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Autore: PaleMagnolia    10/10/2008    0 recensioni
Il giovane, benestante Keith Finnegan viene ritrovato, morto, nel garage di casa sua. Nè Richard, l'ex fidanzato, nè la sorella Nicole credono che si tratti di suicidio. Richard indaga in sordina, cercando al contempo di non perdere il posto di protagonista nell'opera Le Corsaire, ottenuto in parte grazie al suo talento e in parte alle raccomandazioni di Keith. Le cose si complicano quando Elizabeth, prima ballerina della compagnia, diventa una presenza troppo assidua nella vita di Richard...
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tornato a casa, Richard era esausto

Tornato a casa, Richard era esausto.

Sulla via del ritorno avevano cominciato a cadere i primi fiocchi di neve.

Prese una bottiglia di scotch e un bicchiere e si sedette sul divano. Aveva intenzione di ubriacarsi solennemente, ma al secondo bicchiere sentì il campanello suonare.

Si alzò svogliatamente per andare ad aprire. Sulla soglia, cristalli di neve sui capelli, stava Elizabeth, avvolta in un cappottino azzurro-cielo e una gran sciarpa, con un gran sorriso e una scatola di biscotti.

Ottuso dall’alcol e dalla stanchezza, la lasciò entrare. La sentiva cinguettare con la sua voce affettata, senza ascoltarla veramente (“Devi essere distrutto, povero Richard!). La invitò a sedersi, ma lei rifiutò e si mise invece a trafficare in cucina, sempre parlando con voce squillante.

Lui si sedette e bevve un altro paio di bicchieri.

Beth tornò da lui dopo pochi minuti.

“Ti ho preparato qualcosa di caldo: so che non avrai molta fame…” Lo guardò con un’espressione sollecita.

“Ma devi mangiare!”

Reso malleabile dallo scotch, Richard trovò, quella sera, la sua presenza chiassosa stranamente confortante.

Seduta di fronte a lui, lei lo guardava mangiare, protesa sul tavolo, gli occhi sgranati.

Continuava a parlare, e il suo squillante cicaleccio lo distraeva dal suo dolore: del teatro, del loro duetto, degli altri membri della compagnia. Il suono della sua voce petulante lo tranquillizzava. Mangiò svogliatamente l’omelette che gli aveva preparato. Sentiva, in parte per la stanchezza, in parte per l’alcol ingerito, uno strano calore, una sensazione di piacevole ottundimento.

Beth si alzò dalla sedia e andò alla finestra. Scostò le tende. Richard la guardò: era molto carina, riconobbe.

Si rese vagamente conto che lei si era girata di tre quarti per offrirgli il profilo, e si era scostata, a bella posta, una ciocca di capelli dal viso.

“Oh, ma guarda! La neve ha già cominciato a coprire le strade…” Si morse il labbro. “Bisogna che parta subito, o avrò dei problemi a tornare a casa”, disse, in tono volutamente casuale.

“Resta qui, per questa notte. Ti porto a casa io, domattina.” Le parole uscirono dalla bocca di Richard prima che lui potesse riflettere. Qualcosa dentro di lui si era ribellato all’idea di rimanere solo in casa: e la presenza di Beth, anche se invadente, era gradita quella notte.

“Oh, no, non voglio darti altro disturbo…” Si era appoggiata languidamente e lo guardava con aria contrita, mordendosi di nuovo il labbro.

“Nessun disturbo. Dormirò sul divano - no, no, tranquilla, non c’è nessun problema”, disse in fretta, in risposta a un suo tentativo di ribattere.

“Ma non voglio sloggiarti dal tuo letto, Richard!”

“Nessun problema, davvero. Ci ho dormito altre volte, è abbastanza comodo.” Mentì.

Beth sospirò con finta rassegnazione. Allargò le braccia. “Beh, allora ti ringrazio, Richard: ero davvero preoccupata, all’idea di guidare con questo tempaccio”, disse, in tono grato.

Si sedettero sul divano (“Hai bisogno di parlare, Richard: sfogati pure con me”), e bevvero quel che restava della bottiglia di scotch. In realtà fu Richard a finirla: Beth rimescolò lo stesso bicchiere per tutta la sera, dando però l’impressione di bere quanto lui; quando venne il momento di andare a dormire (Beth che si alzava dal divano e si stiracchiava con voluta lentezza), lei andò nella camera di Richard per cambiarsi.

Ne tornò fuori con aria fintamente offesa, minacciandolo scherzosamente col dito.

“Richard, dì la verità, vuoi dormire sul divano solo per farmi sentire in colpa! Di là c’è un letto matrimoniale, ci si sta comodamente tutti e due!”

Doveva essere davvero ubriaco, riflettè la mattina dopo, per avere accettato la sua proposta.

Durante la notte lei gli si era gradualmente avvicinata, e poi rannicchiata accanto, e lui ne aveva sentito il calore, la traccia del profumo. Si era girato – stanco, confuso, sentendosi terribilmente solo - e l’aveva presa fra le braccia, senza domandarsi il perché. Ricordava gli umidi baci di lei, la sua carne tenera e leggermente sudata, i suoi mugolii nel buio.

Quando si era svegliato, Beth stava uscendo dalla doccia: i capelli raccolti per non bagnarli, avvolta in un asciugamano, l’aria per nulla imbarazzata. L’aveva salutato con un sorriso – Richard l’aveva guardata inebetito, senza nemmeno rispondere - e aveva detto che sarebbe tornata a casa da sola: le strade erano state pulite durante la notte. Si era vestita in fretta e aveva lasciato la casa, sempre sorridendo; uscendo lo aveva salutato di nuovo, con la mano guantata.

 

  
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