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Autore: xmaryf    22/11/2014    8 recensioni
Colin e Jennifer. Due anime affini che per forza di cose non potranno mai stare insieme. Lui che la guarda e la scruta da fin troppo vicino.
Lei che non riesce a non perdersi in quegli occhi che la guardano come se fosse la cosa più bella al mondo.
Dal testo: "Si calma, e viene ad abbracciarmi. L’abbraccio più bello dell’universo. Sa di buono.
Lei stessa ha un buon profumo. Lavanda, se ben ricordo.
Ricambio l’abbraccio e la stringo a me.
Questo momento sembra infinito.
Lei si stacca un po’ bruscamente e mi guarda.
I miei occhi fissi nei suoi.
Verde e azzurro che si incrociano e si completano."
Ho sempre immaginato che ci fosse del tenero tra Colin O'Donoghue e Jennifer Morrison. Con questa storia viaggio un po' con la fantasia.
Una storia dove avviene lo sviluppo ed evoluzione dei sentimenti che Colin e Jen provano l'uno per l'altra. Ambientata prima, durante, e dopo il SDCC 2014.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: colin o'donoghue, Jennifer Morrison, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fire Breather.

“Big blue eyes, oh I don’t know what it means, no.
What does he want from me?”

-16/08/2014- 

POV JENNIFER. 

Dopo essermi abbandonata a lui due volte in meno di 12 ore, mi sento diversa. Totalmente e irrimediabilmente diversa. 
Il tragitto tra casa di Colin e il set lo passiamo senza parlare. Solo sospiri di sconforto, occhiate languide, e sorrisi sfuggenti.
 
Pur essendo sabato, Adam e Eddy ci hanno voluti a lavoro per iniziare a studiare i copioni tutti insieme. 
Sono convinti che siano in ritardo con la registrazione delle puntate.
Sarà difficile lavorare con Colin senza ripensare a questa notte.
Ma ci proverò.
Appena arrivati, Josh ci corre incontro con due caffè fumanti e un sorriso a trentadue denti. Che sapesse qualcosa? Non lo so, e per adesso non è importante. 
Lascio andare silenziosamente Colin per dirigermi nella mia roulotte. Voglio stare lontano da tutto e tutti, ho bisogno di pensare, di riflettere, in proposito a tutto e al niente.
Ma ho bisogno di fare mente locale per capire come comportarmi con Colin d’ora in poi. 
Sento bussare alla porta, non mi va di andare ad aprire. 
“Jen, sono io.” 
Lui. Sempre e solo lui. Ma è una maledizione? 
Non vado ad aprirgli, lo ignoro e basta. E’ più semplice. 
“Jen, vorrei parlare.” continua. 
No, io con te non voglio parlarci. Lo capisci? Più ti sto vicino e più sto male, e lo sai. 
Continuo ad ignorarlo, è meglio così.
Silenzio. 
Sento di nuovo bussare, stavolta con più forza di prima. Non più con dolcezza, ma con rabbia. 
“Apri questa porta!”
Mi alzo, barcollando per la stanchezza, e gli apro.
Entra con furia, come se volesse prendere a pugni qualcuno. E credo di non capire cosa ho fatto per meritarmi una sfuriata simile.
“Volevi parlare. Parliamo.” gli dico, con tono freddo e distaccato.
Fredda e distaccata Jen, fredda e distaccata. E’ l’unico modo per levartelo di torno.
Mi guarda e basta. Non dice nulla, perché – effettivamente – non c’è nulla da dire. 
“Sto impazzendo, pensando a ieri sera. A quello che hai detto.”
Ah, immaginavo si trattasse di questo. Ma non volevo crederci, o almeno non dopo la notte passata insieme.
“Cosa vuoi che ti dica? Che c’è speranza per noi? Non ce n’è, bisogna essere realisti. Tu hai una moglie, un figlio, una famiglia che tutti vorrebbero avere. Non farti questo, non rovinare una cosa così bella per una  notte, per uno stupido appuntamento, o perché non sai distinguere i nostri personaggi da noi.”
“Quindi è questo che pensi?” mi chiede con voce soffocata, quasi non riuscisse a dire nulla.
“E’ quello che è. E’ la realtà, ti sto semplicemente dicendo come stanno le cose.”
“Quindi cosa? Fai l’amore con me, e poi giustifichi tutto con questo?” mi chiede, ancora con voce soffocata. Ha gli occhi lucidi. 
Adesso vorrei avvicinarmi a lui, abbracciarlo, rassicurarlo. Ma non posso, non devo, perché sto facendo tutto questo per il nostro bene. Per il suo bene.
“Non abbiamo fatto l’amore.” 
“Ah, tu credi? Okay, continua a pensarla così. Mi arrendo.” Mi dice, alzando le mani in segno di resa.
Si avvicina a me e accosta la sua bocca al mio orecchio, con la barba mi solletica il lobo, ma non muove le mani. Non fa nulla.
“Guardarci negli occhi mentre urlavi il mio nome non era fare l’amore, giusto?” mi attacca.
Sento il suo fiato sul collo, un brivido lungo la schiena, le ginocchia che tremano. Cerco di ignorare l’effetto che mi fa e provo a continuare per la mia strada. Lo faccio per noi. Lo faccio per lui.
“Esci dal mio camerino.”
“No.” mi risponde con fermezza.
“Esci.” ribadisco.
“Dimmelo. Dimmi che noi hai provato nulla ieri. Dimmelo con una fermezza tale da convincermi che le tue parole sono vere. Perché al momento non ci credo; mi avvicino a te, non ti tocco neanche e tu rabbrividisci. Dimmi che non provi nulla.”
“Esci, Colin. Non te lo ripeterò di nuovo.”
“Wow, brava. Continua a rinunciare a tutto questo. Me ne vado, o potrei fare qualcosa di avventato.”
Esce dalla roulotte e io mi accascio sul divano, riesco a stento a trattenere le lacrime.
Ho paura di non riuscire a lavorare con lui come facevo prima. Ma devo provarci, riuscirci. Devo essere professionale.

Arrivati in sala conferenze, mi siedo vicino a Ginny e Josh, cercando di evitare Colin il più possibile. 
Appena seduta, alzo gli occhi e me lo ritrovo di fronte che mi guarda con uno sguardo di sfida.
Ma non mi sposterò. Continuo a fissarlo imperterrita fino a quando lui, imbarazzato, abbassa lo sguardo.
“Allora, ragazzi, avete dato già un’occhiata ai copioni?” ci chiede Adam.
Rispondo di sì, nonostante non abbia aperto il fascicolo neanche per mezzo secondo. 
“Allora, Colin e Jen, cosa ne pensate dell’appuntamento di Hook e Emma?” continua Edward.
Strabuzzo gli occhi, incredula.
Avrei dovuto leggere il copione. Cioè, avevamo parlato di un ipotetico appuntamento tra Emma e Killian, ma non pensavo avvenisse così presto.
“A-appuntamento?” chiede Colin, balbettando incredulo.
“Avete letto i copioni o no? Che ne pensate?” 
“Ci piace” diciamo in unisono, senza volerlo, e ci giriamo l’uno verso l’altro. I nostri occhi si uniscono, di nuovo.
Azzurro e verde. Verde ed azzurro. Un’unica cosa, ancora. 
Sento che mi manca l’aria. Devo uscire. 
Mi alzo dalla sedia, intenta ad andarmene. Intenta a chiudermi di nuovo in me stessa.
“Scusate, ho bisogno di aria.” 
Esco, e corro verso la mia roulotte, sento dei passi dietro di me ma li ignoro. 
Non m’importa di nessuno in questo momento, solo di me stessa. 
Entro nella roulotte e cerco di chiudere la porta, ma qualcuno mi ferma. 
Lui, sempre e solo lui.
“Che diamine ti è preso lì dentro?” mi chiede con tono freddo, distaccato.
“Avevo bisogno di prendere aria. Non riesco a respirare.” rispondo con la stessa freddezza.
“Per quale motivo?” chiede, stavolta quasi in modo più dolce.
“Perché? Perché mi guardi così. E fa male. Mi stai attorno, mi scruti, mi sfidi, mi provochi. Ed è maledettamente fastidioso. Non guardarmi come se non potessi fare a meno di farlo. Non starmi attorno, non sorridermi, non rincorr-“
Le sue labbra sulle mie, di nuovo.
“Ho bisogno di stare con te.” sussurra, tra le mie labbra.
Lo guardo, nei suoi meravigliosi occhi azzurri. E anch’io vorrei stare con lui, dio quanto lo vorrei, ma non posso. 
“Non possiamo.”
Sospira e mi lascia andare. Inizia ad accarezzarmi la guancia, con delicatezza.
Brividi. Ancora. Vorrei che non mi facesse questo effetto, vorrei evitare di annaspare al suo tocco, sarebbe tutto più facile. 
Ma ormai siamo persi, siamo fin troppo dentro questa relazione, e non ne usciremo illesi.

Esco dalla roulotte con lui al seguito. Ho il battito accelerato. Ho caldo, troppo caldo. 
Mi fermo nel bel mezzo del cortile in cui stanno tutte le roulotte, inspiro, espiro. Ma nulla, sto impazzendo.
Lui mi prende per il polso con delicatezza, mi fa girare, mi tira a sé e mi abbraccia, mi culla, quasi.
“Fa male.”
“Lo so.”
Stiamo abbracciati per un bel po’ cullati dal battito dei nostri cuori che batto in unisono. 
Spezzo per prima l’abbraccio. Mi allontano da lui, sospirando. 
“Dobbiamo rientrare, si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto.”
Non risponde, non mi guarda, inizia a camminare e basta. 

Passiamo il resto del tempo a leggere copioni, fino all’ora di pranzo. 
Mi chiudo nella mia roulotte, voglio stare da sola, con i miei pensieri, devo riflettere.
Nessuno, per fortuna, bussa alla mia porta durante la pausa pranzo, ed è un sollievo. 

Uscita dalla roulotte, Ginny mi nota da lontano, la vedo avvicinarsi. 
“Ehi Jen, volevo parlarti!” mi dice, quasi urlando, pur essendo a pochi metri di distanza. 
Aspetto che si avvicini per poterle parlare senza urlare, non ne ho la forza. Ho trattenuto talmente tante lacrime oggi da non riuscire ad alzare la voce. 
Avvicinatasi a me, Ginny mi sorride felice. Non credo di capire cosa stia succedendo. 
“Dimmi. Che succede?” 
“Nulla. Stavo pensando…Josh mi ha detto che oggi lui e Colin vogliono stare insieme davanti alla tv a mangiare pizza e a guardare quelle stupide partite. Ti andrebbe di stare insieme? Che sia a casa mia o tua non ha importanza. I ragazzi sono a casa di Colin.” 
Sapendo che se non uscissi con Ginny passerei la serata tra cioccolata e film strappalacrime…deduco che potrebbe essere una buona idea.
“Ci sto, ma…porta del vino. Ho decisamente bisogno di bere. E se vuoi invita anche Lana, Georgina, Elizabeth, e Emilie. Passiamo una serata tra donne e ci divertiamo. Alle 20 a casa mia.”
“Oddio Jen, che bellissima idea.” mi risponde Ginny con gli occhi quasi a cuoricino.
Lei ama questo tipo di serate.

Passiamo il resto del pomeriggio a leggere altri copioni.

Arrivata a casa accompagnata da Josh e Ginny, corro subito a fare una doccia veloce, mi vesto leggera dato che fa stranamente più caldo del solito. Camicetta nera, e pantaloncini che non ricordo neanche di aver comprato, e che non userei mai per uscire da casa mia dato che lasciano poco spazio all’immaginazione. 

Mentre asciugo i capelli sento bussare alla porta. 

18.30? Non possono essere le ragazze, avevamo detto alle 20. 
Apro senza pensarci due volte o senza neanche guardare dallo spioncino.
Lui. 
Di nuovo.  
Mi sento morire dentro.
E’ di spalle, e che spalle… 
Non credo si sia accorto della mia presenza. Lo vedo girarsi di scatto, ma ad un certo punto bloccarsi. 
Lo guardo confusa. 
Continua a fissarmi, scrutarmi. Si lecca il labbro inferiore come è solito fare Hook quando deve buttare giù una battutina con un doppio senso.
“Colin, che vuoi?” gli chiedo con freddezza. 
Continua a guardarmi le gambe, sbalordito.
“Dio, mi farai impazzire uno di questi giorni.” 
I pantaloncini. Dio, non c’avevo pensato, ecco il perché dello sguardo. 
Maledetto irlandese. 

Entra con furia in casa e butta il giubbotto sul divano senza averne la minima cura.
“Anzi no, sto già impazzendo. Che diamine ti sei messa?”
“Che ci fai qui?”
“Oh, nulla, sono passato a trovare la mia principessa.”
Alzo gli occhi al cielo ed accenno un sorriso. 
“Oh, tranquilla, non ti ho vista sorridere.” mi dice, sorridendo di gusto. Si morde il labbro inferiore.
Sarà lui a farmi impazzire un giorno. 
Ritorno seria, o almeno ci provo.
“Colin, ripeto, cosa ci fai qui?”
Si avvicina a me, gongolando, continua a mordersi il labbro, e questa cosa mi sta letteralmente facendo impazzire. 
“Volevo stare un po’ con te” mi dice, guardandomi serio, senza alcuna malizia.
“Sai che non possiamo stare soli nella stessa stanza.” Gli rispondo con voce tremolante.
“Perché? Perché potrei fare questo?” 
Mi bacia una palpebra, poi l’altra, poi uno zigomo, l’angolo della bocca, e poi mi lascia un leggero bacio prendendomi il labbro superiore. 
Quando penso che possa essere finita, mi scaraventa contro il muro, prendendomi alla sprovvista.
“Oppure questo..” 
Mi accarezza la coscia, dal ginocchio in su. Io non riesco a dire nulla, mi ha colto di sorpresa. 
“Colin..” provo a mantenere un tono tranquillo, anche se è difficile farlo.
“Jen..” mi guarda negli occhi, mi trafigge con lo sguardo. 
Ne ho bisogno anch’io. Ho bisogno di un’ultima volta con lui.
Ho bisogno di averlo vicino. 
“Non mi piace molto il muro della cucina, però..”
Ride di cuore.
“Mmmh, su questo possiamo porre rimedio.”

[https://www.youtube.com/watch?v=0MATKtjyJ50]

Mi prende in braccio, e io continuo a buttare gridolini per la paura che possa farmi cadere. 
“Ah, spero di non vederti in giro con questo pezzo di stoffa che chiami pantaloncini.” mi dice con tono serio.
Ma fanno così schifo le mie gambe? Cioè ne sono consapevole, però non credevo fino a questo punto.
Arrivati in camera da letto mi lascia andare delicatamente sul letto e si stende accanto a me.
Siamo distesi l’uno verso l’altro. 
“Perché? Non ti piacciono le mie gambe?” gli chiedo sussurrando. 
“No, anzi, forse mi piacciono anche troppo. Solo che non voglio tu faccia vedere questo ben di dio in giro.” Mi risponde serio.
Mi avvicino pericolosamente a lui “Sei per caso geloso?..” lo stuzzico, e sorrido con malizia. 
“Si.” risponde ancora più serio di prima.
Mi manca il respiro. Continuiamo a guardarci per un po’ senza dire nulla.
Catturo le sue labbra, ne ho bisogno. Ho bisogno di lui, con me. 
Mentre con la mano sinistra mi tiene per i fianchi, spingendomi verso di lui, con la destra accarezza un punto indefinito sulla mia nuca tanto da provocarmi brividi e tremolii in tutto il corpo. 
La sua lingua intrecciata alla mia, le mie mani sul suo petto. Mi lascio sfuggire un gemito quando si sdraia su di me, annullando la poca distanza che ci consentiva di separarci. Non che io volessi farlo, non questa volta. 
Mi fermo, ripensando alla serata con le ragazze.
“Fermo, fermo! Aspetta.” Gli dico, facendo fatica a respirare.
Mi guarda confuso mentre striscio via da sotto di lui, girandomi a pancia in giù per cercare di prendere il cellulare. 
19.15.
Diamine. 
“Pensavo che questi cosi che ti sei messa fossero un tantino più lunghi dietro. Invece…”
“Smettila Colin, ti stai comportando peggio di Hook, oggi.” 
“Sai, dico sempre che io e lui non ci somigliamo. Ma forse siamo molto più simili di quanto tu possa pensare.”
Sospiro e mi giro a guardarlo “Non so se sia una buona cosa.”
“Oh, io dico che lo è.” mi dice, stringendomi di nuovo a sé, affondando la testa nell’incavo del mio collo e ridendo come un bambino.
Sospiro.
“Colin..vai a casa, Josh sarà da te tra poco.” gli dico piano.  
“Gli ho detto di venire alle 21.” sussurra.
“Sì okay, ma le ragazze saranno qui tra meno di mezz’ora.”
Alza la testa e mi guarda negli occhi, mi sposta i capelli dietro l’orecchio, e continua a guardarmi quasi supplichevole. Poi affonda di nuovo la testa nell’incavo del mio collo.
“Si possono fare tante cose in mezz’ora” 
Rido, di cuore. Come una ragazzina. 
Mi bacia il collo. Baci leggeri, che però mi destabilizzano.
“Col-“
“Fai l’amore con me.” 
Non dico nulla, lo bacio e basta. Per adesso voglio mettere da parte la ragione, il senso di colpa, e seguire il cuore.
Con una mano mi sbottona la camicia e mi bacia ogni volta, bottone per bottone; con l’altra mano disegna piccoli cerchi all’interno della mia coscia. Il tutto lentamente, come a voler assaporare ogni momento, come a volermi far impazzire più del dovuto.
“Mhh, per quanto mi piacciano, questi non credo serviranno per quello che ho in mente.” Dice, sorridendomi e cercando di togliermi quei benedetti pantaloncini. 
E io rido ancora. 
Sono felice. E so che è una felicità momentanea.
Ma dopo esserci spogliati di tutto, vestiti e sensi di colpa, ci uniamo di nuovo.
Stavolta con più passione, con meno dolcezza ma con più bisogno, un bisogno esasperato di stare insieme, per un’ultima volta.
Guardarlo negli occhi, di nuovo, ed urlare, di nuovo. 
Perché è questo che facciamo. Non riusciamo ad urlarci contro i nostri sentimenti, ma urliamo quando facciamo l’amore. Perché è l’unico modo che abbiamo per far capire all’altro quello che proviamo.
Perché non è una cosa carnale, non lo è mai stata. Non è mai stata attrazione. 

“E’ stato..”
“Wow” è l’unica cosa che riesco a dire.
Non credo che ci siano parole per descriverlo.
Mi accoccolo sul suo petto, provando a rilassarmi per riuscire a respirare meglio.
Gli lascio un leggero bacio sulla spalla.
Sospiro.
“Resterei in questo letto, con te, per sempre.” dico.
“E allora restiamoci. Chiama le ragazze ad annulla la cena.” mi risponde con dolcezza.
“Non posso, lo sai.” sbuffo.
“Mmh..e se ti facessi le coccole per trattenerti qui con me?” mi dice, tenendomi ancora più stretta.
“Come dovrei fare a rifiutare quando mi dici queste cose?”
“Non farlo.” Mi prende il viso tra le mani e mi bacia dolcemente.
Bussano alla porta.
Dio, non avevo previsto questa cosa.
Ma non possono essere le 20, è impossibile. Guardo il cellulare: 20.10.
Quindi questo vuol dire che abbiamo passato quasi un’ora insieme? Dio.
“Vestiti.”
“Cosa? Perché?” mi chiede confuso. 
Credo sia diventato sordo, a causa mia. 
“Hanno bussato, saranno le ragazze, di certo non puoi farti vedere….così.” dico con un tono irritato.
“Mhh, sei così bella quando sei gelosa.”
Lo ignoro, mi alzo e raccolgo le mie cose da terra per vestirmi. 
Bussano di nuovo. 
Corro ad aprire. 
“Ragazze!” 
“Oh, tesoro, sei bellissima” mi dice Lana prima di darmi un bacio sulla guancia.
“Che la festa abbia inizio” esclamano Ginny e Emilie mentre mi abbracciano. Le solite festaiole. 
Entrano in casa ma si fermano a metà del salotto imbalsamate. 
All’inizio non capisco perché. 
“Signore.”
Mi giro e vedo Colin che gironzola senza maglia.
Qualcuno mi fermi dal commettere un omicidio. 
“Jennifer?..” è l’unica cosa che una delle tre – Lana – riesce a dire.
“Io..ehm..non ha l’acqua calda in casa, quindi è venuto per farsi una doccia. Vero Col?”
“Sì che ho acqua calda, Jen che diamine dici?” 
Lo fulmino con lo guardo, e lui mi sorride di rimando.
Si mette la maglia, prende il giubbotto e fa per andarsene. 
“A domani signore” dice, ma si avvicina a me “A domani mia bella fanciulla.” 
“Guida con attenzione.”
Annuisce, mi stampa un bacio in fonte ed esce. 
Vedo le ragazze ancora un po’ sconvolte.
“Ragazze?”
“Jennifer, cosa sta succedendo?” è l’unica cosa che Ginny riesce a dire.
Vedo Emilie avviarsi verso la mia camera, ma non faccio in tempo a fermarla. 
Torna sorridente, cosa che non mi sarei mai aspettata.
“E brava JenJen.” dice Emilie. 
“Perché? Cosa hai visto Em?” chiede Ginny.
Anche Ginny si avvia verso la mia camera. Non provo neanche a fermarla. 
Sono tre delle mie più importanti amiche, meritano di sapere qualcosa.
Mi siedo sul divano, guardo il vuoto. 
Lana si siede vicino a me. Mi accarezza la schiena, come se volesse confortarmi. 
Si siedono tutte intorno a me. 
“Non so che dirvi, non so che cosa sta succedendo, so solo che sono fuori di testa.”
“Jen, non dire così.” mi dice Emilie, stringendomi la mano.
“Se vuoi puoi raccontarci.” mi dice Ginny, con tono comprensivo.

“Non c’è molto da raccontare. E’ iniziato tutto da un po’, credo, o almeno sentimentalmente parlando. Ma tutto è venuto allo scoperto solo a San Diego.”
“L’ho notato” mi interrompe Lana. 
“Anche Josh” mi dice Ginny.
Wow. Lo sapevano tutti.
“E adesso perché era qui?” 
“Oggi abbiamo avuto una discussione, è venuto perché voleva vedermi.”
“E invece..” continua Emily.
“Sì..” rispondo, con voce tremolante.

POV COLIN.

Sono passato da una pizzeria lontano da casa di Jen e adesso sto tornando a casa. Sono le 20.45, e dato che Ginny è già da Jen, Josh e Ollie saranno già a casa mia. 
Sento squillare il telefono. 
E’ Josh.
“Dimmi amico.” 
“Sto arrivando a casa tua, bastardo.”
“Oh, anche io starei andando a casa..cerco di arrivare subito.”
Premo più forte sull’acceleratore. 
Delle luci che mi accecano.
Il vuoto. 

 




Note autrice.

Ecco a voi questo benedetto sesto capitolo, che per me è stato un travaglio.
E' stata dura, ma ce l'ho fatta! Yayyyy! 
Anche se devo essere sincera, è il capitolo qualitativamente inferiore tra tutti (non che gli altri siano bellissimi, eh.)

So che adesso molte di voi hanno voglia di uccidermi. Lo comprendo. 
Ma sto cercando di muovere un po' le cose con un po' di angst.
Perché io AMO l'angst. Ci vivo di angst. Mi dispiace.

Al prossimo capitolo.

Vostra, Mary.


 

  
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