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Autore: Mala Mela    26/09/2008    14 recensioni
Minato e Kushina. Cinque brevi racconti, cinque spaccati di vita.
{“Posso offrirti il pranzo?” domandò Minato sorridendole e facendole cenno di sedersi sullo sgabello accanto al suo.
Kushina sorrise di rimando, o forse è meglio dire che sogghignò.
“Questa volta pago io” sottolineò mentre prendeva posto.
“Come vuoi” la accontentò Minato, scuotendo la testa
“Kushina-san”.
Il sorriso della rossa sparì per lasciare posto a quello che lui avrebbe più avanti definito ‘il broncio Uzumaki’.
“Ho cambiato idea, paga pure tu”.}
Prima classificata al contest "Minato and Kuskina Love" di Scarcy_90
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Yondaime
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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A Leti, alias Kaho_Chan.

Perchè di sì <3

 

 

 

 

 

 

Kushina-san

 

 

 

 

 

 

 

 

Kushina sedeva svogliatamente sull’alto sgabello, la testa sorretta da una mano e sul volto la stessa espressione annoiata e drammatica delle principesse delle fiabe, quelle rapite e rinchiuse nella torre più alta e lontana del castello. Peccato che lei non fosse nulla di tutto ciò.

La ragazzina -che non dimostrava più di dodici anni- aveva le labbra corrucciate in una smorfia di disapprovazione e da almeno dieci minuti giocherellava con i tagliolini che si trovavano nella scodella davanti a lei. La spettinata zazzera di capelli rossi era trattenuta in due codini striminziti, anche se numerose ciocche tentavano di sfuggire alla precaria acconciatura, e, al collo, teneva in bella mostra un coprifronte; al centro della placca di metallo, rovinata e graffiata giusto quel poco che le donava un’aria deliziosamente vissuta, era ben visibile il simbolo del suo villaggio di appartenenza: Uzu.

“C’è qualcosa che non va, Kushina-san?” chiese improvvisamente una voce accanto a lei.

Kushina non si voltò, né alzò la testa per incrociare lo sguardo con il suo interlocutore, smise semplicemente per un attimo di giocherellare con quello che avrebbe dovuto essere il suo pranzo.

“Niente” mugugnò dopo un attimo di silenzio.

“A me non sembra niente” continuò la stessa voce di prima, leggermente preoccupata.

“Smettila Namikaze, tu sai cosa c’è che non va” sbottò Kushina, posando con veemenza le bacchette e guardando intensamente il ragazzo accanto a lei “e non chiamarmi Kushina-san”.

 “…immagino sia per gli esami di selezione dei Chunin” concluse lui, come se stesse parlando da solo.

“Bravo!” esclamò la dodicenne, sarcasticamente “ora capisco perché tutti dicono che sei un genio: non ho mai visto persona più perspicace”.

“Non prendertela con me” le rispose tranquillamente “arrabbiati, se proprio hai bisogno di sfogare la tua rabbia repressa, ma questo comunque non ti aiuterà a superare l’esame”.

Kushina si limitò a fissarlo, in silenzio. Minato era tranquillo, serio e straordinariamente maturo per la sua età, senza contare i capelli biondi, gli occhi azzurri e le sue a dir poco fenomenali abilità di ninja. Non c’erano dubbi sul fatto che fosse a dir poco perfetto e che loro due non avrebbero mai potuto avere qualcosa in comune. Non erano esattamente agli antipodi, ma di certo non si poteva affermare che fossero anime affini.

“Ti offro il pranzo?” propose Minato di punto in bianco.

“Non vedi che sto già mangiando?” rispose scontrosamente Kushina, cercando di mascherare l’imbarazzo.

“Ma ormai è freddo” le fece notare pragmatico, indicando la scodella contenente il ramen non più fumante. Kushina sospirò, combattuta tra i morsi della fame e quelli della vergogna.

“Va bene” mormorò sconsolata alla fine, abbandonando un po’ il suo orgoglio “ma non chiedermi niente sull’esame”.

Minato annuì.

“Non ti chiederò niente, però lascia che parli io”.

La kunoichi annuì e spezzò le bacchette nell’istante in cui un’abbondante porzione di ramen le comparve sotto al naso.

“Anche se non hai superato l’esame non devi farne una tragedia, credimi”.

“Facile dirlo quando a tredici anni si è Jonin” bofonchiò Kushina a mezza voce. Il ragazzo fece finta di non sentirla e continuò.

“È del tutto normale ripetere più volte l’esame, si ha sempre una seconda opportunità” disse gentilmente, appoggiandole una mano sul braccio “questo non vuol dire che hai fallito come ninja o che ti sei allenata poco, non devi lasciarti scoraggiare: se ti arrendi non farai che dare ragione a tutti quelli che credono che tu non possa farcela. Per questo non devi mollare”.

Minato concluse rivolgendole uno sguardo indecifrabile e dicendo: “Non lo credi anche tu Kushina-san?”.

“Non chiamarmi Kushina-San!” esclamò immediatamente lei, questa volta abbozzando un sorriso.

 

 

 

 

“Siamo stati bravissimi!” gridò Kushina non appena il team al completo fu uscito dal palazzo dell’Hokage.

“Indubbiamente” commentò Arisa, portandosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli “ed è altrettanto ovvio che senza il mio validissimo aiuto nessuno dei presenti sarebbe Chunin ora, soprattutto tu, pel di carota”.

“Brutta strega, ma chi ti credi di essere?!” sbraitò Kushina, cambiando repentinamente umore afferrando la mora per la maglietta sotto lo sguardo esasperato di Yuichi e del sensei Ichiro.

“Brutta strega a me?” ribatté Arisa, afferrando Kushina a sua volta “ti sei mai vista? Tu sembri un pulcino spennacchiato”.

“Ma tu sei mille volte più brutta di me”.

“Non è vero!”.

“E invece si!”.

“E invece no!”.

“Io dico di si!”.

“Racchia!”.

“Sempre meglio essere racchia che essere stupida come te!”.

“Continua così e vedi cosa ti faccio quando torniamo a Uzu!”

“Oh, ma che paura!” esclamò Kushina con tono derisorio “tremo alla sola idea che la terribile Arisa mi faccia del male. Qual è la tua nuova tecnica, la manicure no jutsu?”.

Il volto della kunoichi mora cambiò improvvisamente colore. Dal rosa tenue che era, diventò prima pallidissimo e successivamente ben più rosso dei capelli di Kushina. Questo era il campanello d’allarme.

“Ok ragazze, time out!” decretò il loro sensei, decidendosi finalmente a dividerle “calmatevi. Se avete superato l’esame è perché siete riusciti a collaborare come una vera squadra per una buona volta, non è il caso di rovinare tutto ora”.

Le due tredicenni fissarono il terreno, offese.

“Va bene” sospirò Ichiro, sistemandosi il gilet verde “che ne dite se per festeggiare andiamo a mangiare da qualche parte? Di cosa avete voglia?”.

 “Sushi!”.

Yakitori!”.

Le voci di Yuichi e Arisa risuonarono per la via, infine, dopo un attimo di silenzio, tre paia di occhi si spostarono su Kushina, che arrossì all’istante.

La kunoichi continuava a fissare il selciato e sembrava parecchio imbarazzata.

E-ecco io…” iniziò tentennando “v-vedete… io… oh, insomma: ho un impegno!”.

“Che genere di impegno?” indagò Yuichi raddrizzandosi gli occhiali che gli erano caduti fino alla punta del naso.

“Già, che impegno?” rincarò la dose Arisa, sporgendosi verso la compagna di squadra.

Kushina incrociò le braccia con l’aria di chi la sa lunga e aggiunse soltanto: “non sono fatti vostri”.

Arisa e Yuichi fecero per borbottare un “maleducata”, ma la voce del sensei li batté sul tempo.

“D’accordo” disse Ichiro sorridendo “vuol dire che festeggeremo stasera. Arisa, Yuichi, vi dispiacerebbe venire un attimo con me?”.

E mentre i tre si allontanavano lungo la strada, Kushina non poté fare a meno di sorridere e ringraziare gli antenati se Ichiro sensei aveva mangiato la foglia.

Più contenta e ancora leggermente rossa in volto iniziò a camminare nella direzione opposta, più precisamente verso il chiosco del ramen.

Era una bellissima giornata e il sole che batteva su Konoha faceva brillare il coprifronte, questa volta lucidato e legato sulla testa come una fascia. I capelli, un po’ più lunghi dell’anno precedente, erano liberi da costrizioni e le sfioravano leggermente le spalle.

Si accorse di essere arrivata a destinazione quando udì una voce familiare. Sapeva che l’avrebbe trovato lì.

“Posso offrirti il pranzo?” domandò Minato sorridendole e facendole cenno di sedersi sullo sgabello accanto al suo.

Kushina sorrise di rimando, o forse è meglio dire che sogghignò.

“Questa volta pago io” sottolineò mentre prendeva posto.

“Come vuoi” la accontentò Minato, scuotendo la testa “Kushina-san”.

Il sorriso della rossa sparì per lasciare posto a quello che lui avrebbe più avanti definito ‘il broncio Uzumaki’.

“Ho cambiato idea, paga pure tu” .

 

 

 

 

Kushina Uzumaki, diciassette anni, Jonin, rimase in silenzio per diversi minuti una volta superata la porta d’ingresso di Konoha. Mentre assieme al suo team si recava all’udienza con l’Hokage, non poté fare a meno di guardarsi attorno con circospezione e malcelata diffidenza.

“Strano che tu e Arisa non vi siate ancora saltate al collo” commentò Yuichi, da dietro le spesse lenti dei suoi occhiali “questa quiete mi sembra quasi disumana…”.

“Stai zitto, quattr’occhi” lo liquidò rapidamente Kushina, ancora soprappensiero “non mi va di litigare oggi”.

Il piccolo gruppo proveniente da Uzu continuò a procedere silenziosamente per le vie del Villaggio della Foglia.

“A voi non sembra tutto… più piccolo?” domandò infine Kushina, quando giunsero di fronte al palazzo dell’Hokage.

Arisa annuì.

“Già. E dire che solo cinque anni fa questo posto mi sembrava decisamente enorme!”.

“Comunque sia” concluse Yuichi “è sempre più grande del nostro villaggio”.

“Non che ci voglia molto” gli fece notare Kushina “Uzu non ha nemmeno un Kage… possiamo definirlo a mala pena un agglomerato di abitazioni”.

Il sensei sollevò le sopracciglia.

“Se Uzu non fosse altro che un agglomerato di abitazioni, la Foglia non avrebbe nemmeno chiesto il nostro aiuto, non vi pare?”.

I tre ‘allievi’ si ritrovarono ad annuire alle parole del maestro, sebbene non ne fossero troppo convinti.

“Il Villaggio del Vortice” continuò Ichiro “è composto anche dalle persone e dai ninja. Non è solo mattoni e strade: siete voi. Ricordatelo”.

Kushina roteò gli occhi.

“Si, Kushina, lo so cosa stai pensando” aggiunse il sensei “’eccolo che ricomincia con il discorso ispirato da gran maestro’. Normalmente cercherei di spiegarti l’utilità dei miei ‘discorsi ispirati’, ma ora non abbiamo tempo, l’Hokage Sarutobi ci aspetta”.

Leggermente umiliata Kushina seguì Ichiro, Arisa e Yuichi all’interno del palazzo, scortati da due shinobi della Foglia. Furono guidati lungo le scale, fino all’ultimo piano, e alla fine lasciati di fronte all’unica porta che si affacciava sul piccolo corridoio.

Bussarono due volte e la voce di un uomo di mezz’età rispose loro di farsi avanti.

La stanza era piena di documenti, tutti rigorosamente ordinati in pile, libri e rotoli, anche questi abbandonati in maniera organica all’interno delle librerie addossate ai muri.

La prima cosa che Kushina notò fu l’Hokage, seduto dietro l’imponente scrivania che dominava la stanza, ma, la seconda, fu il ragazzo biondo in piedi accanto all’Hokage e che guardava nella sua direzione.

Proprio nell’istante in cui si rese conto di fissarlo con troppa insistenza, la kunoichi distolse lo sguardo e si maledì mentalmente.

No, non poteva essere lui. E, nel malaugurato caso che lui fosse effettivamente lui, il prossimo passo sarebbe potuto essere sotterrarsi viva.

“La ringrazio per averci ricevuti, Hokage-sama” esordì Ichiro, rivolto all’uomo più anziano.

“Grazie a te, Ichiro-san, e a i tuoi allievi per aver risposto tanto solertemente alla mia richiesta” rispose.

“Dovere. Ora, perdoni la mia curiosità, ma nella missiva accennavate soltanto alla missione che dovremo svolgere per voi…”.

“Ha ragione” concordò Sarutobi “ma di questo vorrei parlare soltanto con lei, se non le spiace”. L’Hokage fece una pausa per inumidirsi le labbra e aggiunse: “Minato, ti spiace condurre fuori i tre allievi di Ichiro-san?”.

“Certo… se volete seguirmi”.

All’udire quel nome Kushina si pietrificò, poi si voltò e come un automa uscì dalla stanza. Ok, disse tra sé e sé, non c’è problema: basta fingere indifferenza. Forse lui nemmeno ti ha riconosciuta.

Forse.

“Kushina, è da un po’ di tempo che non ci vediamo” le disse, non appena furono usciti dalla stanza.

Come non detto.

La kunoichi si esibì in un sorriso imbarazzato.

“Già” mormorò “sinceramente speravo che a Konoha si fossero dimenticati di me…”. Minato rise.

“Non ne vedo il motivo”.

“Ora sono cresciuta, credimi, sono una persona totalmente diversa da quella che ero quattro anni fa” disse lei, cercando di suonare convincente.

“Ne sono certo… Kushina-san”.

Silenzio.

“Dimentica quello che ho detto, Namikaze: sei morto. Sei l’assistente-dell’Hokage morto”.

 

 

 

 

“Ora, ti prego di non interrompermi” iniziò Kushina fissando il ragazzo biondo, poco più che ventenne, seduto di fronte a lei “mi sono preparata tutto il discorso e una volta iniziato voglio arrivare fino in fondo… quindi se hai domande da fare chiedi ora, oppure aspetta fino alla fine. D’accordo?”.

“Suona vagamente inquietante” commentò Minato, sorridendo debolmente “nonostante questo ti ascolto”.

La rossa prese un profondo respiro e, dopo essersi preparata psicologicamente, iniziò a parlare concitatamente:

“Io lo so che tu sei molto impegnato, che tra qualche mese Sarutobi ha intenzione di andare in pensione e nominarti Yondaime Hokage. Cioè, cavolo, sei così giovane e già diventerai Hokage! È quasi incredibile, giuro, è semplicemente incredibile. Senza contare che avrai un sacco di oneri oltre agli onori, sarai quasi sempre in riunione, per non parlare di quei vecchiacci del consiglio e gli affari esteri. E anche io, da quando abbiamo iniziato ad uscire insieme vengo spesso qui a Konoha e d’ora in poi dovrò anche farlo anche più spesso, visto che tu sarai trattenuto qui da tutti i tuoi doveri” pausa respiro “però ho anche numerose missioni, Uzu non è grande come la Foglia, ma ha pur sempre bisogno di shinobi. Dunque? Oddio, ho perso il filo e sto divagando. Dov’ero? Ecco, gli impegni. Alla luce di tutto ciò, io volevo chiederti, insomma, ti avrei voluto domandare se… sai com’è, per comodità, tu non avresti nulla in contrario se io… vorresti se…”.

“Certo”.

C-certo cosa?” protestò Kushina sconvolta “non hai nemmeno aspettato la fine del discorso. Non sai nemmeno cosa voglio chiederti. E se ti avessi chiesto una cifra spaventosa di soldi?”.

“Te l’avrei data, senza problemi” rispose Minato tranquillamente, allungando una mano oltre il tavolo, fino ad incontrare quella di Kushina.

“E se ti avessi detto che voglio troncare la nostra relazione?”.

“Mi sarebbe decisamente dispiaciuto, ma avrei rispettato la tua scelta”.

“E se…”.

“Si, sarei molto contento se tu ti trasferissi qui a Konoha, a vivere da me. Così va meglio?” le chiese, guardandola fisso negli occhi.

I-io, t-tu…” balbettò la ragazza, leggermente inebetita.

“Te l’avrei chiesto stasera, ma tu mi hai battuto sul tempo” rise Minato, di fronte alla reazione di Kushina.

Questa ritirò istintivamente la mano, per poi chinarsi verso la piccola borsa che si era portata dietro quella sera -eccezionalmente in tinta con le scarpe- ed estrarne un fazzoletto con cui soffiarsi il naso. Si era truccata, si era messa un abito elegante ed avevano avuto un appuntamento davvero romantico, cosa abbastanza rara per due come loro. Si era quasi trasformata nel clone di Arisa e si era preparata quello stupidissimo discorso che, puntualmente, aveva dimenticato esattamente nel momento clou. E tutto per… nulla.

Avrebbe potuto risparmiarsi la fatica.

“Mi avresti potuta fermare prima che diventassi ridicola” borbottò lei, imbronciando leggermente le labbra e assottigliando gli occhi.

Kushina-san, io ti trovo adorabilmente ridicola”.

“Non ti spiace se per questa volta ti ignoro, vero? Sono troppo contenta per arrabbiarmi. E prima vorrei anche smettere di piangere come una scema…”.

 

 

 

 

Un kunai le sibilò in un punto imprecisato vicino all’orecchio destro, costringendola a cambiare direzione. Saltò su un ramo più in basso e con la mano afferrò due shuriken che lanciò verso la figura che le era comparsa di fronte. Questa, colpita in pieno, si voltò per darsi alla fuga, ma Kushina compose rapidamente un sigillo e una trentina di cloni d’ombra circondarono il ninja, immobilizzandolo.

“Volevi andare da qualche parte?” gli chiese ironicamente “no, io non credo”.

“Tu non sei di Konoha” seppe solo soffiare questi, quando la kunoichi gli si avvicinò per puntargli un kunai alla gola.

“Ma come siamo svegli”

“Che se ne fa un ninja di Uzu di uno dei i rotoli proibiti di Konoha?”.

“Di certo non quello che se ne fa un ninja della Roccia” ringhiò Kushina, fissandolo innervosita “anzi, se mi facessi il favore di dirmi dove l’hai nascosto sarebbe meglio per tutti, credimi”.

“Scordatelo, stronza”.

“La mettiamo su questo piano?” domandò retorica per poi aggiungere, rivolta ai cloni: “Portatelo alla Foglia, da Ibiki Morino. Confesserà. Io vado a cercare Minato”.

Detto questo si voltò e sparì tra le fronde.

La missione si era conclusa nel migliore dei modi e, se le abilità di Ibiki erano quelle che ricordava, di certo il rotolo sarebbe rispuntato fuori entro breve tempo. Nonostante questo il cuore le batteva più rapidamente del solito, rimbombandole ritmicamente nelle orecchie, impedendole di sentire null’altro.

Quando finalmente lo trovò, Minato stava andando verso di lei, apparentemente illeso dalla missione e per nulla stanco. Kushina scosse la testa rassegnata.

“Mi stavi cercando?” le chiese nell’istante in cui la raggiunse.

 “Si, devo dirti una cosa” rispose lei, pratica. Minato sollevò entrambe le sopracciglia, leggermente divertito.

“Non ti sarai preparata un discorso anche questa volta spero” disse, riferendosi alla scena avvenuta in un elegante ristorante di Konoha qualche mese prima.

Kushina storse il naso.

“Certo che no, imparo dai miei errori. Andrò dritta al punto della questione”.

“Dimmi tutto”.

“Sono incinta. Sì, ne sono certa. Sì, tu sei il padre. No, non ci sono altri potenziali genitori”.

Silenzio.

“Dunque? Non hai niente da dire?” gli chiese, decisamente nervosa.

“…sei stata davvero pragmatica”.

“E a parte questo?”.

S-sono…” balbettò lui per la prima volta in vita sua e sorridendo come un ebete “contento! Sono contentissimo! Kushina-sa...”

“Fermo” lo bloccò lei, circondandolo con le braccia “Non vorrai rendere tuo figlio prematuramente orfano di padre, vero?”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

____________________

Awww, ho vinto XD

Ovviamente sono contentissima, ringrazio la nostra giudice e faccio i complimenti alle altre concorrenti ^^

Ehm… non so cosa altro scrivere ù_ù Mi sento meno logorroica del solito. Sarà l’influenza!

 

 

Mela

 

 

   
 
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