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Autore: Brida    05/10/2014    1 recensioni
Questa è la storia dell'infanzia e della tormentata adolescenza di Brida Cousland destinata a salvare il Ferelden dall'invasione della Prole Oscura.
Dal 5° capitolo:
"Mi fai una promessa piccola lady?"
"Una promessa?" chiesi stupita guardando il suo volto.
Quasi automaticamente fissai una delle sue tante, piccole cicatrici. Era un guerriero esperto e quelle cicatrici lo testimoniavano.
"Farai sempre ciò che ritieni più giusto, a dispetto di quello che ti diranno gli altri, me lo prometti?"
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Custode e i suoi compagni'
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Le nuvole. Si muovevano così velocemente.
Ecco cosa scoprii quella calda mattinata di sole. Sdraiata con i capelli bruni sparsi sul prato oziavo e fissavo il cielo sopra la mia testa.

‘Ma dove corrono, dove scappano? Quante persone avranno guardato queste stesse nuvole, quante stanno ammirando ora questo cielo?’ mi chiesi tormentata.

Cercavo  di svagare la mente ma era davvero difficile. Troppe cose erano accadute. Il processo, la verità che era venuta galla, la mia codardia nel momento più cruciale…
Ripensai allo sguardo di Robert, fisso su di me, mentre scappavo dalla folla. E poi il trionfo, la gioia, io e Thomas che ci chiarivamo e Jack.
Jack.

‘Vuole sposarmi’.

Questo mi aveva chiesto la sera prima e io non avevo saputo dargli una risposta.

“Ma come faremo? La mia famiglia e tuo padre?” gli avevo solo domandato.
“Troveremo un modo” mi aveva risposto e con un bacio, lì nel sagrato illuminato dalla luna, aveva concluso la sua proposta.

Mi aveva detto che avevamo tempo, che potevo pensarci, ma la verità era che non potevo. Non potevo pensarci perché mi faceva soffrire troppo.
Perché sapevo che non sarebbe mai avvenuto nulla di simile.

‘Pensa con la mente’ le parole di Alfred.
“Chiudi il cuore”.

‘Ma come farò a trovare il coraggio di dirgli una cosa simile, come?’ mi domandai senza trovare risposta.

“Fate bene a rilassarvi” una voce mi fece improvvisamente sussultare, soprattutto considerato a chi appartenesse.

“Ho sentito che ieri non eravate in forma, il giorno del Processo. Che peccato…” commentò in tono tagliente. Io mi alzai fissando l’uomo di fronte a me.

Era la prima volta, da quando lui e suo figlio si erano trasferiti al castello, che mi trovavo faccia a faccia con lui, l’Arle Howe.
“Adesso sto un po’ meglio” gli risposi senza nascondere troppo il mio disprezzo nei suoi confronti.

Non era la prima volta che si interessava alla mia salute o che notava qualche occhiaia di troppo.
Che forse sapesse delle mie fughe notturne?

“Scusatemi ma se sono venuto qua a parlarvi da solo non è per assicurarmi della vostra salute, se devo essere sincero” continuò mentre il suo sguardo vacuo si posava sul mio volto.

‘Non oserà davvero…?’. Non poteva chiedermi lui di sposare suo figlio, era… profondamente sbagliato!
Rimasi rigida ma mantenni la mia lucidità “Di cosa volete parlarmi?”.

“Voglio essere franco Brida, io so che voi, come molti altri nobili, non siete una mia ammiratrice. Ma volete bene a mio figlio” non riuscivo a credere alle mie parole. Stava davvero succedendo, avrei ricevuto dopo pochissime ore un’altra proposta di matrimonio… tramite il padre dell’eventuale sposo?

“Spero che in nome di questo bene voi mi ascolterete e cercherete di capire il mio punto di vista”.

Che cosa stava succedendo?

“Va tutto bene?” mi domandò.

“Certamente… io non capisco però…” balbettai confusa.

“Vedete, sono venuto qui, da qualche mese ormai ma vostro padre non mi ascolta”.

Non potevo fuggire, non c’era modo di evitarlo. Dovevo affrontare l’Arle Howe. Da sola.

“Per questo mi sto rivolgendo a voi, sperando possiate capire. La mia famiglia e la vostra si conoscono da molto tempo e molti momenti, tristi e felici, ci legano. Per questo sarebbe auspicabile…”

‘Che le nostre casate si uniscano?’ conclusi nella mia mente.

“Che ancora una volta possiamo rimanere uniti nei nostri principi e nei nostri doveri. Sto parlando di Orlais”.

Guardai sconvolta l’Arle, senza capire. Non voleva parlare di me e di suo figlio dunque?

“Tuo padre è sempre stato fin troppo aperto con gli stranieri, vedi tua cognata e vedi quello che è appena accaduto qui ad Altura Perenne, per colpa di un’Antiviana” gesticolava animatamente mentre cercava di dipingere una situazione che ben conoscevo pure io.

“E ora vuole concludere degli accordi commerciali con Orlais che io non approvo. Per questo sono venuto qui, per provare a convincerlo e per questo motivo mi sto rivolgendo a voi, Lady Cousland”

“Io?” domandai incerta.

“Certamente, vostro padre ha un’alta opinione di voi e, se devo essere sincero, l’ho visto tenere più in considerazione le vostre idee rispetto a quelle di vostro fratello. Per questo spero che in nome dell’amicizia che vi lega con mio figlio voi accettiate di aiutarmi” le sue parole sembravano assurde nella mia testa.
Accordo commerciale? Non era possibile, io l’avevo sentito parlare con suo figlio, lui era venuto solo per farmi sposare con Thomas, ne ero sicura!
Era un inganno questo? O forse… il matrimonio era un modo per guadagnarsi il mio favore?

“Che cosa ci perderemmo siglando questo accordo con Orlais?” volli approfondire.

Lui sorrise, capendo che mi stavo interessando alla vicenda e mi fece segno di fare quattro passi con lui mentre ne discutevamo.

“Io e vostro padre abbiamo combattuto a lungo e duramente Orlais e trovo prematuro che si trovino certi accordi. Orlais è un Impero popolato da spie e ingannatori, i celebri Bardi, e io non mi fido di loro. Ho cercato di parlarne a lungo con Bryce ma non mi vuole ascoltare. Centinaia di Fereldiani sono morti per rendere noi e il nostro popolo liberi. Non possiamo permetterci di dimenticare questo sacrificio”.

Già, anche Maestro Bryce aveva combattuto in quel periodo, in parte facendo del doppio gioco. Mi aveva parlato lui per primo dei Bardi ed ero a conoscenza di quello che erano in grado di fare, in parte ciò era stato insegnato anche a me tramite il mio Maestro.

“Proverete a parlarne a vostro padre? Molti Fereldiani ci potrebbero perdere da questo accordo. Se Altura Perenne cominciasse a commerciare di più con l’estero che con i propri connazionali questo porterebbe, evidentemente, ad una crisi” sembrava esperto in materia economica più di quanto avessi mai saputo.
Io certamente  non lo ero ma da quel discorso avevo compreso una cosa: assecondarlo, forse, mi avrebbe permesso di guadagnare un poco di tempo e di rimandare la questione del matrimonio.

“Certamente, vedrò di parlarne con lui” pensavo di aver così chiuso il discorso, mentre ci fermavamo vicino a due alte betulle.

Ma lui di nuovo ricominciò a parlare “Se mi permettete di nuovo di essere franco con voi, voglio dirvi questo: vostro padre spera che voi sposiate mio figlio, lo desidera molto. In nome della nostra antica amicizia. Anch’io devo ammettere ho creduto per molto tempo e ho… più volte tentato di chiedere a Thomas di dichiararsi a voi. Alcune volte, forse, sono stato fin troppo brusco e di ciò sono molto dispiaciuto”.

Ripensai alle parole che gli avevo sentito dire, una delle sere in cui avevo cercato di sgattaiolare fuori dal castello. Brusco era dire poco. Avevo odiato Thomas per come si era piegato alla volontà del padre, ma in fondo, dopotutto, ciò che avvertivo di più era un profondo senso di pena.

“Voglio però dirvi questo ora: desidero lasciare a mio figlio piena libertà e non farlo sentire obbligato di prendere una simile decisione. E anche con vostro padre, cercherò di parlargli e di convincerlo a permettervi di decidere voi quando e con chi vorrete sposarvi” rimasi senza parole nel sentirgli pronunciare ciò.
“Voi… parlate sul serio?” mi lasciai scappare.

“Beh, voi aiutate me e io aiuto voi. Un patto, no? Che ne dite Lady Cousland?” il suo sorriso mi mise i brividi ma non vedevo alternative.
“Mi posso fidare di voi?” mi chiese ancora.

‘Ecco la mia scappatoia’.

Annuii “Certo, avete ragione. Vi ringrazio Arle” quello che stava accadendo pareva impossibile eppure era vero.

Avevo appena scansato il matrimonio con Thomas, proprio il giorno in cui Jack mi aveva chiesto di sposarlo.
Era forse un segno?

“Ora penso tornerò al castello. Vi auguro  una buona giornata” si congedò Rendon Howe.
Avevo appena siglato un accordo segreto con lui e non riuscivo quasi a crederci.

‘No’ mi dissi continuando a camminare e ripensando a Jack.
‘Non può essere un segno. Non posso sposarmi’.

E presi la mia decisione.
 
 
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“Adoro queste sere” la sua voce, noi due, mano nella mano.

E Lucky che ci seguiva come mille altre volte.

 “Le sere in cui le zanzare torturano la nostra pelle?” scherzai, ma ero nervosa.

Non sapevo come dirglielo. Non sapevo come spiegargli che non sarei potuta più venire lì, che era finita.

Improvvisamente mi ritrovai le sue labbra sulle mie e non feci nulla per respingerle. Era così bello, così vero quello che sentivo quando lui si avvicinava così.

“No, le sere in cui vieni a trovarmi. Sono passati già cinque giorni dall’ultima volta, dalla sera dopo il Processo. Non resistevo più” mi diede un altro lungo bacio e poi ci sedemmo: eravamo arrivati al nostro luogo magico, il nostro luogo segreto.

“Hai pensato a quanto ti ho detto? Scusa se te lo chiedo, forse è troppo presto…” cominciò subito, mentre Lucky si accucciava di fianco a lui. Ormai aveva imparato a conoscerlo.

“Non devi scusarti Jack” rividi nella mia mente ogni momento che avevamo trascorso insieme.

Quando avevo sfiorato la sua mano, quella sera di molto tempo fa, la prima volta che ci eravamo conosciuti. E i canti con Petrice, le nottate trascorse insieme, alla Taverna, allegramente.
Io che stavo male, lui che mi confessava il passato doloroso della sua famiglia, e di nuovo il nostro primo bacio, quando mi aveva rivelato di sapere chi fossi veramente.
Ne avevamo passate così tante insieme, così tante.
Il tempo volava quando ero con lui ma non ero mai davvero completamente felice, no…
Forse Shayna poteva esserlo, ma non Brida Cousland. Perché avevo provocato troppo dolore alla sua famiglia, a lui, e infine non ero stata capace di farmi avanti, al Processo, quando avrei invece dovuto.

E tutto questo mi portava ad una conclusione, a qualcosa che mi sembrava assurdo ma che dentro sapevo fosse vero: non lo amavo davvero. Amavo essere amata, fuggire, nascondermi, fare tutto questo in segreto. Amavo il fatto che lui fosse diverso da qualsiasi altro ragazzo avessi mai conosciuto.
Shayna amava Jack, ma non Brida. Ecco la verità.
Io non potevo sposarlo.
Gli occhi mi divennero lucidi.

“Jack…” sussurrai mentre nel suo viso si dipingeva un senso di paura.

‘Addio Jack, addio amici’ rividi ognuno di loro nella mia mente. Sapevo che non sarei più tornata lì, li avrei abbracciati tutti alla Taverna e avrei augurato loro di essere felici.

Sapevo che Jack avrebbe pianto prima di allora e che si sarebbe stretto a me pregandomi di cambiare idea.
Sapevo che avrei pianto anch’io e avremmo urlato e avremmo sofferto mentre la notte era sempre più scura e noi sempre più soli.
Sapevo che sarebbe dovuto accadere tutto questo prima che io fossi potuta tornare a casa per voltarmi solo un’ultima volta e guardare i suoi occhi scuri, un ultimo istante.
Ma tutto ciò non accadde e non sarebbe mai accaduto.
Un urlo squarciò il silenzio della notte, voci e grida improvvisamente si fecero sentire nell’aria. 

“Che sta succedendo??” si alzò in piedi Jack e io dietro di lui.

Il cuore cominciò a battermi fortissimo quando mi accorsi da dove provenisse questo strano baccano.

“La Taverna” disse solo Jack ed entrambi cominciammo a correre, senza capire cosa davvero stesse accadendo.

Poi li vidi: uomini armati che urlavano, ridevano e sbraitavano.

“No, non di nuovo…” disse Jack bloccandosi, prima che ci fossimo avvicinati.
“Sorpresa” una voce alle mie spalle e poi delle braccia possenti che mi bloccavano.
Cosa stava succedendo?? Chi erano??.

“Lasciatela! Lasciatela!!” anche Jack era stato afferrato ed entrambi fummo trascinati all’interno della Taverna dell’Orso Sbronzo. Fui gettata a terra violentemente e intorno a me vidi tutti gli amici che avevo conosciuto nell’ultimo periodo: Lore, Flie, Frank, Kai, Jared e Robert. Erano tutti lì. Circondati da uomini che sbraitavano e urlavano. Soli ed indifesi, come lo ero io.

“E’ un piacere rivedervi” una voce sgraziata si fece avanti. Mi accorsi che mi sanguinava un labbro mentre mi voltavo per guardarlo in faccia.
‘No, non può star accadendo davvero’.

“Sapete… Mandare in giro delle guardie a cercarci non ci è piaciuto molto, ora nessuno vuole più assoldarci. E tutto questo per colpa vostra, per colpa sua” e indicò me suscitando risa nei suoi compagni.

“Lasciatela stare, lasciatela!” negli occhi di Jack c’era lo stesso dolore, la stessa sofferenza che aveva già vissuto per sua sorella.
Tutti erano terrorizzati e io più di loro.

“Shayna” si avvicinò a me il capo dei mercenari che avevano violentato Pet e che  non sapevo cosa avrebbero fatto a me. “Sei tu non è vero?”

Con una mano afferrò il mio mento “E’ il momento che paghi il tuo prezzo. La tua amica non aveva colpa, noi volevamo te. E ora ti avremo”.

Tremai e sentii che davvero stava accadendo. Ciò che era accaduto a Petrice ora sarebbe successo a me.
Gli occhi si riempirono di lacrime.

“Non toccarla, non osare!” la voce di Jack ma non era l’unica.

“Mascalzoni, lasciatela!” si unì Robert e poi tutti gli altri con lui.

“Silenzio!” l’uomo puntò la sua spada contro il petto di Jack.

“O morirete tutti. Ci avete ridotti al verde, ci avete fatto patire la fame in queste settimane, lo sapete? E ora la pagherete. Kurt, Gary e voi altri, teneteli fermi” altre spade scintillarono e io cominciai ad urlare mentre l’uomo si avvicinava a me.

La mia voce, quella di Jack, e il terrore che quell’uomo mi toccasse di nuovo, e Jack e ogni cosa scompariva, sangue.. sangue…
Chiusi gli occhi e in quel momento sentii un vetro distruggersi, avvertii un ringhio  e subito delle urla, ma erano loro ad urlare questa volta.
‘Lucky’ non l’avevo visto più da quando avevamo lasciato il retro della Chiesa.

Aprii gli occhi e vidi di fronte a me lui e non solo, delle frecce penetravano all’interno dell’edificio, qualcuno stava combattendo. Qualcuno mi stava salvando.
Mi alzai in piedi con l’idea di fuggire. “NO!!” sentii che urlava il capo dei mercenari dietro di me. Il mio cane uggiolò improvvisamente e mi accorsi che era stato appena colpito da un calcio.

“Lucky!” ma prima che potessi avvicinarmi a lui l’uomo mi afferrò da dietro e mi trascinò via con lui, fuori dalla Taverna, usando un’uscita che nemmeno conoscevo.
“Ragazzina te ne pentirai” disse soltanto. Ma io reagii, con una gomitata mi liberai momentaneamente da lui e afferrai Fiocco e Treccia, che mi portavo sempre dietro.
Le stelle illuminavano i nostri volti mentre più distante, all’interno della Taverna, i suoi uomini combattevano.

“Quei coltellini non ti aiuteranno!!” anche lui afferrò la sua spada, molto più possente delle mie lame.

Sentivo i rumori dello scontro, lontani, ma lì c’eravamo solo io e lui. Non potevo esitare: dovevo vendicare Petrice.

 ‘Ricorda gli insegnamenti di Maestro Bryce, ricordali’ cominciai ad affrontarlo ma lui schivò ogni mio colpo.
Volevo essere più veloce di lui ma non ci riuscivo.

“Volevamo solo sentirti cantare, volevamo solo divertirci” intanto lui diceva mentre io mi stancavo, mentre cercavo di aggredirlo inutilmente.

“Ma tu non c’eri. Shayna. Hai dato fastidio a qualcuno di potente” si lasciò sfuggire mentre di nuovo mi gettavo contro di lui.

“Io sono un mercenario dopotutto, uccidere una ragazzina… cosa sarà mai??” tentai di nuovo un assalto laterale ma stavolta qualcosa andò storto. Lui riuscì a bloccare il mio colpo e a gettare lontano Treccia. Poi mi afferrò violentemente trattenendomi da dietro e puntandomi la spada contro il collo.

Mi ricordai di aver già provato quella sensazione, di essere già stata così, con una lama puntata alla gola.
Avrei dovuto pensare alla morte, avrei dovuto piangere ed implorarlo di lasciarmi andare e invece mi venne in mente solo di quel pomeriggio, all’Enclave, quando mi ero ritrovata nella stessa posizione, e allo stesso modo vicina alla fine.
Era iniziato tutto da lì, da quella fuga, da quella mia piccola avventura nel tentativo di scoprire cosa volesse dire essere davvero liberi. Era iniziata ogni cosa allora.
E in quell’attimo compresi che era stato tutto un errore, che avevo sbagliato. Ogni cosa che avevo fatto da allora mi aveva portato sempre più dolore, sofferenza, a me e non solo. Mi aveva trascinata sempre più in basso.

E ora mi avrebbe fatto anche morire.

“Addio ragazzina!” la sua lama stava quasi per tagliarmi la gola quando qualcosa accadde.

Non era Alfred questa volta, qualcun altro si era gettato contro di noi.

Caddi e mi sembrò quasi durare un secolo quella caduta. Poi un sibilo ed un urlo.
Volevo fosse la voce di quell’uomo, quell’uomo che aveva fatto del male a Petrice e che stava per farlo a me. Ma non fu la sua voce che avvertii, non lo sentii gridare a squarciagola percorso dal dolore.
Quella era la voce di Jack e nel suo petto c’era qualcosa.
Il sibilo.
Una freccia.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime mentre alzai lo sguardo per capire chi l’avesse lanciata.
E incontrai un viso, confuso e spaventato, un viso che conoscevo molto bene.

“Thomas…”.

Thomas aveva colpito Jack.

Aveva sbagliato mira. Voleva difendermi e salvarmi, e invece aveva colpito Jack nel momento in cui si era buttato contro il mercenario per combatterlo.  

“Ragazzina!!” una voce dietro di me, ancora quell’uomo. Ma stavolta non ebbi paura, non tremai.
Non esitai.

Avevo ancora Fiocco tra le mani e con tutta la rabbia che avevo in corpo pugnalai il mio avversario, nel ventre.
Estrassi la lama e di nuovo lo copi un poco più sopra. Lui intanto fece cadere la sua spada e si piegò a terra.

“Petrice” dissi soltanto mentre lui moriva, come per ricordargli cosa avesse fatto e perché stava morendo. Come per vendicare la morte della mia amica.

Non seppi mai il suo nome. Non seppi mai chi fosse davvero quell’uomo che l’aveva violentata.
Ma non avrei mai dimenticato quella notte, i suoi rantoli mentre la vita lo lasciava.
Lui era il primo uomo che uccidevo.

Scoppiai a piangere a dirotto mentre di fianco a me il corpo di Jack era coperto di sangue.
Thomas da lontano ancora ci guardava, senza sapere cosa fare, immobile e terrorizzato.

“Jack.. Jack..” presi il suo viso tra le mani. Degli uggiolii si sentirono da dietro di me.
Anche Lucky era venuto a dirgli addio. Perché Jack stava morendo.

“La freccia… posso togliertela”.

“No” lui afferrò la mia mano.
“Lasciami andare”.

“Thomas, presto! Vai a chiamare aiuto!” urlai al mio amico. All’assassino di Jack.
Lui corse via, senza dire nulla.

“Le guardie del castello… ce l’hanno fatta, ti hanno salvata” disse Jack sorridendo.

“Ci hanno salvati” aggiunsi ma continuavo a piangere.

“Io ti amo… Io… Ti prego non dimenticarti… Non dimenticarti di me, promettimelo…” il suo respiro era sempre più debole.

“No, non andartene. Jack, Jack!!! Non mi lasciare!” urlavo a squarciagola.

Ma a nulla servì. La freccia aveva colpito proprio il suo cuore e in poco tempo lo aveva spezzato.
Era morto.

“No.. no.. no” continuai a ripetere tra i gemiti.

“Milady!” delle persone intanto si avvicinavano e con loro Thomas.
I miei salvatori.
Mi alzai in piedi guardando ancora una volta il corpo di Jack sdraiato al suolo.

I suoi assassini.

‘No, non tornerò indietro’.
Non so cosa accadde, non so cosa mi prese.
Non fu la paura per quello che avrebbe pensato mio padre, non fu per l’umiliazione che ne sarebbe seguita.
Fu per il dolore che provavo dentro, per la terribile sensazione di aver sbagliato tutto.
Fu per quella freccia che in un attimo aveva trasformato il mio migliore amico in un omicida, e il ragazzo che mi amava più di ogni cosa al mondo in un rigido e freddo corpo senza vita.

E come una freccia anch’io mi alzai e corsi via, lontano da quegli uomini, lontano da Thomas.

“Lucky!” estrassi il pugnale, Fiocco, dal corpo dell’uomo che avevo ucciso e richiamai il mio cane.
Poi corsi, veloce, corsi, corsi e corsi ancora.
Sapevo dove andare, sapevo cosa fare anche se forse non aveva alcun senso, anche se forse era pazzo e folle.
‘Maestro Bryce, io ricordo’ dissi nella mia mente.
E mi diressi proprio là.
Al nascondiglio che anni prima lui mi aveva mostrato.
Lì volevo fuggire.
Lì volevo nascondermi. 





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Dopo troppo tempo (come sempre) ritorno :) purtroppo avrei voluto recuperare anche i capitoli delle ff che stavo/sto seguendo ma con la gamba di mia mamma ancora ingessata e tante (troppe) cose da fare a casa, un lavoro da gestire, l'università che sta per iniziare non è facile trovare lo spazio anche per questo magico sito e le sue storie. 

Capitolo svolta, Brida che scappa. D'altronde ne aveva combinate davvero tante e questa era solo... la ciliegina sulla torta. 
Come mi sono sentita mentre lo scrivevo? (mi faccio anche le domande da sola adesso, ottimo!).
L'incontro con l'Arle e tutto quello che è successo, pure il processo, hanno generato in Brida la sensazione di un bisogno di " cambiare direzione". Basta cose a metà, basta bugie. 
Ma ciò si scontra con la realtà dolorosa dei mercenari arrabbiati che tornano ed incasinano tutto. Così il cambio di direzione è differente, non è un tornare alla vita di prima con una nuova consapevolezza, ma è allontanarsi da se stessi. Nascondersi da tutti, scappare verso un rifugio segreto. 

E' sempre brutto quando muore un personaggio a cui ti affezioni e Jack era uno di questi.
Un ragazzo forte, con una triste storia alle spalle e un'ancora più triste dipartita.
Dicono che ci siano persone che hanno tutto nella vita e persone che non hanno mai nulla, e forse era questa la più terribile delle differenze tra lui e Brida. 
Così lei scappa e forse si comporta ancora da codarda, o magari solamente da ragazza spaventata. 
Tornerà indietro? Cosa accadrà nella foresta a lei e al suo fedele Mabari? 

Alla prossima ;) (che spero non sia fra un mese ma un po' prima ^^) 

Ciaooo!

 
  
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