera di cibo, e, come sempre, si era seduto di fronte a me.
Io avevo cominciato a mangiare, mentre lui parlava di come saremmo stati felici se avessi deciso di seguirlo e così via, quando all'improvviso lo interruppi.
«Da dove si esce?» chiesi, addentando la mia mela.
Kisshu rimase immobile. Sentivo che mi stava guardando, ma non alzai lo sguardo.
«Che cosa vuoi dire?»
«Che voglio andare via. Da dove si esce?»
Per un minuto pieno ci fu un silenzio di tomba. Io ero rimasta immobile, con la mela in mano, e lui continuava a fissarmi. Sentivo il sudore scendermi dalla fronte, mentre mi preparavo a una sua violenta reazione.
Poi, all'improvviso, le sue mani presero il colletto della mia camicia e mi spinsero verso il muro. Si sedette sulle mie cosce, bloccandomi, e alzò il mio viso verso di lui.
Non saprei dire se non chiusi gli occhi perchè il timore me lo impedì o per semplice curiosità. So soltanto che mi ritrovai davanti i suoi, e lo stomaco mi si chiuse all'improvviso.
Non avevo mai visto degli occhi così. E non solo per quel giallo incandescente che sembrava ipnotizzarmi. C'era qualcos'altro nel suo sguardo, qualcosa che mi fece provare un'immensa tenerezza per lui.
E il suo viso... sembrava un adolescente, un ragazzo che non avrebbe messo timore neanche a una mosca. Ed era bello, bellissimo. Più di chiunque altro avessi mai conosciuto in tutta la mia vita.
«Vuoi andartene?» strillò, spingendomi ancora di più contro il muro «Vuoi lasciarmi da solo dopo che ho salvato la vita a te e a tutti quei maledetti esseri umani che ami tanto? Vuoi abbandonarmi qui quando avremmo potuto avere tutto e adesso?»
Lasciò andare il colletto della mia camicia, si alzò da terra e uscì. Io rimasi immobile, paralizzata e incapace perfino di pensare.
Stranamente, però, non avevo più paura.

Kisshu non venne per un bel pezzo, e io ne approfittai per raggiungere finalmente la porta.
Mi ci volle soltanto mezza giornata. Il tunnel era risultato più lungo del previsto, ma alla fine ero arrivata a destinazione. Quando mi ritrovai davanti alla porta, per un attimo temetti che fosse chiusa a chiave. In realtà era bloccata soltanto da un mattone, e riuscii facilmente ad aprirla.
Mi ritrovai all'interno di una piccola galleria, che terminava pochi metri più avanti con una porticina di legno. Mi inoltrai nel buco, raggiunsi l'ultimo ostacolo che mi separava dal mondo esterno e uscii.
Le prime cose che notai, nonappena il mio viso si trovò fuori dalla galleria, furono la luce e l'aria fresca. Chiusi gli occhi, perchè il sole li aveva colpiti così violentemente da far male, e mi sdraiai sul prato. L'erba era bagnata, doveva avere piovuto da poco. Gli uccelli cinguettavano sopra la mia testa, e sentivo il suono di un corso d'acqua poco lontano.
Alla fine, aprii lentamente gli occhi. E, quando vidi il cielo, il petto mi si riempì di gioia.
Mi alzai velocemente. Dovevo trovare Mark, il più presto possibile. Mi trovavo con lui quando ero stata rapita, e non doveva essere molto lontano. Tuttavia attorno a me c'erano soltanto erba e alberi.
Cominciai allora a chiamarlo, muovendomi in varie direzioni. Credetti di aver sentito una voce, quando Kisshu comparve improvvisamente a un metro da terra davanti a me.
Portai le braccia in avanti, per difendermi, ma lui non mi attaccò. Semplicemente si avvicinò, mi prese il volto tra le mani e mi costrinse a guardarlo negli occhi.
«Oltre al sentiero, all'interno del bosco, c'è un'altra fossa. Gli altri sono lì. Lui è lì. Ti sta aspettando»
Finì di pronunciare queste parole e mi baciò. Non mi tirai indietro, non avrei potuto farlo neanche volendo. C'era qualcosa in quell'alieno, qualcosa che mi spinse a ricambiare quel bacio. Le sue labbra fredde mi riempirono il petto di calore. All'improvviso ebbi come l'impressione che quell'alieno mi conoscesse da molto più tempo di quanto lui stesso avesse detto. E, per quanto mi sforzassi di credere che non fosse così, mi sentivo sorprendentemente protetta adesso che le nostre labbra si erano incontrate. Avrei voluto che quel momento non finisse più.
Ma mi stavano aspettando.
Immediatamente mi staccai dalla sua stretta, e corsi verso il sentiero nel bosco. Kisshu rimase dove lo avevo lasciato, ma mi stava urlando qualcosa.
«Aspettatemi al tramonto. Domani mattina sarete a casa sani e salvi!»
Continuai a scappare.
Avevo paura a voltarmi indietro, temevo che quegli occhi potessero inchiodarmi lì per l'eternità.

Quando raggiunsi Mark e i miei genitori, dimenticai tutto quello che avevo passato negli ultimi giorni. Non saprei mai descrivere la gioia che provai quando mi resi finalmente conto che erano lì, davanti a me, sani e salvi. Mi strinsi a loro, mi feci raccontare ciò che era accaduto e vollero raccontato da me cosa avevo passato durante tutto quel tempo. Grazie a loro scoprii che era trascorso un mese, ma, in realtà, mi era sembrato molto di meno.
Dissi loro di ciò che mi aveva detto Kisshu, e di aspettare il tramonto. In un primo momento non vollero credergli, ma poi gli spiegai di come ero riuscita ad arrivare a loro e capirono che, al momento, l'aiuto dell'alieno era l'unico che poteva salvarci la pelle.
Aspettammo quindi il tramonto, seduti uno di fronte all'altra. Mi addormentai per qualche minuto tra le braccia di Mark, e, dopo tutto quel tempo, finalmente sognai.
Poi un rumore ci fece allarmare. Mio padre prese un ramo robusto che aveva trovato a terra, e lo portò davanti a lui. Mark si mise davanti a me per proteggermi, e mia madre si schiacciò contro il muro.
Poi Kisshu entrò nel tunnel, e, vedendomi andare verso di lui, mio padre abbassò il ramo e mia madre tirò un sospiro di sollievo.
«Dobbiamo sbrigarci. Stanno arrivando»
Kisshu ci disse di cominciare a correre, mentre lui ci seguiva alle spalle. Continuammo indisturbati per pochi minuti, quando poi cominciammo a sentire altre voci e altri passi. L'alieno ci ordinò di fare silenzio, fino a quando non raggiungemmo una grossa pietra che bloccava il passaggio. Kisshu la spostò, rivelando una botola sottorranea.
«Loro non lo sanno» disse Kisshu aprendo la botola e invitandoci a scendere «Sbrigatevi, prima che ci raggiungano!»
«E tu?» chiesi mentre Mark e i miei genitori scendevano giù «Ti hanno scoperto, non è vero?»
Kisshu sorrise, alzandomi il volto con un dito.
«Ti preoccupi per me, bambolina? Allora ti piaccio sul serio. Sapevo di piacerti!»
A quelle parole cominciai a piangere. L'idea che gli sarebbe potuto succedere qualcosa mi faceva stare male.
«Vieni con noi! Ti prego!»
«Non posso, se ne accorgerebbero. Ma non temere per me, me la caverò! Ti verrò a trovare così spesso che non potrai più tollerare la mia presenza!»
Detto questo, mi calò di forza all'interno della botola, chiudendola e coprendola con il masso. Mark e i miei genitori volevano continuare a scappare, ma io aspettai.
Sentii soltanto la sua voce parlare una lingua a me sconosciuta e, infine, un rantolo.
Aspettai che gli alieni andassero via, mentre gli altri continuavano a esortarmi di continuare a scappare. Ma, quando fui sicura che i nemici si trovassero altrove, ruppi il legno della porta della botola e mi feci aiutare da Mark a spostare il masso. Salii in superfice, pronta a convincere Kisshu a scendere giù insieme a noi, ma alla vista del suo fragile corpo ricoperto di sangue persi un battito.
Mi buttai con le ginocchia a terra, piangendo. Era ancora vivo, ma era stato pugnalato allo stomaco e l'emorraggia sembrava non volersi fermare.
«Kisshu...» sussurrai in preda agli spasmi, mentre gli toglievo dalla fronte una ciocca di capelli verdi «Perchè l'hai fatto?»
Kisshu mi guardava sorridendo. Avrei voluto ucciderlo io stessa per tutto il male che mi stava facendo.
«Perchè ti amo» rispose, accarezzandomi una guancia
«Come fai a dirlo? Tu nemmeno mi conosci!»
«Ti sbagli, Ichigo. Ti conosco più di quanto tu non creda»
Tentò di alzarsi, ma non ci riuscì. Allora gli alzai la schiena, portandolo verso il muro e permettendogli di potersi sedere.
«Che cosa vuoi dire?» chiesi, frenando le lacrime.
«L'incidente... sono stato io a chiamare l'ambulanza, Ichigo. Ero con te anche quel giorno. Sono sempre stato con te, ma tu non te ne sei mai accorta»
«Non ti credo!» urlai in preda alla disperazione «Non ti credo! Per quale motivo, allora, hai rapito me, Mark e la mia famiglia? Che senso ha avuto salvarmi allora se adesso ci hai messo in questo guaio?»
«Non vi ho rapiti, Ichigo! Vi ho salvati! Gli alieni si sono presi la tua città, tutte le persone che sono rimaste lì non ci sono più! Se non vi avessi portato qui sotto sareste già morti!»
Un improvviso terrore mi bloccò le viscere. Tokyo era stata presa dagli alieni. Tutti gli altri erano morti. Era forse l'inizio della fine dell'umanità?
«Senti» continuò Kisshu, stringendomi la mano «Mi dispiace. Non vorrei mai che accadessero cose che ti facciano stare male, te lo giuro. È tutta una vita che ti proteggo e veglio su di te, e questo è tutto quello che sono riuscito a fare. Sarebbe stato bello vivere con te, Ichigo. Avrei fatto tutto ciò che mi avresti chiesto, e adesso sai che è vero. Ma ti troveranno. Loro sanno che ho protetto degli umani, per questo mi hanno fatto questo. Devi scappare, Ichigo. Continuate a percorrere il tunnel, alla fine troverete una scala che vi farà salire in superfice. Lì c'è un elicottero, sali e scappa il più lontano possibile. Ma non mi dimenticare, bambolina. Valgo molto di più di quello stupido ragazzetto che ti piace tanto. Ora scappa. Ti raggiungerò così presto che ti chiederai se sono davvero stato via»
Non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che spirò.
Io rimasi lì, immobile, a guardarlo morire tra le mie braccia.
È finita, pensai, mentre mio padre mi pregava di scendere giù velocemente.
Guardai per l'ultima volta quegli occhi gialli che mi avevano incantata. Il suo volto pallido sembrava ancora più bello adesso che aveva finalmente cessato di parlare. Stupidamente, mi chiesi come sarebbe stata la mia vita se avessi accettato di scappare con lui.
Ma non c'era tempo per pensare. Dovevo scappare.
Scesi velocemente nella botola, mi chiesero se andasse tutto bene e poi riprendemmo a scappare.
Non mi voltai indietro. Mi avrebbe fatto troppo male.
Ma quando, il giorno dopo, mi trovai sana e salva dall'altro capo del pianeta, in una stanza vuota, completamente al buio, sentii quell'alieno così vicino che mi chiesi se se ne fosse mai realmente andato.

   
 
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