Autore:
Chloe R Pendragon.
Titolo: You’re
long gone now.
Personaggio/coppia: MurtaghxNasuada.
Rating: Verde.
Genere: Angst,
Introspettivo, Sentimentale.
Avvertimenti: AU, Missing Moments.
Eventuale citazione scelta: “Perché quello che c’è tra noi merita l’attesa”.
NdA: Il
titolo è tratto dalla canzone “A bad dream” dei Keane, che mi ha ispirato per
questa storia, per cui se vuoi puoi ascoltarla mentre la leggi... ;)
You’re long gone now.
Il sole era apparso
all’orizzonte, donando al cielo innumerevoli sfumature di rosso e irradiando di
luce le rovine di un lungo e devastante incubo: la disfatta di Galbatorix aveva
segnato l’inizio di un nuovo mondo per i popoli di Albion, un mondo in cui avrebbe
regnato la pace e il rispetto per i possessori di poteri magici. In tutto il
paese sembrava quasi di respirare allegria e spensieratezza per via delle
innumerevoli feste organizzate nei territori più disparati, eppure vi era un
luogo in cui la gioia sembrava essere un ricordo lontano: difatti dal palazzo
reale di Camelot si udivano rumori di vetri che s’infrangevano, di tessuti che
venivano dilaniati e di oggetti che venivano scaraventati al suolo.
Tali disordini provenivano dalle
stanze della regina Nasuada, la quale aveva appena lasciato il consiglio dei re
per ritirarsi in privato; qui si era lasciata cadere sul suo elegante talamo,
esausta dalle interminabili ore trascorse in compagnia di boriosi sovrani ed
altezzosi primi ministri, che sembravano dilettarsi nel protrarre la noiosa
riunione con mille pretesti. Possibile che nessuno tra loro avesse saputo
leggere il tormento e l’agonia che si celavano dietro il suo aspetto dignitoso?
Certo che no, lei era sempre stata brava a nascondere i propri sentimenti nei
recessi della sua anima, come avrebbero potuto scorgere il suo dolore?
I frammenti del suo cuore avevano
contribuito a seppellire tali emozioni e a celarle da sguardi indiscreti, così
da permetterne la visione solo a due persone: lei stessa e il suo
cavaliere. Nel ripensare al suo amato, calde lacrime avevano iniziato a rigarle
il volto, mentre una morsa infuocata aveva preso a stringerle il petto, acuendo
la sua sofferenza; la sua mente, accecata dal supplizio, aveva cominciato a far
riemergere ricordi velenosi, capaci di acuire lo strazio della donna al punto
da spingerla a devastare la propria camera, così da poter finalmente sfogare la
propria frustrazione.
………….
Il
fiume Cam scorreva impetuoso quel giorno, la superficie solitamente piatta era
increspata da gorghi oscuri che rispecchiavano l’agitazione dei due amanti
seduti sulla sponda orientale; il viso di Murtagh era incupito da una muta
tristezza che logorava oltremisura la bella Nasuada, già sconvolta dalla
battaglia da poco disputata per la libertà dalla crudeltà di Galbatorix.
«Non
è facile per me dire ciò che sto per dire, poiché so già che ti renderà
infelice...» disse il cavaliere con un sussurro concitato, capace di scatenare
un brivido freddo nella sua interlocutrice; quest’ultima, seppur tremante, gli
fece cenno di proseguire, spaventata ma curiosa di conoscere le intenzioni del
suo amato.
«Ho
intenzione di andare via da queste terre... da solo.» si affrettò ad aggiungere
quando vide la fanciulla prendere fiato per replicare. «Ho bisogno di
trascorrere un po’ di tempo lontano da tutti per meditare sulle terribili
azioni che ho compiuto quando ero al servizio di quel mostro senz’anima.»
«U-un
po’ di tempo?» riuscì a chiedere Lady Furianera, ancora attonita per la
decisione presa dal condottiero; gli occhi di entrambi si riempirono di
lacrime, ma fu quando la giovane si lasciò sfuggire un singulto che esse presero
a scorrere copiose lungo le loro guance, spingendo l’uno tra le braccia
dell’altra. Piansero per un tempo interminabile, stretti in un abbraccio
appassionato e doloroso, per poi scostarsi e specchiarsi nelle reciproche
iridi.
………….
La regina era senza fiato: aveva
pianto e gridato per due lunghissime ore, distruggendo tutto ciò che aveva
trovato a portata di mano. Aveva rovesciato il pesante tavolo di legno,
lasciando cadere al suolo tutto ciò che aveva posato in precedenza sopra di esso:
una brocca di metallo contenente dell’acqua, un vaso pieno di fiori di campo,
carte e scartoffie di varia natura. Successivamente si era spostata verso il
comodino vicino al letto e aveva aperto un cassetto, dal quale aveva preso un
pugnale dal fodero riccamente decorato e dall’impugnatura in corno di cervo. Ne
aveva studiato la lama affilata per qualche secondo prima di lasciarsi
trasportare da una nuova ondata di rabbia, a causa della quale si era accanita
contro i morbidi cuscini del talamo, squarciandoli con così tanta foga da far
fuoriuscire le piume al loro interno come se fosse sangue fresco da una ferita.
Quel turbine di ricordi l’aveva
devastata al punto da lanciare una sedia contro la finestra chiusa, facendo
esplodere quest’ultima in una fragorosa pioggia di vetro; era stato proprio in
quel momento che si era fermata, cadendo sulle ginocchia al centro della stanza
a gridare e piangere. Non era da lei una simile reazione, eppure era da troppo
tempo che ne sentiva il bisogno: il suo inossidabile decoro le aveva permesso
di trattenersi il giorno in cui Murtagh se n’era andato e in mille altre
occasioni, ma ciò aveva solamente contribuito a comprimere il suo cordoglio,
trasformandolo in una bomba pronta ad esplodere.
Il loro destino era così
beffardo: si erano conosciuti su fronti opposti, lei era la futura regina di
Camelot, mentre lui era un cavaliere costretto a combattere per Galbatorix.
Nessuno dei due avrebbe potuto immaginare di innamorarsi dell’altro, ma l’amore,
si sa, è imprevedibile: ora che la guerra era finita avrebbero finalmente
potuto stare insieme, invece lui era partito per risanare le ferite dello
spirito in solitudine. La sovrana avrebbe voluto stargli vicino e aiutarlo a
superare tutti i rimorsi che lo tormentavano come fantasmi, tuttavia lui
gliel’aveva negato poiché era qualcosa che avrebbe dovuto affrontare da solo:
lei lo aveva capito, ma ancora adesso stentava ad accettarlo, specie quando i
ricordi del loro ultimo saluto riaffioravano. Era così provata da quel dolore
da non accorgersi delle sue palpebre che si chiudevano e del suo corpo che si
accasciava sul pavimento, lasciando che Morfeo la cullasse tra le sue
compassionevoli braccia.
Si svegliò qualche ora dopo,
appagata da un’inspiegabile senso di pace, dovuto a un sogno struggente e
rincuorante: aveva rivisto il suo amato guerriero in sella al suo destriero,
sorridente come mai prima di allora. L’aveva aiutata a salire in groppa con lui
e avevano cavalcato lungo una splendida pianura verdeggiante, ridendo come due
giovani amanti spensierati: al tramonto l’aveva riaccompagnata a Camelot, per
poi baciarla con trasporto prima di farla scendere da cavallo e guardarla
dritta negli occhi.
«Non disperare, amore mio:
tornerò presto! Guarda ai nostri ricordi con gioia, in quanto testimoni del
sentimento che ci unisce, e sorridi senza amarezza perché quello che c’è tra
noi merita l’attesa»
Fu così che lady Nasuada ritrovò
il suo antico e meraviglioso sorriso, aspettando con trepidazione il momento in
cui avrebbe riabbracciato il suo Murtagh e ripetendo tra sé le parole di quel
sogno nei momenti di scoramento, perché quello che c’era tra loro meritava
l’attesa.