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Autore: drewskelsey    06/09/2014    1 recensioni
E litigare con lui non aveva via di uscita, cercare di capirlo era difficile, provare a dimenticarlo ancora di più, ma lasciarlo andare era semplicemente impossibile.
Perché amarlo per me era facile, sentire la sua mancanza ancora di più, riconoscerlo in una strada affollata era ovvio come notare un tulipano in un campo di margherite e memorizzarlo era semplice quanto ricordare le parole della mia canzone preferita.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Pattie Malette
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo Uno.
Pioggia

Camminare la mattina presto per le strade più remote di Connell mi è sempre sembrata una delle poche cose più rilassanti di un bagno caldo, lo facevo sempre quando avevo vent'anni. Mi divertivo a gironzolare per quartieri che non conoscevo ed ero solita a tenere le mie cuffie alle orecchie, avevo premuto play sulla mia playlist creata appositamente per le mie camminate. Come sempre, quella mattina verso le sette, mi persi; il mio senso di orientamento era ovviamente scarso ed era stato messo a dura prova in quel momento, mentre cercavo di ricomporre i miei precedenti passi. Trovai divertente quella situazione, ma, quando intravidi la biblioteca in cui ero solita andare, il mio divertimento si trasformò in eccitazione: dovevo assolutamente andarci, l'avevano da poco ristrutturata ingrandendola e aggiornandola con nuovi libri. Così, una volta attraversata la porta girevole, cercai nella sezione della letteratura americana. Feci scivolare il mio sguardo su uno scaffale, verso la lettera S, e quando trovai l'autore John Steinbeck afferrai il libro intitolato La valle dell'Eden, ne avevo recentemente sentito parlare. Era parecchio grande, non mi interessava, avevo tempo da vendere per leggere. La biblioteca era vuota, la canzone nelle mie cuffie era finita ma poco importava perché non me ne ero accorta. Ero semplicemente sola in una stanza piena di vita, perché per me era come se i libri fossero la cosa più vicina agli esseri viventi -pieni di cultura, sentimenti e respiri: cosa esiste di più simile alla vita?
Solo poco dopo notai una figura, seduta su una sedia affacciata alla grande vetrata che costituiva la parete e che donava luce alla stanza, solitamente anche io mi sedevo lì quando pioveva. Guardai il cielo: stava piovigginando. Pensai che sarei sembrata sfacciata se mi fossi seduta vicina a lui ma le goccioline che cominciavano a cadere dalle nuvole alte mi attraevano sufficientemente da non farmi altri scrupoli ed avvicinarmi ad una sedia di distanza da quel ragazzo. Appoggiai il libro sulla superficie di legno, ma, prima di aprirlo, presi il mio cellulare e gli auricolari già collegati, premetti play sulla playlist dedicata alla lettura in cui era presente qualche brano di Debussy e così mi isolai da tutto il resto. Non riuscivo nemmeno a sentire lo sfogliare delle pagine del libro del ragazzo, ma lanciai un'occhiata alla copertina intra leggendo il nome dell'autrice Jane Austen; qualsiasi suo libro fosse, io l'avevo già letto. Trovai strano che un ragazzo così giovane -aveva probabilmente la mia età- stesse leggendo un libro del genere, solitamente i ragazzi della nostra età erano più attratti dallo sport, dalle ragazze o occupati con il college. Io non lo frequentavo, non perché non ne avessi la possibilità, ma per scelta: avevo un'abbondante eredità lasciata da mio padre defunto e dalla mia nonna materna, a cosa mi sarebbe servito sprecare il mio tempo in una cosa così inutile? A nulla. Vivevo la vita come mi si presentava, facevo lavoretti insignificanti come baby-sitter o lavare auto quando ne avevo l'opportunità, solo quando mi rendevo conto che non potevo spendere tutte le mie eredità in libri o CD.
Solo quando il flusso dei miei pensieri si interruppe a causa della vibrazione del cellulare mi resi conto che non avevo nemmeno aperto il mio libro ed ero stata costantemente a guardare fuori dalla vetrata. Feci scorrere il mio sguardo verso il ragazzo accanto a me: non stava minimamente notando il mio stupido interesse per la pioggia, per fortuna. Poi mi guardai alle spalle, la stanza non si era riempita di molto. Guardai l'ora sul mio orologio sul polso sinistro, erano le otto e dieci. Non avevo nulla da fare quel giorno così sbuffai tra me e me prima di aprire finalmente quel libro, ma in quel momento era come se ogni minimo dettaglio là fuori riuscisse a catturare la mia intenzione più de La valle dell'Eden. I colori estivi così luminosi che cominciavano a cambiare diventando meno saturi e più freddi man mano che l'autunno si avvicinava, le foglie cadute a terra, il sole sbiadito di settembre più inoltrato di quello che mi fossi accorta. Ottobre si avvicinava assieme al mio compleanno, non che avessi intenzione di festeggiare.
«Se non ti interessa quel libro perché l'hai preso?». Spostai la mia attenzione verso la mia sinistra, verso il ragazzo che mi aveva, per qualche strana, sconosciuta, incomprensibile ragione, rivolto la parola.
«Non...». Mi schiarii la voce prima di ricominciare la frase. «Non è il libro. È tutto il resto», risposi infine. Lui mi guardò senza dire niente, senza distogliere lo sguardo dai miei occhi. Avevo forse qualcosa sul viso? Ricambiai il suo sguardo alzando un sopracciglio, colsi così l'occasione per notare i suoi occhi, la sua bocca, il suo naso, la sua mascella, le sue ciglia, i suoi capelli, la sua bellezza naturale. «Invece, cos'ha distolto la tua attenzione dal tuo libro?», riuscii a riprendere fiato per porgli una domanda.
«Non è il mio genere», rispose lui semplicemente, senza il notevole sforzo che è necessitato a me per parlare.
«E te ne sei accorto a metà libro?». Darei tutto quello che ho per sapere che pagina stava leggendo, pensai inconsciamente. Soffocò una risata.
«Sì, be', io... uhm...». Sembrò non trovare le parole adatte per spiegarsi, ma io lo avevo capito. Era come capire che si è troppo deboli solo quando si è già sul ring, come rendersi conto che si è troppo codardi solo quando si è già in caduta libera o come scoprire che si é troppo fragili per l'amore solo una volta che si è innamorati. Non che io mi fossi mai innamorata.
«Capisco, credo». Annuii, a me stessa o a lui, non ne ero sicura. Poi, il silenzio si impossessò della situazione. Il mio sguardo cadde sul suo libro, l'aveva richiuso così potei leggerne facilmente il titolo: Orgoglio e pregiudizio. Decisi di parlare di nuovo, racimolando il mio coraggio e la mia voce insieme «A me piace quel libro. Ma... uhm... io credo sia troppo difficile da capire, a meno che tu non abbia già provato quelle emozioni».
«L'hai letto?», mi chiese. Credevo che quella fosse la domanda più stupida mai sentita. Voglio dire, come può piacerti qualcosa che non conosci? Mi limitai ad annuire e spostare la mia attenzione al mio libro. «Non credo che quello sia il libro adatto ad una ragazza come te», disse guardando me e poi il libro.
«Parli come se mi conoscessi».
«Solo non sei molto difficile da interpretare». Cosa intendeva? Riportai gli occhi alla vetrata e agli edifici che si innalzavano davanti a me; non sarei di certo stata la prima a riprendere la conversazione. «Cosa trovi di interessante nella pioggia? È fredda, bagnata e distrugge giornate perfette, come può piacerti?». Lo guardai stupita, stava davvero dicendo che la pioggia era qualcosa di simile ad una catastrofe?
«La pioggia è rilassante, è trasparente, non ha segreti, è chiara e pura. Ed è abbastanza evidente che la purezza è ormai più che rara. Non puoi paragonarla ad un carro demolitore!». Mi ritrovai ad urlare quasi in una stanza di una biblioteca, ricevendo sguardi insoliti e un "sh" da parte di un bibliotecario, ma io stavo guardando solo lui. Come si chiamava? Non lo ricordavo, o forse non l'aveva mai detto.
«Io in realtà non ho mai fatto paragoni».
«Ma lo stavi pensando!». Cercai di moderare il mio tono di voce. Non avrei mai creduto di poter essere così contraria ai gusti di una persona. Perché alla fine si trattava solo di gusti, giusto? No, quello era l'insulto più offensivo che la pioggia potesse mai ricevere. Stavo diventando pazza. Davvero stavo parlando di cose come libri e pioggia come se fossero delle persone? Stavo cominciando a soffrire di asfissia da isolamento al mondo esterno? Decisi di appoggiare il libro esattamente dove l'avevo trovato e tornare a casa, ma mentre stavo attraversando la porta girevole intravidi un'altra figura nella hall della biblioteca correre verso l'uscita dove mi trovavo io, così, senza accorgermene rimasi bloccata in quella maledetta porta per un altro giro, tenendo il mio sguardo fisso sulla figura che si avvicinava velocemente a me. Una volta riuscita ad uscire all'aria aperta e sotto il tocco battente della pioggia, corsi sotto la prima tettoia che trovai. Decisi che chiamare un taxi fosse la cosa più ragionevole da fare visto che casa mia distava parecchio da lì. Dopo qualche secondo mi si presentò davanti quella figura: quel ragazzo.
«Che vuoi adesso?», dissi urlando. Non avrei mai pensato che il rumore della pioggia riuscisse ad essere così forte da riuscire a superare un tono di voce normale.
«Te la sei presa per la pioggia? Davvero?», mi chiese stupito. Per lo meno ero contenta del fatto che si fosse bagnato a causa di quella pioggia che tanto odiava e che io stavo adorando.
«Non me la sono presa!», negai. Mentivo, me l'ero presa eccome! Per qualche stupida ragione mi sentivo offesa.
«Be', non si direbbe», disse ridendo. Rideva. Perché rideva? Ero parsa così ridicola ai suoi occhi? Avvistai in quel momento un taxi e quando vidi che mi aveva notata e stava accostando vicino a me mi allontanai da lui. «Aspetta!», richiamò la mia attenzione, di nuovo. Mi girai verso di lui. «Ho bisogno di sapere il tuo nome.». Disse che ne aveva bisogno, come se potesse essere la sua preoccupazione più esistenziale, come se il mio nome avesse potuto salvarlo da morte certa.
«Rosalie», dissi velocemente aprendo la portiera dei sedili posteriori del taxi, per poi richiuderla e dire al tassista di portarmi dall'altra parte di quella piccola città.
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Vi giuro che scrivere questa storia è più difficile di quello che immaginavo.
Perché sto cercando per una buona volta di finire seriamente una
fanfiction, ma c’è sempre qualcosa che mi blocca.
Prometto che questa volta non sarà così e se invece non
manterrò la promessa avete il permesso di uccidermi.
Scherzo. Posso anche farlo da sola. Comunque, tornando alla storia…
Primo incontro, prima parola rivolta, presentazioni e sì: tutto questo nel primo capitolo.
Vi informo che la storia si svolgerà abbastanza velocemente. Non sto parlando di numero
di capitoli, ma della sequenza dei fatti. Non mi piacciono più di tanto i giri
di parole, o aspettare tanto per niente, quindi, quando in termini d’amore
dico “un colpo di fulmine”, intendo veramente che l’attrazione
tra i due protagonisti inizierà presto.
Comunque, spero nelle vostre recensioni, ci tengo davvero.
Al prossimo capitolo.
-Sabrina.
   
 
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