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Autore: lapoetastra    13/10/2014    5 recensioni
< Gene? >
< Sì, Babe? >
< E' tanto grave? >
< No, Babe. No davvero. Soltanto un graffio, nulla più, te lo assicuro. >
< So sempre quando menti, Gene. E questa è una di quelle volte. >
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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< Gene? >
< Sì, Babe? >
< E' molto grave? >
< No, Babe. No davvero. Soltanto un graffio. Nulla più, te lo assicuro. >
< So sempre quando menti, Gene. E questa è una di quelle volte. >
Ha ragione.
Gli ho detto una bugia.
Ma come potevo dirgli che sta per morire?
Io, Eugene Roe, sono il dottore della Compagnia Easy.
Devo fare di tutto per salvare la vita ai soldati.
Lui, Babe Heffron, è il mio migliore amico.
E non c'è niente che io possa fare per aiutarlo.
La bomba gli è scoppiata troppo vicina.
Ho cercato di bloccare l'emorragia.
Invano.
E ora lui è qui, con la testa dolcemente appoggiata sul mio grembo e le palpebre che si stanno facendo pesanti.
Gli accarezzo i capelli, mentre trema.
Di dolore.
Di disperazione.
Di freddo.
E' inverno.
Al posto del mio cuore c'è solo un pezzo di ghiaccio.
Duro, compatto, insensibile.
Mi impedisce di lasciarmi andare.
Gli sono grato, per questo.
Non voglio che Babe mi veda piangere.
Capirebbe immediatamente la causa delle mie lacrime.
E non posso permettere che ciò accada.
< Gene... io... io... > sussurra, piano.
< Shh, rimani in silenzio. Non ti affaticare. >, mormoro, triste.
Gli scosto i capelli dalla fronte, fradicia di sudore.
Ma è inverno.
Il suo cuore batte.
Ma sempre più lentamente.
E io... io...
Non so cosa fare!
Oh Babe, no, no no, non mi puoi lasciare!
Io.. non so cosa fare per salvarlo.
Ma io sono il dottore!
Me ne sto lì, fermo, con le mani in mano, a guardarlo morire.
Il mio migliore amico..
Fa così freddo qui.
E' inverno.
No, no!
< Babe, Babe, Babe >, ripeto il suo nome come un mantra, come se quel suono sulle mie labbra potesse in qualche modo aiutarlo a guarire.
A vivere.
Ma lui non respira.
Non si muove più, ormai.
Mi ha abbandonato, lasciato per sempre.
Babe...
Ho freddo.
Tanto freddo.
E' inverno.
E io non ho più il mio migliore amico.



< Eugene!  Gene! >
Il dottor Roe si riscosse improvvisamente.
< Che hai, Gene? Ripetevi in continuazione il mio nome. Non è che ti sei innamorato di me, eh? >
Eugene si alzò in piedi di scatto.
Non riusciva a credere a ciò che le sue orecchie avevano sentito.
A ciò che i suoi occhi avevano visto.
< Babe... >, sussurrò.
< Ehm, sì, è il mio nome. Me lo ricordo ancora, sai? Ma mi vuoi dire cos'hai? Che ti succede? >
< Io... io non lo so. Non ero qui, prima. E tu eri... eri... >
< Mi stai spaventando, Gene. Te ne sei stato lì fermo per almeno venti minuti con gli occhi sbarrati a fissare il vuoto. Ho provato a scrollarti, ma niente. E dopo un po' hai iniziato a dire che faceva freddo, che non potevi fare nulla e ripetevi continuamente il mio nome. >, spiegò Babe con voce concitata e preoccupata.
Eugene scosse la testa.
Lui era un dottore, dopo tutto.
Aveva riconosciuto i sintomi descritti da Babe.
Aveva capito di essere caduto in uno shock da ipotermia, a causa del freddo invernale.
Aveva avuto delle visioni.
Era stata solo una visione.
Non era la realtà.
E Babe non era...
Eugene si gettò tra le braccia dell'amico, che era lì, stava bene, era vivo, e che lo accolse incredulo, stringendolo forte contro il suo petto muscoloso.
Il dottor Roe sentì il blocco di ghiaccio che gli ricopriva il cuore sciogliersi lentamente, nel calore di quell'abbraccio, facendogli scorrere calde e morbide lacrime dagli occhi socchiusi.
Faceva freddo, intanto.
Era inverno.
Ma Eugene Roe aveva ancora il suo migliore amico.
   
 
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