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Autore: ashtonssmile    11/09/2014    0 recensioni
E se Alma e Grace fossero realmente morte? Se nessuna delle due avesse avuto un bambino? Kit? Che gli sarebbe successo? Forse sarebbe rimasto lì, si sarebbe contorto la mente, tutto questo finché un nuovo pazzo giunge all'ingresso di Briarcliff.
Genere: Malinconico, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Kit Walker, Lana Winters, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Kit si muoveva veloce nel corridoio, scortato da quelle due guardie che ghignavano e si prendevano gioco di lui. Era distrutto al pensiero di aver lasciato Ginger, stesa a terra, così debole, così gracile alla forza di quel manicomio. Entrò nell'ufficio del Monsignore bruscamente. «Lei! Lei deve lasciare andare Ginger!» urlò Kit, in preda ad un attacco d'ira. «Ginger? Non rammendo questo nome, signor Walker» disse il Monsignore alzando lievemente gli occhi sopra gli occhiali posti alla punta del naso. «Oh, aspetti!» retificò Timothy tirando su un dito. Si voltò verso gli ampi cassettoni carichi di documenti. Kit  serrava i pugni, tremanti, impazienti e vogliosi di voler sferrarsi contro il viso di quel individuo, carismatico, affascinante, ma quasi demoniaco. Aprì un cassetto e ne levò una cartella tutta ordinata beige, impresse lettere cubitali nere che dicevano 'CONROTT, GINGER'. Aprì il fascicolo e Kit notò subito la piccola foto di Ginger. Sembrava molto più sicura di come ora la vedeva, molto più certa, molto più..sorridente. Il Mosignore faceva scorrere il dito, memorizzando le informazioni su Ginger. «Mhh. Portata qui dai genitori, omicida, sociopatica. Non capisco cosa ci trova in lei, signor Walker. Oh, un momento. Dimentico che lei è Bloody Face» disse con un sorriso malizioso. Kit continuava a stringere i pugni, le nocche erano diventate bianche. Anche le gambe gli tremavano. La bocca arricciata dall'ira. «Monsignore, non sono qua per me o per cercare giudizio nelle mie relazioni. Sono qua per Ginger. Solo ed esclusivamente per..». Il Monsignore lo bloccò con un dito, gli occhi fissi sul fascicolo. «Qui dice che la sua amica è morta proprio oggi, in seguito ad un trattamento di elettroshok a cui non poteva reggere, all'insaputa di tutti i componenti di Briarcliff. Se è morta». A quel punto guardò negli occhi Kit. «Che cosa ci fa lei qua? Di che cosa avrebbe bisogno?». Kit a quel punto riprese il controllo di sè, si sedette e prese una sigaretta dal contenitore del Monsignore. L'accese e cominciò. «Deve sapere, grandissimo coglione, che Ginger è ancora viva. Mentre le sue guardie di turno correvano da lei a dirle che una paziente era appena morta, io l'ho salvata. Poi quelle superbe teste di cazzo si sono accorti che Ginger non era morta, allora sono venuti da noi, l'hanno strattonata, mi hanno tirato un pugno ed ora sono qua a raccontarle questa fantastica storiella». Aspirò la sigaretta e fece un piccolo buffetto, facendo alzare il fumo. Il Monsignore, comodamente appoggiato allo schienale, si era sporto verso Kit, poggiando le mani sulla grande scrivania. «Ed io come potrei esserti utile, caro il mio Walker? Qui sono l'autorità, stai venendo contro la persona sbagliata» A«nche lei. Ora, se vuole vivere felice e contento in questo inferno, senza scocciature, deve fare quello che le dirò, senza eccezioni» «Altrimenti? Che farà? Mi picchierà? Mi ucciderà?» «Oh, no. Non ha idea di quello che potrei fare. Potrei davvero rovinarle la vita» «Avanti» disse il Monsignore, appoggiandosi nuovamente allo schienale. «Mi dica che dovrei fare» «Liberi Ginger. Tanto lei è 'morta'. Le dirò di cambiare nome, di non farsi trovare. Nessuno può disturbarla se lei fa uscire una persona morta» concluse Kit, spegnendo nel portacenere il residuo di tabacco che restava nella sigaretta. «Molto bene. Ad una sola condizione». Il Monsignore si sporse in avanti e sussurrò la sua condizione a Kit. Annuì. Abbassò la testa, come se stesse per piangere. «Per Ginger morirei, quindi lo farò».

Ginger, ancora a terra, le gambe tremanti. Cercò di far peso sulle braccia, per poter rialzarsi. Tentativo inutile. Intanto compariva Lana sulla soglia. Vide Ginger e le corse incontro. «Ginger!» urlò. «Ginger, tesoro». L'aiutò a rialzarsi e la fece sedere sul divano. «Kit. Dov'è Kit?» disse, con la voce spezzata dal nodo in gola. «Non lo so, Ginger. Stai bene?». Ginger scosse la testa. «Senti, ho una buona notizia» cominciò Lana. Si avvicinò e cercò di stare bene attenta a non essere ascoltata. Posso uscire di qui. Posso incolpare chi deve essere incolpato. Posso far uscire Kit e farò uscire anche te». Gli occhi di Ginger si rianimarono e, con quella poca forza che aveva in corpo, la abbracciò. «Lana, grazie. Fai uscire Kit. Non m'importa di me. Fai uscire Kit, ti prego» «D'accordo» disse Lana guardandola. «Ascolta. Ora devo andare. Ti prometto che vi farò uscire. Dammi tempo per una giornata. Sarete fuori». Prese la mano di Ginger e la strinse, sorridendole. «Ma cosa succede tra te e Kit?». Ginger scosse nuovamente la testa. «Non lo so, non ho nemmeno avuto il tempo di godermi quel momento che mi hanno scaraventata a terra» «Andrà tutto bene, d'ora in poi». Ginger alzò il viso e vide avvicinarsi Kit, con l'occhio che stava diventando violaceo e un fazzoletto portato al naso. Si alzò velocemente per potergli correre incontro, ma le gambe, ancora troppo deboli, tremolarono e cadde. Kit si avvicinò correndo. La prese per le braccia e la strinse a sè, Ginger cercò debolmente di stringersi al suo corpo. «Kit, non sapevo dove fossi. Ti ho visto andare via con quei due» «Tutto bene, Ginger, davvero». La guardò negli occhi e le sorrise. «Ho una buona notizia» le disse, facendola sedere sul divano. Si mise accanto a lei e le strinse una mano, intrecciandola alla sua. «Uscirai. Ho convinto il Monsignore a farti uscire» «Davvero?» «Sì, sei libera. Puoi andare» «Aspetta..Fermo. Ci deve essere qualcosa sotto» «Sì, c'era una condizione che ho accettato, ma non posso dirti di che si tratta». Ginger gli prese il volto tra le mani tremolanti. «Kit Walker, sei il mio eroe. Ma non uscirò senza di te». Kit le strinse una mano appoggiata al suo volto. «Tu uscirai» «Lana sa come farti uscire». Gli occhi di Kit balenarono sulla figura snella di Lana, che nel frattempo si alzò e lasciò la stanza. I suoi occhi tornarono su quelli di Ginger. «Può farmi uscire?» «Sì, ma non posso dirti come, perché nemmeno io lo so». Kit la strinse a sè. Ginger cercò di stringerlo ancora più forte. Aveva aspettato abbastanza ed ora poteva godersi quel momento, poteva sentire il cuore di Kit martellargli il petto, poteva sentire il suo sguardo fisso su di sè, poteva sentire tutto in quel momento. «Ginger, ora dovresti andare» «No. Non hai capito che senza di te non vado da nessuna parte?» «Devi andare. Però devi fare alcune cose appena fuori di qua» «Del tipo?» «Devi cambiare il tuo nome» «E come dovrei chiamarmi scusa?» «Non lo so, non ho potuto pensare a tutto» «Appena saremo fuori di qua ci penseremo» «No, Ginger. Tu vai, ora. Ti prego» «Non voglio lasciarti qua» «Ho bisogno che tu invece lo faccia» «Dimmi qual è la condizione del Monsignore» «Non posso» «Kit, ti prego». Kit fece un lungo sospiro. «Devo ammettere chi sono. Devo confessare che sono Bloody Face» «Ma non sei..». Kit la interruppe subito. «Già, non lo sono. Ma hanno bisogno di un colpevole e l'unico sospettato sono io e solo io posso diventare il colpevole» «Ti ammazzeranno!» «Ne vale la pena se vedrò te libera» «No! Kit, ci deve essere una soluzione» «Mi dispiace, Ginger». Kit cercò di abbracciarla, ma lei lo respinse. «Smettila di pensare a me» «Ginger, morirei per te» «Anche io, ma ho bisogno di te!». Ginger scoppiò in lacrime, quelle tante lacrime rimaste troppo a lungo segregate. Kit le prese una mano e la tirò a sè, la fece sedere e si accucciò di fronte a lei. Non parlò, si limitò a guardarla, a memorizzare il suo viso. Con le dita cercò di asciugarle le lacrime, anche se ricadevano imperterrite e numerose. Le diede un bacio sulla fronte e la alzò, intanto due guardie giungevano con le poche cose di Ginger. Lei li guardò e voltò il suo viso verso Kit, con gli occhi sgranati, pieni di lacrime. «Non posso lasciarti» disse Ginger, le parole rotte dal pianto. «Fallo». Kit si avvicinò alle due guardie e prese la piccola valigia di Ginger. Le porse la giacca, che lei mise controvoglia. La accompagnò per tutto il corridoio che portava all'ingresso, lì la aspettava un piccolo taxi nero. «Dove dovrei andare?» disse Ginger stringendo la mano di Kit. «Vai a casa mia. Ci sarà parecchio disordine, ma puoi andare lì» «Come mi chiamerò?» «Trova un nome, qualsiasi» «Non potrei cambiare solo il cognome?» «Stai cercando di prolungare questo discorso?» «Forse» «Ciao, Ginger». Ginger stava per girarsi, a testa bassa, ma Kit la tirò a sè e le stampò un grosso bacio sulle labbra, poi si staccò. «Rimani vivo, ti prego. Uscirai di qui» «Non ci spero». Kit fece un lungo sospiro. Pensò che tanto non l'avrebbe più rivista, quindi che senso aveva non dirglielo, anche se era mezza giornata che stavano insieme. «Ti amo, Ginger. Davvero». Ginger lo guardò, piena di sorpresa. «Ti amo, Kit Walker». Ginger salì sull'auto e Kit la guardò come se fosse l'ultima volta.

Passò esattamente una giornata. Lana era fuori, Kit stava per 'confessare il falso', quando è scoppiato tutto. C'era un colpevole, anche se non era un buon segno per Briarcliff. Kit era libero di andare, era libero e basta. Non vedeva l'ora di tornare da Ginger o da come si sarebbe chiamata. Era passato solo un giorno, ma l'aveva mandata via come se fosse stata l'ultima volta. Invece l'ultima volta non la era. Sperava di poter entrare in casa sua e farle una sorpresa. In verità Ginger era già fuori che lo aspettava, con un sorriso che andava da orecchio a orecchio. Kit la guardò e si rese conto di quanto fosse bella. Le corse incontrò, si guardarono un secondo, immobili, poi lei gli gettò le braccia al collo, con le lacrime che le rigavano il volto. Per la prima volta in vita sua, lacrime di gioia. Kit la strinse forte, chiudendo gli occhi e l'immagine di una vita che si protraeva davanti a lui. Salirono sul piccolo taxi nero ed arrivarono nella dolce casa di Kit Walker. «Ho provato a sistemarla un po', ma è ancora in preda ad un uragano» «Non preoccuparti» sorrise Kit. «La metteremo apposto assieme». Ginger prese la sua mano e la intrecciò. Si accorse di quanto combaciassero, di quanto si completassero e le scappò un sorriso, mentre scendevano dal taxi e prendevano quella piccola valigia di Kit. Lui la guardò. Non l'aveva mai vista senza gli abiti del manicomio. Aveva un vestito a fiori, stretto in vita, i capelli raccolti in una coda. Era bellissima. Kit la prese in braccio e le fece attraversare la soglia di casa, anche se lei fosse già passata di lì. Appena entrato Kit vide subito che gran parte della casa era pulita. C'era una scopa appoggiata alla parete e subito la paletta per raccogliere la polvere sotto. Mille stracci sul piccolo tavolo di fronte alla cucina, ma i mobili erano tutti tirati su, stabili, appoggiati al muro. Kit si chiedeva come fosse possibile che una donna così piccola sia riuscita a tirare su tutti quei mobili. Guardò la camera da letto, era completamente pulita, le lenzuola nuove, il letto rifatto, tutti i quadri appesi. Si voltò verso Ginger. «Qual è il tuo nome ora?». Ginger si avvicinò e gli prese una mano. «Mi chiamo Rebecca Walker. Rebecca era la seconda scelta, poi i miei genitori hanno deciso Ginger, ma avrei dovuto chiamarmi Rebecca. E Walker, be', mi pare palese». Kit le prese i fianchi. «Quindi ora ti dovrei chiamare Rebecca o Ginger?» «Come preferisci» «Io mi sono innamorato di una ragazza che si chiama Ginger» «Chiamami come vuoi, andrà sempre bene». Si alzò sulle punte e gli stampò un piccolo bacio. «Viviamoci questa vita come avremmo dovuto fare». Ginger si voltò verso il resto della casa e riprese a pulire, Kit prese un cambio veloce di abiti, convinto e sicuro di non voler mai più indossare quelli che teneva in quell'istante. Si avvicinò al tavolo e prese uno straccio e cominciò a pulire. Vide il sorriso di Ginger, lo stesso sorriso che scorse sulla foto del fascicolo nell'ufficio del Monsignore. In qualche ora la casa si ritrovò come un tempo. I due la guardarono, sfiniti. Ho seriamente bisogno di una doccia» disse Ginger. Kit l'attirò a sè e la baciò, sfinito. 

Kit si svegliò, sudato, in preda a tremiti in tutto il corpo, si alzò dal vecchio materasso putrito. Era tutto un sogno» si disse. Tutto un dannato sogno». Raggiunse la stanza 'svago', Lana seduta sul divano, come al solito, con una sigaretta tra le dita. Quel sogno sembrava così nitido, così reale. Era piuttosto sotto shock. Si sedette accanto a Lana che lo guardò, poi distolse subito lo sguardo ed indicò una piccola ragazza che entrava nella soglia. «Ecco che ne arriva un'altra» disse. Kit sgranò gli occhi, si alzò di scatto e si rese conto che quella ragazza era proprio quella Ginger del sogno.
   
 
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