Era
sera, Isaia stava passeggiando da solo nel parco della villa: da tre giorni
erano lì e lui e Gabriel si esercitavano per poter far scaturire per intero il
loro potere. Bonifacio era contento della rapidità dei risultati, ma non era
ancora sufficiente.
Isaia
era preoccupato, avrebbe voluto accorciare i tempi. Quel giorno, sua sorella e
Stefano erano usciti per meno di un’ora e avevano rischiato la vita: per
fortuna era intervenuto Gaspare!
In
quel momento Morganti era molto grato al figlio di
Bonifacio. Non aveva sospettato che la sorella potesse essere tanto
sconsiderata! E Stefano, poi, trascinarla in quella follia … come aveva
potuto?!
Isaia
vagava per il giardino, gli piaceva essere consigliato e rassicurato dal
pallido chiarore lunare. Sentì bisbigliare il proprio nome, si guardò attorno
per capire e, d’improvviso, si trovò davanti tre Franchi Giudici.
“Che
cosa ci fate, qui?” chiese Morganti.
“Veramente,
ci stiamo chiedendo la stessa cosa di te.” gli rispose uno di loro “Non ha
importanza, però. Siamo qui per dirti che la dottoressa Munari è in pericolo e
tu devi andare a salvarla, adesso.”
Isaia
li guardò stupito, poi osservò: “Dovreste dirlo a Gabriel, non a me.”
“Antinori
non ci conosce, perderemmo tempo a spiegargli e poi è compito tuo.”
“Mio?!”
si meravigliò Isaia, poi iniziò a dirigersi verso il parcheggio “Come ha fatto
a mettersi nei guai? Ha esposto una delle sue teorie fantascientifiche circa
come sia nato un monte sotto il Vaticano o ha cercato di psicanalizzare
Sartori?”
“Nessuna
delle due. Sta per partorire.”
“Non
sono scaduti i nove mesi.”
“Mai
sentito di nati settimini?”
“Sì,
sì, certo. Non capisco, però, perché questo la metta in pericolo.”
“Una
donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona
di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un drago rosso, con sette teste. Il drago si pose davanti alla
donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. Essa partorì
un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro.
Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano
contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non
prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Allora udii una gran voce
nel cielo che diceva: -Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del
nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l’accusatore
dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti a Dio giorno e notte.-”
“Conosco
l’Apocalisse di Giovanni.” commentò Isaia, ormai arrivato all’auto “È proprio
il caso di citarla? Non state esagerando?”
“Non
devi chiederti se questo sia vero o falso, ma ti basti sapere che i templari ci
credono e vedono nel figlio di Antinori una grave minaccia. La dottoressa
Munari sta avendo il travaglio.”
“E
come lo sapete?”
“Lo
sappiamo, punto. Hai intenzione di andare a salvarla?”
“Certo,
fatemi strada.”
Isaia
non aveva capito granché di quella faccenda, ma si accontentò della necessità
di salvare qualcuno; tanto più se quel qualcuno era Claudia: la donna amata dal
suo migliore amico. Sì, oltre che per senso del dovere agiva anche per Gabriel.
“Sembra
tutto tranquillo.” osservò Isaia, una volta parcheggiata l’auto davanti la casa
di Claudia.
“Arriveranno
a momenti.” disse un Franco Giudice, che era andato con lui “Tu va dentro, noi
stiamo in perlustrazione.”
Isaia
uscì dalla macchina entrò nel palazzo, raggiunse l’appartamento di Claudia e
suonò il campanello. La porta si aprì dopo un paio di minuti ma, invece che la
psicologa, si trovò davanti ad un’altra donna che, agitata e spaventata, gli
chiese: “Lei chi è? Cosa vuole?”
“Sono
padre Morganti, un amico di Gabriel; la dottoressa
Munari è qui?”
“Eh
… sì, ma non è un buon momento.”
Si
sentirono dei lamenti di dolore, provenire da un’altra stanza.
“Il
travaglio?” chiese Isaia.
“Sì.”
annuì la donna, che era Teresa.
“La
vada ad aiutare, io starò in una stanza attigua.”
“Teresa,
chi è?!” si sentì chiedere dalla dolorante voce di Claudia.
“Sono
Isaia. Ho motivo di credere che lei sia in pericolo. Ce la fa a muoversi o il
parto è imminente?”
“E
che cavolo ne so?! È la prima volta!”
“Ho
ragione di credere che la sua vita e quella del nascituro siano in pericolo. Preferirei
portarla via da qui prima del parto, ma se non è possibile, farò del mio meglio
per proteggerla qua!”
“Perché?
Non c’è Gabriel?”
Teresa
trovava divertente quell’urlare da una stanza all’altra per conversare.
“Lui
non sa che lei è in pericolo!”
“Perché
lui no e tu sì?”
“È
una questione complessa e non so nemmeno se posso parlarne.”
“Bah,
le solite cazzate. Fa’ quello che ti pare. Teresa, per favore, vieni ad
aiutarmi!”
L’amica
si affrettò a raggiungere in camera la psicologa. Isaia si mise a sedere in
salotto, ad aspettare che accadesse qualcosa.
D’improvviso
sentì un rumore sordo e profondo. Capì che qualcuno stava cercando di sfondare
la porta. Sentì un altro colpo, più forte. Isaia scattò in corridoio e vide
l’uscio a terra e dei demoni legionari entrare. Intanto dalla camera si sentivano
le grida di Claudia per le doglie. Isaia istintivamente ebbe timore, ricordando
di non avere con sé alcuna arma; poi si scosse, si ricordò che non aveva
bisogno di lame di metallo. L’uomo si concentrò su ciò che aveva imparato del
proprio potere in quei giorni e una spada di luce e di fulmine comparve nelle
sue mani.
I
demoni provarono stupore nel trovarselo davanti, ma non retrocedettero, anzi,
si scagliarono contro di lui.
Lo
scontro cominciò. Isaia era sicuro di sé e riusciva facilmente a respingere gli
assalti delle creature infernali, trapassandole con la spada d’energia. Erano
demoni delle legioni che un tempo lo facevano faticare, quando prendevano
possesso del corpo di qualche umano; adesso, invece, dopo aver approfondito il
proprio potere, Isaia riusciva a fronteggiarli senza difficoltà.
Delle
grida provennero dalla camera di Claudia: non erano le doglie del travaglio, ma
urla di spavento. Poi l’infrangersi di un vetro.
Isaia
capì al volo: dei demoni dovevano aver fatto irruzione, passando dalla
finestra. L’uomo si precipitò nella stanza.
Claudia
era sdraiata sul letto, ormai il bambino stava per uscire e lei era troppo
occupata in ciò per spaventarsi e preoccuparsi per i quattro demoni delle
legioni che avevano appena fatto irruzione. Teresa, invece, era terrorizzata ed
era salita sul letto anche lei, ma questo non poteva certo proteggerla.
Isaia,
vedendo tale situazione, non indugiò un solo istante e si avventò sul demone
che aveva più vicino. Rendendosi però conto che doveva ingaggiarli in combattimento
tutti quanti contemporaneamente, altrimenti avrebbero potuto aggredire le due
donne, Isaia plasmò l’energia della sua spada e la trasformò in una lunga
catena che si avvinghiò attorno ai demoni, bloccandoli, ustionandoli e
stringendoli fino alla liquefazione.
Claudia
si sentì sollevata, vedendo quei bestioni crollare, ma non poteva manifestarlo,
in quanto la testa del bambino stava quasi per uscire. Teresa sorrise,
rassicurata e tornò ad assistere l’amica.
Fu
in quel momento che le pareti tremarono, si sentì un gran fragore, iniziarono a
piovere frammenti di intonaco.
Isaia
guardò verso l’alto e si accorse che la casa si stava scoperchiando. In un paio
di minuti si ritrovarono senza soffitto sopra la testa, sotto un cielo gremito
di demoni.
Il
sacerdote non era certo che sarebbero usciti vivi da quella situazione, ma non
si arrese. Si affrettò a creare una cupola di luce attorno al letto, in modo
tale che la puerpera e l’improvvisata levatrice fossero protette.
I
demoni volavano e si gettavano in picchiata contro la cupola. Isaia faceva del
suo meglio per intercettarli con le catene, ma, solo e senza ali, era in
difficoltà. Decise, allora, di provare qualcosa di completamente nuovo: non
aveva idea se poteva o non poteva fare una cosa del genere, ma il tentativo era
d’obbligo.
Isaia
si concentrò per manifestare una vastissima quantità della sua energia d’oro,
poi la modellò con le sembianze di una decina di angeli che poi lanciò in
battaglia coordinandoli e guidandoli come se fossero stati radiocomandati.
Avendo
buon esito la strategia di Isaia, presto apparve nel cielo un demone non
legionario, bensì uno dei conti infernali. Aveva l’aspetto di un enorme drago e
gli basto un soffio di fumo per distruggere gli angeli d’oro; poi puntò alla
cupola d’energia, per poter divorare il bambino che era ormai per metà fuori.
Isaia
era molto preoccupato. Si ricordò che combattendo sul lago Averno, gli erano
spuntate delle ali d’energia: gli avrebbero fatto estremamente comodo anche in
quel momento. Si concentrò e riuscì a procurarsele, poi evocò di nuovo la spada
e vi aggiunse un piccolo scudo tondo, impugnato con la mano, usato non solo per
difendersi, ma anche per attaccare. Così preparatosi, Isaia si alzò in volo e
si frappose tra il demone e la cupola.
Ne
seguì un aspro scontro. Il dragone era potente, il suo soffio velenoso, il suo
fuoco tremendo, i suoi artigli avrebbero potuto perforare il diamante. Isaia
era rapido, si difendeva ed evitava gli attacchi e, a sua volta, offendeva con
fendenti e affondi magistrali.
La
tattica del gesuita era però quella di prendere tempo, mentre cercava di capire
il nome di quel demone, ma non aveva abbastanza indizi per capirlo. Decise di
penetrare la mente della creatura, per capire chi fosse. Gli era stato detto
che era pericoloso entrare in contatto con la mente degli esseri infernali, ma
non vedeva altra soluzione. Compì un grande sforzo per evocare una catena
d’energia che avvinghiasse il demone, per tenerlo bloccato un paio di minuti;
poi gli si pose dinnanzi e lo fissò negli occhi, fino a riuscire a spingere la
propria coscienza dentro quella del dragone che fu spaesato per quell’invasione
che non si aspettava.
Isaia
trovò facilmente il nome e, sempre rimanendo nella testa, disse: “Tu sei Botis, servo del grande nemico. Non porterai alla
perdizione altre anime! Io ti impongo un esilio perpetuo da questo mondo, tu
vagherai per il regno del nulla, fino a quando non troverai la redenzione.”
Il
drago ruggì, un grido lancinante e svanì.
Isaia
si sentiva molto affaticato, ma finalmente tutto era tranquillo e non si
vedevano né demoni, né templari all’orizzonte. Tornò coi piedi per terra,
dissolse la cupola d’oro e vide che il figlio di Gabriel e Claudia era
finalmente venuto alla luce. Teresa aveva staccato il cordone ombelicale, ma il
piccolo era ancora sporco di sangue e placenta e piangeva.
Dal
momento che la situazione si era placata, Teresa portò il neonato in bagno per
lavarlo e mettergli un vestitino. Il sacerdote rimase solo con Claudia che si stava
riprendendo dalle proprie fatiche.
“Grazie,
Isaia.” disse la psicologa “Non riesco a credere a quello che hai fatto e
soprattutto al come.”
“Se
le viene in mente una spiegazione scientifica … se la tenga per lei. Mi era
doveroso salvarla, soprattutto per il figlio di Gabriel …”
“Grazie;
immagino … visto che le altre persone le state lasciando morire.”
“Ci
stavamo preparando, se non mi fossi esercitato in questi pochi giorni, non
sarei riuscito a proteggervi, adesso. Dottoressa Munari, per la sua sicurezza,
la consiglio di mettere da parte la sua rabbia e i suoi problemi con Gabriel e
di seguirmi dove alloggiamo noi e saremo al sicuro e potremo difendere lei, la
sua amica e il bambino.”
“E
quale sarebbe questo posto sicuro?”
“La
villa di Bonifacio.”
“Serventi?
Voi vi siete davvero rifugiati da quel pazzo?”
“In
questo momento lui vuole il nostro bene ed è il nostro maggiore alleato in
questa lotta.”
“No,
è quello che ha causato tutto ciò e voi lo state assecondando.”
“Bonifacio
non ha aizzato i templari, beh forse un pochino sì, ma ci sono state cause
anche differenti. Solo noi possiamo mettere fine a questa follia.”
“Ecco,
c’era da aspettarselo che avreste di nuovo coinvolto Gabriel in questa
sciocchezza della profezia. Non riuscite proprio a sopportare l’idea che lui
voglia una vita normale?”
“Sia
ragionevole! A quella gente non importa nulla di cosa decida di fare Gabriel
nella vita: lo considerano una minaccia e continueranno a perseguitarlo. Lei,
dottoressa, sta vivendo una vita normale (per quanto lo possa essere in questo
momento) eppure è stata aggredita lo stesso, unicamente perché ha messo al
mondo il figlio di Gabriel, considerato pericoloso prima ancora di nascere.
Gabriel è liberissimo di decidere di ritirarsi con lei in campagna o dove
accidenti preferite; fatto sta che, se così fosse, i Templari vi troverebbero,
prima o poi, e vi ucciderebbero tutti. Vargas, nella
sua follia, aveva ragione: o Gabriel accetta di essere ciò che è, oppure
morirà: solo l’utilizzo dei suoi poteri può proteggerlo dai suoi nemici e,
forse, potrebbe non bastare più. Lei e Gabriel vi amate, volete vivere assieme,
tranquilli e sereni, ma al mondo non gliene importa nulla dei vostri progetti;
il mondo va avanti, prende le proprie pieghe e siete voi a dovervi adattare
alle circostanze. Non potete fingere che non stia accadendo nulla, non c’è modo
di isolarvi dal resto del mondo. Per quanto una cosa non ci piaccia o non
l’avessimo prevista, se c’è, dobbiamo affrontarla, non fingere che non ci sia.”
In
quel momento rientrò nella stanza Teresa col neonato pulito e vestito in braccio e lo diede a Claudia. La psicologa
guardò il figlioletto, era contenta, si sentiva piena di gioia. Aveva capito le
parole di Isaia: l’unico modo per proteggere il piccolo era andare da Serventi.
“E
sia.” sospirò la donna “Portami da Gabriel.”
“Si
riconcilierà con lui?” domandò Isaia.
Claudia
non rispose, era incerta.
“La
convincerò io, padre.” intervenne Teresa, un po’ spazientita dall’atteggiamento
dell’amica “Se vogliamo andare, ci faccia strada.”
Più
tardi giunsero in villa loro tre, il bambino, le sue cose e un Franco Giudice.
Era all’incirca mezzanotte quando arrivarono; le luci del piano terreno erano
tutte spente. Isaia fece accomodare tutti quanti nella prima sala, poi andò a
cercare Bonifacio e Gabriel. In pochi minuti il padrone di casa aveva dato
ordine ai domestici di preparare delle stanze per i nuovi ospiti e offrir loro
qualcosa di caldo; Serventi, poi, si era seduto su una poltroncina e, rimanendo
in silenzio, osservava il pargoletto.
Gabriel,
quando appena svegliato ebbe saputo le novità, dapprima era stato investito
dalla gioia di essere padre e di rivedere Claudia, poi, però, fu proprio il
pensiero della donna a preoccuparlo: era ancora arrabbiata con lui? Lo aveva
perdonato? Gli avrebbe permesso di stare vicino a lei e al bambino?
Preoccupato
da tutto questo e non sapendo cosa dire e come comportarsi, Gabriel non aveva
il coraggio di presentarsi in salotto.
“Fratellino,
suvvia, non essere ridicolo!” lo apostrofò Gaspare, svegliato da quel trambusto
“Non puoi farti tenere in scacco dalla tua donna. Insomma, è assurdo che tu
abbia paura di lei! Devi farle capire che non siete dei ragazzini, che la
vostra è una relazione seria e che, quindi, certi capricci devono sparire: non
può fare la permalosa così.”
“Forse
dovrei chiederle scusa, darle un segno del mio amore …”
“Gabriel,
quante volte le hai chiesto scusa per questa faccenda e lei ti ha ignorato?”
L’Eletto
si accorse che effettivamente quest’osservazione del fratello era esatta.
“Quante
rinunce hai fatto per lei? Quante dimostrazioni d’amore le hai dato? E,
soprattutto, quante ne ha date lei a te? Significative, intendo.”
Gabriel,
per la prima volta, si rese conto, almeno per un momento, che la relazione tra
lui e Claudia era molto sbilanciata in favore della donna. Per qualche attimo
pensò che lui, sentendosi per la prima volta amato, stava investendo tantissimo
in quella relazione, mentre la donna dava molto meno rispetto a lui.
“Fratellino,
ascolta il mio consiglio, tu ora vai là e abbracci tuo figlio e, se la Munari
ha qualcosa da dire, non ti deve dispiacere, non devi scusarti o cose simili,
ma devi far valere il tuo diritto. Sii deciso e sicuro e per una volta sii tu a
pretendere, anziché chinare la testa. Chiaro?”
“Proverò
…” sospirò Antinori.
Gabriel,
poi, si fece coraggio ed entrò nella sala.
Claudia,
che teneva in braccio il neonato e lo cullava, si accorse subito dell’ingresso
dell’uomo, alzò un poco il viso, lo osservò qualche istante, poi guardò Teresa
come per chiederle che cosa fare. L’amica la incoraggiò con lo sguardo.
Gabriel,
senza dire nulla, si avvicinò, sedette accanto alla donna e guardò il bambino,
gli carezzò la testolina con pochi capelli.
“È
bellissimo, vero?” gli chiese Claudia, con voce dolce e felice, come se non avessero
mai litigato.
“Sì,
è stupendo …” rispose Gabriel, commosso “Come pensi di chiamarlo?”
“Matteo.”
“Dono
di Dio” intervenne Bonifacio “Effettivamente è un nome abbastanza calzante,
anche se ce ne sono di migliori, ma lo approvo.”
“Tu
non rientri nella scelta del nome.” lo fulminò Claudia, poi si rivolse
candidamente a Gabriel: “Allora, che cosa ne pensi di Matteo Antinori?
Credi anche tu che suoni bene, vero?”
“Certamente,
per me va benissimo!”
Non
visto, Gaspare scosse la testa negativamente, insoddisfatto per la mancanza di
spina dorsale che vedeva nel fratello.
“Questo
bambino è nato per essere grande.” puntualizzò Bonifacio.
“Lascia
le profezie fuori dalle nostre vite!” tuonò Claudia “Una, a rovinarci, basta e
avanza.”
“Non
bisogna mai trascurare le potenzialità offerte dal destino.” si limitò a
sogghignare Serventi, prima di uscire dalla sala.
Il
trasferimento in villa di Claudia e Teresa, dunque, funzionò tranquillamente.
Gabriel era felicissimo di aver ritrovato la sua donna e ora quella brutta faccenda
dei templari gli sembrava meno tremenda, se non altro, almeno era certo di
poter proteggere la donna.
“Non
ti ha nemmeno chiesto scusa.” gli fece osservare Isaia, il mattino seguente,
dopo colazione.
“Ma
non ne aveva motivo.” la giustificò Gabriel.
“Ti
ha trattato come un criminale e ha continuato a tenerti lontano, anche se ti
eri profondamente pentito e scusato!”
“Senti,
non mi importa che si sia scusata o meno, l’importante è che mi abbia ripreso,
adesso. Ora siamo una famiglia e va benissimo così.”
“Se
non ci fosse stata questa combinazione in cui lei è stata aggredita e io l’ho
salvata, non si sarebbe più fatta vedere! Non va affatto bene così.”
“Isaia
ha ragione.” si aggiunse Gaspare che era lì vicino e ascoltava “In questo modo
sembra che sia una concessione che lei ti ha fatto e non dovrebbe essere
affatto così!”
“Esatto.”
proseguì Morganti “Devi ammetterlo: lei ti tiene in
una condizione di minorità, vuole avere l’esclusiva sull’aiutarti e ti manipola
per farti sempre fare quello che vuole lei.”
“Dici
così solo perché sei geloso!” scattò Gabriel, che non sopportava di sentire
criticata la sua relazione “Ti dà fastidio che io abbia preferito il mio amore
per lei, alla mia amicizia per te e al mio mestiere.”
“No,
Gabriel, parlo per il tuo bene, come sempre! Ti stai lasciando completamente
influenzare da lei. Dico solo che la paura di perderla non deve essere tale da
finire col darla sempre vinta a lei.”
“Invece
di rimproverare me, che ho un rapporto assolutamente paritario con la mia
donna, perché non te la prendi con Gaspare, vista la maniera in cui tratta tua
sorella? Mi pare che lo squilibrio tra di loro sia ben peggiore!”
“Pure
questo è vero.” spiegò Gaspare “Vedi, fratellino, il fatto è che io sono
realmente superiore a Giuditta e mi sto prendendo amorevolmente cura di lei.
Tu, invece, che sei l’Eletto, che sei il più grande tra noi, ti stai
sottomettendo a una donna qualunque.”
Gabriel
stava per replicare, quando la conversazione fu interrotta dal suono di un corno e poi grida concitate.
“Che
accade?” domandò Isaia.
“Siamo
sotto attacco, temo.” rispose Gaspare.
“Andiamo
a vedere.” propose Gabriel.
I
tre uomini andarono verso la sala principale, strada facendo incrociarono
Bonifacio , il quale, pur andando di fretta, manteneva l’aspetto compito e
deciso.
“Gabriel,
Isaia! Eccovi ... Sbrigatevi, non c’è tempo da perdere.”
“Che
succede, Bonifacio?” chiesero quasi in coro i due amici.
“Succede
che ci attaccano.”
“I
templari?” domandò conferma Gabriel.
“Loro
e i loro alleati demoni.” Bonifacio pareva essere l’unico a comprendere la
gravità della situazione e l’unico a non preoccuparsi “Voi due venite con me:
vi siete preparati bene in questi giorni, faccio soprattutto affidamento su di
voi per annichilire questi aggressori. Io e i miei figli e anche Jacopo, vi
supporteremo al meglio delle nostre qualità.” poi guardò il figlio presente e
gli disse: “Tu, Gaspare, sei escluso.”
“Ma,
padre …” tentò di protestare.
“No!
Tu starai con le donne e interverrai nel combattimento solo per proteggerle. È
il compito che ti affido, non indisponermi.”
“Temistocle
e Annibale mi rinfacceranno per l’eternità il fatto che loro hanno preso parte
a questa battaglia e io no.”
“Non
essere infantile. Il tuo momento verrà dopo: loro possono anche morire, oggi,
ma tu devi restare vivo. Non essere turbato dalle osservazioni dei tuoi
fratelli, non per nulla ho deciso che loro sono sacrificabili, mentre tu sei
indispensabile.”
“Scusami,
padre, hai ragione.” Gaspare era contrito.
“Bene,
ora vai, raduna le donne e proteggile, se necessario. Gabriel, Isaia, il campo
di battaglia vi aspetta.”
Gasare
si separò dagli altri e si affrettò a trovare innanzitutto Giuditta, con la
quale andò poi a cercare Claudia e, soprattutto, il bambino. Li trovarono in un
salottino, assieme a Teresa, Alonso e Stefano.
“Che
cosa succede?” domandò Stefano, appena li vide entrare, poiché si era accorto
che c’era movimento all’esterno.
“Ci
attaccano.” rispose seccamente Gaspare “Io sono qui per proteggere le donne, il
bambino e direi anche Alonso che, senza offesa, ha una certa età. Pigolo, tu,
invece, direi che sei assolutamente abile al combattimento, quindi va’ fuori e
combatti!”
“Potrei
restare a dare una mano a te a difendere …”
“Sparisci!”
Gaspare fu perentorio.
Stefano
lanciò uno sguardo a Claudia, poi uno più lungo a Giuditta, infine uscì dalla
stanza e scese in cortile.