In un giorno d’estate
È
strano come, quando viaggiamo, la strada del ritorno ci sembri più breve che
all’andata.
La
grande casa dei Whitlock si ergeva solitaria poco fuori Houston, circondata da
acri e acri di terreno fertile.
Entrò in casa con ancora gli stivali sporchi di terra e
polvere, mentre una ragazzina di quindici anni coi i capelli biondi pettinati in
boccoli, correva giù dalle scale chiusa in un abito tutto pizzi e balze, bianco
e rosa.
La
luce gialla del sole illuminava i prati dall’erba alta e verde attorno alla
casa. Era estate. Lavato e rifocillato Jasper sedeva sul portico con la sua
famiglia sorseggiando limonata e raccontando storie di soldati.
NOTE DELL'AUTRICE: La mi primmissima ff!!!Che emosssiooneeeeeee!!!!Un
ringrazziamento enorme a Cecilia, in arte Kety Erickson, mia Bettina e amica.
Questa ff non è un granchè, solo un immagine di come vedo Jasper prima che fosse
trasformato in vampiro, ma senza di te non l'avrei mai pubblicata. Come dice il
tuo amico: "Come godo di questo momento!!!!"..Grazie socia!!! E un grazie anche a te che leggi..
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Jasper viaggiava leggero, fasciato nella semplice uniforme grigia
dell’Esercito Confederato, un fucile inglese fissato alla sella.
Non aveva molto
tempo, i giorni di licenza che gli erano stati concessi erano davvero pochi dato che i suoi superiori avevano fiutato nell’aria
che qualche cosa di grande stava per succedere; c’era tensione tra le file dei
nordisti.
La strada per raggiungere Houston era lunga, eppure, sopra
quel purosangue dal mantello scuro, mentre tornava a casa, gli sembrava di
volare incontro alla città. Sorrise immaginandosi le grandi case che ne
costeggiavano le vie, e i tram che scivolavano sull’acciottolato mentre le donne
passeggiavano e i bambini correvano affollando le strade. O forse la guerra
aveva cambiato tutto?
Era da
molto che mancava da casa ed era impaziente di rivedere ogni cosa. Ma quello che
più gli premeva era rivedere la sua famiglia.
Seguendo quell’impulso diede un
colpo ai fianchi del cavallo che scartò in avanti aumentando la
velocità.
Appena la vide si sentì scoppiare il cuore.
Con
un balzo saltò giù dal cavallo abbandonandolo incustodito davanti al porticato.
Una donna di colore gli corse incontro urlando accorata, tra le lacrime
“Padrone!Padrona!Venite!é tornato il padroncino Jasper!!”; prima di venire
sommersa da un abbraccio da orso.
“Oh, Jasper, Jasper!” ansimava mentre suo fratello la raggiungeva
abbracciandola stretta.
Dalla cucina sbucò la faccia incuriosita di sua madre,
com’era invecchiata per il lavoro e la preoccupazione! Aveva le guance
spolverate di farina e un enorme grembiule bianco e macchiato le proteggeva
l’abito semplice e azzurro.
Venne avanti sgridando la figlia “Una signorina non
corre a quel mo..” ma non finì la frase perché visto Jasper si ritrovo a
corrergli incontro anche lei, comportandosi come una ragazzina, e come una
ragazzina lui la sollevò in aria abbracciandola e girando rapido su se stesso.
“Madre!Siete sempre più bella..” la salutò commosso.
Arrossendoleggermente, schernendosi, lei gli
rispose: “Vieni, vieni, caro, sarai stanco e affamato..và a salutare tuo padre,
è nello studio, io intanto ti preparo qualcosa di buono..” e con un ultimo bacio
sulla guancia e asciugando una lacrima che le scendeva solitaria su una guancia
si affrettò verso la cucina strillando su per le scale
“Cora!Prepara un
bagno!”
Con la sorella appollaiata su un braccio che ciarlava
insistendo per farsi raccontare della guerra e dei prodi soldati, fece il suo
ingresso nello studio.
Suo padre con un abito chiaro e il panciotto bianco stava
davanti al caminetto tenendo con una mano una pipa spenta, battendola lentamente
sull’altro palmo. E così sei tornato..” lo apostrofò vedendolo.
Era ancora
arrabbiato perché era scappato per arruolarsi, lasciando solo una lettera di
poche righe per spiegare l’accaduto. Suo padre non condivideva la smania dei
giovani di gettarsi in quella guerra, quasi fosse una moda, come se non ci
fossero degli ideali di fondo da difendere. Naturalmente non gli aveva dato il
permesso di entrare nell’esercito, non ne aveva nemmeno l’età.
“Vi auguravate
forse che morissi in guerra?..” gli chiese Jasper, gli occhi limpidi puntati su
di lui.
L’anziano signore ricambiò lo sguardo. Com’era cresciuto il suo ragazzo.
Ora era un uomo, dimostrava di più della sua età. Si era alzato e irrobustito.
Ormai, cosa poteva fare un vecchio?
Sbuffò.
“Non dire sciocchezze” gli rispose
col suo fare burbero.
Jasper sorrise.
Ancora non sapeva che quelli, probabilmente, sarebbero stati gli ultimi
momenti veramente felici che passava da umano.