Primo Capitolo:Incontro-Scontro
"Ebbene San Diego, sono le sette del mattino e il sole
autunnale splende sereno sulla nostra città, che ne dite di svegliarci po'
ora!!"
La radio era partita come ogni mattina, era peggio di una sveglia,
anche perchè era indirizzata proprio alle mie orecchie, così che non potessi far
finta di non averla sentita.
E proprio quando stavo per riaddormentarti, come
un'orologio svizzero, mia madre venne a bussarmi.
-
Yvaine!!! - sbottò la donna dietro la porta, mentre batteva furiosa sul legno
bianco - Sveglia, altrimenti stasera al concerto non ci vai!! - minacciò la
donna che si diceva mia madre ma che al momento sembrava essere Attila, anzi lui
al suo posto era meno furioso.
Ma le sue parole mi fecero saltare dal letto.
Cosa? Niente
concerto! Stava scherzando vero? Io dovevo andare a quel concerto, dovevo
vederli, anzi era meglio dire rivederli.
Ok Yvaine, sii sincera con te
stessa, dici che vuoi rivederelo.
Mi alzai come una furia, aprendo di botto
la porta e trovando davanti a me la faccia compiaciuta di mia madre che
sghignazzava, sapeva la mia ossessione, legittima come diceva lei, anzi non era
ossessione, amore scondizionato per quei tre ragazzi.
- Mamma non sono
minacce da fare! - esclamai ancora furiosa, con il cuore a mille e con un
aspetto degno di un costume di Halloween, paragonato a me un mostro farebbe
bella figura.
- Dai Yvaine, non perderti in chiacchiere, hai scuola, susu,
non vorrai fare tardi proprio questi ultimi giorni a S. Diego - la sua voce,
calma, tranquilla, priva di rimorsi per avermi fatto venire un infarto, mi
fecero assottigliare gli occhi e in preda ad una crisi isterica chiusi la porta
di botto.
Fissai immobile la mia stanza semi vuota, con tanti scatoloni
pieni, chiusi o ancora da riempire.
Mi ci volle qualche minuto per calmarmi,
per riprendere a ragionare con calma, aprire l'armadio e tirare fuori una maglia
e un jeans, in coordinato con il mio giubbino nero di pelle che giaceva da
qualche parte.
Mah l'avrei trovato dopo, ora mi aspettava il
bagno.
Passando davanti allo specchio, mi guardai, anzi mi scrutai da capo a
piedi.
Alta, con capelli castano dorato, quasi biondo, mossi, lunghi fino alle spalle. Un
viso piccolo e tondo, dalla pelle di alabrastro e un paio di vivaci e limpidi occhi
azzurri.
Non mi ero, e non mi considero, carina, alcuni invece
dicevano che ero bella, ma forse perchè mi guardavo ogni santissimo giorno allo
specchio non notava niente di speciale.
Alzai le spalle,
prima di precipitarmi nel bagno.
Lavata, profumata e vestita mi precipitai in cucina. Ora
vi domanderete come fa una ragazza così esile e longilinea a diventare un
bufalo.
Chiamasi colazione speciale di mia madre.
Omelette al formaggio,
filante e se dico filante è filante. Bacon.
Da leccarsi i baffi.
Divorai,
tutto, letteralmente, il piatto dovetti lasciarlo, non era commestibile.
E
dopo aver schiaffato un grosso bacio sulla guancia a mia madre uscì dalla porta
di casa completamente calma, con una grazia e un eleganza dovuta ad anni di
danza, perchè si io ho due grandi passioni, anzi no facciamo tre.
Il canto!
Infatti il mio secondo nome è Calliope, musa della poesia epica, ma che
letteralmente vuol dire dalla "Bella voce".
La seconda è la danza, da piccola
frequentavo una scuola di danza classica, diplomata quest'anno! E da un paio
d'anni un corso di hip hop e uno di latino americano.
La terza? La volete
sapere? Sono tre fratelli, potrei direi amici, se si ricordano ancora di me, che
diventati famosi fanno impazzire todo el mundo. Joe, Nick e Kevin, ecco loro
sono la mia terza passione.
Ero tutta presa da i miei pensieri da camminare
sul marciapiede sbagliato, tanto che dovetti attraversare e correre per
raggiungere il pullman che intanto stava lasciando la fermata.
Per
un pelo balzai sul grosso autobus che mi avrebbe portato a scuola, alla San
Diego Senior High School.
Pochi minuti di tragitto e vedevo già i ragazzi della
mia scuola camminare verso l'edificio, chi con lo skate, chi in macchina e chi
come, in autobus.
Scesi una fermata prima per poter arrivare giusto in tempo
e non dover aspettare in cortile subbendo gli sguardi truci delle mie amiche che
di lì a quale giorno avrei lasciato.
Passavo davanti un'infinità di piccoli
vicoli e stradine laterali popolate da teppistelli e gatti randaggi che con i
bidoni della spazzatura la facevano da padrone.
D'un tratto, mentre camminavo
spedita verso la mia scuola sentì delle urla e rimasi a fissare una valanga di
persone, e dico valanga, che giungeva in mia direzione, davanti a loro qualcuno
correva.
Stavo per spostarmi per evitare la valanga umana, non volevo
trovarmi di prima mattina con una slogatura, ma troppo tardi, fui
letteralmente travolta, trascinata dai fuggiaschi, per non cadere uno di loro si
appoggiò a me e forse per gratitudine o forse perchè mi aveva scambiata per
un'altra mi strinse la mano e continuò a correre. Al momento dell'impatto avevo
sentito un brutto dolore alla caviglia, ci mancava solo questo.
Per istinto
di sopravivenza cominciai a correre, ma ero impazzita? Potevo spostarmi ed
evitare il fiume in piena di ragazzine urlanti. Si capiva che erano delle fan, e
i poveretti le star. Fissai per un istante un ragazzo accanto a me, alto,
capelli scuri e un taglio molto allegro, i capelli sceglievano ognungo la sua
direzione appena sveglio, secondo il mio modesto parere.
Fui fulminata dalla
possibilità di chi potevano essere, erano in tre, erano ragazzi e avevano
un'aria familiare che fossero.
No, Yvaine non pensare a cose
assurde
- Ciao - disse il ragazzo-familiare. Lo fissai,
sconvolta, non poteva essere lui, se era lui, svenivo, lì, seduta stante.
-
Ora non fare domande, seguici - aggiunse, mentre io annuivo rassicurandolo che
non avevo intenzione di scappare, dovevo prima scoprire se era lui e se si se si
ricordava di me.
Come in un flash back, ricordai, di quando io avevo 14 anni
e lui solo un anno in più, lo stesso anno in cui crearono la band, lo stesso
anno in cui io mi trasferii
- JJ, lo prometto ci rivedremo -
dissi io, guardandolo negli occhi
- Yve, ti ho detto di chiamarmi Joe. - Mi
rispose il ragazzo mentre stringeva forte la mia mano come a non volere che
andassi via, come una Cenerentola a mezzanotte.
- vabbene, Joe, lo prometto
ci rivedremo - ridissi, calcando sul suo nome, quanto mi piace il suo nome, era
così semplice, facile, immediatato, mi piaceva
- E se non ci fosse una
prossima volta. - disse con un tono degno di un funerale, allora fui io a
stringere la mano, la sua mano, scuotendo la testa.
- Ci sarà, lo prometto
-
I tre fuggiaschi aumentarono la corsa, distanziando le pazze scatenate,
attraversarono quindi un incrocio, passando sul filo del rasoio e scomparvero in
un viottolo con me alle calcagna. Tutto questo nascosto da un grosso camion
provvidenziale.
Era il momento della verità, lì nel viottolo si tolsero
gli occhiali e i cappellini da baseball, e per poco non mi sentìì mancare,
davanti a me c'erano loro, i miei idoli, i miei vecchi amici.
Forse prima,
correndo non ci avevo fatto caso, ma ora il dolore lacinante alla gambe tornò
sovrano facendomi vacillare, ma fui sorretta prontamente da lui, da JJ.
Mi
bastò fissarlo un secondo negli occhi per capire che mi aveva riconosciuto.
-
Yvaine - mormorò Joe, mentre le sue braccia continuavano a stringermi evitando
che cadessi.
This Web Page Created with PageBreeze Free Website Builder