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Autore: AlPond    26/11/2014    0 recensioni
Il Dodicesimo Dottore, originariamente diretto a Parigi, viene costretto dalla TARDIS a cambiare meta e ad atterrare in una grotta, dove un uomo lo sta aspettando con grandi novità.
Genere: Fantasy, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 12
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La cabina blu atterrò bruscamente, facendo schizzare pezzetti di terreno addosso al dottor Bryan Brain, il quale, spaventato da quell’atterraggio così violento, fece un balzo all’indietro e si coprì il viso con gli occhi per pararsi dalla nube di polvere sollevatasi attorno alla navicella.
Dopo il botto che aveva seguito lo schianto, nella buia grotta calò il silenzio ed egli rimase fisso ad osservare la TARDIS, che emanava un raggio di luce rassicurante da una lanterna sul soffitto e da delle finestrelle rettangolari sulle porte d’ingresso; da dentro la navicella proveniva una voce di uomo, che inveiva contro qualsiasi cosa gli capitasse sott’occhio, ma quando poi egli smise di parlare una quiete lugubre piombò sull’ambiente oscuro.
-C’è … c’è nessuno? – chiese il dottor Bryan, intimorito dall’atmosfera del luogo –Sto cercando un certo John Smith! Mi è stato detto che sarebbe arrivato in questa grotta, in questo giorno, a questa ora e con questa assurda cabina-navicella e … signore? -
Silenzio. Enorme, teso silenzio.
- John? È lì dentro? –
Nessuno rispondeva alle chiamate di Bryan, e l’uomo stava iniziando ad avere seriamente paura: che la sua fonte lo avesse tradito? Era forse arrivato davvero il suo momento di andarsene?
Il dottore decise di fare un ultimo tentativo bussando sulle porte della cabina e, se nessuno avesse risposto, sarebbe scappato via, correndo il più velocemente possibile per tenersi stretta la vita; allora egli si avvicinò, lentamente e con lo stomaco chiuso, a quella scatola blu che si ergeva davanti ai suoi occhi e dalla quale provenivano quelle strane luci, fece un respiro profondo, e
-Una grotta? – chiese l’uomo che era uscito dalla navicella, facendo quasi venire un infarto a Bryan e ignorandolo completamente –Oh Sexy cara, perché proprio in questa grotta? Le coordinate erano quelle di Notre Damme, dannazione, come posso fare una pulizia di Daemons-Gargoyle … in una grotta? –
La TARDIS emise un suono meccanico, profondo, alche le porte si richiusero automaticamente lasciando fuori il Dottore, il quale, con una espressione sorpresa, si voltò ad osservare l’uomo in piedi accanto a lui, che lo fissava allibito e con il respiro affannato; il Signore del Tempo, a sua volta, si mise ad analizzare mentalmente Bryan, parlando fra sé e sé, finché poi non ruppe il silenzio fra di loro esclamando: - Wow, in questa caverna persino i bisbigli fanno eco! –
Il dottor Brain, colto alla sprovvista, fece un cenno affermativo con la testa, non trovando una risposta migliore a quella frase d’esordio così bizzarra.
-Oh beh, giovanotto, non se ne stia zitto a fissarmi terrorizzato, parli. Lei mi ha convocato qui, lei mi spiegherà il motivo. – riprese l’alieno, con una punta di irritazione nella sua voce.
Scosso da ciò che aveva appena detto l’altro, l’umano fece un respiro profondo e si introdusse: -Piacere, signore, sono Bryan Brain, dottore di cardiologia all’ospedale di Saint Blackys, e non posso dirle per quale motivo o chi me lo ha detto ma io ero destinato ad incontrarla qui, in questo posto. –
-Okay. – fu la risposta che ricevette –Mi pare giusto, in un certo senso, tutti alla fine sono destinati ad incontrarmi, mi sorprendo anzi di come certe persone riescano ad andare avanti nella vita senza conoscermi. Ahah. Comunque, può chiamarmi John Smith, e può considerarsi tenuto d’occhio da me per atteggiamenti sospetti. –
Bryan, che dell’uomo davanti a lui sapeva solo il nome, rimase allibito dalla sua arroganza e si morse la lingua per non dare a quello strano tipo una strigliata sulla educazione, cosa che invece avrebbe fatto normalmente con un paziente del Saint Blackys; inoltre egli si era ripreso dagli attimi di terrore iniziale e aveva deciso di fidarsi e fare quello che gli era stato ordinato, quindi ignorò le parole di John e si chinò a terra, davanti ad un pezzo di terreno illuminato dalla luce proveniente dalla TARDIS.
-Non c’è bisogno che mi tenga d’occhio, le mostro subito il problema. – disse, disegnando sul terreno un cerchio ed una linea verticale che lo trapassava –Power. –
-Sì, riconosco quel simbolo, l’ho visto su parecchi computer! – rispose il Dottore –Complimenti ottime doti, posso andare ora? Parigi non si salverà da sola. –
-Temo di no, signor Smith, temo che prima vorrà vedere questa cosa. – ribatté Bryan, trattenendosi dal rispondergli male –Osservi. –; l’uomo allungo un braccio e lo pose sopra al disegno, poi fece pressione con le mani ed esso emise un “click” al quale seguì un cambiamento di colore del tracciato di terra, che passò dal colorito marrone scuro ad un blu acceso, brillante.
-Oh. Oooooh. Ora capisco. Cioè no, non capisco, ma sto iniziando a comprendere cosa ci sia di interessante qui. – commentò il Dottore, spalancando gli occhi sorpreso e iniziando a camminare attorno al simbolo con aria frenetica ed eccitata –Siamo nel tremila e cento? È una di quelle caverne elettriche progettate dai Jones? -
-No signore, siamo nel duemila e trenta, e questo luogo è tanto naturale quanto lo possono essere le Alpi e i mari – ribatté Bryan che, avvicinandosi al succo del discorso, iniziava a sentire un brivido scorrergli lungo la spina dorsale –Anzi, possiamo andare a casa mia e le posso mostrare che, se tracciassi questo stesso disegno sul pavimento, esso farebbe la stessa cosa che fa qui. Ed il discorso vale per ogni zona del pianeta. –
-Okay, ora è molto molto molto interessante ma anche molto molto molto pericolosa la faccenda. – rispose il Dottore, sollevando le sue folte sopracciglia – Ho come la sensazione che tu abbia altro da dirmi, giovanotto. –
- Ed è così. – disse Bryan, col fiatone per l’ansia –Signor Smith, mi serve il suo aiuto per riportare le cose al proprio posto. È infatti da tre giorni che, il Cielo e la Terra, si sono scambiati di posizione. –



Matt Bucklin quel giorno si svegliò con una gigantesca emicrania, così forte e dolorosa che in un primo momento non riuscì neppure ad aprire gli occhi; sollevando le mani egli toccò prima un telo, poi andò a sbattere contro qualcosa di duro, circolare al tatto, ed in quel breve istante fu panico. Non era né nel suo letto né nel suo divano.
In stato confusionale, egli si mise a tastare l’ambiente attorno a lui tenendo gli occhi serrati, ancora sofferente per l’emicrania, ed alla fine concluse di essere in una macchina (speranzosamente nella propria, e non in un veicolo estraneo); con fitte di mal di pancia causate dalla forte ansia che in quel momento lo stava pervadendo, Matt provò a sollevare le palpebre per guardarsi attorno, e i raggi di un caldo e cocente Sole gli aumentarono il dolore alla testa.
Tenendo gli occhi socchiusi egli tentò di mettere a fuoco ciò che aveva davanti, constatando che la macchina era la propria ma che un veicolo estraneo era fermo, davanti ad essa, con il cofano sollevato e incastrato nel suo. “Oddio, ho fatto un incidente …” pensò, mentre il panico cedeva il posto ad una disperata rassegnazione “Oh mio Dio”.
Lentamente, Matt spalancò del tutto gli occhi ed uscì dalla macchina, affannato e camminando zoppo per via dei muscoli intorpiditi, e gridò: - Ehi? Tutto bene là dentro? State bene? –
Nessuno rispose, allora accellerò il passo il più velocemente possibile e si sporse all’interno dell’altro veicolo, vedendo che il conducente era anch’egli svenuto, con la testa poggiata sul volante, e fece un respiro di sollievo al pensiero di aver scampato una tragedia.
Si guardò attorno, mentre l’aria gli tornava nei polmoni, e scoprì di essere su una strada deserta nel bel mezzo di una ampia e arida pianura, quindi tentò di ricordarsi come fosse arrivato lì; con sua delusione, nessun ricordo riaffiorò ed egli si sentì ancora una volta stringere lo stomaco, sentimento che accrebbe quando notò altre quattro macchine, più avanti sulla strada, ferme ed incastrate le une nelle altre come se avessero avuto un incidente in massa.
Si portò le mani alle tempie, che avevano ripreso a fargli male, e nel silenzio tombale che lo circondava esclamò: - Oh santo Dio! –
Poi, qualcosa che sembrava un miraggio comparve in lontananza da dietro le macchine, e quel qualcosa aveva tutta l’aria di essere umano.
-HEI! – gridò Matt – AIUTO! –
Al seguito di quell’individuo ne apparvero altri, tutti vestiti in modo bizzarro con maglie di cuoio ed elmi dorati simili a quelli romani conservati nel museo storico della sua città, quindi il ragazzo strabuzzò gli occhi incredulo e smise di gridare, confuso. Ma le cose si fecero ancora più strane.
Dietro di essi, fecero la loro comparsa tre alte sagome, di colore verde e , all’apparenza, indossanti una lunga veste di cuoio.
Matt indietreggiò, sbarrando gli occhi terrorizzato.
-Gli Dei – annunciò ad alta voce uno degli strani individui – Sono arrivati! –
Le quattro macchine fra il ragazzo e il gruppo esplosero, sollevando un enorme fumo nero.
   
 
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