Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Ricorda la storia  |      
Autore: Akita    24/09/2014    3 recensioni
Oberyn Martell, la Vipera Rossa, una promessa troppo difficile da mantenere per il suo cuore audace, ed Elia, dolce sorella scomparsa.
Elia si era fatta improvvisamente seria, stesa sulla sabbia per asciugarsi, e guardava l’orizzonte con occhi lontani.
“Prometti che ti terrai fuori dai guai, quando la scuola inizierà. Sei un testone che non pensa mai prima di agire.” Lui aveva cercato di protestare.
Tipico di lei, testa tra le nuvole e nessuno spirito di voler cambiare le cose. Come avrebbe fatto a guadagnare il posto che gli spettava all'interno della scuola? Come avrebbe potuto proteggerla, senza attaccare lui per primo?
Elia non l’aveva nemmeno lasciato continuare, e gli aveva posato una mano sulla bocca.
“Promettimelo o non ti parlo più!”.
Genere: Angst, Sovrannaturale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Elia Martell, Oberyn Martell
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nota dell'autrice:
Questa storia è nata come mega crossover-AU durante una discussione con varie amiche. Cosa sarebbe successo se avessimo trasportato il mondo di GoT in quello di Harry Potter?
L'idea originale è di http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=2986, Feel Good Inc., e ognuno ha provveduto a sviluppara a modo suo.

Attenzione a questa fiction, contiene SPOILERS  per chi non ha visto la quarta serie o letto i libri.

Fun facts:
-Ho eliminato le questioni più complesse riguardanti la situazione di Oberyn. Diciamo che è stato un Mezzogigante, e menzioniamo il resto.
-Oberyn è stato professore di Pozioni e Capocasa di Serpeverde.
-Gli Stark sono disseminati tra le varie Case.
-Ned è morto durante un Torneo Tremaghi, e così anche Robb.

Enjoy.

Akita

-------------------------------------------------------------------



Uno sguardo alla Torre di Corvonero.

Lei era lì, lo sapeva.

Un bagliore d’argento, una luce vaga e sfuggente, un miraggio.

 

Lei ancora non si faceva vedere, chiusa nella Torre di quella che era stata la sua Casa, il suo unico rifugio, blindata in un dolore che aveva incatenato l’impronta del suo spirito alla terra.

 

A volte la sua memoria tornava indietro a tempi più felici, quando ancora i sogni erano ancora permessi.

 

Ah...Elia, la sua Elia: delicata, fragile sorella maggiore, con lo sguardo sui libri e la testa nei sogni.

 

I ricordi gli spezzavano quel poco che gli rimaneva dell’anima.

Ricordi di giochi, risate sulle spiagge calde di Málaga, dove passavano quasi tutte le loro estati. L’Andalusia era la loro terra natale, lì avevano vissuto i loro nonni e lì ancora viveva gran parte della loro famiglia, in quella comunità magica che portava in sé i colori di ogni parte del mondo e li mescolava fino a farne qualcosa di speciale.

 

Un giorno vedrai! Diventerò un grande mago, un duellante! E tutte le vittorie saranno per te!”.

Questo le aveva strillato, correndo sulla sabbia bollente e ridendo, fiero della sua nuova bacchetta, agitandola così forte da produrre uno spruzzo di vivaci scintille dorate.

 

Lei aveva riso, il vento di mare che le spazzava i capelli e portava odori di terre lontane. Poi l'aveva abbracciato, forse per affetto, forse per impedire ai capelli di entrambi di prendere fuoco.

Sei uno scemo. Finirai male, con questo sangue caldo che ti ritrovi!”.

Lui aveva lottato, avevano riso insieme, avevano giocato e fatto castelli di sabbia, a pochi metri da quel mare cristallino in cui poi si erano tuffati.

 

Erano soli, piccole bestioline sospese tra il mare e la sabbia.

Quale dei loro fratelli avrebbe voluto giocare con loro? Tutti presi nei loro mondi di studio, amici, politica. Specialmente Doran, quel fissato, mai un momento per loro.

Oberyn ed Elia, Elia ed Oberyn. Talmente simili e talmente legati da poter sembrare gemelli, una coppia di armi ben affilate.

Se Elia era sempre stata lo scudo, lui era la lancia: sottile, tagliente, colpiva con tutta la passione di un bambino di undici anni.

 

Elia si era fatta improvvisamente seria, stesa sulla sabbia per asciugarsi, e guardava l’orizzonte con occhi lontani.

Prometti che ti terrai fuori dai guai, quando la scuola inizierà. Sei un testone che non pensa mai prima di agire.” Lui aveva cercato di protestare.

Tipico di lei, testa tra le nuvole e nessuno spirito di voler cambiare le cose. Come avrebbe fatto a guadagnare il posto che gli spettava all'interno della scuola? Come avrebbe potuto proteggerla, senza attaccare lui per primo?

Elia non l’aveva nemmeno lasciato continuare, e gli aveva posato una mano sulla bocca.

Promettimelo o non ti parlo più!”.

 

Alla fine era stato costretto ad accettare. Poteva sopportare tutto, ma non il silenzio di Elia. Quello mai.

 

Non aveva mai dimenticato quella promessa.

 

Aveva cominciato la scuola, avuto le sue battaglie, studiato quello che Hogwarts poteva offrirgli

La Casa in cui il Cappello lo aveva mandato e il sangue bollente gli avevano fatto meritare un soprannome che gli sarebbe sopravvissuto.

Vipera Rossa.

 

Perché sì, forse la sua mente era lì, nel sotterraneo verde ed argento, ma il suo cuore avrebbe bruciato per sempre, forte come il sole dello stemma famigliare.

Eppure, nonostante questo, Oberyn aveva cominciato a frenare la sua esuberanza.

 

Per Elia.

 

Ovunque lui fosse, in qualunque guaio si mettesse, c’era sempre lei, accanto, a spalleggiarlo con la sua diplomazia.

Lui l’aveva protetta e difesa, aveva allontanato chiunque da quella giovane donna fragile e dignitosa. Sua sorella, l’altra faccia della medaglia, confidente, amica, spirito affine, così strana ed estranea in un mondo troppo duro per lei.

 

Le prime crepe cominciarono ad apparire quando lei finì la scuola, e furono divisi: nonostante tutti i suoi sforzi era arrivato lui a turbare la loro quiete.

Quel matto di Beuxbatons. Rhaegar. Lui non aveva potuto farci niente, rinchiuso tra quattro mura che odiava e che non lo faceva respirare.

Non si fidava di quell'uomo, ma Elia non aveva accettato di ascoltare nessuna delle sue lamentele dignitosa come una statua antica.

 

Avevano finito per sposarsi, lei aveva amato quel mezzo francesino dall’aria snob e presunto sangue Veela, e lui era rimasto per finire la scuola, e poi per cominciare la sua carriera.

 

Aveva domato la sua rabbia anche allora, sfogando la sua solitudine e buttandosi anima e corpo nella sua nuova vita, zanne snudate come un serpente che attacca.

L’animo inquieto lo aveva spinto a viaggiare, non riusciva mai a stare troppo tempo con lo stesso panorama sotto gli occhi, aveva il vento tra i capelli e un incendio inestinguibile dentro il petto.

 

Alla fine davvero era diventato un mago famoso, e non solo nella lurida, fredda Inghilterra.

Ovunque riecheggiava il nome della Vipera Rossa, abile duellante, pozionista, uomo da tante e tanti amanti.

 

Per quanto viaggiasse, per quanto fosse forte il suo passo e veloce la bacchetta, il suo cuore piangeva, prigioniero della grigia, fumosa Londra.

Pensava ad Elia, grigia e sola, imprigionata nelle maglie di un matrimonio che stava troppo stretto per le sue grandi ali di sognatrice, usignolo ferito senza possibilità di fuga.

Tornava sempre da lei, e dai suoi nipotini, senza riuscire a trattenere del tutto la sua ira.

 

Ma aveva evitato colpi di testa, anche allora aveva cercato di mantenere la sua promessa, anche se era troppo facile attingere a quella riserva continua di rabbia, di passione.

Avrebbe tanto voluto dare un pugno in faccia a quel Rhaegar, quel professore venuto da oltreoceano per rubare sua sorella e rinchiuderla in gabbia...ma...

 

...Cosa aveva promesso?

Oberyn stringeva i denti, e affondava le unghie nei palmi fino a farli sanguinare.

 

Pensava di aver raggiunto un nuovo equilibrio, quando infine era giunto il caos.

Il lurido francesino aveva sollevato uno scandalo, lui e la sua studentessa scozzese, dannata Lyanna Stark e le sue chiome corvine!

Elia aveva sopportato in silenzio, nascondendo le sue lacrime, ma il resto del mondo magico non era stato altrettanto conciliante.

Lo scandalo si era gonfiato fino ad assumere proporzioni pazzesche, e alla fine le nazioni magiche europee si erano trovate coinvolte in una diatriba che era sfociata in guerra.

 

Si era trattenuto anche allora, cercando di proteggere la sua famiglia, aveva domato il suo cuore per far sorridere sua sorella...

 

Ma Elia, alla fine, era morta. Lei, suo marito, i suoi figli. Morti, le loro vite spezzate da un Mezzogigante.

Lui era arrivato soltanto dopo, per trovarla riversa nel suo stesso sangue, magnifica rosa dallo stelo spezzato.

 

Aveva cominciato ad urlare, e forse dentro di sé non aveva mai smesso.

 

Alla fine erano riusciti a stabilire la pace, con quello stupido Torneo Tremaghi, ma ormai la fiera nel petto di Oberyn Martell si era risvegliata.

 

A che scopo seguire la promessa? Aveva fatto tutto quello per Elia, la sua Elia, ed era finito a guardare il suo corpo massacrato, senza poterci fare nulla, senza che nessuno dei suoi incanti le restituisse vita.

 

Si era rivoltato contro la sua stessa esistenza come una serpe ferita, gli occhi annebbiati da una sola parola: vendetta.

Era quello che gridava tutte le notti, quando gli incubi gli velavano il sonno, era quello che borbottava di giorno, quando lottava, quando amava.

L'avevano stuprata!

L'avevano uccisa!

Avevano ucciso i suoi figli!

 

Tutto quello che aveva fatto era stato per niente!

 

Gli anni erano passati, lenti, torturandolo goccia a goccia.

Quando aveva saputo di voce riguardanti il fantasma di Corvonero aveva sentito il suo cuore mancare.

Non poteva essere. Non era da lei, come poteva?

 

Si era precipitato ad Hogwarts, con l'intenzione di indagare, con un palpito di speranza. Era diventato professore di pozioni, e aveva visto tante cose accadere.

Eppure, eppure, eppure...lei non si faceva vedere.

Oh, c'era, Oberyn ne era sicuro...ma non si lasciava acchiappare, fugace bagliore, un sogno destinato a svanire presto, forse per la vergogna, forse per il dolore.

Lui non demordeva. Aveva ancora una possibilità di rivedere la sua amata Elia, che aveva scelto di rimanere tra le rassicuranti mura della sua Casa, lì dov'era stata innocente e felice, l suo cuore poteva forse essere in pace.

 

Le cose erano precipitate molto più in fretta di quanto immaginasse.

Un nuovo Torneo, la nuova opportunità di un bel bagno di sangue tra giovani maghi e non solo.

Aveva promesso di starne fuori: era troppo impegnato a cercare un contatto con Elia, voleva raggiungerla.

 

Ma l'odio ebbe la meglio su di lui.

E quando vide quel Mezzogigante affrontare quell'idiota nano dell'insegnante di Incantesimi, finito in mezzo a quel delirio per una sfortunata questione di famiglia, il fuoco tornò a divampare nelle sue viscere, più ardente che mai.

 

Si era buttato nella lotta, si era sostituito a quello stupido, speranzoso Tyrion, senza pensare, ogni fibra del suo corpo che urlava vendetta.

L'aveva uccisa, stuprata, aveva ucciso i suoi figli!

 

L'odio era riuscito a divorare ed avvelenare anche tutte le cose buone che aveva creato in quel periodo, incancrenendo la sua famiglia, adombrando il suo sguardo, offuscando il suo giudizio.

 

Ma lì c'era il colpevole, così vicino, così facile da abbattere!

Aveva permesso al suo cuore fiameggiante di avere la meglio, e la voglia di farlo parlare ancora, di fargli ammettere i suoi crimini davanti a quel criminale impunito del Preside Lannister, complice di quello ed altri delitti, era stato il suo fatale errore.

 

Un Mezzogigante era difficile da uccidere al primo colpo, e lui l'aveva imparato a sue spese.

 

Quando si era svegliato, aveva fissato con aria incredula il suo corpo sostanzialmente mancante di testa.

Il Mezzogigante era morto, ma anche lui aveva pagato il suo prezzo.

 

Aveva sentito un lieve fruscio dietro di sé, più lieve di un battito di una farfalla, e qualcosa dentro di lui aveva avuto un fremito.

 

Dietro di lui c'era Elia. Elia, finalmente, dolce, cara sorella...

 

Si era voltato con un sorriso estatico, ma lei l'aveva fissato con aria seria, gli occhi eterei pieni di dolore.

 

“Non hai mantenuto la promessa.”

 

“Elia..”

Era riuscito a dire solo questo, e lei era svanita così come era arrivata.

 

Era entrato a far parte dei fantasmi di Hogwarts.

Gli studenti avevano preso a chiamarlo, un po' per gioco un po' per vera paura, il Barone Sanguinario.

Da quel giorno aveva continuato a cercarla, urlando il suo nome e il suo dolore, ringhiando e ululando al soffitto della Casa di Serpeverde tutta la rabbia che aveva verso se stesso ed il mondo, chiamando Elia, chiamandola ancora, supplicandola di tornare.

 

 

Perché l'avevano uccisa, lei ed i suoi figli? Perché avevano dovuto fargli un'ingiustizia così grande? Perché?

Perché non aveva mantenuto quella promessa?

 

L'unico momento in cui riusciva a calmare la sua continua, perenne agonia era la notte, quando saliva sulla Torre di Astronomia, e guardava in quella di Corvonero.

 

Lei era lì. Lucida, brillante.

Forse chissà, un giorno l'avrebbe perdonato. L'eternità era lunga.

Ma, per ora, lei era solo argento, un luminoso, fuggevole lampo di luce.

 

Allora, la memoria di Oberyn ritornava a tempi felici.

Per quella notte, forse, non avrebbe urlato.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Akita