Aveva lasciato che tutto questo, potesse accadere.
Impotente.
Aveva permesso che le uniche due cose, a cui teneva come mai era capitato, gli venissero strappate via, senza che lui potesse far nulla, non che ci sarebbe riuscito.

“ Stanno lanciando delle lanterne in cielo, riesci a crederci?.”

Per un breve istante, in una piccola frazione di secondo, guidata dal dolore e dalla sofferenza, il Damon umano, il Damon debole, quello stesso Damon che si era lasciato soggiogare da Katherine, avrebbe potuto accenderla una candela. Una frazione che tale era rimasta.
Si era voltato, dando le spalle a tutti coloro che stavano dicendo addio. Damon non lo avrebbe mai dimostrato in quella maniera patetica e prima di gusto, No! Damon si limitava a fare scorta di Bourbon, o Jack Daniel’s, e ricordare il suo migliore amico a suo, o meglio, loro modo.

“ Le lanterne giapponesi simboleggiano il lasciarsi alle spalle il passato. Bhè, notizia dell’ultima ora, noi non siamo giapponesi. “

Lasciarsi tutto alle spalle, era troppo doloroso e deprimente, persino per lui che si era seduto davanti alla sua tomba, afflitto.

Un sorso di whiskey e per un breve istante, il dolore sembrò placarsi.

“ Sai cosa sono?Dei bambini, come se accendere una candela potesse risolvere tutto. O dire una preghiera … o far finta che Elena non diventerà come il resto di noi vampiri assassini. Sono dei bambinetti, stupidi, illusi ed esasperati.
Lo so cosa dirai.
Ei, li fa stare meglio, Damon. E allora?
Cosa? Per quanto? Un minuto? Un giorno? Che differenza fa? Perche alla fine, quando perdi qualcuno, ogni candela, ogni preghiera, non rimedierà al fatto che l’unica cosa che ti resta è un vuoto, dove una volta c’era qualcuno a cui tenevi.”

Tristemente, abbassò lo sguardo sulla lapide.

“ E una pietra, con sopra una data di nascita, che sono certo sia sbagliata.
Perciò, grazie tante amico mio. Grazie per avermi lasciato qui a fare il baby-sitter, perché a quest’ora me ne sarei dovuto andare da tempo. Non ho ottenuto la ragazza, ricordi?”

Quelle parole bruciarono più di quanto si aspettasse. L’amaro in bocca che assaporò nel pronunciarle, era qualcosa d’indescrivibile, quasi quanto il dolore di vederla trasformarsi in vampiro. Non era questo il destino che avrebbe voluto per lei, con lei. 

“ Sono solo bloccato qui, a litigare con mio fratello e ad occuparmi dei ragazzi.
Sei in grosso debito con me. “

Dentro di se, Damon, sapeva di essere lui in debito con l’amico. Lui era stato in grado di ricordargli quanto fosse bello avere un amico, un compagno di giochi.  Grazie a lui era riuscito ad assaporare quel gusto che aveva perso molti anni indietro. Damon non si era mai sentito così tanto in debito con qualcuno, neanche nei confronti di Stefan, o Elena.

Fece un respiro profondo, dopo aver bevuto l’ultima goccia nella bottiglia, e la poggiò al suo fianco.

Guardò un ultima volta la lapide e si alzò.

“ Anche tu mi manchi, compare.”

Per tutto il tempo che era rimasto li, gli era parso di sentirlo. Sentiva il suo profumo, la sua presenza, ma era tutto frutto della sua immaginazione, niente e nessuno gli avrebbe potuto ridare il suo migliore amico.

“ Quel posto è occupato.”
“ Ma non c’e nessuno.”
“ Allora farò finta che ci sia qualcuno, perché l’alternativa è decisamente troppo deprimente.” 

Nessuno si sarebbe mai potuto sedere lì, su quella sedia che gli apparteneva, nemmeno Elena.
Nessuna lacrima, nessun pianto incontrollabile o scene deprimenti ed esilaranti.
Damon aveva detto addio ad Alaric nel classico stile, Damon Salvatore.

“ Alla salute. “