In un'altra vita.

In un’altra vita, Stiles Stilinski non farebbe altro che baciarla, baciarla, e fare l’amore con lei, perché è tutta la vita che sogna di farlo e proprio non può trattenersi dal deglutire, imbambolato, ogni volta che la vede passare. Non può fare a meno di sorriderle, un po’ idiota, ogni volta che gli rivolge uno degli sguardi altezzosi che Stiles conosce a memoria, tanto che potrebbe disegnarne uno schizzo proprio adesso, sulla parete sulla quale si sta arrampicando con un po’ di fatica. Potrebbe disegnare a penna, oppure a matita, gli angoli della sua bocca carnosa, lievemente piegati verso l’alto in un timido sorriso – uno di quelli che gli rivolge quando è ubriaca, un attimo prima di correre verso il bagno più vicino e riversare sul pavimento i litri di alcool che ha mandato giù.

In un’altra vita, Stiles lascerebbe andare l’invidia matta che prova per Scott – perché è un lupo mannaro, perché ha Allison, perché sua madre è ancora lì. La lascerebbe andare, sì, perché sa che non è giusto; perché è il suo migliore amico ed ha una guerra da combattere, molto più grande e spaventosa della sua. Perché Scott è sveglio, maturo, leale; perché sa che se, in un’altra vita, i misteriosi lupi di Beacon Hills avessero scelto di mordere Stiles, Scott non ne sarebbe stato invidioso.
La lascerebbe andare, sì, e con lei i bei ricordi, perché ne sente il peso in fondo al cuore e sa che l’unico modo per liberarsene, per impedire che gli impediscano di porre fine alla sua ignobile vita, è fare il grande passo.

In un’altra vita, Stiles sa che non piangerebbe, perché sua madre gli ha insegnato ad essere forte e sa che piangere a dirotto lo manda in confusione, gli fa girare la testa e spalancare gli occhi. Gliel’ha detto Scott, il suo migliore amico, quando – durante il primo anno – è scoppiato a piangere in mezzo al campo di Lacrosse, nel corso della prima ed unica partita che il coach gli ha lasciato giocare. Dopo quell’esperienza, suo padre aveva lasciato che si assentasse per un po’ – perché sapeva quanto fosse emotivo, quanto detestasse piangere in pubblico e quanto gli mancasse il sostegno di sua madre. Quello era stato uno dei pochi momenti in cui Stiles Stilinski aveva messo da parte Scott, Lydia e il suo nuovo fidanzato; si era accucciato sul letto, una guancia premuta contro il cuscino e lo sguardo dapprima puntato contro la parete, poi contro il soffitto, poi contro il nulla assoluto.

In un’altra vita, ne è sicuro, non esiterebbe a lasciarsi andare; lascerebbe la presa sulla ringhiera di ferro a cui è saldamente aggrappato e si lascerebbe cadere nel vuoto, perché è questo che fa chi è sicuro di sé. A Lydia non sono mai piaciuti i perdenti e Stiles sa che, se fosse lì, gli rivolgerebbe il peggiore degli sguardi altezzosi che conosce a memoria, come a dire “Be’, che aspetti?”. Ed è questo ciò che Stiles si chiede, un attimo prima di chiudere gli occhi e mollare la presa: quando il suo corpo si schianta sull’asfalto, è troppo tardi perché possa tornare indietro.


Nda: Prima che me ne dimentichi: la storia partecipa al Contest "Pesca a Prompt" di Ili91. u.u
Dunque... era da un po' che quest'idea mi ronzava per la mente. Sì, lo so, sono macabra - ma ehi, un crollo emotivo da parte di Stiles ci sta tutto. e.e
Riassumendo, per chi non avesse capito (e spero vivamente che abbiate capito tutti): nella mia What if?, Stiles si suicida gettandosi giù da un palazzo. Perché? Perché è geloso di Lydia, distrutto dall'amore che prova per lei e che lei non ricambia; perché è invidioso di Scott, del suo successo, della sua nuova vita; perché è debole ed emotivo e fin troppo vulnerabile, e sa che non può farcela. In poche parole, ho voluto tirar fuori il dark side di Stiles e mntarci su una Angst strappalacrime. çWç
Be'... spero vi sia piaciuta, le recensioni sono sempre gradite. u.u
Un bacio. *^*