Film > Captain America
Segui la storia  |       
Autore: Vale11    16/10/2014    1 recensioni
Una chiazza di blu scuro su una panchina, un cappello calato sulla testa, capelli più lunghi che mai che ormai hanno passato le spalle. Non vede le gambe, ma immagina siano rannicchiate contro il petto per ripararsi dal freddo. Gli da le spalle. Steve vede che ha addosso la solita felpa blu, i soliti jeans e Dio, si congela e quell'uomo non ha nemmeno una giacca addosso.
p.s. anche Steve Rogers è uno dei personaggi principali, ma il mio computer ha deciso che non sono degna di selezionare due voci nemmeno con il ctrl. E sia.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James 'Bucky' Barnes
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

"Latte e miele, Steve?"
Bucky non lo dice, ma lo pensa: sul serio?
Ma evidentemente è sul serio, perchè Steve gli piazza la tazza davanti al naso, che si eleva di pochi centimetri dalle braccia sulle quali ha appoggiato il mento, mezzo seduto sullo sgabello di cucina e mezzo sbracato sul bancone.
Ha sonno, ma non è che la cosa lo sorprenda più di tanto: è dal 1944 che non dorme più di tre, quattro ore per notte. Dopo un po' la cosa diventa spossante. 
La tazza di ceramica colorata è li davanti al suo naso, Steve lo fissa da dietro le braccia incrociate e gli viene in mente che non vede il latte caldo col miele da decenni.
Pierce una volta gli ha offerto del latte freddo, ma il Soldato d'inverno non aveva nemmeno risposto. Un'arma non aveva bisogno di latte, e lui era un'arma. 
Chiude gli occhi, e il profumo del latte caldo gli arriva alle narici. Si ricorda vagamente della soddisfazione che lui e Steve provavano quando riuscivano a portare a casa un litro di latte, a Brooklyn, ma non si ricorda più il sapore del latte. Era un peccato a cui poteva porre rimedio.


Raddrizzò la schiena, prendendo la tazza con due mani e godendosi il calore che gli entrava sotto la pelle della mano destra, finalmente libera dal tutore. Si cacciò la prima sorsata di latte in bocca. Il liquido gli scaldò la gola infiammata, bruciando via almeno per un po' il dolore sordo che si portava dietro dall'incubo della notte prima.
Sua madre che gli puliva un paio di baffi bianchi di schiuma dalla faccia prima di spedirlo a scuola.
Steve che appoggiava la bottiglia di latte sul tavolo con una reverenza religiosa.
Un commilitone che era riuscito a mungere una mucca durante la campagna militare d'Italia, raccogliere il latte in un elmetto e portarlo al campo. Quando glielo avevano raccontato non ci aveva creduto, gli era sembrato ridicolo. Ma quel latte era la cosa più buona che avesse mai bevuto.
Pierce che gli chiedeva se voleva del latte freddo.
Basta pensare a Pierce per rabbrividire, ha l'impressione che non riuscirà più a tirare giù latte freddo per un po'.
Il calore del latte gli si assestò nello stomaco, ruscì a cancellare la faccia di Pierce per qualche minuto. E poi, Steve gli aveva promesso che Pierce era morto. E lui si fidava di Steve.
Se non si fosse fidato di Steve, non avrebbe avuto nessun altro.


Steve lo guardò, muto, sentendosi quasi un intruso in casa sua che osservava il ritrovarsi fra Bucky e il latte caldo col miele. Faceva bene alla gola, era buono, era caldo e, insomma era latte caldo col miele. Chi dice di no al latte caldo col miele? Non Bucky, evidentemente. Mentre lo studiava tirare giù la prima sorsata si accorse dell'espressione spaventata che gli si disegnò in volto per pochi secondi, subito rimpiazzata da quella che sembrava pura soddisfazione. A occhi chiusi in quel modo, Bucky sembrava totalmente perso nella tazza.
Gli vennero in mente una serie di cose che Bucky si era sicuramente perso. La tv a colori. Il cinema a colori. Starbucks, perchè no. Tony lo aveva chiamato così al telefono, prima. Ci aveva messo un po' per capire che aveva coniato un soprannome solo per due persone. I Beatles, David Bowie. Quando Sam gli aveva prestato Ziggy Stardust, Steve si era innamorato. Bruce Springsteen.  Jurassic park. Doveva fargli vedere Jurassic park. A Bucky piacevano i dinosauri. La pizza. Avrebbe ordinato una pizza, quella sera. Si ricordava che lui e Buck ne avevano mangiata una insieme, a Little Italy. Nessuno faceva la pizza come gli italiani di Little Italy degli anni '40. A Buck sarebbe piaciuta. Star Wars, indiana Jones. Un archeologo americano che le suona ai nazisti era un'idea magnifica di per se. Voleva portarlo al museo della musica di Seattle, e sullo Space Needle: c'era stato pochi mesi prima con Natasha e Clint, e gli erano sembrati posti fantastici. Non capiva ancora bene cosa ci fosse di bello nella musica fracassona che Clint e Tony sembravano adorare in quel modo, ma doveva ammettere che avesse il suo perché. Batman, voleva fargli vedere i film di Batman. Voleva fargli vedere tutto quello che si era perso. E questo gli era venuto in mente guardando il suo migliore amico rientrare nelle grazie del latte col miele.
Gli avevano fatto dimenticare il latte col miele. Dio. Gli avevano fatto dimenticare il latte col miele. E il suo nome, e quello di Steve, e la guerra, e il suo paese, e la sua famiglia. 
Gli avevano fatto dimenticare il latte col miele.
Bastò quella piccola cosa a far venire a Steve le lacrime agli occhi, non sapeva se di rabbia o di che cos'altro.
Gli avevano tolto tutto.
Anche il latte caldo col miele. O la sensazione di avere qualcuno che si prenda cura di te quando non ti senti bene. Il diritto di stare male quando stai male. L'idea di non essere una mera occupazione di spazio, ma una persona che ha il diritto di stare dove sta.
E il latte caldo col miele.
"Oi, Steve?"


Bucky lo osservava da un po', con gli occhi appena fuori dal bordo della tazza. Il latte col miele era buonissimo, fu decisamente felice di potersene ricordare, quindi separarsene era difficile. Decise di continuare a bere osservando Steve, cercando di non rovesciarsi mezza tazza sulla felpa. Non era facile, ma nemmeno impossibile. 
Non capiva se Steve si fosse lanciato nell'imitazione di una statua o se fosse semplicemente preso da qualcosa. Era fermo, immobile. Fissava un punto a caso fra il pavimento e il bordo del bancone. E non gli sembrava che ciò a cui stava pensando lo rendesse particolarmente felice.
Si schiarì la gola, sperando di non riaccendere il falò che ci sentiva dentro dal giorno prima e attirare l'attenzione del capitano.
Niente.
Appoggiò la tazza.
"Oi, Steve?"


Steve spostò subito lo sguardo su Bucky. Ogni volta che lo vedeva doveva ricordarsi che non era un miraggio.
Bucky è qui.
Bucky è vivo.
Bucky aveva appoggiato la tazza sul bancone della cucina, e lo guardava con quella che sembrava una sana dose di preoccupazione. Non facevano altro che farsi preoccupare a vicenda. Bel paio di problemi ambulanti che erano.
"Buck, ti va una pizza stasera?"
Lo vide alzare il sopracciglio destro.


Pizza. Aveva il vago sentore di averne sentito parlare, di questa cosa di nome pizza, ma non riusciva davvero a collegare. Gli sembrava che fosse roba da mangiare, ma non ne era sicuro.
"Pizza?"
Steve annuì, se il fatto che non sapesse di cosa stesse parlando gli pesava non lo diede a vedere.
"Pizza. Una specie di pane sottile con mozzarella, pomodoro e quello che ci vuoi mettere sopra. Ho un menù da qualche parte in casa, se vuoi vado a cercarlo".
Terminò la frase passandosi la mano sinistra sulla nuca. A Bucky sembrava quasi imbarazzato.


Lui, il suo disordine e il non sapere dove avesse ficcato quel benedetto menù. Visualizzò mentalmente mezza casa, gli venne in mente il cassetto della cucina. Ecco dove stava.
"No, Steve, non importa. Prendo quello che prendi tu."
Gli sembrò una risposta triste, non sapeva perchè. Forse perchè Bucky non sapeva di cosa stessero parlando, forse perchè non si ricordava più di una cosa semplice come la pizza, forse perchè non riusciva a ricordarsi quale fosse la sua preferita prima di andarsene in guerra. Steve si ricordava di aver visto Bucky tirare giù una margherita con pomodori secchi enorme nel giro di cinque minuti netti, seduto a un tavolaccio di legno di una pizzeria napoletana di Little Italy che si procurava i pomodori secchi dal negozio dei siciliani all'angolo. Era come avere tutto un paese in una via sola, in una cucina sola. Gli mancava, quella New York. 
"Scelgo io per te, se ti va bene".
Lo vide annuire.
Gli avevano tolto la pizza, il latte caldo col miele. L'odore di Brooklyn, i rumori di casa loro. E Steve decise in quel preciso momento che gli avrebbe restituito tutto ciò che era in suo potere restituirgli.


Più tardi, Bucky si trovò davanti un'enorme margherita con pomodori secchi che Steve aveva pregato di aggiungere solo a fine cottura per cinque minuti buoni. La fissò per qualche secondo. Si infilò in bocca la prima fetta. E la faccia che fece fu un ohmioDio non verbale.
"Steve, questa cosa è meravigliosa"
"Lo so, Buck. Era la tua preferita"
Alzò lo sguardo sul capitano. Era un'ancora, letteralmente. Ricordava per lui, soffiava via la polvere dalla sua memoria. Gli restituiva bolle di passato cristallizzato. Non riusciva a esprimere la sua gratitudine, non abbastanza.
"Non è niente, Buck. Non pensarci"
E, evidentemente, leggeva pure nel pensiero.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Captain America / Vai alla pagina dell'autore: Vale11