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Autore: Foglia 21    26/11/2014    1 recensioni
Sentii Oromis sospirare nel sonno e voltai il muso verso di lui, che se ne stava rannicchiato su una delle mie zampe anteriori. Sembrava turbato, aveva il viso madido di sudore e i capelli appiccicati alla fronte. Borbottò qualcosa d’incomprensibile, poi si svegliò di soprassalto.
Genere: Erotico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Glaedr, Islanzadi, Oromis
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sferrai un rapido fendente all’uomo con cui stavo combattendo e mi catapultai sul nemico successivo senza darmi il tempo di pensare a nulla. Le urla e il cozzare delle spade continuavano da quella che sembrava un’eternità sotto un cielo plumbeo che non prometteva altro che pioggia. Dovevamo sbrigarci, la battaglia si stava protraendo da troppo tempo.
Trafissi urlando un altro uomo e mi chinai per evitare una fiammata di Glaedr, che incenerì una ventina di Alkani in un colpo solo. Scavalcai i loro resti e finalmente, dopo un’altra mezz’ora di morte ci ritrovammo al di sotto delle mura.
Alzando lo sguardo vidi il maestro Isiros su un bastione, assieme ad altri Cavalieri dell’Ordine. La fortezza era dunque conquistata e gli Alkani si stavano ritirando nel bosco a est del campo, incalzati dai soldati elfici.
Per qualche giorno non ci sarebbero stati altri attacchi, anche se sapevo che la guerra non era certo finita.
Rinfoderai la mia arma, Naegling, con un sospiro e mi guardai attorno. Gilaf e gli allievi di Enos si stavano già dando da fare con i feriti, mentre altri iniziavano ad esplorare la fortezza per allestirvi il nostro nuovo rifugio. Non avevamo subito molte perdite, tuttavia era necessario sgomberare il campo il prima possibile e riorganizzare le difese. Mi chinai su un’elfa con una profonda ferita alla gamba e ringraziai mentalmente di aver letto tutte quelle pergamene sugli incantesimi di guarigione.
“Stai tranquilla.” Le sussurrai, poi corsi verso Glaedr per prendere la mia bisaccia e lavare la ferita.
In due ore i feriti furono trasportati all’interno e due roghi consumarono i caduti, trasformandoli in fumo e cenere. Osservando quelle nubi che si levavano dalle fiamme mi sentii per la prima volta consapevole di cos’era la guerra e lacrime amare mi scesero lungo le guance pensando che loro a casa avevano lasciato le stesse cose che avevo lasciato io: una famiglia e una donna che amavano.
Una mano si posò sulla mia spalla, facendomi sussultare.
“Imprimi bene questa immagine e non dimenticarla mai, Oromis.”
“Sì, maestro.”
 
La fortezza, nonostante avesse modeste dimensioni, era più grande di quanto appariva e al suo interno godeva di numerose stanze e due grandi saloni, che erano stati adibiti a dormitori. Le stanze invece erano state divise tra i feriti più gravi e i Cavalieri, che sarebbero stati occupati in turni di guardia che coprivano ogni punto dell’edificio. A me e Gilaf era stato dato l’ordine di continuare ad occuparci dei feriti perciò, consumato un pasto frugale, tornammo di corsa ai nostri doveri.
Come ti senti?
Non saprei, mi sembra di non riuscire a pensare. Mi è rimasta in mente l’immagine del rogo.
Glaedr si trovava nel piccolo giardino interno, insieme agli altri draghi più piccoli, mentre i più possenti erano dovuti rimanere all’esterno, ulteriore difesa da possibili attacchi.
Voi piccoli esseri siete molto vulnerabili. Vi si spezza con un artiglio.
Ridacchiai mentre curavo l’ustione al braccio di un elfo che ogni tanto avevo visto al campo di allenamento di Ellesméra. Mi fa piacere che tu ti renda conto della tua forza.
Non si tratta della mia forza, ma della tua fragilità. Dovrò stare molto attento a te, pulce.
Già, ti sei proprio cacciato in un bel guaio!
Il drago ridacchiò, poi lo sentii mentre si accoccolava, intento a farsi un pisolino. Anche io dovevo stare molto attento a lui.

Lavorammo per molte ore e quando la mole di lavoro diminuì e tutte le ferite furono state medicate, potemmo concederci un po’ di riposo. Io e Gilaf non avevamo parlato molto durante il nostro lavoro e ci congedammo solo con un cenno e uno sguardo greve, ognuno diretto alla propria stanza.
La mia la dividevo con il maestro Isiros, cosa che mi incuriosiva e mi intimoriva allo stesso tempo. Tuttavia egli non c’era, probabilmente occupato con un turno di guardia, così mi stesi sul mio giaciglio e mi misi a pensare. Il ritmo della guerra era meccanico e poteva portare a due estremi: o ti rendeva insensibile, o ti distruggeva l’animo. Eppure un Cavaliere non poteva lasciarsi trascinare da nessuno dei due. Un Cavaliere doveva trovare il perfetto equilibrio e mantenere la perfetta padronanza di sé per poter guidare gli altri. Avevo osservato Isiros mentre impartiva ordini e dava tutto se stesso per gestire al meglio la situazione e sentivo che avrei voluto diventare come lui.
Mi assopii ripensando all’ultimo bacio che Islanzadi mi aveva donato pima della partenza, sentivo ancora la morbidezza delle sue labbra sulle mie.  
  
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