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Autore: morphological    16/11/2014    3 recensioni
La Metacrisi del Dottore, alias John Smith, e Rose Tyler vivono da qualche anno nel mondo parallelo. Insieme.
Si sono costruiti una vita, hanno una casa e la loro bambina sta per nascere.
Sembra tutto perfetto, ma un giorno, mentre John efettua dei controlli dentro il TARDIS (perchè bisogna ricordarsi che nella famosa scena tagliata della quarta serie, il Dottore da a Rose e John un pezzo del TARDIS, in modo che, non appena il TARDIS sarà cresciuto, i due possano vedere di nuovo l'universo) la macchina parte da sola, portandolo in un luogo strano e misterioso...
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dal testo:
"Quella mattina di agosto era cominciata in maniera tranquilla, che per la famiglia che viveva nella bella casetta dalle pareti blu scure non era assolutamente il solito. Per gli inquilini del luogo una giornata come quella poteva essere noiosa. O almeno, così sarebbe dovuta essere: ma le cose non vanno mai secondo i piani. Il problema era che una cosa del tutto imprevista si presentò quella domenica, uno degli eventi più belli di tutto l’universo..."
Genere: Angst, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10 (human), Nuovo personaggio, Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il Dottore, nel TARDIS, con Rose tyler, e...'
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Disclaimer: i personaggi della serie Doctor Who non appartengono a me, ma ai proprietari (BBC Wales, ecc)




L’inizio di tutto

Quella mattina di agosto era cominciata in maniera tranquilla, che per la famiglia che viveva nella bella casetta dalle pareti blu scure non era assolutamente il solito. Per gli inquilini del luogo una giornata come quella poteva essere noiosa. O almeno, così sarebbe dovuta essere: ma le cose non vanno mai secondo i piani. Il problema era che una cosa del tutto imprevista si presentò quella domenica, uno degli eventi più belli di tutto l’universo, una nuova vita che comincia a reclamare il suo posto nel mondo.



“Amore, tranquilla, andrà tutto bene”
“Tu sarai qui fuori vero?”
“Non ti lascerei da sola per niente al mondo”.
“Okay”. E dopo questa parola, in cui l’uomo riuscì a leggere più significati di quanto avrebbe fatto una persona normale, portarono dentro la giovane, che ormai non ce la faceva più. Quando aveva sentito le prime avvisaglie, era andata in panico, per non parlare poi di suo marito che aveva cominciato a blaterare cose assurde mentre portava la moglie in ospedale. Aveva fatto così per cercare di distrarla, distoglierla dal fatto che stava davvero per avere un figlio. Anzi, una figlia.
L’uomo si sedette sulle sedie di metallo davanti alla sala, dato che non gli era permesso entrare. Gli sembrò che fosse passata un’eternità quando una ragazza con un’uniforme da infermiera uscì dalla stanza, stringendo fra le braccia un piccolissimo fagotto rosa che emetteva dei suoni indistinti. “Lei è il signor Smith vero?” lui rispose con un cenno della testa, rigido nei movimenti mentre si avvicinava. L’infermiera sorrise amorevolmente mentre guardava la piccola fra le sue braccia. “È davvero una bellissima bambina ”, e con gentilezza gliela mise fra le braccia. Se all’inizio John non sapeva bene come muoversi, non appena i suoi occhi si fissarono in quelli della piccola un sorriso gli fece capolino sul volto e i gesti da compiere gli vennero spontanei. Certo, nella sua mente stavano affiorando i ricordi di quando lui – in realtà il Dottore – era un padre. Ma non fu per quello che comprese all’istante come doveva fare, era il suo lato umano che glielo suggeriva.
“Se vuole vedere sua moglie è dentro, ed è sveglia”. John alzò lo sguardo e le sorrise “Mille grazie”, disse, ed entrò nella stanza.
Rose era sdraiata sul letto bianco, stampato in viso lo stesso sorriso di suo marito. “Ciao”
“Ciao, come ti senti?”
“Sono stata meglio”
“Ha i tuoi occhi”, la voce di John era traboccante di emozioni, il cuore gli sembrava che stesse per esplodere. Era da tanto che era in quel mondo e si era abituato alle emozioni umane, eppure guardare gli occhi di Rose sulla loro bambina lo riempiva di gioia più di qualsiasi altra cosa al mondo.
“ E i capelli di Donna”, disse lei trattenendo delle risate quando lui gliela mise tra le braccia.
“Beh, se non sono io ad avere i capelli rossi li avrà mia figlia”, i due si guardarono negli occhi e si strinsero le mani: crescere un figlio era un’avventura e anche questa volta sarebbero stati insieme. “Alla fine che nome scegliamo?” avevano vagliato tante scelte, ma nessun nome sembrava soddisfacente.
Rose assunse un’aria pensierosa “Ti ricordi il nostro prima viaggio?”
“Certo”, John sorrise rendendosi conto che lei ora lo considerava sia il Dottore che John Smith, e questo lo rendeva felice.
“Pensavo di chiamarla Cassandra”, disse Rose tutto d’un fiato.
“Come mai?”
“non so... mi piace l’idea”, ammise arrossendo. Credeva che lui le avrebbe detto di no, e invece suo marito la sorprese ancora una volta. “Mi piace quest’idea, vada per Cassandra! Cassandra Smith!”, esclamò con il suo solito e contagioso entusiasmo.
Rose rise leggermente per il suo modo di comportarsi: non era affatto cambiato, sotto sotto c’era ancora quel lato infantile che trovava tremendamente tenero, e poteva riscontrarlo quando si entusiasmava per qualcosa.
“Beh? Mi trovi per caso buffo?”
“Sì”, gli sorrise prima di sbadigliare. “Senti, mi sento stanca...”, non dovette nemmeno terminare la frase che subito lui le prese la piccola dalle braccia per lasciarla riposare.
“Fatti una dormita, noi saremo qui al tuo risveglio”, la bionda non se lo fece dire due volte, e non appena chiuse gli occhi si addormentò di botto. John invece rimase lì, sua figlia tra le braccia che metteva qualche versetto per attirare la sua attenzione, a fissare la sua Rose.
“Bene Cassandra, ora lasciamo dormire la mamma” depose la piccola nella culla accanto a Rose e se ne andò, nella testa i nomi delle due persone più importanti della sua vita.



Passarono un paio di giorni prima che i medici dimettessero Rose dall’ospedale, e in quei giorni John ebbe parecchio da fare. In quel mondo le cose funzionavano come nell’altro: Terra vuol dire alieni che cercano di invaderla ad ogni costo, e come al solito gli umani non si accorgevano di niente. Nonostante avesse il TORCHWOOOD dalla sua parte, non era mai facile e il lavoro sempre troppo. E quando voleva riposarsi, era come se tutto l’universo si mettesse contro di lui per impedirglielo. Questo accadde soprattutto in un’uggiosa giornata di settembre mentre stava facendo delle modifiche al pannello di controllo del TARDIS che lui e Rose avevano fatto crescere. A un certo punto, senza che lui avesse fatto niente, il TARDIS si attivò da solo.
“No, no, no”disse, e a mano a mano che i no aumentavano si alzava anche il suo tono. Si mise le mani nei capelli, maledicendosi, convinto di avere fatto qualcosa e che quel viaggio non gli avrebbe portato nulla di buono. Fece un respiro profondo per calmarsi e si ripeté nella mente quel detto che avevano gli umani “siamo in ballo, balliamo”, poi prese di coraggio e aprì la porta.
L’uomo, alla vista di quello che c’era fuori, si sentì mozzare il fiato: era finito su un asteroide composto da una fitta foresta che componeva un enorme labirinto. Gli alberi erano di un blu cangiante, vi erano tonalità che andavano dall’azzurro pallido al colore profondo del TARDIS. E tutto il complesso pulsava di energia vitale.
Si rese conto che non era capitato lì per caso, ma qualcuno lo aveva volutamente trasportato in quel luogo per un motivo noto solo a lui. E chi era John Smith per contestare?
Si aggiustò la giacca e si mise in cammino. Quando però cercò di entrare da una delle aperture laterali, questa si chiuse. Le provò tutte tranne una e fecero anche loro la stessa cosa, mentre l’ultima rimasta no, anzi si allargò per permettergli di passare. La cosa lo mise un po’ in agitazione e si chiese se fosse una buona idea entrare là dentro, ma il suo istinto diceva che era assolutamente una buona idea, percui entrò nel labirinto, accompagnato dal canto degli alberi.
Ogni volta che sceglieva qualcosa che al labirinto non andava bene, il passaggio nel quale stava per entrare si chiudeva e al suo posto se ne apriva un altro. Così procedeva il mezzo Signore del Tempo, sperando con tutto se stesso che quella non fosse una trappola. Man mano che andava avanti vedeva intorno a sé delle strane creature fluttuanti simili alle lucciole terrestri, tranne che per il colore azzurro tenue che lo accompagnavano illuminandogli la via, dato che la foresta diventava sempre più scura e opprimente. A un certo punto si ritrovò in una radura totalmente buia. Lentamente anch’essa s’illuminò e al suo centro l’uomo vide una strana creatura.
Avvicinati, voglio vederti più da vicino Dottore.
“Se cerchi il Dottore, la Tempesta in arrivo, il Dio Solitario, hai sbagliato persona”, nonostante le sue parole, continuò ad avanzare.
Invece credo proprio di aver trovato colui che cerco.
Una volta giunto al centro della radura John vide un alieno – perché di questo si trattava – dalla forma semiumana, era composto di qualcosa che non aveva mai visto e aveva un’aura celeste intorno a sé. Tu sei il Dottore, se non lo fossi il mio labirinto non ti avrebbe mai fatto arrivare qui,ti saresti perso per sempre in questa foresta.
“Perché cerchi il Dottore?” ora era talmente vicino che distingueva perfettamente la forma della creatura. Era priva di occhi, naso e bocca e per capigliatura aveva uno strano sbuffo piegato di lato che ondeggiava come un fuoco. Aveva una ferita sul petto che continuava a perdere sangue, rosso come quello degli umani e che risaltava in maniera quasi innaturale sulla sua pelle. Tra le braccia stringeva uno strano fagotto azzurro. “Mai hai una ferita!”, esclamò l’uomo.
Una ferita mortale. Non avvicinarti, non abbiamo tempo e non voglio perderne mentre mi fai un’inutile visita.
John deglutì e si limitò a fare quello che gli era stato detto, cercando di reprimere l’istinto di avvicinarsi e farle da medico. Poi si ricordò che anche se andava in giro per l’universo a salvare popoli, lui non aveva il diritto di essere chiamato Dottore, quello non era più il suo nome.
Il mio nome è Sy e faccio parte di una delle più antiche razze dell’intero universo. Sono l’ultima rimasta. L’ultima degli Omega. Gli abitanti di questo luogo mi hanno pugnalato a morte credendo che fossi io a causare la morte dei loro preziosi alberi, così facendo credevano di uccidere me e la mia bambina appena nata, ma si sbagliavano.
Ecco che cos’è quel fagotto! Si ritrovò a pensare John, guardando Sy. Gli piangeva il cuore a vedere quella ragazza morente mentre stringeva sua figlia come un’ancora; allo stesso tempo si stupiva della forza di Sy. Il tono di voce era ancora tonante, degno di un’Omega, nonostante ci fosse un rivolo di sangue fresco che ancora sgorgava dalla sua ferita, formando una pozza accanto alla ragazza seduta sull’erba.
Prendi mia figlia Elettra, salvala. Ti supplico. Non fare morire la mia razza.
L’uomo sgranò gli occhi a quella richiesta. “Ma non posso”
Lei distese le mani dinnanzi a sé. Se resta qui, subirà la mia stessa sorte, ti prego!
“Ma come faccio a portarla nel mio mondo?”
Gli Omega hanno dei poteri particolari, quando sono piccoli basta loro toccare una qualsiasi persona per assumere le sue sembianze, il suo codice genetico, tutto tranne il carattere. Prima che Sy, dopo aver esaurito le poche forze che le erano rimaste, crollasse a terra, John la prese tra le braccia. “Te lo prometto”. L’aliena emise un impercettibile sospiro e piegò la testa di lato. La sua ultima parola fu un grazie appena sussurrato.
John prese la bambina di Sy tra le braccia dopo aver adagiato la madre sul terreno.
Davanti a lui la foresta prese a cambiare e dove prima c’era un labirinto vide solo una radura immensa, e poco più avanti c’era il TARDIS. Doveva essere il potere psichico di Sy a tenere in piedi questo posto, pensò prima di chiudersi le porte della cabina blu alle spalle.

Quando tornò a Londra era buio, dovevano essere passate alcune ore. Entrò a casa e la prima cosa che vide fu Rose, con in braccio Cassandra sul divano che osservava il cielo dalla finestra. La bionda si voltò a guardarlo e un sorriso di sollievo gli apparve sul volto. “Dove sei stato?” chiese preoccupata, “Credevo che non dovessi fare un viaggio”
Lui si sedette accanto a lei, ancora la piccola Elettra stretta fra le braccia “Infatti non volevo fare un viaggio...”, e le raccontò quello che gli era successo. “Ora ti chiedi: tu sei d’accordo a far rimanere con noi questa piccolina?”, disse, alludendo a Elettra.
Rose guardò prima lui e poi la piccola, e si strinse nelle spalle. “ Sono mamma di una bambina, un’altra in più non farà molta differenza”.
Il sorriso di John esprimeva tutto l’amore e l’orgoglio che provava verso sua moglie, non era certo da tutti acconsentire subito e senza pensarci troppo a richieste del genere. “Così sia”. Con un lembo della stoffa della sua camicia prese il braccino della piccola che teneva fra le braccia e le fece toccare la pelle di Cassandra. Subito Elettra cominciò a mutare e dopo una manciata di secondi era la copia perfetta di Cassandra.
I due la guardarono felici, entrambi contenti di aver aiutato Sy.
Elettra aprì gli occhi e fisso entrambi, poi emise un verso.
“Si piccola, noi siamo i tuoi genitori”
Rose lo guardò stupita “non dirmi che hai capito quello che ha detto!”
“A che serve avere tutti i ricordi di un Signore del Tempo se ogni tanto non esci qualche trucco dal cilindro?”, le rispose ammiccando.
Portarono le bimbe a dormire e anche loro si diressero in camera. Non appena furono a letto John espresse un suo dubbio “E ora chi glielo spiega a Jackie e Pete che la loro seconda nipote è in realtà un alieno e che lei stessa non lo sa?”
E tutto il resto che si sentì quella sera furono le risate di Rose che squarciavano il silenzio.




Angolo Autrice
Ciao ragazzi e ragazze! spero che l'inizio di questa storia vi sia piaciuto. vi avverto che questo è solo l'inizio di una serie di storie su questa strana famiglia.
Personalmente trovo che TENtoo e Rose siano fantastici e proprio per questo ho pensato che almeno loro meritino un lieto fine e che sarebbe bello che facessero uno spin-off sulla loro vita nel Pete's World. e dato che non l'hanno fatto ho pensato di farlo io.
spero che almeno qualcuno di voi recensisca questa storia, per me è molto importante, accetto critiche di qualsiasi tipo.
alla prossima con le avventure della famiglai Smith tra spazio e Tempo!

Morpho

p.s dedicata alla mia amica
Evil Devil, che non ne può più di sentirmi parlare di questa storia -.^
  
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