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Autore: BadWolf2    10/11/2014    0 recensioni
Se ci fosse qualcosa, nel suo passato, che persino il Dottore non può ricordare? Se le parole Bad Wolf, sparse nel tempo e nello spazio, provenissero dalla sua più profonda e dimenticata storia d'amore? Se ci fosse un motivo per cui il Dottore non ha mai detto "ti amo"? Questa storia nasce dal tentativo di dare una risposta a queste domande (ovviamente personale, non penso che i veri autori di Doctor Who la vedano così). Spero vi divertiate.
Un avviso: ho segnalato degli spoiler e BadWolf come personaggio ma in realtà questa storia si collocherebbe prima della comparsa del nono dottore, anche prima della guerra del tempo in realtà... quindi più che spoiler contiene un sacco di nomi, nemici, frasi, che poi ritorneranno ma modificate...
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bad Wolf, Doctor - Altro, TARDIS
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Alone, alone, all, all alone,

Alone on a wide wide sea!

And never a saint took pity on

My soul in agony.

 

The many men, so beautiful!

And they all dead did lie:

And a thousand thousand slimy things

Lived on; and so did I.

 

Coleridge, The Rime of the Ancient Mariner


 

Era cominciata come una spedizione punitiva, era sfociata nella Guerra del Tempo. Il popolo di Gallifrey aveva preso le armi come non faceva da secoli, forse persino da millenni. Il popolo della pace era diventato una razza guerriera, i garanti dell’ordine si erano tramutati in patroni del caos. Col passare del tempo era diventato quasi impossibile segnare il confine fra Gallifreiani e Dalek, i figli di entrambe le genti nascevano con l’unico scopo di annientare quelli delle altre. Poi ci fu un uomo che pose fine a tutto questo, venne come un fuoco divoratore, come la tempesta, come un fulmine che squarciò il cielo plumbeo. Venne per la distruzione di molti e per la salvezza dell’universo. Il silenzio calò sui Dalek e sui figli e le figlie di Gallifey. E l’uomo che pose fine alla guerra fu condannato ad una punizione peggiore della morte: rimanere in vita. Vivo per vedere il suo mondo bruciare assieme ai suoi acerrimi nemici, vivo per continuare ad essere l’ultimo Signore del Tempo. 
Ma questa non è la storia della Guerra del Tempo, non è neppure la storia del perché l’ultimo Signore del Tempo mise la Terra sotto la sua protezione, piuttosto è la storia del perché il Dottore non dirà mai più “Ti amo”.

 

Di certo era l’uomo più incredibile che avessi mai conosciuto. Era piombato nella mia vita all’improvviso e l’aveva sconvolta come se fosse stato un suo diritto. Chiunque avesse osato fare una cosa del genere di certo avrebbe subito la mia ira, ma non lui. Il dottore mi aveva sbalzata fuori del mio piccolo appartamento londinese e mi aveva scaraventata nello spazio infinito, e di questo non potevo che essergli grata. Il punto era questo: la mia vita prima che lui apparisse si prospettava lunga, contenta e facile; la mia vita dopo averlo conosciuto è diventata un alternarsi folle di gioie e dolori, di decisioni impossibili da prendere e, infine, sta per giungere al suo termine dopo appena trent’anni. E non esiste nulla che non rifarei nella concatenazione di eventi che porta alla mia morte. Sono Helen Jale, ho viaggiato per dieci anni col Dottore e ora sto morendo per lui. E spero che lui mi dimentichi.
 

Studiava astrofisica, a dodici anni aveva visto morire i suoi genitori, era all’università grazie ad una borsa di studio ed ardeva di passione. Viveva in un appartamentino nella periferia di Londra con tre compagnie di studi, la sera lavorava in un pub per mettere da parte qualche soldo. La prima volta in cui la vidi aveva appena vent’anni ma era cresciuta in fretta, colpa forse del fatto che la vita non fosse stata troppo tenera con lei. Sedeva in quarta fila, posto esterno, i lunghi capelli mossi, di un castano ramato di rosso, tenuti raccolti da due matite, gli occhi cerulei erano vividi nonostante la stanchezza. Seguiva le lezioni bevendosi tutte le parole che uscivano dalla mia bocca (probabilmente blateravo cose senza senso, non ero molto sicuro delle conoscenze dell’astrofisica nell’anno 2012 sulla Terra). Alla fine della lezione la metà delle ragazze era ai miei piedi, ma non certo per la spiegazione (devo ammettere che la mia nuova rigenerazione era particolarmente affascinante) e i ragazzi si mettevano le mani nei capelli. Dire che avevo esagerato, ma se tutto andava bene entro due giorni avrebbero riavuto il loro vecchi insegnante.
 

-Signor Smith- era lei, non pensavo avrebbe osato farmi delle domande, era vestita come una persona che cerca di nascondersi anche da se stessa.

-Sì? - cercai di non assumere un’espressione da “vediamo che domanda idiota mi farai umana?” anche perché non credevo affatto che i ragazzi di quel corso fossero idioti

-Quello che ha spiegato….-

-Sì, avete ragione probabilmente ho un po’ esagerato, non vi sarà chiesto all’esame-

-volevo chiederle se mi potesse consigliare dei libri sull’argomento-

-Quale argomento? -

-Il raggiungimento della velocità della luce, i viaggi spazio-temporali… So che non è una tecnologia a cui possiamo arrivare adesso ma, professore, crede sarà possibile un giorno? – le brillavano gli occhi

-Sono abbastanza certo di non aver detto viaggio nel tempo nel mio delirio…- quella fu la prima volta che la vidi sorridere

-L’ho visto un po’ come una conseguenza di ciò che ha detto…-

-Sei in gamba! - ed era vero, non credevo che fosse possibile capire quello che avevo detto, figuriamoci cogliere le conseguenze

-Non esageriamo, diciamo solo che sono un po’ fanatica-

 

Io, Helen, avevo promesso a me stessa due cose: 1) non mi sarei mai innamorata di un professore, per quanto giovane, carismatico e carino potesse essere e 2) non avrei mai creduto in sciocchezze come viaggi nel tempo e alieni. Ed eccomi qui, mentre pulisco il bancone del pub a fantasticare di viaggi nel tempo con il mio supplente di cosmologia. Dovevo togliermelo dalla testa, e proprio quando mi stavo quasi convincendo a farlo ecco che lo vedo: che si aggira con le mani nelle tasche, fuori dal pub, e poi entra in una cabina della polizia blu, senza uscirne per i trenta minuti seguenti. Ho finito il turno e sono sgattaiolata fuori di corsa, diretta verso quella cabina blu. Ho cercato di aprire la porta ma sembrava chiusa dall’interno ma non mi sono data per vinta: era l’una di notte nella periferia di Londra, avevo tutto il diritto di cercare di entrare in una cabina della polizia, anche se il mio intento non era affatto cercare un poliziotto e credevo che quella fosse l’unica cabina blu rimasta. Dopo aver bussato per circa quaranta secondi mi sono ritrovata davanti al mio professore con in mano una tazza di tè fumante, in vestaglia blu e pigiama porpora

-Dovrebbe essere una cabina della polizia! – è stata la prima e credo anche l’unica cosa sensata che sono riuscita a dire

-Oh, beh è da un sacco che qualcuno non bussa cercando un poliziotto, te ne serve uno?-

-No..- dire che era

-Perfetto! In tal caso gradisci una tazza di te?- allegro, allegro e perfettamente sveglio all’una di notte, in pigiama in una cabina della polizia: mi sono data della pazza solo per averlo seguito ma l’ho fatto.

-oh- ho esclamato non appena la porta mi si è richiusa alle spalle

-lo, lo so è più…-

-La distorsione dimensionale è dentro o fuori? –

Lui mi ha guardato ed è scoppiato a ridere:

-Questo non me lo aveva mai detto nessuno! – a quel punto ho iniziato a ridere anche io. È stato quella sera che ho iniziato ad essere la sua compagna, così il Dottore chiama tutti quelli che viaggiano con lui. Ed è stata quella sera che ho infranto le mie due promesse.

 

Continuavo a ripetermi che aveva un vita, che aveva solo vent’anni, che non avevo il diritto di metterla in pericolo ogni giorno… eppure non riuscivo a privarmi di lei. Perché su tutto non avevo il diritto di amarla e non potevo smettere di farlo, perché ogni volta che la vedevo mi innamoravo di nuovo. Lei era tutto ciò che amavo della razza umana e tutto ciò che amavo in una donna e tutto ciò che amavo nella vita stessa. Era successo l’inevitabile: mi ero innamorato di un’umana. Ma essermi innamorato poteva andare bene, il problema è che desideravo passare tutta la mia vita con lei, e non potevo farlo, la dura legge dei signori del tempo. Vivere dodici vite può essere una tortura se la persona più importante nella tua vita ne possiede una soltanto.

 

Un giorno con lui vale una vita intera. Non è solo per le cose fantastiche, le avventure al limite dell’inumano, le cose che imparavo ogni giorno… è il modo in cui viviamo che mi ha rapita. Ogni giorno potrei perdere la mia vita, ma perderla servirebbe a salvarne altre. Viaggiare col Dottore mi ha resa certa di una cosa: anche se morissi domani, anche se non finissi la tesi di laurea che mi renderà un’astrofisica, anche se non combinassi nulla al modo non sarei morta invano! E poi… forse suonerà come una sciocca frase fatta ma lo dico da persona che ha visto dei criminali uccidere i propri genitori: c’è qualcosa in questo universo per cui vale la pena di sacrificare la vita. E poi.. ammettiamolo, se anche tutto questo non ci fosse, io sarei comunque incondizionatamente e perdutamente innamorata del Dottore, per quanto io non sappia nemmeno il suo nome.

 

L’inevitabile avvenne sulla seconda luna di Tagorik. Eravamo in vacanza, festeggiavamo la laurea di Helen, e a dire il vero era la sua seconda laurea ma era solo ad un anno dalla prima, quindi tanto valeva. Avevamo appena trovato una via di fuga, salvato un mondo e non so cos’altro ma ad ogni modo non riuscivo a fare altro che guardarla. Sempre più bella, sempre più viva, sempre più vera, più e meno umana ogni giorno che passava. Non riuscii più a resistere, da cinque anni mi trattenevo, e sapevo che anche lei lo stava facendo.

-Ti amo-

Lei mi guardò, mi persi nei suoi occhi…

-Era ora che lo dicessi!- rispose lei sorridendomi

-E questa che risposta sarebbe?!- protestò lui ridendo

-Una che non ti aspettavi- mi rispose sorridendo –qualcuno dovrà pur stupirti signore del tempo- rideva, rideva sempre. Avevamo visto mondi bruciare, persone morire, avevamo sofferto tanto solo per salvare qualcuno da se stesso eppure… dove c’era lei c’era sempre luce.

-Ma tu mi sorprendi ogni giorno- protestai accennando un sorriso

-Allora sarò felice di continuare a romperti-

Poi le nostre labbra si incontrarono e fu l’inizio di una splendida fine.

 

Baciarlo era ciò che avevo sempre desiderato, ma avevo sempre creduto che fosse destinato ad essere una cosa a senso unico. Ero così felice ed ho continuato ad esserlo fino alla fine dei miei giorni.

 

Dieci anni. Avevo viaggiato per dieci anni con lei ed erano stati perfetti. Non c’aveva separato nulla, nemmeno il fatto che lei ridendo mi ripeteva che presto sarebbe sembrata ben più vecchia di me. Adesso fronteggiavamo la minaccia peggiore di sempre: i Dalek su un fronte, i Cyberman dall’altro, tutta la razza umana, più indifesa che mai nel mezzo. Se quelle due razze decidevano di usare la Terra come campo di battaglia c’era da temere che l’umanità sarebbe stata cancellata.

 

Non avevo mai percepito così fortemente il pericolo di perdere tutto. La Terra rischiava di essere distrutta, ma forse quella non era la parte peggiore. Se i Dalek e i Cyberman avessero portato il loro scontro al limite… forse avrebbero trascinato molti mondi a fondo prima di distruggersi a vicenda. Il Dottore sarebbe morto pur di evitare la tragedia che si presentava all’orizzonte ma per la prima volta nella mia vita lo vedevo tentennare… non aveva un’idea che non comprendesse distruggere la Terra assieme ai suoi invasori.

 

La Terra doveva essere sacrificata. Ma non potevo premettere che ciò accadesse. Non potevo sterminare un popolo che amavo quasi più del mio, il popolo che avevo visto spargersi fino alla fine dell’universo… il popolo di Helen. Ma anche se riuscissi a salvare la Terra… allora per farlo dovrei uccidere tutti i Dalek e tutti i Cyberman, dovrei comunque commettere un genocidio e a quel punto… sarei ancora il Dottore? Oppure avrei infranto la mia promessa?

 

Il Dottore è stato catturato. Mi ha chiusa nel Tardis per proteggermi dalla fine del mondo, dalle fine della sua vita ma non ha capito che non mi importa vivere se questo significa andare avanti mentre tutto ciò che amo è scomparso. Io semplicemente non voglio vivere in un mondo senza il Dottore… e non potrei nemmeno vivere sapendo di non aver mosso un dito per salvare la Terra. In quel momento un’idea mi ha attraversato la mente: una follia, certo, ma ero in una macchina del tempo con una coscienza, dovevo pur cercare di parlarle.

 

Un lampo di luce. Questo è stato tutto quello che sono riuscito a vedere, poi mi sono ritrovato libero al centro di una piazza. I Cyberman e i Dalek erano schierati per la battaglia ma stavano fermi, immobili, fissando una donna attorniata da una luce a me ben nota. Helen aveva guardato nel flusso del tempo del Tardis, ma non si era limitata a guardare, lo aveva accolto dentro di sé. Helen stava morendo. Il mondo stava per essere salvato.

 

-Abbandonate la guerra adesso o sarete distrutti!-

-I Dalek non saranno mai distrutti! I Dalek sono supremi!-

-I Cyberman non si arrendono! Noi siamo il futuro!-

-Pensateci bene perché non avrete un’altra possibilità: scegliete la pace adesso o non avrete più vita per scegliere nulla-

-Sterminare!-

-Cancellare!-

-Prendi nota Dottore, io ci ho provato, ma questi tizi sono dei nastri registrati-

I Dalek e i Cyberman cominciarono a scomparire assieme, semplicemente non erano mai esistiti, il suolo della Terra non era mai stato violato.

-Helen adesso smetti! Il flusso ti ucciderà-

-Dottore, mi dispiace ma non posso smettere. Ci sono troppe cose da sistemare, navi in orbita da cancellare, vite umane da ripristinare… -

-Sono andati, sono andati tutti adesso! - non potevo vederla morire, io, Signore del Tempo, non volevo vivere un istante senza di lei.

-Non adesso, sempre. Vedo tutto il flusso del tempo, ogni istante, conosco tutte le regole. Non interferire, lascia la possibilità di scegliere. Posso seguirle Dottore! Ma ci sono degli istanti in cui ad un uomo buono servirà un potere immenso per salvare l’insalvabile. Momenti come oggi. E quel potere non dovrà essere cieco. Io non mi limito a vedere tutto, io sento tutto! Ogni gioia, ogni, dolore, ogni lutto, rabbia, pena, ogni amore, amicizia. Sento le stelle attratte dalla gravità, l’universo espandersi, la terra girare. Il tempo non esiste, eppure tu ne sei il Signore! Continua a viaggiare, continua a vivere, continua ad amare! Ma soprattutto continua ad essere ci sei! Salva i mondi, Dottore, fallo un centinaio di volte e poi fallo ancora. Ma non viaggiare mai da solo… e soprattutto… non dire mai più a nessuna donna che la ami. Non lo dico per loro, lo dico per te-

Splendeva, sorrideva, era felice, quello era il suo posto nell’universo: totalmente umana e sublimemente inumana. Ma io non volevo stare senza di lei.

-Ti prego non farlo… resta per me-

-Ma non posso. Adesso voltati, corri ragazzone e, ti prego, dimenticami-

Mi ha baciato portandosi vie dieci anni della nostra vita assieme, ogni memoria, ogni ricordo… io non so chi sia Helen Jale, per il Tardis lei non è mai esistita. Eppure ieri notte ho fatto un sogno. C’era una ragazza dai capelli rossi e gli occhi cerulei. Quando ho incontrato il suo sguardo lei è sparita. Ho sentito un tocco sulla mia spalla, mi sono voltato per guardarla ma ancora è sparita.

-Che c’è Dottore? Ti sembro forse un lupo cattivo?- cerco di seguire la sua voce ma continua a sparire al mia sguardo.

-Sono con te da sempre e per sempre, oltre il tempo e dentro al tempo. Non aver paura, quando penserai che tutto sia perduto… cerca il tuo personale lupo cattivo-

Mi sono svegliato sorridendo. Era la prima volta che sorridevo dall’inizio della Guerra del tempo.

 

He prayeth best, who loveth best

All things both great and small;

For the dear Good who loveth us

He made and loveth all.»

 

The Mariner, whose eye is bright,

Whose beard with age is hoar,

Is gone: and now the Wedding-Guest

Turned from the bridgeroom’s door.

 

He went like one that hath been stunned,

And is of sense forlorn:

A sadder and a wiser man,

He rose the morrow morn.

 

Coleridge, The Rime of the Ancient Mariner

 


 


 

 

   
 
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