Forse non sarà granché ma a me non dispiace; è incentrata su Hyoga e sul
periodo di addestramento in Siberia.
Non mi sono
dilungata troppo su questi eventi perché li dovrò riprendere più diffusamente
in un'altra fanfic così mi sono limitata
a tentare di
tinteggiare emozioni e sensazioni, in attesa della versione più ampia.
Il colore del vento, il profumo dell'acqua, il sapore
del cielo
- Frammenti di vita -
- Il colore del vento
-
Oggi fa freddo, ancora più del
solito, in queste lande spazzate da un vento che non lascia fiato, né respiro;
ormai da quattro anni sono tornato, dopo un breve periodo della mia esistenza
trascorso in Giappone, dove speravo di incontrare un padre e mi sono scontrato
con un aguzzino il cui solo scopo era quello di trasformare un gruppo di
bambini disperati in insensate macchine da guerra. I miei maestri ed il mio
compagno d’addestramento stanno provando a trasmettermi le motivazioni profonde
di ciò che ci è richiesto e forse, passo dopo passo,
mi sto avvicinando a quella che è la verità, a quella che è l’essenza estrema
di un sacro guerriero consacrato ad Athena. Ma anche
se un giorno comprendessi appieno il senso del cosmo e delle stelle che ardono
in noi, lui non potrebbe avere il mio perdono, per tanti motivi e non solo
questo, perché mia madre è stata da lui abbandonata, perché per raggiungerlo
lei è morta, per aver trattato i miei fratelli e me come schiavi senza degnarci
di una seppur minima spiegazione.
La gelida tempesta sferza con
ferocia il mio viso mentre cammino dietro ad Isaac ed
ai nostri due maestri; anche Camus, da qualche giorno, è con noi, ogni tanto
lascia
Il vento ininterrotto mi getta in
faccia spruzzi di neve e ghiaccio, la mia vista è oscurata da un bianco velo gelato;
tutto è bianco qui, solo, ogni tanto, il cielo si
tinge di tanti colori che colmano il cuore di sgomento e fascino reverenziale:
chi, almeno una volta nella vita, ha potuto assistere allo spettacolo
dell’aurora boreale, non lo dimentica mai più. Vorrei che i miei quattro
fratelli prediletti la potessero vedere, ne rimarrebbero rapiti.
Ricordarli mi rattrista… perché
potrei non incontrarli mai più; io potrei morire in questo addestramento,
loro stessi potrebbero morire… tutti rischiamo la vita senza che nessuno mai si
sia degnato di spiegarci il perché. Nonostante tutto,
pensare a loro mi strappa un sorriso, soprattutto ad uno di loro, un minuscolo
marmocchio dai grandi occhi verdi che ha allietato le mie giornate in Giappone;
se non ci fosse stato lui, probabilmente, quella piccola parentesi della mia
infanzia si sarebbe rivelata quasi insopportabile. Tre anni che non lo vedo… è
struggente il pensiero che, forse, non appartiene neanche più a questo mondo la
sua tenera esistenza ed immagino il suo volto che mi sorride, il verde dei suoi
occhi che rifulge in questo candore spazzato dal vento; lotto per non piangere,
non credevo mi sarebbe mancato così tanto.
Gli parlavo spesso della Siberia, nei rari momenti in cui gli adulti ci
lasciavano liberi da massacranti ore di palestra e studio e lui mi ascoltava,
con quel suo sguardo innocentemente curioso ed ammirato, come se gli stessi
narrando una fiaba… gli promisi anche che un giorno lo avrei condotto qui, che
avrebbe potuto contemplare dal vivo l’aurora boreale e vorrei tanto non avergli
mentito, vorrei condurlo davvero qui con me, un giorno… vorrei tanto poterlo
rivedere un giorno, almeno lui tra tutti.
Sollevo un braccio ad asciugare
una lacrima e mi odio profondamente, cosa direbbe Camus se si voltasse in
questo momento e mi vedesse piangere? Mi concentro sulla schiena di Isaac che avanza, fermo ed energico, davanti a me; come
al solito mi aggrappo al mio immancabile appiglio, il mio amico del cuore, cosa
farei senza di lui? Sono sempre io il più debole, io, colui
che rimane indietro, ultimo della fila... forse, dopotutto, sarò proprio
io a non tornare con il cloth ed a perdere la vita in questo candido inferno
che amo più della vita stessa
-Il profumo
dell’acqua-
Oggi ho litigato con Isaac e mi è molto difficile
concentrarmi sull’addestramento che Cristal ci impone;
uno dei primi insegnamenti ricevuti è stato quello di non lasciare che i
problemi personali condizionino il rendimento ma sono davvero debole… è questo
che Isaac ha voluto dimostrarmi con quella sua spropositata reazione.
In effetti non è del tutto esatto sostenere
che abbiamo litigato, mi sono semplicemente lasciato aggredire verbalmente,
senza reazione alcuna, forse perché, dentro di me, ho sentito dal primo istante
che lui aveva ragione? Forse devo ancora comprendere, quella che lui ha
considerato un’offesa, un’onta all’onore dei sacri guerrieri, rappresenta per
me quanto di più importante mi sia rimasto: diventare
forte per poter raggiungere lei, che riposa sotto la superficie di questo mare
di ghiaccio che ci circonda ed accompagna le nostre giornate. A lui l’ho
confessato, con il cuore in mano, aprendomi con colui che
considero tanto importante per me, sperando nella sua comprensione… ho ottenuto
unicamente rabbia, una distruttiva furia cieca.
Come dargli torto, d’altronde? Dal suo punto di
vista, ho tradito ciò che più conta per lui, ciò che, dal suo punto di vista,
ci lega da quando ci siamo conosciuti, ciò che ha da
allora condiviso con me e che, lui sperava, ci rendeva uniti, tuttuno, un cuore
ed un’anima sola, noi ed i nostri maestri. Credo che, nonostante tutto, sarà
davvero lui a giungere integro e con pieno onore alla fine del nostro percorso
ed io sarò destinato a morire o a tramutarmi in un’ombra smarrita nell’ignoto
nulla di neve.
Ho sbagliato davvero, ne sono consapevole e continuo
a sbagliare, perché insisto nel non trovare niente di terribile in ciò che il
cuore mi detta, nel mio desiderio supremo di andarla a trovare, per portarle,
là in fondo, quei fiori che lei tanto amava; saprei anche dove procurarmeli, al
villaggio, dalla mamma di Jacob che sa come farli sopravvivere e fiorire al
meglio. Ogni tanto vado a trovare quella donna e suo figlio, solo per inalare
nelle mie narici il profumo che mi racconta di lei, che me la fa ricordare e la
mantiene viva dentro il mio animo nostalgico. Ma so
che poterla vedere, poterglieli realmente portare, sarebbe il massimo della
gioia per me, l’unica consolazione che questa mia vuota esistenza potrebbe
realmente offrirmi.
Finalmente Cristal ci lascia liberi: so che non
dovrei pensare così e dovrei, invece, approfittare, fare tesoro di ogni istante di apprendimento che ci viene concesso ma
oggi la mia testa è da un’altra parte. Sono ferito per ciò che è accaduto con
Isaac e sono anche un po’ arrabbiato, perché lui non si sforza neanche di
capire cosa significhi per me il desiderio estremo di raggiungere la meta che
mi sono prefissato. Io lui lo capisco, non ho difficoltà neanche ad ammirarlo
sinceramente per ciò che muove il suo spirito, perché non si impegna
un minimo anche lui, per comprendere me?
Se venisse ora a conoscenza delle mie riflessioni,
reagirebbe in maniera ancora peggiore, le considererebbe, probabilmente, degne
di un bambino che rifiuta di crescere; già il fatto che riesco a riconoscerlo
forse è un buon segno per la mia maturazione ma non ci
conto troppo, per me è davvero tanto difficile fare mio l’autentico significato
dell’essere un sacro guerriero. Probabilmente perché sono ancora troppo
arrabbiato con colui da cui tutto è partito, sono arrabbiato con quel destino a
cui, dicono, dovrei porre ascolto, perché mi ha
gettato in qualcosa che percepisco immenso, tanto più grande di me, che avrei
solo voluto continuare a crogiolarmi, come tutti i bambini della mia età, tra
le braccia della mama e crescere con
lei al mio fianco.
Forse crescerò anche io Isaac, tu sei più precoce di
me, è vero, ma concedimi tempo… forse ti raggiungerò
e, se così non sarà, sono preparato anche a questo perché nessuno merita più di
te di ottenere il sacro cloth di Cygnus… io non sono neanche sicuro di volerlo,
in fondo mi basterebbe diventare solo un poco più forte di adesso per ottenere
quello che è il mio scopo ed allora sarò contento così. Non è neanche detto
che, una volta raggiunta la mia meta, una volta che io
abbia trovato il suo giaciglio là in fondo al mare, io voglia poi risalire,
senza di lei… potrei anche restare con lei laggiù, addormentarmi al suo fianco,
abbracciandola.
Mi vengono le lacrime agli occhi, quelle che Camus
tanto odia e che non è ancora riuscito a cancellare del tutto dal mio volto non
abbastanza duro secondo i suoi perfetti modelli; ma è così bello piangere
pensando a quel momento, agognando quel momento in cui
potrò abbracciarla ed addormentarmi sul suo seno, come facevo quand’ero un
cucciolo in fasce. Quasi la sento, mi chiama, mi vuole… e anche io la voglio, voglio andare da lei e non perderla mai più.
Camminando, senza farlo apposta, sono giunto dove
lei mi attende; so che è qui sotto, da qualche parte. Sollevo il pugno, vorrei sfondare subito questo strato di ghiaccio crudele che
ci separa, impietoso; sei malvagio, ghiaccio, cosa ti costerebbe infrangerti
subito, ora, e concedermi di realizzare il mio sogno? L’unico sogno che ho in questa vita, una volta realizzato non tedierò più il
mondo dei vivi con la mia inutile e vuota presenza.
Lascio ricadere il braccio, senza tentare nulla; mi
sento così patetico, persino il mio piccolo Shun proverebbe pietà per me, ora
come ora, mentre gli altri miei fratelli mi
griderebbero in faccia il loro disprezzo, esattamente come farebbe Isaac, se mi
vedesse qui, in questo atteggiamento, con queste lacrime sul volto, a
contemplare un’immagine che ancora non posso vedere… ancora no… ma un giorno…
Mi lascio andare in ginocchio, abbandonandomi come
un guscio vuoto, senza consistenza… senza spina dorsale… già… è questa che mi
manca del tutto, ed è terribile rendermene conto e non riuscire a farci nulla…
forse neanche desiderare di fare nulla per rimediare
alle mie mancanze, alle mie colpe. Sono ancora nulla più che un bambino che
vuole la mamma… questo sarò per sempre e per questo
sarò destinato a morire presto… che bello… che sollievo sarà quando giungerà
quell’istante!
Allargo le braccia e mi sdraio, prono, sulla lastra
ghiacciata, la guancia poggiata sulla levigata superficie ed immagino che al
posto di quel freddo strato naturale ci sia il suo viso, la sua
pelle, i suoi capelli biondi che danzano intorno al suo corpo perfetto… e sento
il suo profumo che è il medesimo, intenso ma delicato al contempo, dei suoi
fiori prediletti. Di questo profumo io mi inebrio, da
lui mi lascio cullare e sento le braccia di lei intorno a me, che mi stringono
al petto e cantano la lieve ninna nanna con la quale mi faceva addormentare.
- Il sapore del cielo -
E’ accaduto davvero e il risveglio è stato peggio di
un incubo; non Cristal mi ha richiamato bruscamente alla dura realtà ma Camus,
in piedi davanti a me, con tono gelido come il ghiaccio dei suoi occhi… la
sentenza lapidaria dalle sue labbra impietose:
“Isaac è morto… adesso rialzati e dimostra che il
suo sacrificio non è stato vano.”
E’ morto… quelle parole ancora rimbombano dentro di
me come un’eco beffarda, come un’ennesima canzonatura di quel destino che
sembra divertirsi enormemente a prendersi gioco di me, della vita mia e di coloro che amo.
Nessun’altra spiegazione dalle labbra di Camus ma
non ne avevo bisogno… vagamente ricordavo a cosa il
mio distorto, disperato sentimento di bambino abbandonato mi aveva condotto…
avevo davvero raggiunto la nave e dopo averla vista, dopo aver posato i miei
occhi sulla figura incantata e dormiente nel suo letto di sonno eterno, smarrii
quel poco di senno che covavo nell’anima…volevo davvero restare lì ma una mano
mi ha trascinato via, una mano che in quel momento consideravo nemica perché mi
strappava alla sola fonte della mia felicità, quella mano che mi ha restituito
alla vita prendendo la morte su di sé… e nonostante tutto, le ultime parole del
proprietario di quella mano, sono state parole di fiducia, speranza e persino
ammirazione nei miei confronti.
Ho considerato nemica la mano appartenente al mio
amico del cuore… il mio amico morto per me…è bizzarro come sia questo ad
apparirmi insopportabile, ancor più della sua morte stessa… se avessi avuto la
forza, probabilmente, avrei opposto resistenza, alla stregua di un bambino
capriccioso, lottando per restare là sotto e lui comunque
avrebbe lottato per salvarmi… e per salvarmi mi ha restituito ad un mondo in
cui la mia disperazione non può che risultare amplificata, perché una seconda
morte grava sulla mia coscienza, sul mio cuore, come un macigno dal peso
insopprimibile ed intollerabile.
E’ bizzarro sì, ed anche patetico il modo in cui i
miei ragionamenti riescano a rivelarsi, nonostante tutto,
talmente egoistici da non essere neanche in grado di ringraziarlo, come non
sono mai riuscito a ringraziare la mama,
come mi sento nei loro confronti, invece, adirato, arrabbiato… ma in realtà su
di loro proietto la rabbia che nutro nei confronti di me stesso, anche se non
riuscirei mai ad odiarli come odio la mia persona.
E’ sera; il fuoco arde nel camino ed io sono
rannicchiato sul pavimento, a fissare le fiamme, dopo aver pianto tutte le
lacrime che sono riuscite a sgorgare ma non in
presenza di Camus, non me le avrebbe perdonate. Cristal invece mi ha abbracciato quando Camus è ripartito e a quel punto i
singhiozzi non ho potuto trattenerli… piangeva anche lui d’altronde ed ha
voluto spiegarmi come lo stesso Aquarius covi in cuore tanta tristezza. Ma io lo so questo, so della sua tristezza ed anche dell’ostilità
che nutre nei miei confronti, perché in me vede la causa della scomparsa del
suo allievo prediletto, quello in cui infondeva tutta la sua fiducia, le sue
speranze, il suo sogno di veder nascere, davanti ai suoi occhi, il sacro
guerriero perfetto, il futuro, degno possessore del cloth di Cygnus, quello che
io non sarò mai.
“Adesso basta, Hyoga!”
Sussulto, non mi ero reso conto che Cristal mi stava
fissando, chissà da quanto; lo guardo, come se proprio in questo momento mi
stessi momentaneamente riscuotendo da un perenne incubo ad occhi aperti. Ed in effetti, in quale altro modo potrei definire il mio
stato d’animo? Forse da questo incubo non mi
risveglierò davvero mai più, non del tutto.
Fa qualche passo verso di me, si china un poco, quel
tanto che basta per afferrare il mio braccio e tirarmi in piedi, strattonandomi
con violenza.
“Da giorni sei immerso in questo stato di torpore, è
come se non fossi qui; ho lasciato che ti crogiolassi nel tuo dolore perché
speravo trovassi dentro di te la forza necessaria a reagire. Ci credevo, avevo fiducia in te ma…”
“Ma ho deluso anche voi…
non è vero, maestro? Come ho deluso Camus, come ho deluso Isaac… anche voi avreste
preferito che al suo posto fossi io a morire… d’altronde questa si sarebbe
rivelata Giustizia e invece…”
Uno schiaffo brutale colpisce la mia guancia ed è
così forte ed improvviso che mi mordo il labbro, il sangue caldo mi scorre in
gola, si fa strada lungo il mento.
“Ti senti così maturo da poter sindacare sulle sacre
vie della Giustizia? Non mi pare che tale maturità tu l’abbia realmente
mostrata fino a questo punto; come pretendi di formulare adesso il nome di
Giustizia con così tanta sicurezza?”
Scuoto il capo, lentamente, fissando il pavimento, i
pugni stretti.
“E’ che…” mormoro ma, prima che effettivamente
riesca anche solo ad ideare un seguito coerente, Cristal mi interrompe
ancora.
“Non parlare unicamente per dare di nuovo fiato alla
bocca, so che diresti qualcosa di inutile!”
Sospiro e non oso sollevare il viso ad incontrare i
suoi occhi; nuovamente le sue dita fini ma energiche
si stringono intorno al mio polso e, prima che io possa rendermene conto,
comincia a trascinarmi, verso l’uscita della nostra modesta capanna. Non ho il
tempo di oppormi e neanche lo farei, in fondo non
chiedo altro se non una mano che mi guidi, sicura, verso una qualche risposta
perché davvero, io mi sento perduto e smarrito… non ce la potrei mai fare da
solo, a questo punto meno che mai.
Quando ci fermiamo, il mio volto è ancora basso;
Cristal mi lascia libero il braccio ma io sento che
continua a scrutarmi con quei suoi occhi così belli ed intensi. Poi riprende a
parlare, senza più durezza; il suo tono è carezzevole,
come sa renderlo nei momenti in cui tutto il calore che il suo cuore racchiude
trapela in superficie ed io sento in quella voce, in quel suo trasporto
affettivo ed emotivo, quanto bene mi vuole… ma come può volermi ancora bene,
dopo quello che ho fatto al suo allievo, dopo quello che ho fatto a tutti noi,
privandoci della positiva presenza di un ragazzo come Isaac?
“Devi alzare quei tuoi occhi, Hyoga, non è guardando a terra che troverai le risposte che cerchi. A
terra c’è la morte… tu devi rincorrere ed ascoltare la
vita…”
“Come, maestro? Come posso… meritare la vita?”
“Tutti meritano la vita… ed Isaac vuole che tu viva,
tua madre desidera che tu viva; perché ritenevano
preziosa la tua vita. L’hanno protetta, l’hanno difesa
e preservata. Vuoi far loro credere che i loro gesti siano stati vani? Che
hanno commesso una sciocchezza, tu che li ammiri così tanto,
hai talmente poca fiducia in loro da voler distruggere ciò che loro ritenevano
tanto importante? Vuoi dunque deluderli a tal punto?”
Ognuna di quelle parole è un colpo, uno schiaffo
morale tanto più doloroso di quello fisico ricevuto dal mio corpo poco fa;
eppure sono altrettanto consolatorie quanto terribili, a quello che lui mi sta
dicendo io realmente non avevo mai pensato… la mama ed Isaac hanno voluto che io restassi
vivo, l’hanno voluto al punto da sacrificare le loro esistenze… perché?
“Perché… hanno fatto questo
per me?”
“Non troverai alcuna risposta se continuerai a
mantenere basso il tuo sguardo; per chi ha dedicato la propria vita a
Giustizia, le risposte sono solo lassù, tra le stelle, il senso della nostra
esistenza è celato lassù nel cosmo che si riflette dentro di noi…”
“Ma io… non sarò mai un
sacro guerriero, io ho sbagliato tutto, io non ho in me la forza per…”
“Ancora sminuisci ciò che loro hanno intuito, ancora
stai offendendo chi ha creduto in te tanto da immolarsi al tuo posto!”
Il mio volto si solleva a quest’ennesima lezione
morale; la mano di Cristal si posa sotto il mio mento, dirige con fermezza il mio sguardo verso il cielo:
“Guarda lassù… ed ascolta in silenzio, Hyoga.”
La vedo…
Estraggo il gioiello, donatomi un giorno da mia
madre, da sotto la maglietta, lo tengo sul palmo aperto, lo innalzo verso il
cielo e lo vedo accendersi alla luce delle stelle che sembrano rapirlo,
avvolgerlo con il loro bagliore.
“Vedi, Hyoga” il mormorio di Cristal, colmo del mio
stesso stupore “Solo chi detiene i segreti del cosmo può dar
vita a simili miracoli… lo splendore del Cigno astrale è dentro di te…
ti circonda… intorno a te io vedo la luce pulsante delle tue stelle guida… tua
madre ed Isaac le hanno viste da tempo riflettersi in te… credimi…”
Le sue parole discendono in me insieme al canto del
cosmo… il potere delle stelle di cui mai, fino a questo momento, sono stato così consapevole… e insieme a tutto il dolore che
provo, per la prima volta trovo il senso della mia esistenza. Non lenirà il mio
dolore ma ciò che sento è il significato profondo
della sacra strada di Athena ed il suo sapore è dolce, intenso dentro di me,
come dolce la melodia che mi infonde il coraggio ed il desiderio di continuare
a lottare sulla via tracciata dal fato per me.