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Autore: missgenius    29/09/2014    2 recensioni
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Natasha ha deciso, ha scelto di essere madre. E ci sta provando, sul serio. Ma a volte...
ClintxNatasha
[Fluff family!]
Scritta a tre mani con Paoletta76! (Sorry, non potevo non dirlo! ;)
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piangeva.
Edith continuava a piangere senza un motivo evidente.
L'aveva appena allattata, l'aveva cambiata, aveva giocato un po' con lei, le aveva dato il ciuccio ed ora era da mezzora che la cullava per farla addormentare. Le braccia le stavano iniziando a far male dal continuo movimento. Neppure quella ninna nanna che aveva iniziato a bofonchiare sotto voce riusciva a calmarla. 
Niente, la bambina continuava a piangere con tono stizzito.
''Su, su ti prego amore mio, smettila...''
Un altra supplica a vuoto.
Natasha era sul punto di abbandonarsi anche lei a un pianto isterico. Complice la mancanza di sonno della notte precedente sempre dovuta alla piccola testolina rossa stretta tra le sue braccia. E il mal di testa che le era venuto trovandosi accanto alla fonte più alta di strilli che avesse mai incontrato.
Clint era stato convocato da Fury al Triskelion per alcuni documenti, e lei si trovava completamente sola nel loro appartamento alla Stark Tower senza avere idea di cosa fare.
La testa le pulsava dolorosamente di più a ogni strillo che la bambina faceva. Come faceva un esserino così piccolo ad avere dei polmoni così potenti? si ritrovò a pensare.
Cercò di ripensare a qualcosa che le poteva aver detto Pepper o Sif, o l'infermiera Catherine, sui bambini. Ma in quel momento, causa la stanchezza estrema, la sua memoria fotografica decise di far cilecca.
'Che caspita ha mia figlia!?'
Era sua madre, avrebbe dovuto saperlo, avrebbe dovuto proteggerla, avrebbe dovuto impedire che la sua bambina soffrisse.
Era sua madre e non aveva la minima idea di cosa fare.
''Ssshhh, ti prego, dai Edith, c'è la mamma qui... ti prego, smettila...''
Continuava a cullarla in un movimento che stava diventando automatico, e la stava facendo innervosire ancora di più.
Si sedette sulla sedia a dondolo, sperando che quel movimento l'aiutasse almeno a riordinare le idee. Si decise a chiamare Clint per chiedergli urgentemente di venire, al diavolo Fury, la sua sanità mentale e soprattutto sua figlia, erano più importanti.
Due squilli prima che rispondesse.
''Pronto, Nat?''
''Clint, ti prego vieni, Edith piange da più di mezzora, non so perché... non so che fare..e..io..non lo so!''
La sua voce rasentava l'isterismo.
''Sto arrivando ho appena parcheggiato sotto, dammi cinque minuti.. e tranquilla, fai respiri profondi...''
''Sì, sì ma tu sbrigati!''
Chiuse la chiamata con più forza di quanto non volesse facendo fare una piccola pausa alla bambina...
''Ok tesoro, ora sta salendo papà e vediamo lui che dice..''
...pausa che servì solo a farle prendere fiato e gridare ancora di più.
La scena che si trovò davanti Clint al suo ingresso a casa aveva dell'inverosimile e sarebbe stata lievemente comica se non avesse incrociato gli occhi lucidi e semidisperati di Natasha con la bambina urlante in braccio.
''Ti prego, ti prego non ce la faccio più...falla smettere...'' e le mise in braccio Edith senza tante cerimonie.
La bambina lo guardò con i suoi stessi occhi, prima di mugulare e ricominciare a piangere, ormai rossa per lo sforzo.
Natasha si passò una mano tra i capelli nervosa e si diresse nella terrazza.
Clint la guardò allontanarsi senza provare a fermarla.
Non erano in molti quelli che riuscivano a far piangere la Vedova Nera.

Dieci minuti dopo Natasha venne raggiunta da Clint. Un silenzio incoraggiante proveniva dalla stanza vicina.
''Come hai fatto?''
Lui guardò la sua espressione che a occhi estranei poteva apparire annoiata ma che nascondeva una profonda inquietudine.
''Ho... chiamato la pediatra. Mi ha detto di controllarle le gengive per vedere se potevano essere i dentini che stanno spuntando. In effetti le aveva tutte arrossate e continuava a mettersi le manine in bocca. Allora mi ha detto di darle qualcosa di fresco da mettere in bocca...''
''E cosa le hai dato?'' Natasha era ancora seduta sulla sedia di vimini che guardava concentrata un punto indefinito dello skyline.
''Le ho messo il ciuccio in freezer per qualche minuto. Ha funzionato perché appena lo ha messo in bocca si è addormentata subito. Doveva essere distrutta più di sua madre a furia di tutto quel piangere!''
Clint rise ma si bloccò non appena vide due grosse lacrime scendere dal viso di Natasha.
''Io...io non sono in grado... non... non ce la faccio! Non sono capace!''
La voce alterata dalla frustrazione, Natasha stava ormai gridando. Si fermò quando senti un piccolo vagito.
Clint la guardò un attimo prima di alzarsi e raggiungere la figlia.
Ritornò dopo due minuti, il tempo di far riaddormentare la piccola.
Natasha si era alzata, con le mani che stringevano la ringhiera, e gli occhi che minacciavano di straripare di nuovo da un momento all'altro. 
Clint le si avvicinò massagiandole le braccia con fare protettivo.
''Vedi? Io non ci riesco. Non sono in grado.''
''Nat..''
''No, Clint! Lei mi odia! Lei preferisce te..''
''Cosa dici? Non è vero che ti odia! Sei sua madre!''
''Non sono sua madre! Sono solo quella che l'ha partorita! Io non ne ho idea di cosa significhi essere madre, non l'ho mai saputo e mai lo capirò. Io ci ho provato, veramente. Volevo...io volevo esserlo...una buona madre... ma non ne sono in grado. Non ci riesco!''
''Natasha!''
Lei si zittì al tono imperioso di lui. Lo fissò con gli occhi lucidi.
Clint le prese il viso tra le mani.
''Natasha. Ora sta zitta, smettila di dire tutte queste stupidaggini, e stammi a sentire. Tua figlia non ti odia, non ti potrà mai odiare. MAI. Tu sei e sarai sempre sua madre. È questo non lo potrà cambiare niente e nessuno, mai e poi e mai. Hai capito? È normale che ti senta così, è una situazione nuova a cui non siamo abituati, ma lei è nostra figlia. Siamo i suoi genitori. Tu. Sei. Sua. Madre. E non è vero che non ne sei in grado. Tu la ami?''
''Più della mia stessa vita.''
''Vedi? Allora sei una madre perfetta. È questo il segreto. Per tutto il resto c'è solo da imparare.''
Un minuscolo sorriso si affacciò sul suo viso. La abbracciò stretta, sperando che in quel abbraccio sparissero tutte le sue preoccupazioni.
''Ora rilassati, respira e vai a distenderti un po'. Hai bisogno anche tu di riposare.''
 Lei nascose il viso nell' incavo del suo collo.
'' Grazie... ma come fai a sapere sempre cosa dire?''
'' Infatti non lo so. Quasi mai.'' Alzò le spalle con un sorriso sghembo.
Natasha si allontanò da lui giusto per guardarlo in viso, allugando le dita e accarezzandogli i capelli corti sulla nuca, lasciandolo chiudere gli occhi con un espressione di beatitudine. E lei ride.
Ride leggera, perché quella è la stessa espressione che fa Edith, che fa la sua bambina, poco prima di prendere sonno, mentre le stringe un dito con la sua manina paffuta. Quell'espressione di beatitudine, quando la fa rilassare con piccole carezze sulle guanciotte rosa, dopo che l'ha allattata al seno, lei si stacca, la guarda, sorride e fa proprio la stessa espressione.
E ora ride con un po' più di gusto.
Il grosso peso che aveva sullo stomaco si dissolse nell'aria della sera.
I suoi tentativi per essere una buona madre non sono proprio andati male.
Si buttò su di lui, beandosi del calore del suo abbraccio.
Lo sguardo le andò sul tenue spicchio di Luna che stava spuntando.
Ha ragione Clint: lei non può saperlo, cos'è una madre. Perché non l' ha mai avuta.  E lì la sorprese la voce di Clint oltre la guancia.
‘‘ Impareremo insieme Nat. Vuoi imparare con me?''
Annuì appena, staccandosi un'altra volta da lui, giusto per fargli vedere quanto ora volesse davvero. Mimò un ti amo con le labbra, senza emettere alcun sono. Nel silenzio della sera sarebbe di troppo, in quella aria di complicità che la aiuta a non cadere giù, a vedere la luce, sempre.
Lui lo sa. Lui lo sa, non c'è bisogno di parole tra di loro.
Il bacio che le dà in risposta è molto più eloquente di tante parole.
 
  
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