Erano più o meno le due di notte quando, complici le tenebre di un primo fresco autunno londinese, il biondo aveva fatto ritorno alla magione dello scienziato. Era sgattaiolato nell'angusto, disordinato laboratorio facendo il proprio ingresso dalla vecchia e scardinata porta sul retro della casa, come suo solito, e si era ripromesso di indugiare solo qualche istante in quella fortezza di solitudine prima di fare ritorno al proprio appartamento a Soho; quanto bastava, insomma, per intascare qualche fiala di quello che ormai era il suo unico sostentamento, l'elisir della sua doppia vita. Per afferrarlo, allora, con quelle mani ancora una volta luride di sangue scuro, sangue innocente...ancora una volta poteva distintamente udire le grida acute e atterrite di una fanciulla innocente, ancora una volta non gli procuravano che una piacevole eccitazione dei sensi. Eppure, come pochissime volte era accaduto prima, avvertiva l'ombra della colpevolezza gravargli sul capo, la lancia appuntita di un biasimo che proveniva principalmente da sé stesso...no, da Jekyll. Dall'altro sé, del quale poteva udire la voce come un'eco rindondante nella propria testa, così presente da farlo sprofondare in un profondo e inquieto disagio. "Che razza di essere sei? Demonio! La mia croce, la peggiore sciagura della mia vita, questo sei! La mia reputazione, la mia buon'anima...tutto al diavolo a causa tua!". Una di quelle doveva essere stata una parola di troppo, perché il nostro Hyde si diresse con impressionante risolutezza di fronte allo specchio posto su quel fragile, precario cavalletto dallo scienziato appositamente per prendere atto dei propri cambiamenti durante le trasformazioni, e scrutando furente i tratti sfocati del volto del dottor Jekyll prese a sfogare la propria più che ragionata esasperazione.

" Ascolta, dottore...e fatti un esame di coscienza, se ancora riesci a trovarla, nascosta com'è sotto tutta quella dannata ipocrisia. Quello che hai di fronte non è altro che il prodotto di ciò che non hai il coraggio di vivere apertamente come Henry Jekyll. E' vero, io sono la mano che affonda il colpo, il nome che compare sulle pagine di cronaca nera, ma tua è la coscienza, tuoi gli oscuri desideri, le innominabili perversioni...quando, fendente dopo fendente, apro il corpo di un ignaro passante, sei tu a godere della vista del sangue; quando strappo a una povera vedova la sua collana di perle, sei tu a crogiolarti nell'insaziabile avidità; quando violo il corpo di un innocente giovane o di un'immacolata fanciulla, tue sono le sporche fantasie che si fanno carne; quando, per Diana, una brava donna mi supplica di risparmiare la luce dei suoi occhi, è tua l'eccitazione che provo nel riempirgli di piombo le cervella! Tutto questo ti sconvolge, esimio dottore? Ah, ma più di questo dovrebbe turbarti la consapevolezza che quanto di più riprovevole accade a Londra è opera tua. Sei quanto più odi e aneli a questo mondo, tu... "

E fu solo allora, che si avvicinò allo specchio, per godersi in tutto e per tutto ogni singhiozzo e ogni lacrima disperata e colpevole della propria metà al di là dello specchio, assente eppure più che mai consapevole in quell'istante, ruggendo un attimo prima di fracassare con un pugno il vetro, lasciando che sangue e schegge coprissero il pavimento attorno a sé.

" ...tu sei Hyde! "