Siriah
non si era mai sentita così vulnerabile, quello che aveva sempre
afflitto agli altri le si era rivolto contro.
Simon
o meglio Simone Bosetti, la sua vecchia fiamma, le aveva sparato
all'addome lasciandola in fin di vita. Immobile come una statua
il ragazzo rimase a guardarla, lei dolente a terra, lui
imperturbabile dinnanzi al corpo sanguinante della fanciulla.
L'associazione
a delinquere di cui la ragazza prese parte l'aveva trasformata in un
mostro, e adesso quel mostro era in fin di vita. La squadra di Siriah
arrivò troppo tardi, non riuscì ad evitare l'accaduto, eppure Noah il
suo compagno, corse verso il corpo inerme. Dopo due minuti, un passante
li trovò e chiamò l'ambulanza, la quale arrivò in una decina di minuti.
Ma
quando arrivarono trovarono solo una ragazza stesa a terra in mezzo ad
un lago di sangue, senza nessuno, completamente abbandonata al suo
destino.
Giorni
dopo Siriah si ritrovò stesa sopra un letto d'ospedale; amanettata al
letto, con una garza intorno al busto, una flebo al braccio, e un mal
di testa atroce.
La
ragazza si guardò attorno, era sola, ma si rese subito conto che la
manetta era troppo stretta, e che era in trappola.
Non
c'era Noah, non c'era Cristhy, non c'era il presidente, l'avevano
abbandonata. Meglio Siriah che loro avranno pensato.
Entrò
un'infermiera che scacciò i pensieri della ragazza. Aveva capelli
biondi legati in due code laterali, era molto giovane, avrà avuto
vent'anni, ma con un viso tremendamente familiare. -Siriah, ben
svegliata- disse, lasciando intravedere un brillantino sul canino
destro. - Sai il mio nome? Ti conosco?- domandò la fanciulla,
agitandosi. -Sono stata mandata dal presidente, vogliono che ti porti
via. A proposito sono Alexa.- A Siriah sembrò di avere lo stomaco in
subbuglio, la sua famiglia aveva già trovato un modo per farla scappare.
-Piacere- disse la mora, squadrando la donna.
-Piacere- disse la mora, squadrando la donna.
L'infiltrata
si avvicinò a Siriah, le tolse la flebo e la manetta.
-Aspettami qua, vado a prendere una sedia a rotelle-. La fanciulla annuì e si mise a sedere con fitte e dolori lancinanti allo stomaco e al polso. La bionda tornò poco dopo, l'aiutò a salire sulla sedia a rotelle, le coprì il busto con una coperta di lana e la spinse fuori dalla stanza.
-Fai finta di niente, non dare nell'occhio, non guardare nessuno, l'auto del presidente ci aspetta nel giardino sul retro- bisbigliò la donna all'orecchio di Siriah.
-Aspettami qua, vado a prendere una sedia a rotelle-. La fanciulla annuì e si mise a sedere con fitte e dolori lancinanti allo stomaco e al polso. La bionda tornò poco dopo, l'aiutò a salire sulla sedia a rotelle, le coprì il busto con una coperta di lana e la spinse fuori dalla stanza.
-Fai finta di niente, non dare nell'occhio, non guardare nessuno, l'auto del presidente ci aspetta nel giardino sul retro- bisbigliò la donna all'orecchio di Siriah.
Non
esisteva posto peggiore per scappare. Sembravano passate ore intere per
raggiungere quel giardino colmo di alberi spogli.
-Presidente-
sussurò la donna, chinando leggermente la testa verso terra.
Siriah non sollevò lo sguardo, lei non si chinava mai dinnanzi all'uomo.
Il presidente scese dall'automobile, la donna lo cominciò a squadrare quasi ipnotizzata dalla sua bellezza. Un'uomo anche lui sulla ventina, attraente, dai capelli mori, e dalla barba incolta ma dall'aspetto signorile, Siriah aveva quasi diciotto anni, sapeva di essere troppo giovane, ma quando il presidente la guardava ostinatamente provava un velo d'imbarazzo, come se quell'uomo potesse provare un'interesse segreto per lei. -Siriah, accomodati pure- disse il presidente, con un gesto di mano che indicava la portiera dell'auto.
Siriah non sollevò lo sguardo, lei non si chinava mai dinnanzi all'uomo.
Il presidente scese dall'automobile, la donna lo cominciò a squadrare quasi ipnotizzata dalla sua bellezza. Un'uomo anche lui sulla ventina, attraente, dai capelli mori, e dalla barba incolta ma dall'aspetto signorile, Siriah aveva quasi diciotto anni, sapeva di essere troppo giovane, ma quando il presidente la guardava ostinatamente provava un velo d'imbarazzo, come se quell'uomo potesse provare un'interesse segreto per lei. -Siriah, accomodati pure- disse il presidente, con un gesto di mano che indicava la portiera dell'auto.
La
ragazza cercò di alzarsi, ma il dolore era lancinante, provò e riprovò,
ma si arrese dopo svariati tentantivi.
-Non riesco ad alzarmi- mugolò, stringendo i denti.
-Non riesco ad alzarmi- mugolò, stringendo i denti.
Il
presidente si avvicinò alla sua spia preferita, la fanciulla più
qualificata della sua banda ridotta in quello stato così "umano".
L'uomo la prese delicatamente fra le braccia muscolose, lei come una
farfalla nelle mani di un possente gigante.Siriah venne posata nel
sedile posteriore, il presidente si sedette accanto a lei, e attese che
l'infiltrata chiudesse la portiera.
-Presidente,
mi scuso per tutti i disagi che ho causato alla mia squadra e alla sua
pazienza- disse la ragazza, rannichiandosi in se.
Lui
non proferì parola, si avvicinò lentamente alla fanciulla e la strinse
contro il suo petto. Siriah rimase paralizzata davanti a quel gesto
improvviso, mai aveva potuto odorare così attentamente quel forte
profumo maschile, mai si era sentita così al sicuro, nemmeno quando lei
e Simon erano una coppia. -Non provare mai più ad andare contro un
nemico disarmata- sussurrò il presidente.
In
quel momento a Siriah la voce dell'uomo parve una dolce ninna nanna.
Lei
aveva passato ormai quattro anni a difendere l'incolumità del ragazzo,
eppure lui non aveva mai dimostrato così l'affetto che provava per lei.
Quella ragazza che aveva
abbandonato tutto per servire l'organizzazione fondata da lui stesso.