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Autore: Evil_Queen2291    11/09/2014    8 recensioni
Emma ha un’amnesia totale. Ma ricorda una sola cosa: il nome di Regina. Scritta per la Swan Queen Week, estate 2014.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: David Nolan/Principe Azzurro, Emma Swan, Henry Mills, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Regina Mills
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Swan Queen Week Estate 2014'
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Questa storia è una traduzione dall'originale RESIDUAL MEMORY  di Alaska829Snow. 
https://www.fanfiction.net/s/10437776/1/Residual-Memory per chi volesse leggere l'originale. 

Dopo aver messo al sicuro il pendente di Zelena nella sua cripta, Regina torna velocemente all’ospedale. Vuole disperatamente rivedere Henry, affidato nel frattempo alle cure di Archie, assicurarsi che Snow ed il bambino stiano bene e controllare se Emma ed Hook abbiano fatto ritorno.

Quando arriva, trova David che fa avanti e dietro nel corridoio; c’è del sudore sulla sua fronte e sta visibilmente tremando. Regina cerca di dire a se stessa che l’uomo ha avuto una giornata incredibilmente lunga – combattendo l’incessante e penetrante sensazione nel suo stomaco che le dice che qualcos’altro. Qualcos’altro che è andato terribilmente storto.

“Snow è qui?” chiede Regina, indicando la porta di fronte alla quale si trova David. “Sta bene? Il bambino sta bene?”

“Loro stanno bene,” le risponde David, ma lei percepisce immediatamente che c’è qualcosa in sospeso. “Ma Emma…”

“Cosa?” Regina scatta, mentre il panico le pulsa nelle vene. Sapeva che non esser presente durante l’attacco finale non era un comportamento tipico della Salvatrice. Ma Regina aveva semplicemente confidato nel fatto che l’altra madre di suo figlio sapesse cosa stesse facendo. “Cos’è successo?”

“Lei, uh, Zelena l’ha ferita. Ed il Dr. Whale è piuttosto sicuro che ora abbia un’amnesia.”

“Zelena le ha cancellato i ricordi?”

“Emma è morta” mormora Charming e sembra esser ad un passo dal dover esser portato via con una camicia di forza. “Zelena l’ha uccisa e lei era morta; linea piatta, completamente. Ma poi è tornata indietro…in qualche modo. Non hanno saputo spiegarlo. Ma era gravemente ferita alla testa…”

“Ed ora non ricorda nulla?”

“Non ricorda noi, né Henry, né Storybrook, né L’Isola Che Non C’È o Zelena. Ricorda solo una cosa.”

“E quale sarebbe?” gli chiede Regina, cercando di seguire il suo racconto.

Te

“Come, prego?”

“Whale ha chiesto ad Emma quale fosse l’ultima cosa che riusciva a ricordare e lei ha detto ‘Regina’” le spiega Charming. “Mia figlia non ha idea di chi diavolo sia, eppure ha detto il tuo nome cose se fosse la chiave d’accesso di un qualche passaggio segreto.”

“Probabilmente stava cercando di chiamarmi per aiutarla poco prima che fosse ferita,” ipotizza Regina, sentendosi improvvisamente in colpa per non essere stata lì. Aveva pensato che Emma fosse pronta per usare i suoi poteri per conto suo. Avrebbe dovuto immaginare che non era saggio mandarla ad occuparsi di Zelena con quell’inutile pirata alle calcagna. “O magari ha cercato di invocare la mia magia, oppure…”

“So che ne hai passate tante oggi,” David la interrompe freneticamente. “Hai già…hai già salvato mio figlio, Regina… ma potresti parlarle? Se si ricorda di te, forse potresti essere in grado di stimolare il resto dei suoi ricordi.”

“Certo,” Regina concorda immediatamente. David appoggia la schiena alla parete, come se avesse bisogno di qualcosa stabile per evitare di cadere sul pavimento e collassare, probabilmente l’ultima cosa di cui avevano bisogno in quel momento. “Tu stai bene?”

“No, non sto bene. Ho riportato indietro un figlio solo per dover dire a mia moglie che abbiamo perso l’altra. Di nuovo.”

“Non l’avete persa,” gli promette Regina, la determinazione evidente nella sua voce. Forse per l’influsso dell’adrenalina dovuta alla vittoria contro sua sorella, ma si rifiuta di credere che Emma non sarebbe riuscita a superare anche questo, esattamente come aveva fatto in passato. “Non perderemo nessun altro.”


 
“Sai chi sono?” chiede mentre entra nella stanza di Emma.

“Regina?” Emma alza gli occhi, la sua voce così debole, flebile e fragile. Vestita con il camice dell’ospedale, la testa fasciata dalle bende, non assomiglia affatto alla Salvatrice spavalda e leggermente-detestabile delle ultime settimane.

“Sì. Ricordi il mio cognome?”

Emma corruga il viso come se stesse pensando davvero, davvero intensamente. “Non farti del male,” l’avverte Regina. Accosta una sedia al letto, si siede ed accavalla le gambe. “Il mio cognome è Mills.”

“Regina Mills.” Ripete Emma. “Sì, suona…familiare…o giusto…o qualcosa del genere.”

“Ricordi qualcos’altro di me?”

“Non credo…”

“Ne sei sicura?” Regina la sprona. Perché deve sempre spronare Emma. Si son sempre provocate a vicenda. È quello che fanno ogni volta. “Forse ricordi il mio lavoro?”

Emma scuote la testa, apparentemente delusa da se stessa.

“Sono il Sindaco di questa città – Storybrook. Tu sei lo Sceriffo.”

“Oh.” L’informazione viene a mala pena registrata. I cerchi scuri e violacei sotto gli occhi di Emma son più che preoccupanti. “Sono una poliziotta? È…fico.”

“Ricordi chi sono per te?”

È una domanda incredibilmente strana e lei stessa non sa perché l’ha fatta. In verità, Regina non è sicura che Emma avrebbe saputo dare una risposta anche se avesse avuto i suoi ricordi. Regina non sa neppure se lei stessa sia grado di rispondere a quella domanda, sebbene sia in perfetta salute, fisica e mentale.

“Presumo che tu sia importante dal momento che sei la sola cosa che è rimasta nella mia testa dopo che è stata spaccata.”

Regina rimane pietrificata. Emma la fissa e non ha nulla da dire in risposta alla sua affermazione. Non ha nessuna spiegazione per quello che sta succedendo e non vuole neppure provare a trovarne una.

“Bene, Regina Mills, chiunque tu sia per me… sei davvero carina.”

In un certo senso sembrava un remake: magari questo era quello che Emma Swan le avrebbe detto se si fossero incontrate in circostanze diversa. È strano, invece, come ora, nonostante tutto, Regina non sia sicura di volere davvero un remake con Emma. La loro relazione è testa, strana, indefinita ed intesta ma è loro. È fatta di comprensione e di rabbia, di somiglianze e di frustrazioni. E sicuramente di un po’ di destino.

“Ricordi in che modo sei stata ferita?” Regina ignora il complimento cambiando argomento. David l’ha mandata per stimolare i ricordi di Emma ed è esattamente su questo che deve focalizzarsi.

“Ascolta, puoi continuare a farmi domande per tutta la notte ma la sola cosa che ricordo è il tuo nome. Ed il tuo viso, credo. Mi sembri così… familiare. È come se tutto quello che ti riguarda sia sulla punta della lingua. Ed io solo…”

“Forse dovresti riposare. Hai avuto una giornata molto difficile.”

“Ti riferisci al fatto che son morta e tutto il resto?”

“Precisamente” Regina sogghigna e si alza in piedi. Emma somiglia così tanto a se stessa per un fugace momento che Regina è improvvisamente certa che i suoi ricordi siano sul punto di tornare in pochi secondi. “Magari ricorderai quando ti sveglierai.”

“No, aspetta, per favore… Non te ne andare.” Emma la supplica disperatamente. “Sei la sola cosa che sembra…normale.”

“Tutto questo è ben lontano dal normale, Emma.”

“Quel nome – Emma – non significa nulla per me. So che a quanto pare è il mio nome, ma non lo ricordo. Ricordo solo il tuo. Ti prego, non posso farcela. Mi sento così…”

Regina riconosce immediatamente il sentimento: Emma ha la stessa espressione che aveva sull’Isola Che Non C’È. “Sola,” completa al suo posto.
Emma è una Bambina Sperduta. Una parte di lei lo sarà sempre. Così come una parte di regina sarà sempre la Regina Cattiva.  Avevano tolto molto l’una all’altra e dato altrettanto in cambio. In qualche modo, a causa di quell’innegabile verità, Regina sente di dovere ad Emma almeno questo: assicurarsi che – fino a quando non avesse riavuto i ricordi – non sia da sola. “Resto.”

Regina non sa perché odia tanto vedere Emma così scossa. Forse perché le ricorda Henry – il modo in cui entrambi arricciano gli occhi un attimo prima che ne sgorghino le lacrime. Regina si siede di nuovo, cercando mentalmente un modo per migliorare, almeno un po’, la situazione.

“Quindi – uh,” comincia a dire Emma, cercando anche lei di render le cose meno imbarazzanti. “Potresti raccontarmi un po’ di più di questa città di cui, a quanto pare, siamo a capo?”

Regina sa che probabilmente non dovrebbe cominciare dicendo ad Emma che i cittadini di Storybrooke son tutti personaggi delle favole. Le parla, invece, del Municipio e della Tavola calda di Granny e di quanto siano belli gli alberi quando le foglie cambiano colore d’autunno.

Nel giro di venti minuti, Emma dorme profondamente.

 
 
Regina è ancora nella stanza quando Whale dimette la Salvatrice. Emma assume la stessa espressione, con il viso corrucciato, che prende ogni volta che Regina le suggerisce di muoversi per andare più lontano del bagno o della caffetteria. Tutto quello cui Regina riesce a pensare è che Henry aveva la stessa espressione quando aveva cercato di lasciarlo all’asilo per la prima volta.

Emma ride, guardando direttamente il medico. “Sì, ok. Ma dimessa per andare dove?”

Regina non riesce a bloccare le parole che escono dalla sua bocca – prima di potersi rendere conto di cosa sta facendo, dice ad Emma e Whale della stanza degli ospiti a casa sua e di come Emma sia più che benvenuta da lei fino a quando non fosse tornata in forma.

Snow e Charming sono devastati ma stranamente riconoscenti. Hanno un neonato urlante ed una figlia che non sa – non può – sapere che esistono. Dopo tutto, come potrebbero cominciare anche solo a presentarsi come i suoi genitori quando hanno la sua stessa età? Whale li dissuade, dicendo loro che sarebbe un grosso errore presentarsi come amici di Emma. Le bugie possono confonderla e rallentare la sua guarigione, secondo lui. Snow mormora qualcosa a proposito del fidarsi di Regina quando si tratta di Emma, sebbene sia più che evidente che il suo cuore di madre si sta spezzando.

Così Regina porta Emma in Mifflin Street. Non le deve mentire e non deve neppure sconvolgerla. Regina ha come la sensazione che questo non le dia molte opzioni dal momento che la verità è sconvolgente.

“Questa è la stanza di un bambino?” le chiede Emma mentre superano la stanza da letto di Henry, dirette verso la stanza degli ospiti. Regina sta aiutando Emma, ancora debole, a camminare, sorreggendola per la vita. “Hai un bambino?”

“Sì, ho un figlio.”

“Come si chiama? Quanti anni ha?”

“Si chiama Henry ed ha 12 anni.”

“Dov’è?”

“Dai suoi nonni.”

“Merda.” Emma impreca all’improvviso. “Lo hai fatto andar via a causa mia? Non eri tenuta a farlo. Voglio dire, capisco il motivo per cui lo non vuoi qui mentre ci sono io. Ascolta, davvero non sapevo che avevi un bambino. Posso andare in un albergo o qualcosa del genere. Sul serio.”

“Ti prego, smettila di blaterare.” la avverte Regina. “Non è un problema. Gli piace davvero stare con loro.”

“Va bene, ma sei sicura? Mi sentirei un po’ male se non potesse stare a casa sua per colpa mia.”

Ma non è colpa di Emma, non sul serio. A dirla tutta – è colpa di Regina. Emma è ferita per colpa di Zelena e Zelena è a Storybrooke solo per colpa di regina. Quindi è decisamente colpa di Regina. Esattamente come tutto il resto è colpa sua. Ha imparato che nulla di quello che può fare riuscirà mai a fare in modo che non sia colpa sua.

Alle volte Emma le fa sembrare che, nonostante le cose siano decisamente colpa sua, vada tutto bene. Come se potesse essere qualcosa in più di quello che è stata. Emma non addolcisce le cose con i baci arcobaleno o gli adesivi unicorno. Ma nonostante tutto – in qualche modo – riesce ad essere di supporto. Tutte e ciascuna delle volte in cui ci riesce, Regina si ritrova ad esser più stupita della volta precedente.

“Credo sia una buona cosa che io non ne abbia” le dice Emma. “Un figlio, intendo. O un partner. Probabilmente avrebbe reso le cose dieci volte più difficili, non credi?”

“Ma…lo hai”. Regina l’aiuta a sedersi dolcemente sul divano. Non deve mentire, quindi non lo fa. “Hai un figlio.”

“C-cosa? Davvero?” Emma sembra sorpresa e terrorizzata allo stesso tempo. “Ma…perché diavolo nessuno me lo ha detto?”

“Non dobbiamo sconvolgerti. Credo di non esserci riuscita molto bene visto che sei qui da due minuti e ti ho già detto una cosa così importante.”

“Sono una madre,” Emma cerca di digerire l’informazione. “Wow – è pazzesco – da non crederci, a dirla tutta.” 

Qual è il tuo talento, Salvatrice?

Sono una Madre.

Regina sente l’eco di quelle parole nella sua mente. Pensa a come quella frase l’abbia resa orgogliosa ed arrabbiata allo stesso tempo, nel modo in cui solo Emma Swan riesce a farlo.

“Come si chiama? Mio figlio?”

“Henry”

“Pensavo avessi appena detto che…”

“Esatto.”

“…lo stesso Henry?”

“Sì.” Le conferma Regina. Emma la osserva da vicino con espressione interrogativa. Regina sa quanto facilmente quell’affermazione possa essere fraintesa, così si affretta a spiegare. “Sei la madre biologica di Henry ed io l’ho adottato.”

“Ci siamo conosciute così? È stata una adozione aperta?”

“No, è stata decisamente un’adozione chiusa. Ma tu ed Henry vi siete ritrovati quando aveva 10 anni. Aveva un sacco di domande sulle sue origini.”

Mi è stato detto che la madre biologica non voleva esser contatta.

Ti hanno detto la cosa giusta.

Se Regina potesse usare il portale del tempo di Zelena senza sacrificare nessun neonato, probabilmente lo farebbe per tornare a quella sera e schiaffeggiare in pieno viso Emma per quella bugia terribile e spudorata.

“È stato carino da parte tua – permettergli di trovarmi.”

“Non l’ho fatto,” le confessa mentre cerca di ignorare la pungente ironia di tutta quella conversazione. “Henry ti ha cercata alle mie spalle. Volevo che sparissi nel momento stesso in cui ti ha incontrata.”

“Oh.”

“Ma sei rimasta nonostante tutti i miei sforzi. Non pensavi che fossi una buona madre. Probabilmente in quel momento non lo ero.”

Devo esser preoccupata a causa sua, Signorina Swan?

Assolutamente no.

La seconda bugia del loro primo incontro. Tuttavia Regina pensa sia ipocrita lamentarsi, dal momento che lei stessa ha costruito tutta l’infanzia di Henry su una maledizione piena di menzogne.

“Tu? Una madre schifosa? Mi sembra decisamente poco probabile.” Le dice Emma mentre si mette sotto le coperte. “Insomma, chiaramente sai come prenderti cura delle persone. Ti stai prendendo cura di me e mi fai sentire terribilmente a mio agio, nonostante sia solo un’idiota senza memoria.”

“Sono felice che sia a tuo agio qui.”

“Cosa mi dici…” Emma esita mentre gioca nervosamente con il bordo della manica. “Um, Henry ha un padre?”

“Il padre biologico di Henry è morto.”

“Ero ancora con lui? Intendo, insieme?”

“No, non più da quando eravate molto più giovani. Avevi solo 18 anni quando hai avuto Henry e non eri nella condizione di poter crescere un figlio.”

“Oh, ok. E tu? Sei sposata?”

“No. Son sempre stata una madre single.”

“Buon per te” Emma annuisce, approvando. “Quindi…Dovrei incontrare Henry?”

“Questo dipende da te.”

“No, voglio dire… Credo che dovrebbe dipendere da te. Sei tu sua madre, no?”

È mio figlio.

No, non lo è. È mio figlio. Dopo questo, non ti avvicinerai più a lui.

Poi, all’improvviso, Henry è diventato loro figlio. A Regina piace che Henry sia loro figlio più di quanto avrebbe immaginato. Non è mai stata brava a condividere ma condividere con Emma le risulta, in qualche modo, naturale.

“Henry non vede l’ora di rivederti. Se per te va bene, forse domani potrebbe passare dopo scuola.”

“Certo, ok, come vuoi tu.”

“Bene, buonanotte allora. Fammi sapere se hai bisogno di qualsiasi altra cosa.”

“Grazie davvero, Regina.”
 

 
La mattina successiva Emma scende le scale ed entra in cucina con addosso un pigiama di Regina, che prende mentalmente nota di andar a recuperare un po’ di cose di Emma più tardi.

“Regina? Ricordo qualcosa,” le annuncia mentre si siede al tavolo. Regina, senza dire nulla, le mette di fronte un piatto di pancake. “Beh, almeno
credo di ricordare.”

“Fantastico. Cosa hai ricordato?”

La mente di Regina corre velocemente mentre aspetta che Emma le dica di ricordare che si trova nella casa di un’assassina a sangue freddo.

“Il fatto è che… non so esattamente cosa sto ricordando. È davvero strano.”

Regina aspetta che Emma le dica che non capisce perché ricorda che sua madre è Snow White oppure che una volta ha sconfitto un drago con la spada di suo padre.

“Provaci, cara. Va bene anche se non ha senso all’inizio. Ti aiuterò come meglio posso.”

“Credo di ricordare…di esser in piedi in strada? E tu eri lì. Mi hai preso la mano. C’erano anche altre persone. Ma loro son sfocate. Non riesco a definire i loro volti. Solo il tuo. È successo qualcosa del genere.”

“Sì.” Regina espira delicatamente, scioccata che questo sia il primo ricordo reale di Emma.

“Non ricordo cosa mi hai detto. Ma…ho come la sensazione che ci stessimo dicendo addio.”

“Esatto” le conferma Regina. “Un anno fa ti sei trasferita a New York con Henry.”

“Hai lasciato che portassi via Henry? Perché?”

“Non avevo scelta. Le circostanze erano…estreme.”

“In che senso?”

È ovviamente impossibile spiegare la verità, che Peter Pan era sul punto di maledirli tutti – quindi Regina doveva fare in modo che loro sfuggissero – solo per esser maledetti nuovamente dalla Malvagia Strega dell’Ovest.

“C’era un…assassino a Storybrooke” è quello che decide di dire.

“Allora perché non sei andata via anche tu? Perché non sei venuta con noi?”

“Non potevo. Avrei voluto. Ma dovevo rimanere qui per risolvere la situazione. Come Sindaco avevo delle responsabilità e non potevo abbandonare la città in un memento di crisi.”

“Ma pensavo che io fossi lo Sceriffo? Perché avrei voluto abbandonare la città in un momento di crisi? Non avevi bisogno che io rimanessi?”

“Sì, ma dovevi andare via.”

Dio, quelle parole le bruciano ancora la gola, perfino in quel momento. Non sembra un lieto fine. E non lo era. Una vita senza Henry era terribile. Forse a Regina era mancata anche Emma. Un po’ di più di quanto avesse preventivato.

“Perché dovevo andare?”

“Perché avevo bisogno che tenessi nostro figlio al sicuro più di quanto avessi bisogno di te come Sceriffo.”

“Oh.” Emma è decisamente confusa ma non fa altre domande. “Quindi, uh, cos’è successo all’assassino?”

“È in prigione. È per colpa sua che sei stata ferita. Ha cercato di ucciderti quando sei tornata in città.”

“Quindi sono tornata? Quando ancora non era sicuro? Perché?”

“Perché sei insopportabilmente testarda ed hai sviluppato un noioso complesso dell’eroe.”

“So che è tecnicamente un insulto, ma lo dici come se fosse un complimento.”

Non è un complimento.”

“Sono piuttosto sicura che tu stia mentendo.”

Con te, Regina, so sempre quando menti.

“Hai sempre preteso di riuscire a capire quando non sono onesta con te. Lo chiami il tuo superpotere.”

“Bene, credo che forse è ancora intatto.”

“Forse sì.”

“Omicidio in una piccola città?” Emma riflette ad alta voce. “Gesù, Regina... che cazzo abbiamo affrontato?”

“Abbastanza” le risponde Regina – e, davvero, è l’espressione più riduttiva dell’anno. “Mangia la tua colazione. Hai bisogno di tutta l’energia che riesci ad accumulare.”

“C’è della cannella?” le chiede Emma, mentre mangia entusiasticamente i pancake. “Sono deliziosi.”

“Sì. Probabilmente dovresti sapere che ti piace molto la cannella.”
 

 
Mentre Emma dorme nella tarda mattinata, Regina chiama Snow. “Ha ricordato qualcosa” le riferisce, al posto dei saluti.

“Davvero?” Regina ascolta la sua risposta eccitata e speranzosa. “Cosa?”

“Il confine della città un anno fa. Ma ricorda solo di aver detto addio a me. Mi spiace, ma non riesco a capire. Non riesco a capire nulla di tutto questo.”

Il piccolo Neal strilla di sottofondo. Regina sente David mentre cerca di calmarlo.

“Non scusarti.” Le dice Snow, nonostante la sua evidente delusione. “Son sicura che ci sia una spiegazione e che lo capiremo. Solo…tienici aggiornati il più possibile, ok? Mi sento completamente inutile qui.”

“Lo farò. Henry sta bene?”

“Sì, gli ho detto di passare dopo scuola, come mi avevi chiesto.”

“Grazie.”

È tutto così fottutamente sottosopra. Regina è con Emma e Snow è con Henry. La loro famiglia non potrebbe esser più intrecciata di così neppure se ci provassero.

E, davvero, Regina in quel momento pensa di esser la peggior cattiva mai esistita nella storia dei cattivi. Lei e la sua nemesi? Vogliono bene alle stesse persone.

E, ultimamente, forse si vogliono bene a vicenda.  

 
 
Emma è sul punto di impazzire nel giro di una giornata. Regina suggerisce di fare una passeggiata per prendere una boccata d’aria fresca. Pensa di portare Emma lontano, nei boschi, in modo da non incrociare nessuno. Regina è sicura che Emma sia ancora troppo fragile e confusa per stare in mezzo a persone che, indubitabilmente, la sommergerebbero nel giro di qualche secondo.

Dopo 15 minuti di passeggiata, sentono la voce di un uomo chiamarle. “Swan!” Davvero, Regina avrebbe dovuto immaginarlo.

“Chi sei?” Emma fa fisicamente un salto indietro rispetto alla figura. E perché non avrebbe dovuto? L’aspetto di Hook non è esattamente rassicurante per chiunque non capisca il motivo per il quale un uomo adulto si vesta da pirata.

“Un amico. Magari anche qualcosa di più” le dice mentre si avvicina, entrando nel suo spazio personale. “Mi chiamo Killian Jones.”

“Per quale diavolo di motivo sei vestito così? Cosa dovresti essere?”

“Credo di poter aiutare con…”

“Smettila di parlare,” Regina si inserisce prima che lui possa fare un danno peggiore. “Mi lascia perplessa la ragione per cui hai pensato che venire qui
fosse una buona idea.”

“Perché posso aiutarla con i suoi ricordi.”

Regina vorrebbe urlargli che non è stato molto d’aiuto l’ultima volta che Emma aveva perso la memoria, sebbene lui sia convinto di avere tutto il merito. Quello che aveva fatto era stato arrivare fino a New York. Crede davvero che Regina non avrebbe fatto la stessa cosa se ne avesse avuto la possibilità?

“Non voglio il tuo aiuto” gli ribatte contro Emma. Regina sente che le prende la mano, stringendole le dita; non c’è dubbio che Emma sia legittimamente spaventata. “Lasciaci in pace.”

“L’hai sentita, Killian. Non ti vuole.”

Forse Regina prova un po’ troppo piacere in questa situazione. Dopotutto Emma non è nel pieno possesso delle sue facoltà mentali e non sa chi sta rifiutando. Ma Regina non può far a meno di gongolare all’idea che Emma abbia avuto una prima reazione così negativa nei confronti dell’uomo che cercava di corteggiarla così incessantemente. Hook fa semplicemente impazzire Regina per il solo fatto di avere la sfrontatezza di pensare di essere abbastanza anche solo per respirare la stessa aria di Emma e di loro figlio.

Oh, e poi c’è stata quella volta in cui l’ha lasciata legata ad un tavolo per esser sottoposta a scariche di elettricità fino alla morte. Quindi, probabilmente lei ha ancora un po’ di risentimento.

Hook gira i tacchi e si allontana imbronciato. Emma lo guarda andar via, le sopracciglia aggrottate, disgustata dalla sua stessa esistenza.

“Mi dispiace tanto, cara. Non avevo pensato che qualcuno potesse arrivare fin qui.”

Regina se che ci sono buone probabilità che Hook le segua. Ma Emma sembra fin troppo turbata, così decide di omettere quel dettaglio.

“Ero davvero ‘più che amica’ con lui?” Emma si gira verso di lei.

“È piuttosto ossessionato da te, temo.”

“Ma io non ricambiavo, vero?”

“Una volta mi hai detto che non ricambiavi il suo interesse. Ti ho creduto. Ma altri non lo hanno fatto. Lui lo ha preso come un incoraggiamento per insistere di più.”

“Sembra davvero inquietante. Quanto faccio schifo per non poter avere di meglio?”

Puoi avere di meglio.”

“Bene, se questi sono i miei gusti in fatto di uomini forse è una buona cosa che abbia perso la memoria.”

“È sicuramente un modo per vedere il lato positivo delle cose.”

“Davvero, Regina, quanto tempo è passato dall’ultima volta che quel tipo ha fatto una doccia?”

“Più di quanto tu voglia sapere” Regina ride e vorrebbe davvero poterle spiegare che l’uomo che Emma ha appena incontrato ha circa 300 anni.
Ma non può. Così continuano a camminare.

Emma non sembra volerle lasciare la mano.

Regina non glielo impone.
 

 
Tornate a casa, Regina ed Emma stanno bevendo una tazza di the quando Emma alza gli occhi e le chiede: “Ho dei genitori?”

“Sì” le risponde Regina. Si prepara per la conversazione imminente e prova stranamente il desiderio di fare la cosa giusta per Snow.

“Perché non sono qui? Voglio dire – sono quasi morta, no? Dove sono?”

“Sono…qui vicino.” Le dice Regina. “Il tuo rapporto con loro è complicato e vogliono darti il tempo e lo spazio per rimetterti?”

“Perché è così complicato?”

Per colpa mia, pensa Regina.

“Sei stata data in adozione; sei cresciuta in affidamento.”

“Davvero? Perché mi hanno abbandonata?”

Per colpa mia, pensa di nuovo.

“Io…insomma, probabilmente non dovrei essere io a dirtelo” Regina cerca di uscire dall’argomento prima che le chieda spiegazioni più dettagliate. “Tuttavia so che non volevano darti in adozione. Li hai incontrati un anno fa ed avete costruito un rapporto molto velocemente. Ti vogliono bene più di qualsiasi altra cosa al mondo. Tutto questo li sta uccidendo.”

“Aspetta, aspetta” Emma la interrompe. “Quindi, un anno fa ho incontrato il figlio e i genitori che non avevo mai conosciuto?”

“Sì”

“Cosa aveva di speciale l’anno scorso?”

Il tuo ventottesimo compleanno, una profezia ed un dannato libro che ha cambiato tutto.

Il libro, Regina è illuminata all’improvviso. Si chiede per quale ragione le sia servito così tanto tempo per pensarci.

“Io…ho un’idea.”

Balza in piedi, corre al telefono e chiama loro figlio.
 

 
Regina accompagna in salotto un Henry nervoso per incontrare un’ancora più nervosa Emma.

Mamma” dice boccheggiando non appena i suoi occhi si posano sulla Salvatrice, fremente, seduta sul divano.

Quando Emma non gli risponde, Regina interviene. “Si riferiva a te, cara.”

“Oh, oh” Emma si alza e sembra che non abbia idea di cosa farsene delle mani. “Uh. Ciao, Henry.”

“Come stai?”

“Principalmente bene. Regina – voglio dire, tua madre – è stata incredibilmente d’aiuto e gentile e generosa.”

“Ma non ricordi ancora nulla? Nemmeno me?”

“No. Mi dispiace davvero, ragazzino.”

Regina ed Henry cercano di non indietreggiare di fronte alla facilità con cui quella parola le scivola tra le labbra. Come può Emma usare quella parola senza sapere che l’ha usata un milione di volte?

“Ti ho portato qualcosa.” Insiste Henry. Tira fuori dallo zaino il famoso libro e lo tiene di fronte a sé.

“Un libro? Oh, carino.”

“È più che un libro”

“C’è anche il dvd?”

“No” la corregge Henry. Regina sente come la frustrazione del ragazzo si avvicini alla superficie. “Ho bisogno che tu creda.”

“In cosa?”

“In me.” Dichiara fiducioso loro figlio. “Ci credi?”

La domanda lascia Emma spiazzata ed è evidente che sia completamente fuori dal suo elemento. “Io…” balbetta. “Voglio dire…”

“Prendi il libro” la incoraggia Regina, con un sorriso gentile. “Forza.”

Emma accetta il regalo; le sue mani toccano la copertina ma sembra che non succeda nulla. “Fiabe?” cerca di indovinare la bionda. “Grazie, Henry. Le leggevamo insieme o qualcosa del genere?”

Henry annuisce. Emma sfoglia le pagine perché è la cosa più educata da fare. Ma è evidente che non c’è alcuna magia da trovare, sepolta tra quelle parole. Snow dice sempre che il libro aiuta le persone quando ne hanno maggior bisogno. Evidentemente non è il libro quello di cui ha bisogno Emma in quel momento. Regina si augura solo di poter capire di cosa abbia bisogno.

Mentre Emma legge (o fa finta, Regina non ne è sicura), Henry si lancia in avanti baciandole la guancia ed i capelli ripetutamente. Emma sembra sul punto di dare di matto perché il figlio che ha appena conosciuto e di cui non ricorda nulla la sta sbaciucchiando. Regina capisce cosa stia facendo il bambino. Ma Emma no ed è palesemente a disagio.

Regina afferra Henry dal gomito, mormorando “Scusaci” e lo porta via dalla stanza.

“Non si ricorda.” Henry si gira verso di lei nel corridoio, completamente devastato. “Perché il libro non ha funzionato?”

“Non lo so, tesoro. Avevo pensato la stessa cosa.”

“Ed il Bacio del Vero Amore? Lo abbiamo tutti!”

Regina ed Emma hanno lo stesso Vero amore, ricorda a se stessa la bruna. È per quello che sono così in sintonia.

“Henry, tesoro, Emma ha subito un trauma. È diverso.”

“Oh.”

Suo figlio capisce: il Bacio del Vero Amore può spezzare qualsiasi maledizione, ma non può curare i danni cerebrali.

“Mi dispiace, mamma.” Si butta tra le sue braccia. “Mi dispiace non averti ricordata per così tanto. Non capivo quanto dev’esser stato terribile per te. Ma adesso lo so.”

Gli passa le mani tra i capelli e gli promette che avrebbero risolto tutto.
 
 
 
Il pomeriggio successivo Robin è alla sua porta e Regina non ne è sorpresa. Son passati giorni da quando si era preoccupata anche solo di prendere in considerazione la sua esistenza. In parte perché, doveva ammetterlo, aveva completamente dimenticato la sua esistenza.

La cosa, in sé, è davvero preoccupante. Regina può anche non sapere molto sull’amore, ma è piuttosto sicura che una ‘anima-gemella’ non dovrebbe essere così facile da dimenticare.

“Volevo solo controllare che stessi bene”

“Sto bene.” Gli riferisce clinicamente. “Normalmente ti inviterei ad entrare ma le cose sono un po’ complicate al momento e non sono sicura che sia una buona idea.”

“Lo so, ho saputo. Tutto quello che volevo dirti è che capisco. Nessun risentimento.”

“Risentimento per cosa?”

“Non avevo realizzato, ma avrei dovuto. Tutti i segnali erano lì. Spero solo che mi farai l’onore di rimanere mia amica. Mio figlio ha cominciato a volerti bene.”

“Stai chiudendo…?”

Regina non vuole usare il termine “rompere”, perché implicherebbe che ci sia qualcosa di concreto da rompere e non è questo il caso. Ma Regina è totalmente confusa da quello che Robin sta dicendo e dalle ragioni.

“Sto facendo elegantemente un passo indietro.”

“Perché?”

“Perché sono un uomo d’onore ed il tuo cuore è altrove.”

“Ti assicuro che il mio cuore è tornato nel mio petto.”

“Non parlavo di quello – sto indietreggiando perché ami un’altra persona.”

Prima che possa ribattere a quella strana spiegazione, sente una voce alle sue spalle.

Re-gi-na” piagnucola Emma mentre le compare accanto. “Pensavo stessimo per uscire?”

“Ciao, Emma.” La saluta Robin.

“Chi sei?” gli chiede Emma bruscamente mentre lo scruta dalla testa ai piedi. “Scusa – probabilmente sembrava maleducato – voglio dire – uh – ci conosciamo?”

“Sì, mi chiamo Robin.”

“Eravamo amici?”

“Più che altro conoscenti. Ci siamo incontrati alcune volte. E per un po’ siamo stati rivali.”

“Per cosa?”

“Il cuore della stessa persona. Ma sapevo che non avevo speranze contro di te. Così ho rinunciato.”

Lo stomaco di Regina fa una capriola mentre metabolizza le sue parole. Robin si sta tirando indietro a causa di Emma. È improvvisamente felice della decisione dell’uomo perché è evidente che sia un fottuto idiota e lei non si è fatta strada con una maledizione fino a Storybrooke per il suo lieto fine solo per ritrovarsi un imbecille come anima gemella.

“Oh, merda, aspetta, stai parlando di Killian?” deduce Emma immediatamente. “Perché, ascolta, è tutto tuo. Non so cosa sia successo prima che venissi ferita… ma io e Regina ne abbiamo parlato ed abbiamo bandito la pelle viscida. Puoi dirglielo tu stesso se vuoi.”

Robin ride. Una profonda e genuina risata. Una risata che Regina avrebbe potuto ascoltare per tutta la vita se avesse deciso di sistemarsi con lui. “Quando verrai a trovare Roland, spero che porterai Emma. Sono sicuro che le vorrà bene tanto quanto ne vuole a te.”

All’improvviso Regina si rende conto che cercava una scusa da principio. Una scusa perché il suo destino non fosse deciso da Trilli e dalla sua polvere di fata. Questa scusa era buona come le altre. Potrebbe facilmente fermare Robin – spiegargli come stanno le cose e farlo rimanere. Ma non ha nessuna voglia di farlo. Così non lo fa.

“Ti auguro una pronta guarigione, Emma.”

“Sì, grazie. Ti auguro una vita di felicità con il pirata. Io starei attenta lo stesso, perché mi sembra un po’ uno stalker.”

Robin ride ancora di più. Prende le mani di Regina tra le sue e si avvicina, sussurrando: “Quando ricorderà, lo troverà più divertente di quanto sia sembrato a me. Non scomparire, ok?”

Regina annuisce ed Emma non ha idea di cosa sia quello a cui ha appena assistito.
 
 
 
Dopo una settimana, Regina decide che devono uscire di casa per il semplice fatto che non riesce a sopportare di star chiusa dentro un minuto di più. Chiama Snow e le chiede di diffondere la voce che nessuno deve bombardare Emma in pubblico.

Entrambe siedono in uno dei tavoli della tavola calda. Granny le serve con un sorriso e dice ad Emma che è bello rivederla. Nessun altro si avvicina, la tensione nell’aria è notevole ed Emma, anche se ha perso la memoria, non è completamente stupida.

“Perché diamine mi stanno fissando tutti?” le serve solo un minuto per sbottare.

“Sei molto importante per questa città.”

“Perché? Perché sono lo Sceriffo?”

No, perché li hai salvati dalla loro miserabile vita sotto la mia maledizione oscura.

“Sì, cara. Sei uno Sceriffo fantastico.”

“Stai mentendo. Magari non sul fatto che son brava come Sceriffo, ma sai mentendo su…qualcosa.”

“Sembra proprio che il tuo superpotere non funzioni” Regina scrolla le spalle.

“Ancora non capisco, sai. Capisco che in un certo senso condividiamo un figlio e lavoriamo insieme per la città. Ma, esattamente, che tipo di rapporto avevamo prima che fossi ferita?”

“Questa, temo, sia una domanda cui è molto difficile rispondere.”

“Chi sono per te, Regina?”

E finalmente il cerchio si chiude: Emma le sbatte in faccia la sua stessa domanda. Regina non può mentire. Così non lo fa. “Non lo so.”

“Questo sembra…la verità.”

Decide Emma. “Ma non è molto di aiuto.”

Regina sbuffa. “Non dirlo a me.”

Regina ascolta le parole uscirle di bocca e pensa di somigliare più ad Emma che a se stessa mentre lo dice. L’idiota le è entrata dentro in modi a cui ancora non vuole pensare con troppo impegno. Emma la sta fissando di nuovo e Regina sa che dovrà darla una sorta di risposta decente.

“Alle volte litighiamo terribilmente perché mi fai così infuriare” comincia. “Pensi di aver ragione tutte le dannate volte ed invece, per quanto sconvolgente possa sembrare, non hai ragione. Sai essere così arrogante, così condiscendente, crudele ed assolutamente irritante.”

Regina si ferma e prende un respiro profondo, perché Emma sembra piuttosto turbata, forse anche un po’ ferita da quelle accuse che non può neppure cominciare a capire.

“Poi, invece, ci sono volte in cui siamo esattamente sulla stessa pagina e sono sicura che nessun altro mi abbia mai capita nel mondo in tu mi capisci. Quando lavoriamo insieme siamo, ad essere onesti, praticamente inarrestabili. Penso che riusciamo a spingerci reciprocamente ad essere migliore ed impariamo costantemente l’una dall’altra. Ed entrambe amiamo Henry all’infinito. Abbiamo una…connessione che, onestamente, non so come definire né spiegare.”

“Beh, sulla carta sembra proprio amore non corrisposto.”

“No!” Regina la blocca immediatamente, aggressiva. Perché sa che la vera Emma, quella con i ricordi, non ipotizzerebbe mai una cosa del genere.

“Hai guardato troppe soap opera questa settimana.”

“Tutta questa città sembra una soap opera” scherza Emma.

“Uhmm” Regina riflette un attimo. “Non sbagli poi di molto.”
 
 
 
Sulla strada di casa, Emma le chiede di vedere dove lavora. Regina l’accompagna alla stazione. Emma entra, camminando lentamente, studiando l’ambiente.

“Ti piaceva…sedere sulla mia scrivania?” le chiede, indicando l’oggetto. “Mi ricordo di te seduta qui.”

Tra tutte le cose da ricordare, pensa Regina roteando gli occhi. “Una volta, tempo fa, per dimostrare una teoria.”

“Oh! Aspetta!” Emma fa qualche passo in avanti e si abbassa sul pavimento. “Eravamo qui! Abbiamo fatto shopping online insieme o qualcosa del genere?”

“Cosa vuoi dire?”

“Mi ricordo che guardavamo un cappello!”

“No,” Regina si abbassa accanto a lei. Tutti i suoi campanelli d’allarme suonano furiosamente. Per la prima volta, deve mentire. “Ti sbagli.”

“No, non mi sbaglio” insiste Emma. Afferra il braccio di Regina. E Regina la sente. La stessa dannata scarica che aveva aperto il portale. Sente la magia.

“Mi spiace” si scusa Emma, togliendo la mano. “Odio le scosse elettrostatiche. Credo sia colpa dei miei stivali.”

“Non c’è problema.”

Emma si alza e praticamente schizza per l’ufficio, proprio come Henry quando era piccolo. “Voglio frugare un po’ tra le mie cose.”
 
 
 
Rallenta!” Snow le urla praticamente nel telefono. “Non riesco a capire quello che dici, Regina.”

“Emma ha la sua magia!” le urla di rimando.

“Ma Zelena gliel’ha tolta.”

“Ne sono perfettamente consapevole. Ma l’ho sentita tornare.”

“Sentita? Che vuoi dire?”

“Emma mi ha toccato il braccio ed c’era magia.”

“La sua magia è tornata quando ti ha toccata?”

“Sì”

“Beh, è una cosa positiva, presumo. Il fatto che abbia di nuovo la magia, no? Probabilmente è un passo nella direzione giusta.”

“Come al solito, Snow, ti sfugge il punto,” le ringhia contro Regina. “Cosa diamine dovrei fare se Emma recupera la sua magia prima dei suoi ricordi? Come glielo spiego?”

“Oh.”

“Riesco appena a reggere questa farsa. Non posso più farlo.”

“Questo non è affatto vero.” Snow cerca di calmarla. “Granny ha detto che Emma le è sembrata in ottima forma alla tavola calda. So che è complicato e che è un grosso peso per te, ma so anche che ti stai prendendo cura di lei in modo fantastico. Te ne sono così grata.”

Regina” Emma le chiama, entrando nella stanza. “Scusami, non sapevo fossi al telefono” si gira e va via.

“Oh Dio” Snow singhiozza, sentendo la voce di sua figlia. “Mi manca così tanto che mi sento sul punto di vomitare. La perdo sempre.”

“Lo so. Mi dispiace. Non posso immaginare.”

“Non devi immaginare, vero?”

“No.” Le conferma Regina. Snow è sempre prossima a perdere Emma, ma Regina è sempre prossima a perdere Henry. Vorrebbe sapere perché diamine stanno vivendo questa sorta di vita parallela. “No, penso proprio di no.”

“Hey” le dice Snow delicatamente. “Se la magia di Emma si attiva quando la tocchi, allora non toccarla.”

“Non sono io a toccarla!” si difende Regina, sebbene sembri una bambina che nega di aver preso l’ultimo biscotto. “È lei che mi tocca di continuo!”

“Sì, fidati, lo so. Ma questa è una conversazione che faremo un’altra volta. Ascolta, devo far mangiare mio figlio ora.”

“Snow, giuro su Dio, anche se pensi soltanto di chiudere il telefono, ti maledirò fino alla fine d…”

Il telefono si chiude. Regina ascolta il suono della linea interrotta e deve trattenersi dal dargli fuoco.
 
 
 
“Regina, cosa c’è che non va?”

La bruna fissa un punto nel vuoto, nel suo studio, cercando di digerire la notizia che ha appena ricevuto. Emma all’improvviso è sull’uscio della parta, chiedendole del suo sguardo devastato.

“Mia sorella è morta.” Le riferisce.

“Cosa?” Emma quasi urla, corre verso il divano e le si siede accanto. “Dannazione. Stai bene?”

“Sì, sto bene… Non la conoscevo molto. Non l’avevo mai incontrata fino a poco tempo fa. Non sapevo neppure che esistesse.”

“Ma qual è il problema di questa città e dei familiari che spuntano dal nulla?” le chiede Emma prima di rendersi conto di come e cosa stesse dicendo. “Cazzo, scusa. È stato davvero poco sensibile.”

“No, non lo è stato. È vero” ammette Regina con un sospiro. “Non dovrei neppure esser turbata. Mia sorella…era davvero orribile nei miei confronti.”

“Come è morta?”

“Si è uccisa, a quanto pare. Pensavo davvero che stesse per cogliere la sua seconda opportunità. Non importa quello che mi ha fatto, era pur sempre sangue del mio sangue. Non ho altri familiari biologici rimasti. C’era solo lei.”

“Capisco” Emma poggia la sua mano, calda e confortante, sul suo bicipite. “Vuoi rimanere sola?”

“No, non particolarmente.”

La cosa successiva di cui Regina si accorge è che Emma si è rannicchiata accanto a lei, accarezzandole i capelli e le guance. Regina dovrebbe fermarla; Emma non sa che sta confortando la donna che l’ha avvelenata. Ma Emma è così morbida ed ha un così buon odore e Regina è davvero, davvero stanca. Ed è davvero, davvero stufa di dover fare tutto da sola.

Restano sedute così fino quando il sole tramonta fuori dalla finestra. È confortevole e perfetto. Regina deve scacciare il pensiero che, se morisse lì ed in quel momento, non avrebbe nulla da lamentare.

“Cosa pensi che succederà se non dovessi mai recuperare la memoria?” le chiede Emma, rompendo il silenzio.

“Ricomincerai daccapo” le dice Regina. “Conoscerai di nuovo Henry ed i tuoi genitori, amerai e sarai amata da tutti come prima. E creerai nuovi ricordi.”

“Tu ci sarai? Nei nuovi ricordi?”

“Ti ho fatto cose orribili e non te lo ricordi. Mi sembra di approfittare di te.”

“Ti ho fatto cose orribili anch’io?”

Regina sente che la risposta sia sì – ma non è sicura che i loro sbagli siano esattamente comparabili. “Ho pensato…che mi avresti portato via mio figlio.”

“Lo prenderò come un sì.”

“No…Io…”

“Hai fatto ammenda” decide Emma, nonostante non abbia poi così tante informazioni. “Qualunque cosa fosse, ok? Perché son piuttosto sicura che non sarò mai in grado di ripagarti abbastanza per quanto sei stata gentile con me da quando son stata ferita.”

Emma le dà un bacio sulla fronte. “Sei la persona più gentile che conosca”

Regina ride, lasciandosi andare ad un sorriso spontaneo. “Non è proprio un gran complimento quando non ricordi di conoscere nessun altro.”

“Oh, giusto. Ok, l’ho detta male. Ho sempre fatto così schifo con le parole?”

“Sì” Regina si avvicina, spingendosi più a fondo nella sua stretta forte. “Sempre.”
 
 
 
La mattina successiva, Emma bussa alla porta della camera da letto di Regina. Regina le apre con i capelli terribilmente in disordine e la sua vestaglia allacciata in vita.

“Ho ricordato qualcosa” le dice Emma dolcemente. “Ho ricordato la cosa più importante. “

“Cosa, cara?”

Emma prende le mani di Regina tra le sue prima di dirle con sicurezza: “Ti amo.”

“Oh, Emma, no” le risponde sconsolata Regina. “Adesso sei solo confusa. Lo so che ti senti attaccata a me ed è comprensibile. È stata una settimana particolarmente emotiva per entrambe. Tutto questo è stato terribile da sopportare per te. Ma fidati, non mi ami. Ed io non posso permetterti di pensarlo.”

“No, sta un po’ zitta” le ribatte Emma. C’è una scintilla diversa nel suo sguardo, una che Regina non vede da un po’ di tempo. “Non capisci. È un ricordo.”

“Di cosa stai parlando?”

“Zelena mi aveva messa spalle al muro, Hook aveva perso conoscenza, non avevo la mia magia e sapevo che stavo per morire. Si stava facendo beffe di me e mi ha chiesto se avessi un’ultima richiesta. Ero sicura che Henry sapesse quanto gli voglio bene, così come i miei genitori. Ma ero altrettanto sicura che tu non avessi idea che io ti amassi.”

Regina cerca istintivamente di separare le loro mani, scioccata dalle parole che stavano uscendo dalla bocca della Salvatrice. Ma Emma non glielo permette. La stringe ancora più forte.

“Ho chiesto a Zelena di portarmi da te. Le ho detto che volevo solo dirti quello che provavo – che avevo bisogno che tu sapessi quanto ero stata stupida – ci siamo danzate intorno tutto questo tempo. Ha riso e mi ha detto che te lo avrebbe detto di persona – un attimo prima di cancellarti dal mondo. Ha detto che avrebbe provato particolare piacere nel sapere che entrambe saremmo morte pensando a quello che avremmo potuto avere. Ho continuato ad urlare – portami da Regina – e poi tutto è diventato buio.

La storia di Emma non aveva senso sebbene, contemporaneamente, tutto combaciasse alla perfezione.

“Ma ora ricordo tutto. E ricordo che stavo morendo e l’unica cosa che volessi eri tu. Volevo vederti così disperatamente che, anche con il cranio ridotto in fottuti brandelli, in qualche modo ricordavo che avevo bisogno di dirti che ti amo.”

La Salvatrice ripete di nuovo quelle parole ma non sembrano essere più reali neppure la terza volta. Il corpo di Regina è stordito e non è sicura di poter muovere le labbra se ci provasse.

“Regina, non ricordavo neppure il mio nome, ma ricordavo il tuo. Son piuttosto sicura che sia questo che mi ha riportato indietro dalla morte. Capisci? Ti prego, dimmi qualcosa. So che mi ami.”

“Come…” balbetta, rispondendo con l’unico pensiero coerente che, in qualche modo, riesce ad articolare, “Come fai a saperlo?”

“Perché mi dai sempre quello di cui ho bisogno incondizionatamente” le risponde Emma. “Quando la maledizione di Pan stava per colpire, mi hai dato i ricordi più belli – mi hai dato un pezzo di te. Quando sono tornata in città, mi hai presa a calci perché sapevi che dovevo scoprire il mio potenziale anche se questo significava buttarmi giù da un ponte. Quando ho perso la mia memoria, mi hai portata qui e mi hai trattata come se fossi la tua famiglia. Se questo non è amore incondizionato, cosa diavolo è?”

Emma alle volte scatta. Emma alle volte dice cose crudeli. Ma altre volte dice cose bellissime e meravigliose – come la verità che sta ammettendo in quel momento.

“Dio, Regina, so che sono un casino. So che sono una stronza terribile con te quando non lo meriti. Ma tra di noi c’è qualcosa, vero? Ti prego, non dirmi che è tutto per Henry. Non è tutto a causa sua, vero?”

Regina scuote la testa. Cos’altro le è rimasto da fare.

Non riguarda Henry. Non lo riguarda più da un po’ di tempo, ormai. Abbastanza tempo, era ora infatti.

Emma si avvicina e chiude la distanza tra di loro. Le loro labbra si toccano e Regina si chiede come un bacio possa, contemporaneamente, metterla così a disagio ed esser la cosa più bella che le sia mai capitata.

Ma Regina si accorge che è esattamente la cosa più giusta. Perché Emma Swan è sicuramente la cosa più strana e più sconcertante che le sia mai capitata. Ma senza dubbio è anche la migliore.
 
 
 
Emma si fionda nell’appartamento dei genitori e Regina la segue a ruota, l’ansia alle stelle per la notizia che stanno per condividere.

“Mi ricordo!” annuncia con entusiasmo la Salvatrice. “Mamma! Papà! Ricordo tutto!”

Snow e Charming saltano già dal divano ed abbracciano Emma in pochissimi secondi. “Oh, Emma” Snow piange mentre fa scorrere le mani sulla schiena della figlia. “Grazie a dio, ci sei mancata così tanto. Eravamo così in pena.”

“Dov’è il mio bambino?” chiede Emma, quando si separano. “E dov’è mio fratello?”

“Tuo fratello dorme una volta tanto nella sua giovane vita ed Henry sta arrivando mentre parliamo” la informa David. “Ma sono sicuro che non vedono l’ora di vederti.”

“Quando è successo?” le chiede Snow. “Come hai fatto a ricordare?”

“È davvero complicato, ragazzi.”

“Mettici alla prova.”

David non le permette di cavarsela così. Non che Regina si aspettasse qualcosa di diverso. Emma chiude gli occhi, prende un respiro profondo e racconta tutto.

“Siamo andate da Gold stamattina, non appena ho recuperato la memoria. Ha fatto una cosa strana con la sua bacchetta ed ha detto che quando sono morta, avevo ancora dentro di me un po’ della magia di Regina da quando le abbiamo combinate. Ha detto che è quella la ragione per la quale sono sopravvissuta e riuscivo a ricordare solo lei. Ma, um, sapete…il fatto è che ha anche detto che la magia di Regina avrebbe potuto riportarmi in vita solo se lei fosse…il mio Vero Amore o quel che è. Ed allora è scoppiato a riderci in faccia per tipo venti minuti perché, a quanto pare, lo trova molto divertente.”

Ascoltare la storia dalla bocca di Emma fa battere il cuore di Regina così forte che riesce appena a percepire gli altri suoni.

“Ma certo” Snow annuisce, tranquillamente. Si dirige verso la cucina ed indica i contenitori. “Granny ha portato un sacco di cibo qui di recente, ti va qualcosa?”

“Whoa, whoa, aspetta” Emma li ferma e Regina è felice perché non sa davvero cosa fare di fronte ad una reazione così tranquilla. “Vogliamo davvero ignorare questa sconcertante notizia e passare subito alla lasagna?”

“Non sto ignorando nulla. Semplicemente non è così ‘sconcertante’, tesoro. Sei tornata in vita mormorando il nome di Regina. Non era poi così difficile fare due più due.”

“Oh, bene…perfetto allora.”

“Regina,” Snow dirige gli occhi verso di lei. “Vieni a sederti con me?”

Ogni nervo nel corpo di Regina è in fiamme perché sembra tutto così surreale. Si mette comoda sullo sgabello accanto a Snow, che immediatamente gira attorno alle sue spalle e la bacia delicatamente sulla guancia. È tutto quello che serve a Regina per collassarle addosso e piangere tutte le emozioni che ha trattenuto da quando sono tornati a Storybrooke. Emma non ricordava, ma poi ha ritrovato la memoria. Henry non ricordava, ma poi ha ritrovato la memoria. Ed allora Emma non ricordava di nuovo, ma ora ricorda e tutto è troppo perfetto.

“È finita, ok?” le sussurra Snow all’orecchio. “Te lo prometto. È finita. Basta dolore per entrambe, d’accordo? Sei al sicuro e noi ti vogliamo bene.”
Regina annuisce tra le sue braccia perché tutto quello che le sta dicendo è esattamente quello che ha bisogno di sentire.

“So che state condividendo un momento emotivo e va benissimo” dice Emma, avvicinandosi. “Ma in quanto Vero Amore di Regina recentemente attestato, credo che questo sia un po’ il mio lavoro.”

“Penso di poterlo condividere con te” le risponde Snow, con un sorriso sincero come se il mondo non fosse stato appena capovolto.

Regina è stretta tra le due donne più importanti della sua vita. E, prima che se ne accorga, Charming in qualche modo avvolge le sue braccia attorno a loro e tutto lo schifo che hanno attraversato smette di avere importanza. È ovvio che Snow mente, ci sarà inevitabilmente altro dolore – perché la vita è la vita e non possono evitarlo – ma sono insieme e questo fa sentire Regina invincibile.

Sa che non avrebbero perso nessun altro.

Sa che tutto è posto. 
 
 
 
 
 
   
 
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