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Autore: Underground_    11/10/2014    3 recensioni
Da giorni Sofia era sempre meno sicura di se. I pensieri le riempivano la mente e lei sapeva che, per sfogarsi, per non pensare a nulla, per sentirsi meglio, aveva bisogno di stare sola e di trovare un occupazione diversa dallo studio delle leggende su ciò che era; proprio scrivendo storie con un quaderno, una penna e le sue idee che passava la gran parte del tempo.
(Ambientata in un momento imprecisato subito dopo la fine del primo libro)
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lidja, Sofia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Camminavo spedita sulla stradina che conduceva al laghetto sotto casa. I sassolini mi entravano nelle scarpe creandomi un enorme fastidio ai piedi, ma non potevo fermarmi;finché sarei rimasta nell’area protetta dalla barriera del professore avrei rischiato una sgridata, se lui o Lidja mi avessero visto in quel momento di sicuro sarei finita nei guai. Stavo infrangendo le regole e me ne rendevo conto, ma avevo bisogno di stare sola, completamente sola. Non volevo sentire il frusciare dei libri o le porte che si chiudevano. Volevo stare sola, non ne avevo solo bisogno: lo desideravo. Da quando avevo scoperto ciò che sono tutto il mio mondo mi è crollato addosso.  Passavo la maggior parte del tempo in camera mia, avevo iniziato a scrivere storie ed era proprio per questo che avevo deciso di superare la barriera e correre nella piccola spiaggia accanto al laghetto sotto casa. Non riuscivo a capire perché, ma quel posto mi calmava e mi faceva venire idee. Ogni volta che lo vedevo era come tornare a casa anche se io una casa non l’avevo mai avuta. Mi sentivo sempre di troppo lì; non ero brava come Lidja nel mio ruolo di draconina. Lei era agile, io no. Lei era bella, io no. Lei era aggraziata e beh… io no.  Aprì il quaderno su cui scrivevo tutte le mie storie e ricominciai a far scivolare la penna sul foglio. Come se fosse la cosa più normale del mondo , il mio cervello sembrò aprirsi lasciando libere tutte le parole del mondo, lasciando andare tutte le mie idee che io riversavo prontamente sul foglio. Passò qualche minuto o, forse, qualche ora. Perdevo sempre la cognizione del tempo quando ero lì. Mi fermai e guardai il lago. Per la centesima volta mi chiesi perché proprio io, perché la mia famiglia aveva ereditato l’anima di Thuban? Guardavo il tutto e il niente come ogni volta che questa domanda si faceva spazio nella mia mente. Ero come paralizzata tra i miei pensieri. Il mio corpo sembrava come impietrito di punto in bianco. Gli unici suoni attorno a me erano il battito del mio cuore e quello delle piccole onde del lago che si scontravano lievi sulla minuscola spiaggetta di ciottoli.
-Eccoti qua!-
Sentì una mano posarsi sulla mia spalla, mi ripresi dal mio semi stato di trans e saltai in piedi girandomi di scatto. Trovai Lidja di fronte a me che mi guardava severa e, senza che lei aprisse di nuovo bocca, capì. Questa volta l’avevo combinata grossa.
   
 
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