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Autore: Alsha    09/09/2014    2 recensioni
Storia precedentemente intitolata "What if", riscritta e rinominata il 25-02-2022
Dopo il crollo del Palazzo di Cristallo, quando la polvere di vetro aveva finito di piovere dal cielo, Kitty era rimasta immobile ad aspettare. Non aveva aspettato invano.
Al diavolo lui e le sue promesse.
Kitty continuava a ripeterselo senza sosta, per coprire il boato assordante del crollo del palazzo di cristallo che ancora le riverberava in testa. Avevano salvato Londra, e sarebbe dovuto bastarle.
Genere: Commedia, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bartimeus, Kitty Jones, Nathaniel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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NOTA: questa storia, precedentemente intitolata "What if" è stata riscritta il 25-02-2022


UNDER THE SETTLING DUST


Al diavolo lui e le sue promesse.

Kitty continuava a ripeterselo senza sosta, per coprire il boato assordante del crollo del palazzo di cristallo che ancora le riverberava in testa. Avevano salvato Londra, e sarebbe dovuto bastarle.

Ma glielo avevano promesso, che ne sarebbero usciti, e lei ci aveva creduto.

Ma Mandrake -Nathaniel- era un mago ed era capace di mentire come respirava.

Ma Bartimeus non le avrebbe mentito, non per tutelare i suoi miseri sentimenti umani, giusto?

Ma sapevano che non ne sarebbero usciti, quindi le avevano mentito.

Era rimasta immobile per chissà quanto, seduta a guardare il palazzo di vetro che si assestava, a ripercorrere le loro ultime parole. Aveva aspettato per ore che la sagoma ormai familiare di Nathaniel si trascinasse fuori dalle rovine, con le orecchie che fischiavano e i muscoli troppo deboli per andare a cercarli.

Ad un certo punto, ricorda, qualcuno l’aveva raccolta e portata in ospedale, e l’aveva poi affidata al signor Button. Era stata ripulita, medicata e rivestita. Era stata infilata in un letto dove non aveva chiuso occhio, ed era stata nutrita con cibo di cui non aveva sentito il sapore.

Era stata interrogata e fotografata, sballottata di qua e di là per tutta Londra.

Non aveva avuto il tempo di provare ad evocare Bartimeus. Probabilmente non ne avrebbe avuto la forza, perché se il jinn non avesse risposto avrebbe avuto la certezza di essere rimasta da sola, e non era sicura di poterlo sopportare.

Non era pronta ad aggiungere i loro nomi alla lista di cadaveri che si era lasciata dietro negli anni.

Però da qualche parte doveva pur iniziare, si era detta, e prima che qualcuno o qualcosa potesse reclamare nuovamente la sua attenzione aveva preso le sue stampelle e si era trascinata a osservare Londra che si ricostruiva.

La rimozione dei resti contorti del palazzo di cristallo era stata affidata a operai umani, che lentamente e meticolosamente separavano le travi di ferro e le trasportavano via.

Ogni tanto, raramente, si erano levate delle voci e qualche persona in fin di vita era stata trascinata fuori dalle macerie. Visitatori che si erano nascosti per sfuggire al caos e che per miracolo erano stati salvati da qualche struttura che aveva assorbito l’impatto.

Altre volte, più spesso, le grida erano state di disgusto per i resti di chi non era stato così fortunato.

Gli spiriti che erano stati convocati per cercare di individuare eventuali aure umane avevano smesso da tempo di segnalare la presenza di esseri viventi, ma continuavano a sorvolare le macerie, lamentandosi di tutto quel ferro e della traccia magica dell’esplosione che ostacolava la loro vista sui piani più alti.

Più di una volta li colse a guardarla, con espressioni illeggibili sui loro musi animali, e Kitty si sentì stringere il cuore, perché ripensare alla sua apparentemente luminosissima aura significava ripensare all’Altro Luogo, e a Bartimeus e Nathaniel.

Non furono le grida, coperte dallo stridio metallico delle travi e i motori delle gru, ad attirare la sua attenzione, bensì la luce pallida che si rifletteva sul metallo, nel punto dove si era originata l’esplosione.

Kitty immaginava che fosse stato chiesto di scavare lì per recuperare il Bastone, e infatti con la coda dell’occhio colse un uomo ben vestito, di certo un funzionario del Governo, accorrere prontamente armato di valigetta, scortato dall’ombra silenziosa di uno spirito.

Si chiese se una volta recuperati i resti del Bastone avrebbero cercato qualcosa di Nathaniel da seppellire, sempre che ci fosse. Magari avrebbero ripulito la zona per farci un memoriale.

Eppure, il mago si era fermato con aria perplessa. Il suo spirito, un afrit probabilmente, si era piegato al di sopra dello spiazzo per ritrarsi immediatamente. Alla flebile luce il suo aspetto fumoso era diventato più consistente, e per un attimo Kitty ebbe l’impressione di riuscire a scorgere gli altri piani, giusto l’ombra di innumerevoli arti ramosi e piume di colori incomprensibili.

Senza quasi rendersene conto, si avvicinò. L’aria era carica di elettricità statica, e più si avvicinava più la luce diveniva abbagliante.

Riusciva a scorgere le aure degli operai, e si rese conto che dovevano essere in grado di scorgere la sua. Il funzionario fu costretto a sfilarsi il monocolo per guardarla, e per lo stupore smise persino di abbaiare ordini.

Un operaio, strabiliato, le porse un braccio per aiutarla ad avvicinarsi al punto in cui, protetto da una cupola di luce pulsante, giaceva Nathaniel in persona, i resti carbonizzati del Bastone di Gladstone ancora stretti nelle mani.

 
 
Seppe che lo stavano convocando ancora prima di sentire il familiare strappo all’essenza, la tremenda sensazione di essere tirato in ogni direzione possibile per poi essere costretto in un’unica forma.

Chissà quanto tempo era passato. Abbastanza per riprendersi, rifletté.

Abbastanza per non sentire la costante impressione di dover provare dolore, se non fosse che il dolore non era una situazione appartenente all’Altro Luogo.

Sperò, ma se glielo avessero chiesto avrebbe negato, che Kitty avesse finalmente voluto tentare di convocarlo. Sempre che fosse sopravvissuta al folle piano di Nathaniel, sempre che il suo corpo non avesse ceduto allo stress della visita nell’Altro Luogo, sempre che non fosse passato così tanto tempo da rendere irriconoscibile il mondo.

Si rifugiò nella forma familiare di Tolomeo, nella sua pelle abbronzata e nei suoi gomiti appuntiti, e aprì gli occhi nel vecchio appartamento di Mandrake, nel pentacolo di fronte a quello di Kitty Jones.

Nonostante portasse ancora su di sé i segni della sua visita nell’Altro Luogo, sembrava più forte, come se il suo corpo si fosse ripreso un po’ di vita dall’universo. Stava bene.

-Ti vedo bene.

Inaspettatamente, Kitty si coprì la bocca per soffocare un singhiozzo. Aveva gli occhi lucidi, ma sorrideva.

-Ti trovo bene anche io.

Il viso di Tolomeo si contorse in un’espressione perplessa.

-Quanto tempo è passato? – chiese infine, incapace di valutarlo dal solo aspetto della ragazza (donna?). Portava ancora i capelli a caschetto, e i suoi vestiti non fornivano alcuna indicazione1.

-Circa due mesi, giorno più giorno meno. Abbiamo avuto molto da fare e volevamo darti il tempo di riprenderti.

-Avete? Volevate?

Kitty sorrise, e fece un infinitesimale cenno alle sue spalle. Tolomeo si disfò in una colonna di fumo, per evitarsi la poco dignitosa impresa di rigirarsi nel pentacolo con indosso solo un gonnellino di lino. Alle sue spalle, adagiato su una poltrona, Nathaniel inarcò le sopracciglia.

-Sorpresa?

Fonti postume riportarono che Bartimeus balbettò, si contorse, riprese la forma di Tolomeo, strillò insulti incomprensibili e balbettò ancora.

Quelle fonti, ovviamente mentivano.

Da djinn del suo calibro, Bartimeus si limitò ad incrociare le braccia, rimanendo per il resto impassibile2.

Per ragioni del tutto indipendenti da ciò, ci vollero però una decina di minuti perché Kitty smettesse di ridere (e questo fu solo perché aveva finito il tè ed era andata a farsene un’altra tazza in cucina, da dove la sentirono sghignazzare fino al suo ritorno).

Ovviamente, essendo uno spirito di alto livello, a Bartimeus sarebbero bastati pochi secondi a trarre le dovute conclusioni dai dati a sua disposizione, ma i minuti in più gli consentirono di scrivere e arrangiare una ballata pop sull’argomento già che c’era.

E come la seconda strofa spiegava chiaramente, John Mandrake, o meglio Nathaniel, era vivo e in salute. Se ne stava accomodato su di una soffice poltrona, la pelle del colore del latte inacidito e le ossa orribilmente sporgenti, come un cadavere in putrefazione da cui lo scheletro stava riemergendo3.

Non serviva essere particolarmente astuti per dedurre che, nella sua immensa avidità, Gladstone non era però diventato stupido e aveva provveduto a vincolare alcuni spiriti alla protezione di chi stava utilizzando il Bastone.

Era sensato, nessun mago diventa così potente senza anche essere un bastardo paranoico. Eppure nessuno di loro lo aveva contemplato.

Probabilmente se lo sarebbero rinfacciati a vicenda, una volta in grado di mettere insieme delle frasi coerenti che non consistessero di soli insulti.

Fino a quel momento, gli insulti sarebbero dovuti bastare. Dopotutto, in così tanti millenni presso così tante culture, Bartimeus ne aveva collezionato una varietà impressionante4.

E, apparentemente, avevano il tempo di sentirli tutti.
 
 
 
 
1 Non sulla data, almeno. Sulle sue nuove disponibilità economiche e sui suoi contatti con uno stilista molto bravo invece sì: non solo erano vestiti nuovi ma non vi era nemmeno traccia dei suoi celeberrimi e ampissimi pantaloni.
2 Un’abilità che aveva imparato nei lunghi anni di servizio per i suoi più illustri padroni, davanti a cui non aveva mai esercitato altro che il più completo aplomb.
3 Insomma, a parte il grosso maglione bitorzoluto al posto del completo e le fasciature attorno alle mani, aveva lo stesso aspetto dei suoi giorni al ministero.
4 Non che li usasse. Come dicevamo prima, eleganza ed aplomb.
 
 
 


 
  
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