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Autore: Chiaky    15/11/2014    1 recensioni
Ma poi c’erano dei momenti.
Erano solo questo: momenti. Meno di giorni, più di minuti.
E lei semplicemente non riusciva a essere felice.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Doctor - 10 (human), Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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of happiness and anguish.
 
 
 
Rose sapeva che l’universo era grande, davvero grande (lo aveva scoperto recentemente a dire il vero, lo aveva scoperto per davvero e nel modo migliore possibile), eppure non avrebbe creduto potesse esistere qualcuno più felice di lei neanche se lo avesse visto. Rose era felice, felice sempre, felice anche quando era triste, perché era la tristezza più forte e più vera che potesse mai provare, una tristezza che le dava gioia per quanto la faceva sentire viva e umana. Il Dottore l’aveva resa felice. Era iniziato così, alla maniera classica di una commedia romantica, con un uomo sorridente e un po’ strano che le prendeva la mano e la trascinava correndo con lui e l’adrenalina e l’eccitazione formavano la gioia più pura e primitiva. E da lì tutto era cambiato, stravolto in una maniera così radicale da farle sembrare tutto ciò che aveva preceduto quella notte un sogno sbiadito di cui a volte ricordava frammenti confusi. E ora la sua vita erano i viaggi, le avventure, le scoperte e i pericoli e gli alieni e un alieno, un alieno solo e unico che la guardava con un volto diverso, ma con occhi identici.
 
Forse non ci aveva mai creduto davvero che il Dottore fosse un alieno, fino a che lui non si era rigenerato davanti a i suoi occhi e il Dottore che lei conosceva era diventato uno sconosciuto. All’inizio era stata dura, ma ora era tutto come prima e lei era di nuovo felice. Eppure, Rose ancora aveva a difficoltà a credere che l’uomo dai grandi occhi marroni, dai bei capelli castani spettinati con una logica particolare, dalle mani grandi e calde e dalle dita affusolate, dal sorriso lucente e dolce, dalle lentiggini spruzzate sul naso e dal look impeccabile (o quasi) fosse un alieno. Ed era anche più dura crederci quando intrecciava le sue dita con quelle di Rose, le spiegava con pazienza e un lieve sorriso come funzionavano i vari pulsanti sulla console del Tardis, la sollevava tra le braccia facendola girare.
Beh, okay. Forse non era più tutto esattamente come prima. Rose ci pensava e arrossiva e le sue labbra si curvavano appena ed era felice. Rose era felice.
 
Ma poi c’erano dei momenti.
Erano solo questo: momenti. Meno di giorni, più di minuti.
E lei semplicemente non riusciva a essere felice.  
 
C’erano momenti in cui tutto era grigio e il cuore le faceva male come se stesse per incrinarsi. In quei dannati maledetti momenti, Rose esprimeva un desiderio con tutta la sua volontà: che il Dottore fosse qualcun altro. Che il Dottore non fosse un alieno, un viaggiatore del tempo, che non avesse vissuto 900 anni felicemente senza di lei e che non ne avrebbe vissuti ancora molti altri, così tanti— ancora senza di lei. C’erano momenti in cui Rose desiderava con tutto il suo cuore e la sua anima che il Dottore non avesse tutte le cose che lo rendevano speciale, che lo rendevano così splendidamente e tragicamente diverso da ogni altro in qualsiasi pianeta, tempo, spazio o universo.
 
E lei realizzava (certo, certo che sì) che non solo non c’era modo per il suo desiderio di avverarsi, ma anche che l’intera faccenda era una gran contraddizione, che ciò che il suo cuore e il suo cervello continuavano a dirle erano grandi, grandi contraddizioni. Poteva persino immaginarlo che le spiegava perché era un così gran problema, con la sua maniera di muovere le mani, i suoi occhi lucenti che sembravano così vecchi, mettendo le parole assieme e facendole suonare così perfette l’una con l’alta, come se stesse componendo una melodia utilizzando solo la sua voce e la sua bocca e le parole che ricadevano da essa. A volte credeva che queste cose da sole fossero sufficienti. Che lei avrebbe amato il Dottore anche senza i viaggi, le avventure, le scoperte e i pericoli. Ma lo avrebbe fatto? Sarebbe stata bene con un Dottore dalle ali spezzate? Sarebbe stata davvero bene con se stessa se il Dottore avesse smesso di viaggiare per lei? Avrebbe potuto fargli questo? Rose non lo sapeva e non era nemmeno sicura di volerlo sapere. Forse avrebbe dovuto solo cercare di godersi il tempo presente, quello su cui aveva una presa stretta e sicura, dato che tutti in quel dannato universo sembravano certi che non sarebbe durato. E chi era lei per andare contro l’intero universo, giusto?
Perché Rose lo sapeva, lo sapeva di averlo solo lei un problema. Lei era quella che si era innamorata del Dottore, innamorata così disperatamente e miserabilmente, e non importava tutto ciò che avevano visto e fatto insieme, ai suoi occhi lei era probabilmente solo un’altra di quei piccoli divertenti animaletti parlanti che erano gli umani, evoluti abbastanza per fargli compagnia fino alla loro prevedibile e prematura morte, non abbastanza per essere suoi eguali, per parlare con loro, confidarsi con loro.
 
Probabilmente il Dottore era proprio come uno di quegli amanti degli animali. Dopo aver preso con sé un nuovo randagio, essersi affezionato a lui ed essersi abituato alla sua presenza, avrebbe dovuto vederlo morire troppo presto, sempre troppo presto paragonato agli anni che aveva davanti a lui. Ma al Dottore piace credere di essere migliore di così, perché a un certo punto lui li lascia tutti andare, li lascia tornare alle loro vite dopo avergli mostrato tutto l’universo, aver salvato la situazione assieme e averli fatti crescere. Così avrebbero reso la loro vita migliore, così ci avrebbero tirato fuori qualcosa di buono. Ma Rose aveva capito quando incontrò Sarah Jane. Aveva capito che non importavano tutte le cose buone che avresti potuto fare nella tua vita, la Terra sarebbe sempre stata troppo stretta per te, le persone troppo normali e, soprattutto, nessuno sarebbe mai stato neanche lontanamente speciale quanto lui. Rose si conosceva e sapeva di non essere una che si accontentava facilmente del meno peggio. E non aveva idea di come sarebbe stato possibile per lei rassegnarsi e accettare chiunque meno di lui, lui per cui aveva una cotta gigantesca, una cotta che odiava sentirsi così sicura nel chiamare amore.
“Non tu.” Aveva detto quel giorno.
Voleva crederci davvero, ma forse lui lo voleva di più.
 
Tutte queste cose pensava in alcuni momenti, notti passate nel Tardis così grande e vuoto e comunque così confortevole e che sapeva di casa (le piaceva credere che lei e il Tardis avessero una relazione particolare, che Lei non avrebbe affidato la vita del suo prezioso Dottore a nessun altro se non a Rose). In quei momenti la sua testa e il suo cuore facevano così male che doveva chiudere gli occhi molto stretti e pensare a quei fantastici pianeti che avevano visitato, a quel bellissimo evento storico a cui avevano assistito e a quella corsa mano nella mano con il vento freddo sulla faccia e una risata che gli riempiva i polmoni.
 
C’erano molte cose che Rose desiderava, come poter incontrare le sue labbra con le proprie, accarezzare il suo volto e toccare il suo corpo, conoscere la sua mente e il suo cuore, prendere un po’ di quel dolore e trasportato lei. Ma quello che sembrava il più sbagliato di tutti era anche quello che continuava ad urlare ad alta voce, quello al quale tutti scuotevano tristemente la testa e al quale lui rispondeva con un sorriso e occhi scuri, occhi come buchi neri, come scudi di titanio che non lasciavano passare nulla.
”Voglio viaggiare con te. Per sempre.”
 
****
 
Tra tutto ciò che aveva imparato viaggiando con il Dottore c’era una sola lezione sempre applicabile e che sembrava perseguitarla. L’universo è crudele e non fa sconti.
Perché Rose si trovò a doverla fare, quella scelta.

Beh, parlare di scelta non era forse coretto. Il Dottore l’aveva riportata su quella spiaggia e questa volta di sua volontà, in carne e ossa e con il Tardis per riportarlo indietro senza conseguenze disastrose (nessuna stella sarebbe bruciata, quel giorno). Eppure Rose ne era certa. Lo sapeva che se avesse iniziato a urlare e scalciare e pregarlo lui avrebbe ceduto. Perché Rose era tante cose ma non era di certo modesta ed era abbastanza sicura di ciò che aveva visto e provato per dire che il Dottore avrebbe ceduto. Avrebbe lasciato cadere tutte le barriere della sua mente e del suo cuore e l'avrebbe lasciata venire. Solo un altro, solo qualche altro viaggio. Perché Rose lo aveva capito da tanto tempo, ma due anni passati in un universo parallelo a cercare di ritornare in quello giusto (giusto per il solo fatto che c'era lui), ti fanno aprire gli occhi su cose che preferivi non vedere. E Rose lo aveva pian piano accettato. Che con il Dottore non esiste un per sempre, non potrà mai esistere. È così e basta. Ed era vero che non le importava, che sarebbe tornata da lui ogni volta che lui l’avesse allontanata, che qualche forza più grande li avesse allontanati. Lei sarebbe tornata, se non altro per dirgli addio, per sentire la fine di quella frase, portare a termine quel ricordo interrotto a cui si aggrappava per non impazzire di dolore.
 
Ma questo non cambiava le cose. Non cambiava il fatto che il Dottore l'avesse riportata indietro con fare deciso ma con gli occhi che le urlavano di non lasciarlo, non cambiavano il fatto che c'era un altro Dottore che era l’incarnazione dei suoi sogni più disperati: stesso volto che non sarebbe cambiato se non nell'invecchiare, stesso sorriso e stessa parlata veloce e stessi identici occhi neri e vecchi e feriti che le ricordavano più che mai un Dottore che portava nel cuore, che profumava di cuoio e menta, un Dottore che non credeva avrebbe più visto, un Dottore scorbutico e gentile, spietato e compassionevole, ferito e poi guarito. E non cambiava il fatto che si trovasse ora di fronte a un'implicita scelta, un ordine che era una preghiera. E Rose pensò a le stesse identiche cose che aveva pensato negli ultimi due anni, che il Dottore era il Dottore e che lei lo amava e che con lui non c'era un per sempre, non ci sarebbe mai stato, ma che lei voleva stargli accanto, sempre, finché avrebbe potuto, finché lui non fosse stato lì ancora giovane e vivo e vecchio, così vecchio, e avrebbe mostrato le stelle a una se stessa troppo debole e troppo umana per corrergli ancora dietro, ma che lo avrebbe aspettato paziente nel Tardis, finché avrebbe potuto. Ma se si voltava non poteva credere che l'universo (quello stesso universo crudele e che non faceva sconti e che li aveva separati) le stesse offrendo questo. Una soluzione così incredibile e perfetta, una soluzione che avrebbe creduto possibile solo nei suoi sogni. Si voltava e c'era un altro Dottore, un Dottore che le diceva che era disposto a passare tutta la sua vita accanto a lei (a lei!) se solo lei lo avesse voluto. E lei lo voleva, lo voleva, lo voleva. Ma dall'altro lato c'era un Dottore vecchio e stanco, tanto stanco e tanto triste, troppo triste e lei avrebbe voluto consolarlo, stare con lui, guarire il suo cuore, poco a poco, come una volta. Ma anche questo Dottore aveva bisogno di essere curato, perché nei suoi occhi c'era rabbia e odio, ma avrebbe mentito se avesse detto di esserne spaventata.

Rose strinse i pugni e decise che non era giusto che facesse questo da sola. Che entrambi la guardavano con una preghiera silenziosa negli occhi, ma che nessuno parlava e non era giusto, non era giusto nei suoi confronti.
Si voltò verso il Dottore, il suo Dottore, e glielo chiese. Gli fece la domanda che in due anni era stata la sua tortura e il suo sollievo. E ancora una volta pendeva dalle sue labbra e il suo cuore si fermò quando lui la guardò colpevole, come una bambina a cui non poteva concedere ciò che desiderava, come la piccola umana che era, che era sempre stata. Quando le rispose, non poté dire di essere sorpresa, ma il suo cuore urlò comunque.
"C'è bisogno di dirlo?"
Avrebbe voluto urlargli che sì, dannazione, sì che ce n'era bisogno. Ma invece non disse nulla, ricacciò indietro le lacrime e lo guardò accusatoria, perché forse il Dottore, il suo Dottore, che aveva salvato lei e centinaia d'altri e pianeti e civiltà e che poteva fare tutto, davvero tutto se avesse voluto, c'erano cose che non poteva fare. E anche se quella voce nella sua testa le urlava "Lo conosci! Lo sai! Lo sta facendo per te", le faceva male, troppo male perché potesse perdonarlo.
 
E allora si voltò verso l'altro. L'altro Dottore, che era il Dottore, lo sapeva, lo sapeva, ma era strano. E glielo chiese, e forse lui avrebbe avuto più coraggio (o forse lui non aveva niente da perdere, forse lui era stanco e voleva riposare). E lui si chinò su di lei e Rose tremò e prima che potesse capire lui sussurrava la fine di quella frase, la fine perfetta e l'unica possibile. Si guardarono solo per qualche secondo prima che Rose lo baciasse. E sarebbe stata pronta a giurare, erano passati ore e giorni e anni prima che il rumore del Tardis l’avesse svegliata. Il suo cuore si accartocciò su se stesso e non ricordava più perché fosse arrabbiata col Dottore e perché non stesse baciando lui, invece dell'altro. Ma il Dottore era scappato da lei e mentre l'ultimo lembo del cappotto veniva chiuso dentro quella cabina blu, Rose si rese conto che non l'avrebbe mai più rivisto. Si impresse bene il Tardis che scompariva nella memoria, mentre il Dottore, l'altro, le stringeva la mano.
 
Lo guardò. E se lui era scappato ora lui le veniva incontro. Lentamente si rese conto che sbagliava a considerarli due entità diverse, che quello davanti a lui era proprio il Dottore, e aveva appena visto scomparire per sempre la sua vita, l'unica che avesse mai conosciuto, e la sua casa, l'ultimo ricordo di quel mondo che era bruciato, le cui fiamme lo tenevano sveglio e che gli consumavano il cuore. Era rimasto con lei e ora la guardava, smarrito e ferito, e anche se il cuore di Rose faceva male, ora era un po' più caldo. Sorrise, piano, cautamente, e gli fece una promessa. Perché lui era il Dottore e anche se non era il suo Dottore, lui sarebbe rimasto per sempre e lei ci avrebbe provato, perché lui era il Dottore, era semplicemente il Dottore, senza i viaggi, le avventure, i pericoli. Era solo il Dottore.
"Rimarrò con te. Per sempre."

 
 
 
 










Nota dell’autrice
Tutto ciò che riesco a buttare giù sul Doctor Who è questa roba triste & psicologica e dal dubbio filo logico ma sì. Also, perdonate lo spudorato fanghirleggio per David Tennant (quest’uomo mi ha rovinato la vita). Commenti e pensieri sono ben accetti!
p.s. cosa sono i titoli.
Saluti.
Chiaki 



 
  
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