A Leti, alias Kaho_Chan.
Perchè di
sì <3
Kushina-san
Kushina
sedeva svogliatamente sull’alto sgabello, la testa sorretta da una mano e
sul volto la stessa espressione annoiata e drammatica delle principesse delle
fiabe, quelle rapite e rinchiuse nella torre più alta e lontana del
castello. Peccato che lei non fosse nulla di tutto ciò.
La
ragazzina -che non dimostrava più di dodici anni- aveva le labbra
corrucciate in una smorfia di disapprovazione e da almeno dieci minuti
giocherellava con i tagliolini che si trovavano nella scodella davanti a lei.
La spettinata zazzera di capelli rossi era trattenuta in due codini
striminziti, anche se numerose ciocche tentavano di sfuggire alla precaria
acconciatura, e, al collo, teneva in bella mostra un coprifronte; al centro
della placca di metallo, rovinata e graffiata giusto quel poco che le donava
un’aria deliziosamente vissuta, era ben visibile il simbolo del suo
villaggio di appartenenza: Uzu.
“C’è
qualcosa che non va, Kushina-san?” chiese
improvvisamente una voce accanto a lei.
Kushina
non si voltò, né alzò la testa per incrociare lo sguardo
con il suo interlocutore, smise semplicemente per un attimo di giocherellare
con quello che avrebbe dovuto essere il suo pranzo.
“Niente”
mugugnò dopo un attimo di silenzio.
“A
me non sembra niente”
continuò la stessa voce di prima, leggermente preoccupata.
“Smettila
Namikaze, tu sai cosa c’è che non
va” sbottò Kushina, posando con veemenza le bacchette e guardando
intensamente il ragazzo accanto a lei “e non chiamarmi Kushina-san”.
“…immagino sia per gli esami
di selezione dei Chunin” concluse lui, come se
stesse parlando da solo.
“Bravo!”
esclamò la dodicenne, sarcasticamente “ora capisco perché
tutti dicono che sei un genio: non ho mai visto persona più perspicace”.
“Non
prendertela con me” le rispose tranquillamente “arrabbiati, se
proprio hai bisogno di sfogare la tua rabbia repressa, ma questo comunque non
ti aiuterà a superare l’esame”.
Kushina
si limitò a fissarlo, in silenzio. Minato era tranquillo, serio e straordinariamente
maturo per la sua età, senza contare i capelli biondi, gli occhi azzurri
e le sue a dir poco fenomenali abilità di ninja. Non c’erano dubbi
sul fatto che fosse a dir poco perfetto
e che loro due non avrebbero mai potuto avere qualcosa in comune. Non erano
esattamente agli antipodi, ma di certo non si poteva affermare che fossero
anime affini.
“Ti
offro il pranzo?” propose Minato di punto in bianco.
“Non
vedi che sto già mangiando?” rispose scontrosamente Kushina,
cercando di mascherare l’imbarazzo.
“Ma
ormai è freddo” le fece notare pragmatico, indicando la scodella contenente
il ramen non più fumante. Kushina sospirò, combattuta tra i morsi
della fame e quelli della vergogna.
“Va
bene” mormorò sconsolata alla fine, abbandonando un po’ il suo
orgoglio “ma non chiedermi niente sull’esame”.
Minato
annuì.
“Non
ti chiederò niente, però lascia che parli io”.
La
kunoichi annuì e spezzò le bacchette nell’istante in cui
un’abbondante porzione di ramen le comparve sotto al naso.
“Anche
se non hai superato l’esame non devi farne una tragedia, credimi”.
“Facile
dirlo quando a tredici anni si è Jonin”
bofonchiò Kushina a mezza voce. Il ragazzo fece finta di non sentirla e
continuò.
“È
del tutto normale ripetere più volte l’esame, si ha sempre una
seconda opportunità” disse gentilmente, appoggiandole una mano sul
braccio “questo non vuol dire che hai fallito come ninja o che ti sei
allenata poco, non devi lasciarti scoraggiare: se ti arrendi non farai che dare
ragione a tutti quelli che credono che tu non possa farcela. Per questo non
devi mollare”.
Minato
concluse rivolgendole uno sguardo indecifrabile e dicendo: “Non lo credi
anche tu Kushina-san?”.
“Non
chiamarmi Kushina-San!” esclamò
immediatamente lei, questa volta abbozzando un sorriso.
“Siamo
stati bravissimi!” gridò Kushina non appena il team al completo fu
uscito dal palazzo dell’Hokage.
“Indubbiamente”
commentò Arisa, portandosi dietro
l’orecchio una ciocca di capelli “ed è altrettanto ovvio che
senza il mio validissimo aiuto
nessuno dei presenti sarebbe Chunin ora, soprattutto
tu, pel di carota”.
“Brutta
strega, ma chi ti credi di essere?!” sbraitò Kushina, cambiando
repentinamente umore afferrando la mora per la maglietta sotto lo sguardo
esasperato di Yuichi e del sensei Ichiro.
“Brutta
strega a me?” ribatté Arisa, afferrando
Kushina a sua volta “ti sei mai vista? Tu sembri un pulcino
spennacchiato”.
“Ma
tu sei mille volte più brutta di me”.
“Non
è vero!”.
“E
invece si!”.
“E
invece no!”.
“Io
dico di si!”.
“Racchia!”.
“Sempre
meglio essere racchia che essere stupida come te!”.
“Continua
così e vedi cosa ti faccio quando torniamo a Uzu!”
“Oh,
ma che paura!” esclamò Kushina con tono derisorio “tremo
alla sola idea che la terribile Arisa mi faccia del
male. Qual è la tua nuova tecnica, la manicure no jutsu?”.
Il
volto della kunoichi mora cambiò improvvisamente colore. Dal rosa tenue
che era, diventò prima pallidissimo e successivamente ben più
rosso dei capelli di Kushina. Questo era il campanello d’allarme.
“Ok
ragazze, time out!” decretò il loro sensei, decidendosi finalmente
a dividerle “calmatevi. Se avete superato l’esame è
perché siete riusciti a collaborare come una vera squadra per una buona
volta, non è il caso di rovinare tutto ora”.
Le
due tredicenni fissarono il terreno, offese.
“Va
bene” sospirò Ichiro, sistemandosi il gilet verde “che ne
dite se per festeggiare andiamo a mangiare da qualche parte? Di cosa avete
voglia?”.
“Sushi!”.
“Yakitori!”.
Le
voci di Yuichi e Arisa
risuonarono per la via, infine, dopo un attimo di silenzio, tre paia di occhi
si spostarono su Kushina, che arrossì all’istante.
La
kunoichi continuava a fissare il selciato e sembrava parecchio imbarazzata.
“E-ecco io…” iniziò tentennando
“v-vedete… io… oh, insomma: ho un impegno!”.
“Che
genere di impegno?” indagò Yuichi
raddrizzandosi gli occhiali che gli erano caduti fino alla punta del naso.
“Già,
che impegno?” rincarò la dose Arisa,
sporgendosi verso la compagna di squadra.
Kushina
incrociò le braccia con l’aria di chi la sa lunga e aggiunse
soltanto: “non sono fatti vostri”.
Arisa e Yuichi fecero
per borbottare un “maleducata”, ma la voce del sensei li
batté sul tempo.
“D’accordo”
disse Ichiro sorridendo “vuol dire che festeggeremo stasera. Arisa, Yuichi, vi dispiacerebbe
venire un attimo con me?”.
E
mentre i tre si allontanavano lungo la strada, Kushina non poté fare a
meno di sorridere e ringraziare gli antenati se Ichiro sensei aveva mangiato la
foglia.
Più
contenta e ancora leggermente rossa in volto iniziò a camminare nella
direzione opposta, più precisamente verso il chiosco del ramen.
Era
una bellissima giornata e il sole che batteva su Konoha faceva brillare il
coprifronte, questa volta lucidato e legato sulla testa come una fascia. I
capelli, un po’ più lunghi dell’anno precedente, erano
liberi da costrizioni e le sfioravano leggermente le spalle.
Si
accorse di essere arrivata a destinazione quando udì una voce familiare.
Sapeva che l’avrebbe trovato lì.
“Posso
offrirti il pranzo?” domandò Minato sorridendole e facendole cenno
di sedersi sullo sgabello accanto al suo.
Kushina
sorrise di rimando, o forse è meglio dire che sogghignò.
“Questa
volta pago io”
sottolineò mentre prendeva posto.
“Come
vuoi” la accontentò Minato, scuotendo la testa “Kushina-san”.
Il
sorriso della rossa sparì per lasciare posto a quello che lui avrebbe
più avanti definito ‘il broncio Uzumaki’.
“Ho
cambiato idea, paga pure tu” .
Kushina
Uzumaki, diciassette anni, Jonin, rimase in silenzio
per diversi minuti una volta superata la porta d’ingresso di Konoha.
Mentre assieme al suo team si recava all’udienza con l’Hokage, non
poté fare a meno di guardarsi attorno con circospezione e malcelata
diffidenza.
“Strano
che tu e Arisa non vi siate ancora saltate al
collo” commentò Yuichi, da dietro le
spesse lenti dei suoi occhiali “questa quiete mi sembra quasi
disumana…”.
“Stai
zitto, quattr’occhi” lo liquidò rapidamente Kushina, ancora
soprappensiero “non mi va di litigare oggi”.
Il
piccolo gruppo proveniente da Uzu continuò a
procedere silenziosamente per le vie del Villaggio della Foglia.
“A
voi non sembra tutto… più piccolo?” domandò infine
Kushina, quando giunsero di fronte al palazzo dell’Hokage.
Arisa annuì.
“Già.
E dire che solo cinque anni fa questo posto mi sembrava decisamente
enorme!”.
“Comunque
sia” concluse Yuichi “è sempre più
grande del nostro villaggio”.
“Non
che ci voglia molto” gli fece notare Kushina “Uzu
non ha nemmeno un Kage… possiamo definirlo a
mala pena un agglomerato di abitazioni”.
Il
sensei sollevò le sopracciglia.
“Se
Uzu non fosse altro che un agglomerato di abitazioni,
la Foglia non avrebbe nemmeno chiesto il nostro aiuto, non vi pare?”.
I
tre ‘allievi’ si ritrovarono ad annuire alle parole del maestro,
sebbene non ne fossero troppo convinti.
“Il
Villaggio del Vortice” continuò Ichiro “è composto
anche dalle persone e dai ninja. Non è solo mattoni e strade: siete voi.
Ricordatelo”.
Kushina
roteò gli occhi.
“Si,
Kushina, lo so cosa stai pensando” aggiunse il sensei
“’eccolo che ricomincia con il discorso ispirato da gran
maestro’. Normalmente cercherei di spiegarti l’utilità dei
miei ‘discorsi ispirati’, ma ora non abbiamo tempo, l’Hokage
Sarutobi ci aspetta”.
Leggermente
umiliata Kushina seguì Ichiro, Arisa e Yuichi all’interno del palazzo, scortati da due shinobi della Foglia. Furono guidati lungo le scale, fino
all’ultimo piano, e alla fine lasciati di fronte all’unica porta
che si affacciava sul piccolo corridoio.
Bussarono
due volte e la voce di un uomo di mezz’età rispose loro di farsi
avanti.
La
stanza era piena di documenti, tutti rigorosamente ordinati in pile, libri e
rotoli, anche questi abbandonati in maniera organica all’interno delle
librerie addossate ai muri.
La
prima cosa che Kushina notò fu l’Hokage, seduto dietro
l’imponente scrivania che dominava la stanza, ma, la seconda, fu il
ragazzo biondo in piedi accanto all’Hokage e che guardava nella sua
direzione.
Proprio
nell’istante in cui si rese conto di fissarlo con troppa insistenza, la
kunoichi distolse lo sguardo e si maledì mentalmente.
No,
non poteva essere lui. E, nel malaugurato caso che lui fosse effettivamente
lui, il prossimo passo sarebbe potuto essere sotterrarsi viva.
“La
ringrazio per averci ricevuti, Hokage-sama”
esordì Ichiro, rivolto all’uomo più anziano.
“Grazie
a te, Ichiro-san, e a i tuoi allievi per aver
risposto tanto solertemente alla mia richiesta” rispose.
“Dovere.
Ora, perdoni la mia curiosità, ma nella missiva accennavate soltanto
alla missione che dovremo svolgere per voi…”.
“Ha
ragione” concordò Sarutobi “ma di questo vorrei parlare
soltanto con lei, se non le spiace”. L’Hokage fece una pausa per
inumidirsi le labbra e aggiunse: “Minato, ti spiace condurre fuori i tre
allievi di Ichiro-san?”.
“Certo…
se volete seguirmi”.
All’udire
quel nome Kushina si pietrificò, poi si voltò e come un automa
uscì dalla stanza. Ok, disse tra sé e sé, non
c’è problema: basta fingere indifferenza. Forse lui nemmeno ti ha
riconosciuta.
Forse.
“Kushina,
è da un po’ di tempo che non ci vediamo” le disse, non
appena furono usciti dalla stanza.
Come
non detto.
La
kunoichi si esibì in un sorriso imbarazzato.
“Già”
mormorò “sinceramente speravo che a Konoha si fossero dimenticati
di me…”. Minato rise.
“Non
ne vedo il motivo”.
“Ora
sono cresciuta, credimi, sono una persona totalmente diversa da quella che ero
quattro anni fa” disse lei, cercando di suonare convincente.
“Ne
sono certo… Kushina-san”.
Silenzio.
“Dimentica
quello che ho detto, Namikaze: sei morto. Sei
l’assistente-dell’Hokage morto”.
“Ora,
ti prego di non interrompermi” iniziò Kushina fissando il ragazzo
biondo, poco più che ventenne, seduto di fronte a lei “mi sono
preparata tutto il discorso e una volta iniziato voglio arrivare fino in
fondo… quindi se hai domande da fare chiedi ora, oppure aspetta fino alla
fine. D’accordo?”.
“Suona
vagamente inquietante” commentò Minato, sorridendo debolmente “nonostante
questo ti ascolto”.
La
rossa prese un profondo respiro e, dopo essersi preparata psicologicamente,
iniziò a parlare concitatamente:
“Io
lo so che tu sei molto impegnato, che tra qualche mese Sarutobi ha intenzione
di andare in pensione e nominarti Yondaime Hokage. Cioè, cavolo, sei
così giovane e già diventerai Hokage! È quasi incredibile,
giuro, è semplicemente incredibile. Senza contare che avrai un sacco di
oneri oltre agli onori, sarai quasi sempre in riunione, per non parlare di quei
vecchiacci del consiglio e gli affari esteri. E anche io, da quando abbiamo
iniziato ad uscire insieme vengo spesso qui a Konoha e d’ora in poi
dovrò anche farlo anche più spesso, visto che tu sarai trattenuto
qui da tutti i tuoi doveri” pausa respiro “però ho anche
numerose missioni, Uzu non è grande come la
Foglia, ma ha pur sempre bisogno di shinobi. Dunque?
Oddio, ho perso il filo e sto divagando. Dov’ero? Ecco, gli impegni. Alla
luce di tutto ciò, io volevo chiederti, insomma, ti avrei voluto domandare
se… sai com’è, per comodità, tu non avresti nulla in
contrario se io… vorresti se…”.
“Certo”.
“C-certo cosa?” protestò Kushina sconvolta
“non hai nemmeno aspettato la fine del discorso. Non sai nemmeno cosa
voglio chiederti. E se ti avessi chiesto una cifra spaventosa di soldi?”.
“Te
l’avrei data, senza problemi” rispose Minato tranquillamente,
allungando una mano oltre il tavolo, fino ad incontrare quella di Kushina.
“E
se ti avessi detto che voglio troncare la nostra relazione?”.
“Mi
sarebbe decisamente dispiaciuto, ma avrei rispettato la tua scelta”.
“E
se…”.
“Si,
sarei molto contento se tu ti trasferissi qui a Konoha, a vivere da me.
Così va meglio?” le chiese, guardandola fisso negli occhi.
“I-io, t-tu…” balbettò la ragazza,
leggermente inebetita.
“Te
l’avrei chiesto stasera, ma tu mi hai battuto sul tempo” rise
Minato, di fronte alla reazione di Kushina.
Questa
ritirò istintivamente la mano, per poi chinarsi verso la piccola borsa
che si era portata dietro quella sera -eccezionalmente in tinta con le scarpe-
ed estrarne un fazzoletto con cui soffiarsi il naso. Si era truccata, si era
messa un abito elegante ed avevano avuto un appuntamento davvero romantico, cosa abbastanza rara per due come loro. Si era
quasi trasformata nel clone di Arisa e si era
preparata quello stupidissimo discorso che, puntualmente, aveva dimenticato
esattamente nel momento clou. E tutto per… nulla.
Avrebbe
potuto risparmiarsi la fatica.
“Mi
avresti potuta fermare prima che diventassi ridicola” borbottò
lei, imbronciando leggermente le labbra e assottigliando gli occhi.
“Kushina-san, io ti trovo adorabilmente ridicola”.
“Non
ti spiace se per questa volta ti ignoro, vero? Sono troppo contenta per
arrabbiarmi. E prima vorrei anche smettere di piangere come una
scema…”.
Un kunai le sibilò in un punto imprecisato
vicino all’orecchio destro, costringendola a cambiare direzione.
Saltò su un ramo più in basso e con la mano afferrò due
shuriken che lanciò verso la figura che le era comparsa di fronte.
Questa, colpita in pieno, si voltò per darsi alla fuga, ma Kushina
compose rapidamente un sigillo e una trentina di cloni d’ombra
circondarono il ninja, immobilizzandolo.
“Volevi andare da qualche parte?” gli
chiese ironicamente “no, io non credo”.
“Tu non sei di Konoha” seppe solo
soffiare questi, quando la kunoichi gli si avvicinò
per puntargli un kunai alla gola.
“Ma come siamo svegli”
“Che se ne fa un
ninja di Uzu di uno dei i rotoli proibiti di
Konoha?”.
“Di certo non quello che se ne fa un ninja
della Roccia” ringhiò Kushina, fissandolo innervosita “anzi,
se mi facessi il favore di dirmi dove l’hai nascosto sarebbe meglio per
tutti, credimi”.
“Scordatelo, stronza”.
“La mettiamo su questo piano?”
domandò retorica per poi aggiungere, rivolta ai cloni:
“Portatelo alla Foglia, da Ibiki Morino.
Confesserà. Io vado a cercare Minato”.
Detto questo si voltò e sparì tra
le fronde.
La missione si era conclusa nel migliore dei modi
e, se le abilità di Ibiki erano quelle che
ricordava, di certo il rotolo sarebbe rispuntato fuori entro breve tempo.
Nonostante questo il cuore le batteva più rapidamente del solito,
rimbombandole ritmicamente nelle orecchie, impedendole di sentire null’altro.
Quando finalmente lo trovò, Minato stava
andando verso di lei, apparentemente illeso dalla missione e per nulla stanco.
Kushina scosse la testa rassegnata.
“Mi stavi cercando?” le chiese
nell’istante in cui la raggiunse.
“Si, devo dirti una cosa”
rispose lei, pratica. Minato sollevò entrambe le sopracciglia,
leggermente divertito.
“Non ti sarai preparata un discorso anche
questa volta spero” disse, riferendosi alla scena avvenuta in un elegante
ristorante di Konoha qualche mese prima.
Kushina storse il naso.
“Certo che no, imparo dai miei errori.
Andrò dritta al punto della questione”.
“Dimmi tutto”.
“Sono incinta. Sì, ne sono certa.
Sì, tu sei il padre. No, non ci sono altri potenziali genitori”.
Silenzio.
“Dunque? Non hai niente da dire?” gli
chiese, decisamente nervosa.
“…sei stata davvero
pragmatica”.
“E a parte questo?”.
“S-sono…”
balbettò lui per la prima volta in vita sua e sorridendo come un
ebete “contento! Sono contentissimo! Kushina-sa...”
“Fermo” lo bloccò lei,
circondandolo con le braccia “Non vorrai rendere tuo figlio
prematuramente orfano di padre, vero?”.
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Awww, ho vinto XD
Ovviamente
sono contentissima, ringrazio la nostra giudice e faccio i complimenti alle
altre concorrenti ^^
Ehm… non so cosa altro scrivere ù_ù Mi sento meno logorroica del solito.
Sarà l’influenza!
Mela