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Autore: Briskal    07/09/2014    4 recensioni
"La donna sussultò non appena vide Emma ferma alla sua porta, vestita in tenuta sportiva; un guantone appeso alla cintura e la mazza poggiata svogliatamente sulle spalle. I suoi lunghi capelli biondi erano raccolti in due treccine; i suoi brillanti occhi verdi erano parzialmente coperti dalla visiera del cappellino ed aveva un tono oscenamente grazioso". [Swan-Queen]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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TA-DAN! Ebbene sì, sono tornata.

Ci voleva una fic per festeggiare la vittoria del poll su AfterEllen. Ehehe!

Potete considerarla una What-if, se vi aggrada, o un AU... anche una futura slice-of-life, per come ho sviluppato il loro carattere. Insomma, è ambientata molto DOPO l'arrivo e la partenza di Elsa, e per ovvie ragioni NON ho specificato cosa sia successo. Mi sono semplicemente immaginata che Emma e Regina possano aver fatto pace in qualche modo, coalizzandosi di nuovo per la salvaguardia di Storybrooke (come spero succederà anche nella serie), e che finalmente il loro rapporto sia riuscito a progredire in meglio col passare del tempo (altra bella speranza).

Come sempre, i personaggi di OUAT non mi appartengono

Buona lettura e abbiate sempre fede, Swen!

 

Sogni e scommesse

 

Quella mattina per Regina non era iniziata nel migliore dei modi: aveva fatto un sogno strano su Emma Swan, abbracciata teneramente a lei, e si era svegliata di soprassalto, poco prima che le loro labbra cozzassero insieme per un lungo agognato bacio. Maledetta sveglia!
Si alzò di scatto, mettendo un dito sulle sue labbra che ancora formicolavano di desiderio, ricordando vividamente la sensazione di avere la ragazza così vicino a lei.
Era da svariati mesi, oramai, che spesso e volentieri si ritrovava a pensare alla Salvatrice; quella donna irritante che non aveva fatto altro che procurarle problemi su problemi, ma anche l'unica che aveva sempre creduto in lei, e che in un modo o nell'altro, ultimamente, la faceva sorridere.
Possibile che quel sogno fosse un inconscio desiderio?
Regina scosse il capo con decisione: lei non aveva mai creduto a queste sciocchezze. Era stato un sogno e basta. Probabilmente dovuto solo ed esclusivamente alla quasi giornaliera presenza dello Sceriffo in casa sua, dato che dopo la faccenda di Elsa sembrava che avessero seppellito l'ascia di guerra definitivamente. Erano diventate amiche. Spesso la ragazza rimaneva a cena, e dopo aver messo Henry a letto, il più delle volte si fermava anche per un bicchiere di buon sidro. Emma aveva finalmente trovato una sua dimensione, un posto da chiamare “casa”; era maturata, cambiata, e ora non fuggiva più. Regina era affascinata dalla forza che sprigionava quella donna tanto fragile quanto risoluta, testarda e a tratti anche estremamente idiota. Tra l'altro, era sempre stata l'unica ad averle tenuto testa nel corso degli anni. Probabilmente non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma l'ammirava.

Dopo essersi fatta una lunga doccia per evitare di pensare al sogno, la ex Evil Queen si precipitò in cucina per preparare dei pancake a Henry per colazione. Il primo giorno di scuola era sempre stato un caos, ma era da quasi una settimana che suo figlio aveva manifestato uno stato di eccitazione che aveva messo tutti di buon umore: dopo aver suggellato una bella amicizia con Ava e Nicholas, quell'estate, il ragazzino era particolarmente felice. Stava crescendo, oramai, ed era più che giusto che iniziasse a pensare meno alle favole per divertirsi con i suoi nuovi amici.
Regina aveva dimenticato una piccola questione, però: il comitato scolastico aveva organizzato una partita di baseball anche con altri genitori per festeggiare l'anno accademico, ed il problema fondamentale le si manifestò poco dopo, con un insistente bussare alla porta.

La donna sussultò non appena vide Emma ferma alla sua porta, vestita in tenuta sportiva; un guantone appeso alla cintura e la mazza poggiata svogliatamente sulle spalle. I suoi lunghi capelli biondi erano raccolti in due treccine; i suoi brillanti occhi verdi erano parzialmente coperti dalla visiera del cappellino ed aveva un tono oscenamente grazioso.
«Che diavolo ci fai conciata in questo modo, Miss Swan?» le chiese, cercando di non fissare quelle labbra che per poco, nel suo sogno, non aveva baciato.
«Oh, buongiorno, Emma» la prese in giro lei, «è una splendida giornata, non trovi? Ti dona la divisa da baseball con lo stemma della scuola di Henry» continuò, senza darle il tempo di rispondere. «Oh, buongiorno anche a te, Regina. Dona anche a te quella camicia da notte di seta... nera...non hai un capello fuori posto e sei...perfetta» concluse, deglutendo a fatica. Perché diavolo doveva essere dannatamente attraente anche appena sveglia, quella donna?
Regina la guardò basita, ma Emma aveva appena deciso che non era il caso di spingersi troppo in là: già era stata fortunata di non essere stata colpita all'istante da un malocchio.
Facendo finta di nulla, entrò in casa senza nemmeno chiedere il permesso, lasciandola lì sulla soglia con la gola secca.
«Questo è odore di pancake!» commentò la Salvatrice con fare contento: era stato un bene presentarsi a casa di Regina a quell'ora, almeno avrebbe potuto scroccare la colazione.
«M-MISS SWAN! Cosa accidenti pensi di fare?» sbraitò l'altra, avvicinandosi a lei pericolosamente.
«Mangiare una delle tue proverbiali frittelle. Dai Regina... ho bisogno di una sana colazione che non sia la cioccolata calda di Granny o latte e biscotti di mamma. Per favore?» la supplicò lei sfoggiando due occhioni da cucciolo spaurito, sapendo che quella tattica avrebbe avuto successo.
Il Sindaco sbuffò, incrociando le braccia al petto con fare seccato. «E perché mai dovrei acconsentire ad una cosa simile?»
«Uhm... perché tecnicamente saresti la mia adorata nonnina acquisita? E si sa che i nonni stravedono per i loro nipoti»
Regina la fulminò con lo sguardo. «Non è affatto divertente, cara, e lo sai»
Per tutta risposta, Emma si ritrovò a ghignare; avevano avuto un battibecco sulla questione poco tempo prima, e tutto si era risolto con lei stesa sul divano a ridere trattenendosi lo stomaco, e Regina che per poco non le infliggeva una maledizione. «Oh, sì che lo è, e tu dovresti lavorare un po' sul tuo senso dello humor, cara. Comunque! Ho una partita di baseball a breve, e ho bisogno di tutte le energie per battere quel piccolo demonio di nostro figlio»
Al che Regina dovette fare appello a tutte le sue forze per non scoppiare a ridere lì e subito: tra lei e Henry non sapeva chi fosse il bambino. «Proprio non volete dirmi che tipo di scommessa avete fatto, vero?»
«Uhm, e perché dovrei dirtelo?»
Stavolta fu il sindaco a ghignare. «Perché sono tua nonna e ho il diritto di sapere mia nipote in quale diavolo di guaio si sta infilando» flautò la donna con un sorrisetto irriverente, «e poi sono io quella che cucina le frittelle, e si dà il caso che di là ce ne siano un sacco pronte per essere mangiate. Potrei anche aggiungere un po' di cannella, se sei fortunata, nipote»
Emma si morse il labbro, saltellando da un piede all'altro con fare nervoso; lo stomaco aveva preso a brontolare senza ritegno. «Questo è un colpo basso, Regina»
«Sto aspettando, Miss Swan»
«Detta in breve: se dovesse vincere lui avrebbe il diritto di combinarmi un appuntamento con la persona che ritiene essere adatta a me. Siccome non mi viene in mente nessuno qui in città, e pare che Hook sia stato avvistato di nuovo da queste parti, vorrei evitare di essere oggetto di “operazioni matrimoniali” non gradite»
La donna sbuffò contrariata; perché quel pirata bugiardo era di nuovo in città? Aveva ottenuto di nuovo la sua nave tempo prima, e Emma era stata fin troppo chiara di non volerlo tra i piedi, quando aveva capito che non era la persona giusta per lei. «E se dovessi vincere tu?»
La ragazza sembrò perdere tutto il suo coraggio, ma poi decise di vuotare il sacco, tanto comunque l'avrebbe saputo a fine partita. «Gli ho promesso che ti avrei invitata ad uscire con me»
Stavolta Regina rimase davvero a bocca aperta; il cuore le batteva freneticamente nel petto. «E per quale assurda follia dovrei accettare una proposta simile?»
«Perché non ti ho mai ringraziata per l'anno a New York, e soprattutto, non ti ho mai chiesto scusa abbastanza per la faccenda di Robin» le rispose sinceramente la giovane.
«Ti ho salvato la vita con Elsa. Se non ti avessi perdonata ti avrei lasciata morire, non credi?»
Emma chinò il capo sospirando pesantemente. «Ok, va bene, ho capito, mi inventerò qualcos'altro, è evidente che mi diresti di no» concluse avviandosi verso la cucina.
Qualcosa in Regina andò in mille pezzi vedendo la ragazza così afflitta. Forse era per via del sogno che aveva fatto, oppure realmente non voleva ferire i sentimenti dello sceriffo, fatto sta che si precipitò ad afferrare il braccio della giovane per fermarla. «No, aspetta Emma... non volevo dire...»
«Non voglio costringerti a fare nulla che non vuoi, Regina. Sarebbe stato solo un modo carino per rimarcare la nostra... alleanza... no, amicizia. Ora posso definirla così, credo, per quanto stramba possa essere. Ti ho fatto soffrire e nonostante questo mi hai salvata, quindi mi sembrava una buona idea portarti a cena da qualche parte, solo tu ed io. Per chiederti scusa e ringraziarti di svariate cose che hai fatto per me, tutto qui»
«Perché scommettere una cosa simile con Henry? Non avresti potuto chiedermelo come hai fatto ora?»
«Avevo paura, ok? Abbiamo costruito molto dopo la faccenda di Elsa, e avevo il terrore di rovinare tutto come mio solito. Ero indecisa sul da farsi e ne ho parlato con Henry, e nostro figlio ha fatto comunque in modo da mettermi con le spalle al muro, ovviamente. Ora posso mangiare i tuoi pancake?»
La donna la lasciò andare, seguendola in cucina in silenzio.

Emma sembrava essere di nuovo a suo agio, seduta su uno sgabello dell'isola centrale. Guardava di tanto in tanto Regina alle prese con i fornelli e si ritrovò a sorridere, immaginandosi questa adorabile scenetta ogni mattina, mentre facevano colazione insieme a Henry.
«Sveglia, Miss Swan, o si fredda» la gelò la donna, porgendole un cospicuo piatto di frittelle davanti. «Ci ho messo sopra cioccolato e panna, così non perderai le tue disastrose abitudini alimentari mattutine»
Gli occhi della ragazza brillarono divertiti. «Grazie, ma manca ancora un ingrediente di fondamentale importanza»
Regina roteò gli occhi al cielo, cercando di nascondere un sorrisetto. Schioccò le dita, e una spolverata di cannella comparve su tutta la superficie del dolce.
Emma alzò le braccia in segno di vittoria, afferrando una forchetta per assaggiare subito quella prelibatezza. «Squisito!» esclamò chiudendo gli occhi per un momento.
«Mangia piano, Miss Swan, rischi di strozzarti»
«Mpf, ti piacerebbe»
Il Sindaco la fissò per un attimo con fare fintamente indignato. «Non proprio. Ho fatto tanto per riabilitare la mia immagine in questa dannata cittadina ed essere accusata di aver ucciso l'eroina della storia non rientra più nei miei piani... almeno per ora» concluse sfoggiando un sorrisetto enigmatico.
«Questo allora allunga la lista dei miei ringraziamenti» rispose l'altra, continuando a mangiare senza sosta. «Regina?»
«Sei una nipote piuttosto irritante, sai? Che altro c'è?»
«Se vinco la scommessa... usciresti con me?» le chiese Emma, guardandola intensamente con i suoi meravigliosi e sinceri occhi verdi.
Nella testa del Sindaco si materializzarono altre immagini del suo sogno: loro due abbracciate teneramente sul divano del salotto, mentre Henry se ne stava seduto sul tappeto a giocare con la playstation in una sfida a due con il suo amico Nicholas. Era un quadro così intimo e famigliare, che Regina provò uno strano calore nel petto rimanendo stordita per un attimo. Era stato in quel momento che le loro labbra si erano quasi sfiorate? Oppure c'era ancora qualcosa di quel sogno che non riusciva ancora a ricordare?
«Sì» rispose con un filo di voce, non credendo nemmeno che l'avesse detto sul serio.
«Ceneresti fuori con me anche se dovessi perdere?»
La donna avrebbe voluto rispondere nuovamente di sì, ma per un attimo il suo orgoglio tornò a galla: già si era scoperta abbastanza. «Forse. Non vorrei rovinare il tuo appuntamento al buio con il prescelto...»
Nonostante l'attimo di sconforto che aveva pervaso il petto di Emma, un bel sorriso si dipinse sul volto della giovane, che scese dallo sgabello avvicinandosi quel tanto per schioccarle un bacio sulla guancia. «Grazie, nonna! Dovrò fare del mio meglio per vincere! Vado a svegliare quel dormiglione, è tardi» concluse trotterellando al piano di sopra, lasciando Regina a sfiorarsi il viso.

La festa per l'inizio dell'anno scolastico fu un vero successo, e anche la partita di baseball sembrava aver preso una piega decisamente interessante. Le squadre erano naturalmente miste, con adulti e bambini, per cercare di essere il più equilibrati possibile. Al terzo inning erano ancora pari; Emma aveva azzeccato tre fuoricampo, due per Ruby della squadra avversaria.
Regina era rimasta sugli spalti, mischiata alla folla che continuava ad incitare a gran voce soprattutto i piccoli eroi che non avevano niente da invidiare alle loro controparti adulte.
La donna era una maschera impassibile, alternava momenti di gioia ad altri di sconforto, continuando a giocherellare nervosamente con l'orlo della sua gonna. Erano arrivati al nono e ultimo inning e per le squadre la tensione era nell'aria. Emma e Ruby si ritrovarono al testa a testa finale: il mezzo lupo come lanciatore, lei come battitore.
Dopo due fortunati strike, ed il nervosismo palese della Salvatrice, Ruby si girò verso Henry che le fece uno strano gesto con il capo.
Regina sussultò. Aveva sentito parlare suo figlio e Nicholas qualche giorno prima sulle strategie, e quel segnale era quello che avevano concordato per una “palla curva”.
La donna non aveva mai giocato a baseball, né si era particolarmente interessata a quello sport, ma sapeva che Emma non era in grado di colpire le palle curve. Erano il suo punto debole. Non l'avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura, ma per quattro lunghissimi mesi aveva spiato la Salvatrice e Henry mentre giocavano allegramente nel suo giardino. Erano quei giorni in cui Emma rimaneva anche per cena. Quando erano tutti e tre insieme, il suo cuore era stranamente in pace, e la sua anima tormentata era finalmente serena. Sembravano... una famiglia.
Avrebbe voluto urlare il piano di Henry, ma sapeva che avrebbe fatto un torto a suo figlio, ed era quasi del tutto certa che Emma non avrebbe apprezzato l'aiuto: era una donna che contava sempre sulle proprie forze, e aveva preso quella scommessa molto sul serio, così restò in silenzio, mentre il cuore le batteva nel petto in modo frenetico.

Purtroppo, il cattivo presagio di Regina si avverò e Ruby con la sua palla curva regalò la vittoria all'altra squadra.
Emma era rimasta a bocca aperta e un lampo di tristezza e delusione era comparso chiaramente sul suo viso. Tentò comunque di sorridere e comportarsi come se nulla fosse, dato che in fin dei conti era la festa dei bambini, e non sarebbe stato giusto rovinare l'atmosfera per una scommessa.
Anche Regina ci era rimasta male: la ragazza aveva combattuto davvero come un leone. Aveva rimediato anche un brutto graffio arrivando in scivolata su quel piccolo quadrato bianco che chiamavano “base”, ed avrebbe meritato la vittoria. Avrebbe voluto avvicinarsi per poterla confortare in qualche modo, dicendole che sarebbe uscita comunque con lei, ma non appena scese i gradini degli spalti per andarle vicino, Henry si avvicinò a sua madre con un sorrisetto malizioso, e lei fu costretta a battere in ritirata, restando comunque a portata di orecchio.
Il giovane le regalò un pugno giocoso sulla spalla e Emma lo guardò torva.
«Che ne dici, Ma'? Sono stato bravo, non trovi?»
«Tu hai spifferato il mio punto debole a Rubes, ragazzino. Questo si chiama barare» rispose lo sceriffo imbronciandosi peggio di un bambino a cui avevano tolto il suo giocattolo preferito.
Suo figlio scoppiò a ridere. «La guerra è guerra»
«Mi hai fatto una paternale con la storia della cena con Regina e mi tradisci in questo modo? Pensavo fossi dalla mia parte»
«Potrai sempre chiederle di uscire un'altra volta. Nel frattempo, preparati, perché il tuo appuntamento con la persona che ritengo essere quella più adatta a te, per non adoperare paroloni sdolcinati come fa nonna, sarà organizzato molto presto»
Emma avrebbe voluto sprofondare lì e subito. Buttò a terra mazza e guantone, per sedersi con fare sconfitto sul terreno polveroso del campetto. «Dove? E chi dovrebbe essere questo mio presunto “ vero amore”, giusto per usare i paroloni che tenti così disperatamente di evitare?»
Regina si mosse nervosamente, cercando di captare la minima informazione, ma Henry sembrava voler rimanere sul misterioso.
«Tutto a tempo debito» rispose il ragazzino dandole una pacca sulla spalla. «La mia operazione è già organizzata nel minimo dettaglio, devo solo aspettare il momento propizio»
Emma lo fissò per un secondo con cipiglio serio. «Tsk! Certe volte sei uguale a tua madre»
«Perché mai?»
«Sei diabolico, Henry» gli disse sorridendogli.
Il ragazzino rise di gusto, e anche Regina, poco distante dai due, si era ritrovata a ghignare per un momento.


Erano trascorse due settimane dalla famigerata partita di baseball, e la ex Evil Queen sembrava essere più nervosa del solito. Henry era stato sfuggente in quei giorni, ma la donna riuscì a potergli parlare un attimo proprio una mattina prima di scuola.
«Dovresti smetterla, tesoro. Per quanto possa divertirmi la faccia di tua madre in questo periodo, è diventata più irritante del solito con la faccenda di questo appuntamento al buio»
Suo figlio ghignò, ingurgitando in fretta e furia il cappuccino prima di rispondere. «Oh, ma oramai non dovrà aspettare più di tanto: è tutto pronto»
Un lampo di panico attraversò il viso di Regina, che cercò di non scomporsi più di tanto. Si lisciò i capelli con fare nervoso e gli regalò un sorriso. «Davvero credi che questa persona potrà rendere felice tua madre?»
«Non solo “felice”, mamma. Sarà il suo lieto fine. Sono certo che vivranno per sempre insieme» disse Henry fissandola intensamente.
La donna avvertì un vuoto nello stomaco. «Pensi sia Hook, vero? Non capisco cosa ci trovi in quel losco individuo, e perché mai dovrebbe essere il vero amore di tua madre»
Il ragazzino scoppiò in una fragorosa risata; prese il suo zaino da terra, agguantò dal tavolo una fetta biscottata e iniziò a dirigersi verso la porta. «Per favore! Hook mi ha insegnato a barare con i dadi, ti sembra la persona adatta per Emma? E comunque non è nemmeno qui. Non mi sembra di aver visto la Jolly Roger attraccata al porto...» concluse uscendo di casa, lasciando Regina a bocca aperta: Santo Cielo, aveva ragione! Ma se non era il pirata, allora a chi si stava riferendo Henry? Michael Tillman? Jefferson? LEROY? Chi?

Le domande di Regina, finalmente riuscirono ad avere una risposta proprio quella sera.
Sotto insistenza di suo figlio, Emma si mise in ghingheri sfoggiando quell'attillatissimo vestito rosso che metteva in risalto le sue curve generose. Tacchi alti e capelli sciolti sulle spalle, la giovane Salvatrice si ritrovò su una panchina del molo, dove aspettava il suo triste destino. Aveva pensato seriamente ad ogni possibile candidato di Storybrooke, ma vista la location, era praticamente certa che Henry avesse coinvolto Hook, anche se ricordava di essere stata molto chiara riguardo i sentimenti che la legavano a lui.
Purtroppo aveva perso la scommessa, e per quanto fosse schifosamente sicura che il giovane non fosse la persona adatta a lei, avrebbe dovuto pagare pegno ed uscire con lui. Forse, con un po' di fortuna, avrebbe anche potuto inventarsi qualcosa per rendere più breve l'incontro. Magari un malaugurato mal di stomaco improvviso.
Sbuffò, guardando l'orologio: le ventuno in punto. L'ora della verità. Per un attimo si ritrovò a maledire suo figlio e le sue strambe idee senza fondamento: non le passò nemmeno per l'anticamera del cervello di non aver visto il pirata in giro per Storybrooke in quei giorni.
Si alzò di scatto dalla panchina dove si era stravaccata e iniziò a fare avanti e indietro per il molo aspettando che Hook si facesse vivo. Il suo cervello andò praticamente in corto circuito non appena vide Regina Mills avvicinarsi con fare trafelato. Una idea le balenò per la testa, ma subito si rispose che no, sarebbe stato un sogno ad occhi aperti.
«Cosa... Cosa ci fai qui?»
«Ho appuntamento con Henry, mi ha detto di incontrarci qui per andare a cena fuori. Sarebbe stato più comodo per lui, dato che è rimasto a studiare da Nicholas e il molo è praticamente a metà strada...» rispose lei senza fiato, più per la visione della giovane che per aver corso; tra l'altro, era chiaro che Emma stesse aspettando qualcuno. Per un attimo pensò che suo figlio avesse combinato il tutto; in fin dei conti, le aveva detto la verità, il pirata era in viaggio e non le veniva in mente nessuno che facesse il filo alla Salvatrice.
Si diede della stupida mentalmente, tornando a guardare Emma e la sua espressione sbalordita, chiedendosi se anche la ragazza avesse pensato la stessa cosa. I loro occhi si incrociarono per un momento, poi i cellulari squillarono all'unisono: Henry aveva inviato loro una mail.

"Ma', mamma: prima di lanciarmi una maledizione, lasciatemi spiegare.
So che quando si tratta di queste cose non sei il top, Emma, ma se non l'hai capito è questo il tuo appuntamento. Davvero credevi che avrei scelto un imbroglione come Hook? Non è nemmeno qui, se lo vuoi sapere, e in ogni caso per chi mi hai preso?
Mamma, in questi mesi siamo stati una famiglia felice, non trovi? È stato bello avere Emma a cena quasi tutte le sere, vero? Ho studiato a lungo il tuo sguardo: i tuoi occhi brillano quando c'è lei nei paraggi. Non ho mai visto quella luce nemmeno quando hai frequentato Robin per quei pochi giorni.
Ma', farti vincere la partita sarebbe stato molto semplice, ma facendo così avresti solo organizzato una cena, senza affrontare determinati argomenti. Il tuo intento di ringraziare mamma per l'anno a New York è genuino e nobile, ma hai bisogno d'altro. Pure il tuo sguardo è cambiato, Ma', e io non sono più un bambino, mi rendo conto di certe cose. Per una volta, mettete da parte il vostro orgoglio e pensate a quante cose potremmo fare tutti insieme come una vera famiglia.
P.S. Se ve lo state chiedendo, nonna mi ha aiutato a scrivere la mail. La pensiamo allo stesso modo, così l'ho coinvolta. 
P.P.S Stanotte dormirò qui da loro. Non deludetemi, ho scommesso venti dollari con nonno: io credo nel vostro amore. Divertitevi! Henry”

Per un secondo, Emma sentì fluire il sangue alle guance, e non osò alzare lo sguardo verso il viso della donna davanti a lei. Se l'avesse fatto, però, avrebbe visto una graziosa tinta di rosso colorare il volto di Regina.
«Ehm... quel piccolo diavolo! Sta diventando un problema questa storia delle scommesse» borbottò la ragazza con fare imbarazzato, sperando di allentare la tensione.
Regina si ritrovò ad annuire. «Ci ritroveremo a mandarlo in terapia da Archie per farlo smettere»
Emma le sorrise. «Già, ma ora la questione è un'altra: a quanto pare alla fine sei uscita davvero con me, Signora Sindaco»
«Avrei preferito che me lo avessi chiesto strisciando, Sceriffo Swan: in fin dei conti hai perso la partita, e ricordo chiaramente di averti detto che FORSE avrei accettato un tuo invito» ribeccò Regina incrociando le braccia al petto, «però devo ammettere che ti sei data una bella ripulita. Non credevo che avresti usato questo tipo di abbigliamento per il tuo “appuntamento” con Hook, visto che non sembravi così entusiasta» la punzecchiò, sapendo benissimo che si sarebbe irritata, cercando di nascondere una piccola vena di gelosia nella voce.
Emma la guardò per un attimo: come diavolo poteva pensare che si fosse vestita in quel modo per compiacere il pirata dopo tutto quello che le aveva raccontato in quei mesi? «Spero tu stia scherzando, Regina. É stato proprio nostro figlio ad insistere con questo vestito. Onestamente avrei preferito non vestirmi così per non illudere il nostro simpatico pirata, o qualsiasi altro uomo si fosse presentato, ma ho perso la scommessa e Henry ha stabilito le regole, quindi...»
Il Sindaco le sorrise teneramente. «Ti dona questo vestito, cara... ma se devo essere sincera preferisco uscire con la “vera Emma”»
«Che vuoi dire?»
La donna schioccò le dita e la Salvatrice si ritrovò vestita con un paio di jeans, degli stivali e la sua orribile giacca di pelle rossa. «Ecco. Questa è la mia Emma»
La giovane scoppiò in una fragorosa risata, prendendo una mano di Regina ed intrecciando le dita con le sue. «Così va meglio, vero? Dunque, dove vuoi che ti porti?»
«Restiamo sedute qui per un po', vuoi?»
Si accomodarono sulla panchina occupata poco prima da Emma; coraggiosamente, la ragazza cinse le spalle di Regina con un braccio stringendola a sé teneramente. Si rilassò del tutto quando la donna si sistemò meglio, poggiando la testa sulla sua spalla. Il mare di fronte a loro era calmo e l'acqua brillava sotto i raggi della luna.
«Come siamo arrivate a questo, Miss Swan? Tempo fa ti avrei maledetta solo al pensare una cosa simile, e ora? Insomma, guardaci...» mormorò finalmente la mora fissando il mare.
Emma sospirò con fare pensieroso. «Dopo aver risolto la faccenda di Elsa, qualcosa è cambiato tra noi, Regina. Io non so se in questi anni questo "qualcosa" è sempre stato li, forse sì, ma Henry ha ragione: potremmo essere una bella famiglia felice, noi tre. Siamo stati così bene insieme...»
«Sono stati i mesi più belli» ne convenne la donna. «Quando avete giocato a baseball la prima volta in giardino, mentre preparavo la cena... è stato allora che in me è venuto fuori quel qualcosa di cui parli» confessò Regina allungando il braccio per stringersi a lei. Per un momento le immagini frammentate del sogno che aveva fatto tempo prima le balenarono nella mente. Loro due, teneramente abbracciate, pronte per scambiarsi un lungo bacio. L'unica, sostanziale differenza, era stata che nel suo sogno le loro labbra non erano riuscite ad incontrarsi, mentre stavolta avvertì chiaramente la bocca di Emma sulla sua e Regina si sentì quasi perduta nel sentimento che era esploso nel suo petto. Anche il cuore della Salvatrice aveva iniziato a battere furiosamente. Forse era la magia che condividevano e che ora sembrava essere più forte che mai, forse era quel "qualcosa" che c'era sempre stato tra loro, ma che avevano sempre fatto finta di non vedere, fatto sta che per entrambe si rivelò abbastanza difficile doversi staccare per riprendere aria.
I loro occhi brillarono, non appena trovarono la forza di aprirli per guardarsi, ed un sorriso complice fece capolino sul viso di entrambe. Le parole in quel momento sarebbero state inutili, forse anche premature e di certo non proprio nel loro stile, ma il sentimento genuino e sincero che le univa lo si poteva leggere chiaramente sui loro volti raggianti.
Regina le regalò un altro bacio a fior di labbra per poi poggiare di nuovo la testa sulla spalla della ragazza.
«Dove... dove andiamo ora, Emma?»
«La strada da percorrere sarà lunga, Regina» iniziò la giovane stringendola di nuovo, «ci saranno ostacoli lungo la via, e trattandosi di Storybrooke, sicuramente arriverà qualche altro problema, ma credo che nostro figlio abbia ragione: perché non provare a percorrerla insieme? In fin dei conti, sin dall'inizio di tutta questa storia ci siamo state tu ed io. Nonostante i flirt, le pseudo storie ed i pretendenti, alla fine, ogni cosa ha sempre girato attorno a noi due. Inoltre, sono così stanca di fuggire»
«”Ma insieme, Regina, possiamo farcela”. Così mi hai detto quando abbiamo salvato Storybrooke, ricordi? Forse... forse anche tu hai ragione, Emma: quel “qualcosa” tra noi c'è sempre stato, ma siamo state troppo occupate ad azzannarci alla gola per capirlo»
«Vero. Sarà divertente leggere la storia della Salvatrice e della Regina Cattiva. Non esiste una favola moderna come la nostra, sarà un successo» rispose la bionda posandole un bacio tra i capelli.
«Ti piacerebbe... trasferirti a casa con me e Henry? Potresti ingozzarti tutte le mattine e anche a cena» azzardò Regina mordendosi subito dopo la lingua: forse era troppo presto per una cosa simile. Si alzò quel tanto per poter guardare il viso della giovane, cercando di carpire il minimo disagio, ma per tutta risposta la ragazza la baciò di nuovo con trasporto.
«L'appartamento di mamma e papà è piccolo, e ora con Neal e tutto il resto è davvero molto stretto. Sì, mi piacerebbe venire a vivere con te e nostro figlio, Regina. Tra l'altro credo di non aver mai mangiato pancake più buoni dei tuoi»
La ex Evil Queen sorrise con fare contento; quella visione di lei ed Emma abbracciate sul divano a guardare Henry giocare con il suo amico alla playstation non era stata propriamente solo un sogno. Forse era davvero un desiderio nascosto. Un desiderio che probabilmente si sarebbe avverato. Non l'avrebbe ancora detto ad alta voce, ma stavolta era sicura che tutto sarebbe andato per il verso giusto.
Si sistemò di nuovo tra le braccia della giovane, ed insieme presero a guardare il mare, abbracciandosi teneramente.
«Oh mio Dio!» esclamò improvvisamente la Salvatrice ghignando, «ho appena baciato mia nonna!» disse con fare melodrammatico portandosi una mano sul petto e ridendo subito dopo.
Regina le regalò uno sguardo omicida ed un pizzicotto nel fianco. «Emma...»
«Sì?»
«Sei un'idiota»


FINE


E questo è tutto. Spero davvero che sia stata di vostro gradimento. Nel frattempo, vi ringrazio per la lettura e mando un bacione enorme a tutti coloro che hanno recensito la precedente fic:

- ScarlettBell
- 5vale5 (è un onore per me ricevere un pensiero da una OQ. Grazie davvero!)
- Strapelot
- Celian1987

non saprei proprio come ringraziarvi a dovere!

Un mega abbraccio anche a chi l'ha addirittura messa tra i preferiti. Troppo buoni! ♥

Alla prossima!!!

 

Briskal

 

   
 
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