Film > Kung Fu Panda
Segui la storia  |       
Autore: Serith    03/11/2014    0 recensioni
Tai Lung fa i conti con i mostri della prigione, Shifu è in cerca di un equilibrio e la piccola Tigre combatte per avere un posto al sole.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shifu, Tai Lung, Tigre
Note: nessuna | Avvertimenti: Furry, Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questioni in sospeso.
 
Mentre Tai Lung è in prigione, Shifu cerca di rimettere a posto i pezzi tramite la sua nuova allieva. Il leopardo fa i conti con i mostri della prigione, il maestro è in cerca di un equilibrio, e la piccola Tigre combatte per avere un posto al sole.
 
  1. Tai Lung
Bianco. Questo riempiva i suoi occhi, mentre il carro lo portava verso la sua fine. Percorrevano una stradina diroccata, insidiosa a causa del ghiaccio, che s’inerpicava sempre più in alto tra le montagne. Stava nevicando. Doveva essere molto lontano da casa oramai.

Provò a muoversi, e per l’ennesima volta non si sentì più padrone del suo corpo. La sua mente gli ordinava di muoversi, ma braccia, gambe e busto non rispondevano. La coda era intorpidita. Muoveva a malapena bocca, naso e occhi. A parlare non aveva tentato, nemmeno con i suoi silenziosi compagni. Anche supponendo che gli avrebbero risposto, non aveva più nulla da dire a nessuno.

Si sentiva vuoto. Non solo perché non poteva più muoversi, ma anche perché tutta la motivazione, la rabbia, l’odio, la delusione… lo avevano abbandonato. Non provava più nulla. Non gl’interessava nemmeno dove lo stessero portando quei rinoceronti. Ovunque fosse e qualunque sarebbe stato il suo destino da allora in poi, aveva perso tutto. Tutto. Nulla aveva più importanza.

Certamente loro intenzione non era quella di giustiziarlo; altrimenti perché portarlo il quel posto sperduto, in mezzo alle montagne? Dopo tutti gli animali che aveva ucciso in quella che fu la Valle della Pace, un’eventuale esecuzione si sarebbe effettuata in piazza, sotto gli occhi di tutti. Ma era chiaro che qualcuno per lui avesse deciso diversamente. Chi, quando o come, Tai Lung non poteva dirlo. Aveva dormito per molto tempo, tramortito dalla mossa paralizzante di Oogway nella sala del Tempio di Giada, finché non si era risvegliato in quel paesaggio impervio, tra i cigolii delle ruote del carro su cui stava e il freddo vento dentro le ossa a fargli compagnia. E quei misteriosi, grossi energumeni, che non gli avevano rivolto alcuno sguardo da quando si era svegliato.

La posizione in cui stava doveva essere incredibilmente scomoda, in ginocchio com’era con quel gigantesco guscio di tartaruga sulla schiena, ma non riusciva a sentire nulla. Era così anomala come sensazione per lui, che aveva sempre fatto del suo corpo il suo tempio, che aveva sempre dato il massimo di sé con il kung fu… Non riuscire più a muoversi per lui equivaleva a morire. Quale più giusta, sadica punizione? Accecato dalla rabbia aveva ucciso e fatto del male a molti, sì, ma perché gli era stato negato quello che di diritto era sempre stato suo…

Ma ora non aveva più importanza. Senza la Pergamena del Drago, lui era nessuno. La profonda ingiustizia che aveva subito lo aveva devastato, lasciandolo senza più emozioni. Ma il comportamento di Shifu gli risultava ancora incomprensibile. Lo aveva illuso per così tanti anni dicendogli che era destinato ad essere il Guerriero Dragone, l’unico! E poi era bastato uno sguardo della vecchia tartaruga per farlo desistere. Aveva riempito la testa di Tai Lung di bugie per così tanti anni, e poi, quando il suo allievo si era visto frantumare le sue illusioni davanti i suoi occhi, non lo aveva neanche difeso!

Ricordare quello che era successo in quel singolo momento, il dolore con cui maestro Shifu lo aveva guardato, riusciva a far crepitare dentro di lui una fiammella, piccola rispetto allo spaventoso incendio che gli era scoppiato dentro alla vista di quello sguardo e di quelle parole: mi spiace, Tai Lung.
Aveva detto proprio così, Shifu, gli occhi tristi, dopo i fiumi di parole con cui lo aveva incoraggiato a spezzarsi le ossa in anni di addestramento folle: mi spiace, Tai Lung.

La figurina immobile, incerto forse se aggiungere qualcos’altro, ma alla fine si era voltato e se n’era andato sulla scia di Oogway, lasciando Tai Lung lì impalato, con quelle parole riecheggianti nella mente. Mi spiace… mi spiace… mi spiace…

Avrebbe potuto esaminare ogni millesimo di secondo di quel momento, ricordarne con estrema precisione ogni dettaglio o particolare. Il numero ed il colore delle scaglie del carapace di Oogway, la triste e perplessa piega che avevano assunto le sopracciglia di Shifu, le piccole mani inerti e senza uno scopo. E ancora: il triangolo di luce che entrava dalla porta, il calore sulla sua schiena e le parole che echeggiavano nella sua testa – mi spiace, Tai Lung -, mentre il suo maestro si allontanava, con le mani di nuovo incrociate e la coda che toccava il pavimento.

Da lì, il nulla. Un interruttore dentro la sua testa era stato premuto, svuotandolo di ogni sentimento ad eccezione della rabbia più pura che avesse mai provato. Tutte le atrocità che aveva compiuto erano state causate dalla reticenza di Shifu. Se gli avesse semplicemente dato la Pergamena, nessun abitante della Valle sarebbe morto. Nonostante ciò, si chiese cos’avesse pensato il suo maestro di lui quando aveva scoperto cosa aveva fatto.

Il tempo passò. Sembrava che quello strano viaggio non finisse mai, così Tai Lung si era messo a meditare. Era una pratica che aveva sempre considerato con sdegno, piuttosto inutile al raggiungimento di quel che era stato il suo obbiettivo di diventare il Guerriero Dragone. Eppure, anche se con difficoltà, riuscì a concentrarsi, isolandosi dai suoi silenziosi accompagnatori e da sè stesso. Forse fu quell’ambiente ostile così simile a lui ad ispirarlo.

Era solo vagamente consapevole del cielo che si era fatto scuro e dei fiocchi di neve che gli cadevano sul naso, quando il carretto si fermò bruscamente. I suoi accompagnatori andarono avanti, uscendo dalla sua visuale. A parte il retro del carretto ed il paesaggio innevato non vedeva altro. Acuì l'udito.

Dovevano essere arrivati alla destinazione designata per lui, perché sentì bussare, o meglio: probabilmente uno dei rinoceronti che lo aveva portato lì diede delle botte ad una porta, piuttosto robusta a giudicare dalla forza con cui la colpiva. Sentì il rumore di qualcosa che scorre, probabilmente uno spioncino, ma nessuno parlò. Poi Tai Lung udì per la prima volta dall’inizio di quel viaggio, la voce di uno dei suoi accompagnatori: “Abbiamo portato il prigioniero”.

Era questo allora che era diventato? La porta si aprì cigolando. Un’ombra rossastra proveniente dall’interno si proiettò sulla neve. “Entrate” disse un’altra voce. Il carretto venne trainato in avanti, e Tai Lung poté finalmente vedere il luogo dove da lì in poi sarebbe stato rinchiuso. Pareti e pavimento erano fatti di pietra, l’unica fonte di luce erano delle torce piuttosto distanti l’una dall’altra. Grosse stalattiti erano appese al soffitto, ed anche se il freddo non era tale quanto all’esterno, l'umidità del posto lo rendeva ben più pungente. E c’erano tanti, tantissimi rinoceronti ovunque guardasse, vestiti di cuoio e con un’arma sul fianco, che fosse una mazza, una spada, o altro.

“Finalmente l’avete portato qui! Vediamo un po’.” La voce era profonda e tonante. Tai Lung sentì dei passi pesanti avvicinarsi.
“Comandante! Ho un messaggio da parte del maestro Shifu.”
Sentì il rumore della carta passata di mano in mano. “Vi ha dato problemi durante il viaggio?” Era chiaro che si riferisse a Tai Lung.
“No comandante, nessun problema”.
“Bene”. Iniziò a leggere: “Il sottoscritto Maestro Shifu della Valle della Pace, con il consenso dell’Imperatore, vi affida la custodia del prigioniero Tai Lung. Egli rappresenta un pericolo per gli altri, perciò deve restare immobilizzato. NON togliete per alcun motivo il carapace sulla sua schiena, NON lasciategli alcun oggetto. Dovranno essergli serviti tre pasti al giorno e dovrà essergli garantita una prigionia dignitosa e pacifica. Il sottoscritto verrà ogni tanto a Chor-Gom per accettarsi che queste richieste siano rispettate al meglio. Firmato: Shifu.” Il comandante rise. “Così dovremo farti da babysitter per un bel pezzo, eh?”

Tai Lung intravide con la coda dell’occhio una figura imponente, più massiccia delle altre. Non ne era sicuro, ma gli sembrava che il comandante avesse un’aria arcigna e soddisfatta. Decise di non dire nulla. Nonostante cercasse d’impedirselo, il fatto che il suo maestro l’avesse fatto rinchiudere là dentro gli giungeva come una spiacevole notizia.

“Io e te ci faremo una bella chiacchierata tra poco.” Gli disse il comandante, “Portatelo di sotto”.

Due guardie lo sollevarono e lo portarono di peso via da lì. Dovevano essere piuttosto forti, perché lui con quel carapace addosso era molto pesante.

Camminarono per un po’, per poi arrivare ad una piattaforma di legno collegata ad una carrucola. Attorno a lui decine di rinoceronti lo osservavano, chi sospettoso, chi sghignazzando dandosi di gomito col vicino, chi con odio. La piattaforma venne calata giù, lasciandoli sospesi per diversi minuti. Poi la discesa terminò sopra un piccolo spiazzo di pietra, isolato dal resto della prigione e meno illuminato. Nulla c’era sopra esso, se non due grandi pietre collegate a grossi ceppi di metallo. Lo posarono a terra tra le due rocce, collegandolo ai ceppi. Poco dopo arrivò anche il comandante. “Fatelo”, disse.
Tai Lung non sapeva a cosa si riferisse, finché gli altri due non spinsero le rocce nel vuoto.

Nonostante la paralisi, il dolore alle braccia tese allo spasmo fu acuto e terribile. Un ringhio di dolore gli sfuggì dalle labbra. Se il kung fu non avesse forgiato il suo corpo per tutti quegli anni, la caduta delle rocce l’avrebbe dilaniato. Una grande rabbia lo investì, mentre guardava i tre carcerieri ridere di lui.

Scariche di dolore gli partivano dalle mani per poi arrivare quasi anestetizzate dalla paralisi al petto. Cominciò a sudare, il peso delle rocce era insostenibile… provò a meditare, ad isolare la mente dal corpo per non sentire più il dolore, ma era impossibile.

“Ti fa male, gattino?” Non si era accorto che il comandante si era avvicinato, nella voce una nota di sadismo. “Non hai ancora visto niente”.
Un potente pugno lo colpì sul muso, facendogli girare la testa da un lato. Il rinoceronte era molto forte, e lui non era preparato. Sentì il sangue riempirgli la bocca e la rabbia lo stomaco. Tuttavia non rispose. Non voleva dargli soddisfazione.

I tre rinoceronti salirono sulla piattaforma ridendo, lasciandolo solo nell’oscurità. Ecco cosa gli aveva donato Shifu, dopo tutti i sacrifici che lui aveva fatto per renderlo orgoglioso.

Isolò la mente dal resto del corpo, andando da qualche parte lontano da lì.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Kung Fu Panda / Vai alla pagina dell'autore: Serith