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Autore: Acinorev    04/11/2014    19 recensioni
"«Respiri, quando sei con lui?»
Lo ami?
«Non azzardarti ad usare contro di me le mie stesse parole», lo ammonì Emma, facendo aderire un po' di più la sua schiena alla parete fredda. Stringeva i pugni per scaricare su di essi tutta la tensione, perché non voleva mostrarla: ormai era migliorata moltissimo nel confinare e nascondere le proprie emozioni, fino a riuscire ad ingannare persino se stessa.
Harry le si avvicinò ancora, appoggiando l'avambraccio destro accanto alla sua testa e piegandosi lievemente verso di lei. Le stava respirando sul viso. «Rispondi».
Emma serrò le labbra in una linea dura, come a voler sigillare dentro di sé le parole che fremevano per uscire.
«Respiri?» ripeté lui a bassa voce.
Lo ami?
«Sì».
No.
Harry inspirò profondamente e si inumidì le labbra con un movimento lento: sembrava dovesse compiere un ultimo sforzo per ottenere ciò che più bramava. E quello sforzo si riversò in una semplice domanda.
«E con me? Respiri, quando sei con me?»
Mi ami?"
Sequel di "Little girl", della quale consiglio la lettura per poter capire tutto al meglio.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Little girl'
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Capitolo nove - Prove it

 

Emma aveva indossato un abito in cotone leggero, di un azzurro pastello interrotto da fantasie floreali bianche: con le maniche a tre quarti e lo scollo dritto che le lasciava scoperte le spalle, aderiva al suo corpo sin sotto al seno, per poi ammorbidirsi in una gonna più ampia e non molto lunga. Era stata coraggiosa nel non portarsi alcuna giacca, convinta che il clima sarebbe stato clemente, ma se ne era presto pentita.
Dopo aver mostrato un documento all’uomo della Security che intralciava la porta a vetri d’ingresso, Emma entrò all’interno del Keller, un pub in pieno centro di Bradford: nonostante fossero solo le dieci di sera, era colmo di persone e molto caotico. Tutti i tavoli in legno erano occupati e ricchi di frastuono, parzialmente nascosto dalla musica suonata da un gruppo al fondo del locale. Le luci erano soffuse, calde.
«Hun, cazzo, dovevi arrivare prima!» esordì qualcuno alla sua destra, afferrandole un braccio e porgendole senza esitazioni un bicchiere mezzo pieno. «A quest’ora saresti stata già ubriaca», continuò Louis, baciandole velocemente una guancia e stordendola con quell’accozzaglia di gesti e parole.
«Sai com’è, alcune persone lavorano», lo prese in giro, annusando con un sorriso quella che sembrava Vodka liscia e bevendone un sorso. Era riuscita a finire prima il turno di baby-sitting alle bambine e aveva fatto di tutto per arrivare ad un orario decente alla festa di Zayn. Ventisette anni si compiono una volta sola.
Louis finse una risata, con la voce stridula e gli occhi già brilli. «Dov’è Aaron?» gli chiese, anticipando qualsiasi frase piccata avesse avuto intenzione di pronunciare.
Lui si voltò e si guardò intorno, alzandosi sulle punte dei piedi, poi tornò a guardarla e si strinse nelle spalle. «Da qualche parte», rispose soltanto. «Ma adesso muovi il culo, devi salutare il festeggiato».
Emma si lasciò trascinare via, con il polso destro bloccato dalla mano del suo amico e con il bicchiere in precario equilibrio: riconobbe diverse persone, vecchi amici di sua sorella e di Zayn o semplicemente coetanei che le era capitato di intravedere per le strade di Bradford, salutò velocemente qualcuno e si nascose da qualcun altro.
Zayn era seduto intorno ad un tavolo, con Melanie sulle sue ginocchia ed un largo sorriso ad illuminargli il volto allegro: stava ascoltando attentamente le parole di uno degli invitati, ma appena la vide, si scusò e le si avvicinò con spensieratezza. Indossava una camicia bianca, con le maniche arrotolate fino al gomito, ed un paio di pantaloni neri, che slanciavano ancora di più la sua figura.
«Che onore», la prese in giro bonariamente.
«Non rompere», rispose lei, divertita. «E tanti auguri», continuò, sporgendosi per baciargli entrambe le guance e passargli una mano tra i capelli, in un piccolo dispetto. Lui alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.
«Miles?» domandò Melanie, salutandola con una leggera carezza sul braccio e frizionandosi i capelli mossi: era meravigliosa. Il tubino di un rosso acceso evidenziava ogni curva del suo corpo snello, mettendo in risalto la sua carnagione lattea e la lucentezza azzurra dei suoi occhi.
«Sarà qui a momenti», spiegò Emma. «Era stato invitato anche ad una cena di lavoro, ma a quest’ora dovrebbe essere quasi finita».
«Ah, eccoti», li interruppe qualcuno, attirando l’attenzione su di sé. «Ti sto cercando da un quarto d’ora». Aaron sospirò e lasciò un veloce bacio sulle labbra di Louis, che sorridevano finalmente soddisfatte: le sue iridi nere e vivaci, assumevano sempre una certa espressione quando riuscivano a posarsi su quelle nelle quali erano abituate a specchiarsi, come se potessero trovarci un costante sollievo.
«Emma! Quando sei arrivata?» esclamò subito, dopo essersi accorto di lei, raggiungendola con un passo e abbracciandola calorosamente.
«Proprio adesso», gli rispose contro il collo, inspirando il suo profumo aspro e marcato.
«Zayn Malik deve compiere ventisette anni affinché io e te riusciamo a vederci, ti rendi conto?» la rimproverò ironicamente, lasciandola libera. «Potrei addirittura pensare che tu non senta nemmeno un po’ la mia mancanza», continuò, fingendosi offeso e ritornando accanto a Louis, che fece scivolare con naturalezza la propria mano sinistra sulla sua schiena. E più in basso.
«Se anche ti chiamassi, tu saresti troppo occupato con qualcun altro», ribatté lei, bevendo un altro sorso di Vodka. Le bruciava la gola.
«Esattamente», intervenne Louis, con tono saccente e facendo schioccare la lingua sul palato. «Difatti, anche ora abbiamo da fare».
Aaron corrugò la fronte e lo guardò con aria confusa. «Cosa?»
«Non ti dovevi lavare le mani?» domandò l’altro, sbattendo con finta innocenza le palpebre. Zayn rideva in silenzio, con Melanie che cercava di trattenersi.
«Mi devo lavare le mani?» ripeté Aaron, senza riuscire a cogliere il reale riferimento.
«Oh, Dio». Louis alzò gli occhi al cielo e lo prese per mano con fare possessivo. «Malik, di’ pure ai tuoi invitati che il bagno degli uomini sarà off-limits per… Un po’», annunciò, con la malizia ad accentuare ogni sillaba ed ogni movimento. «E forse dovresti far alzare la musica nel locale», aggiunse, sorridendo apertamente e facendo abbozzare una risata a tutti gli altri.
Aaron sembrava arreso a quel suo comportamento, ma gli diede una spallata scherzosa, prima di seguirlo ed allontanarsi senza protestare in alcun modo.
«Di che ti stupisci?» sospirò Melanie, rivolta alla sorella. «Prima era quello delle donne, ad essere off-limits».
Emma non trattenne una risata e Zayn la invitò a sedersi al tavolo con loro, presentandola cordialmente ad alcuni amici. Lei conversò con educazione per qualche minuto, poi decise di mandare un messaggio a Miles per chiedergli dove fosse e quando sarebbe arrivato.
Quando rialzò lo sguardo dal proprio cellulare, incontrò quello di Harry.
Aveva immaginato che anche lui sarebbe stato presente, ma semplicemente si era imposta di non pensarci: la stava osservando da qualche metro di distanza, appoggiato con la spalla sinistra ad uno dei pilastri spessi del locale. I piedi incrociati ed i capelli legati in una coda, indossava dei pantaloni scuri ed una t-shirt grigia, coperta parzialmente da una giacca nera che gli arrivava quasi alle ginocchia.
Per qualche istante, entrambi restarono semplicemente a guardarsi da lontano, in un’immobilità che contrastava con l’ambiente concitato che li circondava: poi, Harry alzò una mano per salutarla, in un gesto semplice ed accompagnato dall’inclinarsi leggero delle sue labbra. Emma si soffermò sui suoi lineamenti, sul modo in cui erano evidenziati dalle luci del pub, e si trattenne dal pensare a quanto fossero armoniosi. Non voleva ammettere la loro bellezza.
Accennò un sorriso e gli rivolse un cenno del capo, poi si voltò verso Melanie e si perse in discorsi che l’avrebbero distratta dalle sue tentazioni, o dal fatto di averne.
 


Dopo poco più di mezz’ora, Emma era appoggiata con la schiena ed i gomiti al bancone del locale: osservava distrattamente le persone che si agitavano dinanzi ai suoi occhi ed aspettava che il secondo bicchiere di alcolici facesse effetto.
Non appena il telefono le vibrò tra le mani, pensò che finalmente Miles si fosse deciso a risponderle, dato che sembrava essere sparito.
 
Un nuovo messaggio: ore 22.41
Da: Harry

“Smettila di cercarmi tra la gente…”
 
Emma rilesse il messaggio e corrugò la fronte, mentre un sorriso spontaneo combatteva per comparire sul suo volto: alzò lo sguardo e tentò di scorgere Harry tra la folla, ma non riuscì a trovarlo.
 
Messaggio inviato: ore 22.42
A: Harry

“Non ti sto affatto cercando. Tu, piuttosto, smettila di spiarmi”
 
Un nuovo messaggio: ore 22.42
Da: Harry

“Non ti sto spiando, ho solo tirato ad indovinare”
 
Emma si inumidì le labbra e scosse la testa, senza nascondere il divertimento piccato: Harry aveva giocato con lei, facendole credere di essere nascosto da qualche parte per poterla osservare ed in qualche modo toccando la sua vanità, ma solo per poi rivelare le proprie carte.
 
Messaggio inviato: ore 22.44
A: Harry

“Peccato che tu non abbia indovinato.”
 
Un nuovo messaggio: ore 22.45
Da: Harry

“Peccato che io non ti creda”
 
Si morse un labbro e pensò ad una risposta sufficientemente tagliente da digitare, ma fu interrotta prima di poter premere la prima lettera sulla tastiera touch.
«Non c’è bisogno che tu risponda».
Harry le si era appena affiancato, con un sorriso beffardo a divertirlo ed il gomito destro appoggiato al bancone. Non indossava più la giacca ed il suo profumo era più forte del previsto.
«Se non mi stavi spiando, come mai sapevi esattamente dove fossi?» lo mise alla prova, assottigliando gli occhi.
«Be’, passavo di qua», rispose, alzando le spalle con noncuranza.
Emma sospirò e scosse la testa. «Certo».
Erano passati tre giorni dall’ultima volta che si erano visti o parlati e, in qualche modo, era come se tutta la tensione fosse scivolata via, lasciando il posto ad una leggerezza confortevole.
«Avevo iniziato a pensare che non saresti venuta», esclamò Harry, più seriamente.
Lei lo guardò solo per un istante, a disagio per quell’affermazione. «Ma eccomi qua», sospirò. Non si chiese se l’avesse aspettata, se si fosse domandato dove fosse, né perché: preferiva credere di fraintendere le sue parole ed il suo tono, nonostante conoscesse entrambi molto bene.
«Da sola?» domandò lui, senza distogliere lo sguardo dal suo viso: se lo sentiva addosso, incollato alla pelle, come se la stesse ridefinendo accuratamente. Si passò una mano tra i capelli sciolti e si sforzò di cercare un contatto visivo che avrebbe potuto difenderla.
«Miles sta arrivando», spiegò con sicurezza.
Harry annuì e lei tornò a guardare di fronte a sé.
«Questo vestito ti sta bene», esordì di nuovo dopo qualche istante, facendole trattenere il respiro per un breve secondo.
Emma sbatté le palpebre e serrò la mascella. Era lusingata da quel complimento inaspettato, come ogni donna lo sarebbe stata, ma non si fidava della sottile differenza che provava quando era lui a provocare quella sensazione. Si voltò per osservarlo, per dare una conferma o una smentita alle proprie supposizioni: le iridi di Harry erano serie, velate da quella sincerità che era rimasta invariata e troppo ostinata, e si rendevano a lei come per assicurarle un dubbio. Ogni cosa di lui, in quel momento, persino il suo modo di respirare, le era tanto familiare da non poter essere sottovalutata.
«Che cosa stai facendo?» gli chiese a bassa voce.
«Ti faccio un complimento», rispose lui, rilassando l’espressione con una malizia evidente e beffarda, consapevole.
«Perché devi fingere che io non ti conosca?» ribatté Emma, contrastando le sue parole vaghe e fintamente innocenti. Non capiva a che gioco stesse giocando, cosa l’avesse portato a quel repentino cambio di atteggiamento nei suoi confronti, soprattutto dopo i loro ultimi trascorsi.
«Perché è più divertente», disse, alzando un sopracciglio ed inumidendosi le labbra inclinate.
Lei inspirò a fondo, senza riuscire a sconfiggere un sorriso incredulo, e si guardò intorno solo per cercare qualcosa da ribattere, che potesse scuotere lui allo stesso modo. Proprio in quel momento, però, notò qualcuno accanto a Zayn e Melanie.
«Allora spero ti sia divertito abbastanza», esclamò quindi, allontanandosi dal bancone, «perché ora devo andare», continuò. Harry sembrò confuso per qualche istante, ma ben presto si accorse del motivo di quella interruzione, dato che riconobbe Miles a pochi metri da loro. Annuì e la lasciò andare via, senza esporsi.
Emma raggiunse il suo ragazzo con un sorriso: gli si strinse contro senza nemmeno dargli il tempo di accorgersi di lei, baciandogli il collo profumato. «Di’ un po’, non si usa più rispondere al telefono?» lo rimproverò, mentre lui le avvolgeva il corpo con un braccio e le sorrideva sulle labbra.
«Me ne sono dimenticato», ammise, per poi avvicinarsi al suo orecchio come per raccontarle un segreto. «Sono un po’ brillo», sussurrò.
«Confermo», esordì una voce femminile.
Emma non si era accorta della presenza di Lea, ma la trovò una piacevole sorpresa. «E tu che ci fai qui?» le chiese allegramente, ancora tra le braccia di Miles. I capelli biondi erano racchiusi in una treccia sfatta sulla spalla sinistra, mentre il corpo era coperto da un abito blu notte che le si legava intorno al collo per scendere morbidamente sulle sue curve.
«È sabato sera ed io non avevo nessun programma, stranamente», si spiegò. «Quindi mi sono imbucata alla cena con il mio fratellone – cosa per la quale dovresti ringraziarmi, dato che gli ho evitato una bella sbronza – e poi mi sono imbucata anche qui, per ricompensa personale», continuò, stringendosi nelle spalle.
«Sei comunque la benvenuta», la accolse Zayn, con la gentilezza che il festeggiato deve manifestare. Melanie, al suo fianco, per un attimo lo guardò con sospetto: era normale sentirsi in qualche modo intimorite da Lea, da ogni suo movimento ricco di fascino.
«Andiamo a ballare?» domandò intanto Miles, stringendole il fianco sinistro con una mano. Emma lo osservò divertita, carpendo una spensieratezza nei suoi occhi che non percepiva da un po’ di tempo: lo afferrò per un polso e lo trascinò via, dirigendosi verso il centro del locale ed in mezzo alle numerose persone che li avevano anticipati.
Miles non era un grande ballerino, non lo era mai stato: consapevole di questa sua pecca, però, non ne faceva un dramma e scherzava sui propri movimenti scoordinati per renderli ancora più buffi. Così, anche in quel momento teneva gli occhi chiusi ed il viso rivolto verso l’alto, con un labbro stretto tra i denti in una smorfia di concentrazione, mentre si muoveva secondo il ritmo della canzone, o almeno mentre ci provava.
Emma gli stava di fronte, con gli occhi pieni di lui e della sua leggerezza: erano sempre più rari i momenti in cui riuscivano ad abbandonare qualsiasi problema li minacciasse, quelli in cui Miles riusciva a liberare il proprio sguardo dal rimorso e dal dolore, e lei era intenzionata a non lasciarsene scappare nemmeno uno.
Miles le prese entrambe le mani ed improvvisò qualche passo confuso, facendola ridere, poi la guidò in una giravolta ed in un casqué per niente adatto a quel genere di musica. Se la strinse contro respirando sul suo collo, imprimendo le proprie mani sulla sua schiena. Lei si aggrappò al suo maglioncino in cotone grigio.
«Mi sei mancata oggi», le disse, costretto ad alzare la voce per sovrastare tutto il resto.
Emma gli baciò la mascella. «Ti sta bene: la prossima volta impari a dormire fino all’una del pomeriggio», ribatté, rinfacciandogli il mancato appuntamento di quel giorno. Da quando si era svegliata, aveva aspettato un suo messaggio o una chiamata, ma era stata costretta a darlo per disperso.
«Per questo ti sei messa questo vestito? Per farmela pagare?» le chiese, accarezzandole un fianco con la mano, fino a scendere sulla sua coscia nuda, dove l’orlo del suo abito le solleticava la pelle. Emma chiuse gli occhi e si morse un labbro.
«Forse», ammise: sapeva che quel vestito era uno dei suoi preferiti e non poteva negare che la sua scelta non fosse stata del tutto casuale. Per un brevissimo istante, la sua mente ostinata le ricordò che anche qualcun altro aveva apprezzato il suo abbigliamento: si sforzò di non perdersi in paragoni, forse spaventata dal possibile esito.
«Sei crudele, Emma Clarke».
Lei sorrise soddisfatta e gli baciò le labbra, più e più volte, fin quando persero interesse persino nel muoversi, fin quando si sentirono obbligati a restare immobili e al di fuori da tutto resto, concentrati l’uno sull’altra e sulle proprie mani.
 
 
 
Emma gli si avvicinò a passi svelti e lo spintonò con poca energia, attirando la sua attenzione. «Quella è la sorella di Miles», esclamò diretta.
Harry strabuzzò gli occhi e deglutì il sorso di bibita che aveva in bocca: era seduto su uno dei divanetti del pub, con lo sguardo più assente e l’alito più aromatizzato. «Di chi stai parlando?»
«Di quella ragazza con la quale ti sei strusciato fino a due minuti fa».
«E allora?» ribatté, sorridendo a labbra chiuse.
«Lo stai facendo per dispetto?» insistette lei, appoggiando le mani sui fianchi. Li aveva visti ballare in modo inequivocabile, li aveva visti guardarsi in modo inequivocabile e persino toccarsi in modo inequivocabile: e non era gelosa, non gli dava fastidio che Harry potesse avere qualcuno – ovviamente -, ma trovava alquanto curioso che quel qualcuno dovesse essere proprio Lea.
«Come, scusa?» chiese Harry, corrugando la fronte.
«Tra tutte le ragazze che sono presenti a questa festa, hai deciso di fartela proprio con lei?»
«Dal momento che le ragazze più carine sono tutte fidanzate o terribilmente ubriache, sì, me la faccio proprio con lei», rispose con calma, stringendosi nelle spalle. «E poi forse non l’hai vista bene, ma è una gran f-»
«L’ho vista molto bene, credimi», lo interruppe, indispettita. «Ma non è questo il punto: trovo comunque una strana coincidenza il fatto che-»
«Per caso sei gelosa?»
Emma sbatté le palpebre, circondandosi di incredulità. «Assolutamente no», affermò.
«Bene, allora il discorso è chiuso», continuò Harry, bevendo ancora un sorso dal proprio bicchiere. «Non capisco nemmeno come tu abbia avuto tempo di immischiarti negli affari miei, dato che eri tanto impegnata con il tuo ragazzo». Il tono che si faceva più duro.
«Per caso sei geloso?» lo imitò.
«No», negò. «Fino a prova contraria sei tu ad essere venuta a farmi la predica».
«Non ti sto facendo la predica», lo contraddisse. «Ti sto solo dicendo che, se il tuo obiettivo è quello di farti Lea solo per darmi fastidio, sei sulla cattiva strada».
«Perché dovrei farmi qualcuno per dare fastidio a te? E comunque, il problema non sussiste: ti ho già detto che tu non c’entri niente, quindi non vedo perché continuare questa…. Cosa».
Emma lo osservò attentamente, con una punta di rabbia a sollecitarla. «Hai ragione», sospirò, prima di voltargli le spalle ed andarsene.
 
 
 
Miles era in piedi alla sua sinistra, con un braccio intorno alle sue spalle ed il corpo in precario equilibrio: stava fingendo di non essere così ubriaco, ascoltando con stentata attenzione il discorso di due colleghi di Zayn. Emma gli sussurrava qualcosa all’orecchio ogni volta che rischiava di cedere, divertita dalla sua perseveranza.
«Perché non lo porti a casa?» le chiese Aaron, abbozzando una risata.
«Sì, tra poco ce ne andiamo», rispose lei: era tardi ormai, gran parte delle persone se ne erano andate ed i tacchi le stavano torturando i piedi. «Tu invece quando porti a casa lui?» ribatté, indicando con un cenno del capo Louis, con troppo alcool nelle vene.
«Certo che Zayn se li sceglie bene gli amici», mormorò Louis stesso, mordendosi un labbro e seguendo con lo sguardo un ragazzo che passò loro di fianco.
Aaron sospirò e strinse un po’ di più il bicchiere che teneva tra le mani.
«Louis, per quanto ancora resterai a Bradford?» domandò Emma, cercando di attirare la sua attenzione e di dare una tregua al suo amico.
«Una settimana, credo. O due», rispose quello. «È bello quando tuo padre è anche il tuo capo: hai molte più ferie degli altri».
«Solo se si tratta di tuo padre», precisò, abbozzando un sorriso teso.
«Cristo, puoi smetterla di fare la radiografia a qualsiasi essere di sesso maschile ti passi di fianco?» sbottò all’improvviso Aaron, attirando l’attenzione di Louis, che si era di nuovo perso nei dettagli di qualche altro sconosciuto. Anche Miles ed i suoi compagni di conversazione si ammutolirono all’istante.
Emma sospirò silenziosamente e fu tentata di allungare una mano verso la schiena di Aaron, per farla rilassare insieme ad ogni altro suo muscolo.
«Babe, calmati», esclamò Louis, corrugando la fronte.
«No, devi piantarla», fu la risposta che ottenne: il tono così duro ed imperativo da non lasciare spazio ad alcuna esitazione, ad alcuna scusa. Era evidente che avesse raggiunto il limite di sopportazione. «È tutta la sera che non fai altro e mi sono davvero rotto».
«Non dire stronzate. Sbaglio o mi sono scopato te nei bagni, solo poco fa?»
A quel punto, i due intrusi si allontanarono in silenzio ed Emma allungò davvero la sua mano per donargli un po’ di conforto. «Hey, è ubriaco, lo sai», esclamò piano, tentando di riparare ciò che difficilmente poteva essere riparato con tanta semplicità.
Aaron respirava velocemente: si scansò dal suo tocco e guardò Louis con disprezzo. Gli diede una spinta che quasi lo fece cadere a terra, più per la sua scarsa lucidità che per la forza con la quale era stata impressa. «Vaffanculo. Mi fai proprio schifo», gli urlò contro, prima di allontanarsi velocemente ed uscire dal locale.
Miles strinse un po’ di più il corpo di Emma contro il proprio, come per chiederle cosa sarebbe stato meglio fare. Louis, invece, abbassò per un attimo lo sguardo e strinse i pungi: l’aria persa, ferita e forse consapevole. L’attimo dopo, alzò lo sguardo su di loro e sorrise apertamente, con le labbra che quasi gli tremavano. «Di cosa stavamo parlando?» domandò, come se non fosse successo nulla.
«Louis-»
«Vado a prendere da bere, ci vediamo dopo», la interruppe, forse per anticipare parole che già prevedeva: e se Emma sperava di vederlo seguire Aaron, dovette guardarlo mentre si allontanava nella direzione opposta.
«Wow», sospirò Miles, passandosi una mano tra i capelli disordinati.
«L’avevo avvertito», disse lei, abbracciandogli il busto. «Sarebbe accaduto, prima o poi: spero solo che riescano a chiarire, questa volta». Quella scena era stata un semplice remake di innumerevoli altre, nonostante Aaron avesse espresso un più profondo grado di esasperazione, di malinconica arrendevolezza.
«Secondo te ce la fanno?»
«Ho paura di no», rispose Emma, abbassando il tono: non sapeva per quanto ancora avrebbero resistito e la speranza si era esaurita diversi mesi prima.
Miles si guardò intorno, forse per controllare che Louis fosse davvero andato a prendere da bere, ma il suo sguardo si inasprì all’improvviso, facendo increspare anche le sue labbra. Emma se ne accorse e corrugò la fronte, ma non ebbe il tempo di chiedergli una spiegazione, perché dovette accettare un bacio improvviso ed irruento. Sentì le sue mani circondarle il volto, accarezzandola con possesso, e non riuscì a comprendere cosa stesse accadendo.
Allontanò il viso dal suo senza rifiutarlo, guardandolo con aria interrogativa e poi voltandosi per poter scoprire il motivo di quel comportamento inaspettato: non appena scorse Harry dall’altra parte della sala, seduto ad uno dei tavoli con gli occhi fissi su di loro, strinse i pugni e tornò con lo sguardo sul viso di Miles.
«Non devi dimostrare niente», gli disse, sfiorandogli il collo con le dita. Era ovvio che lui avesse voluto imporre la propria posizione, confermare il proprio ruolo a chi credeva potesse minacciarlo. Per tutta la sera avevano cercato di evitarlo, intenti a non rovinare l’atmosfera con alcun probabile intralcio: Emma l’aveva notato più volte tra tutti gli altri invitati, in conversazioni casuali ed impegnato a ballare con divertimento, ma talvolta l’aveva anche scoperto con gli occhi su di sé, come a controllarla.
«Sarò anche ubriaco, ma non devi trattarmi da stupido», la rimproverò, con l’espressione a riflettere il suo stato d’animo, la sua preoccupazione. «Odio come ti guarda».
Emma respirò profondamente e fu tentata di girarsi ancora una volta verso Harry, per avere un’ulteriore conferma: anche lei aveva subito notato l’intensità con la quale li stava osservando, così come si era accorta del suo comportamento più malizioso durante la serata. Poteva comprendere che Miles si sentisse a disagio nel saperla nelle sue vicinanze, anche se non voleva che dubitasse di lei: non voleva dar credito a qualsiasi intenzione stesse muovendo Harry.
Per dimostrarglielo, gli si avvicinò lentamente, con una dolcezza che avrebbe dovuto essere una richiesta di perdono, e gli baciò le labbra senza fretta. «Io sto guardando te».
«Ragazzi, che serata!» strillò Lea, fiondandosi su di loro e stringendo entrambi tra le sue braccia magre. Gli zigomi arrossati erano un timido segno del fatto che fosse quasi ubriaca. «Emma, non mi avevi detto di avere amici così divertenti!»
Lei sorrise appena, mentre veniva lasciata libera da quel goffo abbraccio: subito il suo pensiero tornò ad Harry e Lea. Per fortuna Miles non li aveva visti, perché non sapeva che reazione avrebbe avuto: probabilmente sarebbe stato sollevato dal constatare che il suo presunto rivale avesse altri interessi, o, più probabilmente, si sarebbe infuriato ancora di più.
«Sì, ma ora è meglio andare», esclamò Miles, portandosi una mano sulla fronte. «Potrei vomitare da un momento all’altro».
«Voi andate pure», rispose la sorella, con una energica euforia nella voce. «Io torno più tardi: mi faccio dare un passaggio».
Il fratello sospirò arreso ed Emma annuì, prendendolo per mano. «Non hai idea del ragazzo assurdamente figo che ho rimorchiato stasera», le sussurrò Lea all’orecchio, prima di scappare via.

 





 


Buonasera :)
Sì, sono in anticipo: spero l'abbiate apprezzato! Oggi sono giù di morale e avevo bisogno di sfogarmi, quindi entrano in gioco Harry ed Emma :)
Fino all'altro ieri non avevo idea di quello che sarebbe accaduto, l'unica cosa che avevo in mente era Harry che le mandava quel messaggio, quindi ho dovuto creare una situazione in cui fossero presenti quasi tutti i personaggi per le diverse dinamiche:
- Harry/Emma: spero sia chiaro il nuovo (e familiare) atteggiamento di Harry, ma non ho intenzione di commentarlo! Lascio a voi il "compito" ahhaa
- Harry/Lea: bocca cucita, quindi non venitemi a chiedere se avranno una storia oppure no etc etc :) Ciò che importa è che Emma si è sentita in dovere di mettere in chiaro alcune cose ahhaha Secondo voi era gelosa o credeva davvero che fosse un modo per infastidirla? (Anche lei è presuntuosa, in ogni caso ahha) Ed Harry si è avvicinato di proposito a Lea oppure no?
- Emma/Miles: la loro spensieratezza non è stata molto libera di svilupparsi, data la presenza di Harry, ma ci hanno lavorato tu! Nella scena finale Miles, nonostante sia ubriaco, cerca ancora una volta di manifestare il suo disappunto (come vedete, nelle giuste circostanze sa essere geloso): persino Emma si sente in grado di giustificarlo, dato che si è accorta del comportamento di Harry.
- Louis/Aaron: mi dispiace di avervi messo quello spoiler, illudendovi ahahha È successo un piccolo disastro: Aaron ha perso la pazienza e Louis... Be', lui è sempre il solito. Cercherò di approfondire la loro storia, ma devo ancora capire se sia possibile farlo durante questa o se dovrò scrivere un missing-moment! 
In ogni caso, spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto: so che tante persone sono deluse da me e dalla storia, ma spero di rifarmi!
Grazie ancora per tutto! Vi prego di farmi sapere cosa ne pensate, altrimenti io cado in paranoia e CIAO.



Vi lascio tutti i miei contatti: ask - facebook - twitter 

Un bacione,
Vero.

 
 
  
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