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Autore: Inathia Len    27/11/2014    6 recensioni
"Clara si limitò ad andargli vicino, mettendo la mano sulla sua, ai comandi. Non servivano parole, tra loro due non erano mai servite. Perché le parole erano vuote, con le parole si poteva ingannare e ora gli occhi del suo Dottore dicevano più di quanto avrebbe mai potuto esprimere a parole.
-Andiamo a conoscere Amelia- sussurrò allora Clara, abbassando la manopola, mentre il TARDIS cominciava la sua sinfonia."
Clara ha chiesto chi sia Amy.
Il Dottore preferisce mostrarlo piuttosto che parlare.
Ma le cose non vanno come previsto... perchè anche se Twelve è grumpy, non vuol dire che non abbia dei sentimenti, anzi...
DEDICATA A JOHNLOCK IS THE WAY
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Pond, Clara Oswin Oswald, Doctor - 12
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                      A JOHNLOCK IS THE WAY


                                                                                                                               

   

                                                                                                                                     WHO'S AMELIA?



-Allora, dove mi porti questa volta? Ho tutto il week end libero, Danny è da qualche parte… a fare qualcosa. Me lo ha detto, ma non stavo ascoltando… Allora? Viaggio, avventura, noi due!-

Clara entrò nel TARDIS con la solita furia accompagnata da mille parole e chiuse le porte schioccando le dita. Era una cosa che aveva cominciato a fare da poco e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, al Dottore piaceva.

Lasciò borsa e cappotto giù all’appendiabiti e si precipitò alla console, il naso all’insù verso il Dottore, che sedeva comodamente alla poltrona vicino alla libreria. Gli occhi nocciola le brillavano già eccitati, ma il tutto si spense quando notò lo sguardo del Dottore. Conosceva quello sguardo, di solito significava guai.

Sollevò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto, mentre lui la raggiungeva.

-Che c’è?- gli chiese, non appena lui le fu accanto.

-Devi sempre nominare quell’insegnate di ginnastica? Lo sai che…- cominciò a borbottare.

-È il mio fidanzato e, per l’ennesima volta, insegna matematica. Qual è il tuo problema?- alzò gli occhi al cielo Clara.

Di rigenerazioni del Dottore ne aveva viste tante, tutte, a essere onesti, ma dispettosa e lunatica come questa veramente poche.

-Io non ho nessun problema- alzò le mani lui.

-Bene. Perché non ho intenzione di smettere di frequentarlo solo perché tu non approvi- ghignò Clara.

-Non ho detto che non approvo, solo… secondo me era meglio l’altro- bofonchiò il Dottore, digitando chissà cosa alla tastiera.

-Quale?- rise Clara. –Quello con il cravattino? Nah… non proprio il mio tipo…-

Il Dottore si limitò ad alzare un sopracciglio, ma non disse nulla.

Aveva preso una decisione. In realtà, era tanto che ci pensava, da quando quella nuova vita era iniziata. Solo… lui, proprio lui, non sapeva come cominciare il discorso. Clara era accanto a lui, pronta come sempre, bella come non mai (anche quello non lo avrebbe mai ammesso)… ma lui non si decideva.

-Dottore, tutto bene?- chiese lei, aggrottando la fronte preoccupata. –Perché lo sai che prima stavo scherzando, vero?-

Lui fece un grosso sospiro poi le sorrise, altra cosa che faceva troppo raramente. Come dirle quanto lei fosse importante per lui e quanto davvero gli desse fastidio vederla tutta su di giri per quell’insegnate di ginnastica.

Si allontanò piano dalla consolle e si sedette sui gradini del TARDIS, dove Clara lo seguì, lo sguardo sempre più confuso.

-Clara…- cominciò, non sicuro sul come continuare. Era facile dare ordini, essere rude e far finta di fregarsene di tutto e di tutti. Non era sempre stato così ma, come aveva detto, aveva commesso degli errori nella sua lunga vita ed era tempo di rimediare. Per quello aveva eretto attorno a sé quella barriera di sarcasmo e occhiate gelide, per vedere se così era più facile non permettere alla gente di affezionarsi a lui. Ma Clara era ancora lì e non se ne sarebbe andata, neppure per tutti i Danny del mondo, lo sapeva.

-C’è qualcosa che non va? Ho detto o fatto qualcosa…?- tentò Clara, facendosi più vicina e scrutandolo come aveva fatto quella volta a Glasgow, quando lui l’aveva implorata di accettarlo. L’unica volta in cui quella maschera era crollata.

-Una volta mi chiedesti chi era Amelia. Te lo ricordi?-

Clara lo guardò sorpresa. Sì, lo ricordava. Se non quel momento in particolare quantomeno la situazione generale. E non l’avrebbe di certo dimenticata facilmente. Così annuì e basta, gli occhi ancora spalancati. Ma il Dottore non fece alcuna battuta su quanto fossero sproporzionati e grandi rispetto alla sua faccia. Non era il momento e questo la spaventava più di tutto il resto messo insieme. Perché il Dottore sdrammatizzava sempre, perché il Dottore non voleva vedere nessuno spaventato, men che meno i suoi compagni.

-Ti dissi che era stata la prima faccia che questa faccia aveva visto. Ma non è abbastanza, non lo è- aggiunse sotto voce, distogliendo lo sguardo da Clara e alzandosi di scatto. –Amy ha fatto parte della mia vita per così tanto tempo… tu sei mia amica ora- disse, impedendosi di abbassare lo sguardo mentre la definiva in quel modo così riduttivo, -ma lei lo è stata per secoli. Anni per lei, secoli per me. È stata la mia famiglia, mia suocera- aggiunse, ridacchiando, (cosa che sorprese molto Clara perché questo Dottore non ridacchiava), -la mia migliore amica. È stata importante per me. E… ed è stata la prima faccia che questa faccia abbia visto. Lo so, l’ho già detto, ma la cosa è più importante di quanto sembri.-

Clara si limitò ad andargli vicino, mettendo la mano sulla sua, ai comandi. Non servivano parole, tra loro due non erano mai servite. Perché le parole erano vuote, con le parole si poteva ingannare e ora gli occhi del suo Dottore dicevano più di quanto avrebbe mai potuto esprimere a parole.

-Andiamo a conoscere Amelia- sussurrò allora Clara, abbassando la manopola, mentre il TARDIS cominciava la sua sinfonia.



                                                                              




La prima a mettere il naso fuori dalla porta fu Clara. Le coordinate dovevano essere giuste e anche l’ambiente, stando alle descrizioni del Dottore.

Erano atterrati in un giardino, accanto a un capanno degli attrezzi dall’aria molto distrutta. Davanti a loro una casa gialla, l’edera che le si arrampicava intorno. Era notte fonda.

-Credo sia il posto giusto- esclamò, rientrando e afferrando la propria giacca. Notò che il Dottore si era messo di nuovo quella strana cravatta che aveva sull’Orient Express, quella che era a metà tra un cravattino e la cravatta che indossava il suo primo sé.

-Hai visto per caso se…?- chiese il Dottore, incredibilmente titubante.

-Tranquillo. Qualunque cosa tu abbia fatto a quel capanno degli attrezzi, è già successa- lo rassicurò lei, sorridendogli. –E, nel caso ti interessasse, c’è una bambina che dorme proprio davanti all’entrata del TARDIS. Non credi che…-

Ma non fece in tempo a finire la frase che lui l’aveva già superata ed era uscito. Clara alzò gli occhi al cielo. Stargli dietro stava diventando sempre più difficile, ma non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo.

Lo trovò fuori, che si torceva le mani, lo sguardo fisso sulla piccola figura accovacciata su una valigia. Era una bambina, di al massimo otto o nove anni, con i capelli rosso fiamma. In camicia da notte, con stivali da pioggia, cardigan, cappotto e cappello con il pon-pon, era nell’insieme molto buffa, ma il Dottore la guardava quasi con reverenza.

-Amelia, suppongo- sussurrò Clara, non volendola svegliare.

-Come la vidi io la prima volta- annuì il Dottore.

-Non la portiamo dentro? Si gela qui fuori- propose Clara. –Comunque, si può sapere che diavolo ci fa qui fuori una bambina a quest’ora della notte?-

-Aspetta me- rispose il Dottore, per la prima volta diretto e senza acide battute in mezzo. –E no, non la possiamo portare dentro, perché questo altererebbe gli eventi. La porterò in casa io stesso. Cioè, dal mio punto di vista l’ho già fatto, ma per lei è ancora tutto da scoprire…-

-Non puoi nemmeno dirle qualcosa?- insistette Clara. –Insomma, si prenderà un bel raffreddore, per colpa tua. Parlale, poi crederà sia stato un sogno…-

Il Dottore stirò la bocca in sorriso a metà.

-E’ proprio quello che mi ha detto lei. O almeno scritto. “C’è una bambina in un giardino che sta aspettando. E aspetterà a lungo e quindi avrà bisogno di molta speranza. Va’ da lei, Dottore, e raccontale che, se sarà paziente, verranno i giorni che non potrà mai dimenticare”.-

-Se non lo farai tu, lo farò io- lo provocò Clara. –Perché ha avuto ragione. Avrà decisamente bisogno di molta speranza per starsene qua fuori tutta sola.-

-Ci dovrebbero essere delle regole contro queste cose…-

-E da quando tu osservi le regole? Più che altro, il TARDIS…?-

-Oh, l’ho reso in visibile. Non lo vedrà.-

-Allora le parlerai- sogghignò Clara. E si fece avanti, scuotendo piano la spalla della piccola Amelia.

Lei si stropicciò gli occhi e sbagliò, fissando poi in cagnesco Clara e il Dottore.

-Dov’è l’Uomo Stropicciato?- chiese, con un marcato accento scozzese.

-Siamo suoi amici- disse prontamente Clara, inginocchiandosi accanto a lei. E lanciando un’occhiataccia al Dottore perché facesse lo stesso.

-Non posso stare a chiacchierare con voi, io sto aspettando il mio Uomo Stropicciato.-

-E stavi facendo un gran bel lavoro- commentò il Dottore, sedendosi a sua volta e incrociando le gambe. Clara gli diede un buffetto sul ginocchio, poi si voltò di nuovo verso Amelia.

-Mi devo essere addormentata-constatò la bambina, tirandosi su. –E comunque lui è in ritardo- borbottò. –Voi siete davvero suoi amici? Gli potete dire di darsi una mossa? Ah, e anche che ho impacchettato tutto quanto…-

Clara le sorrise.

-Tranquilla, ci pensiamo noi.-

-Ma perché siete qui?-

-Il mio amico vorrebbe dirti qualcosa- disse, spronando il Dottore a parlare con un cenno del capo.

-Amelia, ascoltami bene, ok? Molte cose dovranno succedere prima che il tuo Dottore Stropicciato torni. Ma sappi questo: lui vuole davvero viaggiare con te. Te lo ha promesso, no? E quindi sarà in ritardo, in ritardissimo… ma tu perdonalo, perché non sarà colpa sua. La tempistica non è mai stata il suo forte- aggiunse, guardando di sottecchi Clara e sospirando. –Ma le avventure che avrete insieme saranno uniche e sarete amici, i migliori amici che ci potranno essere. E ora dormi- concluse, poggiando le dita sulla sua fronte e premendo piano, come già aveva fatto con il piccolo Rupert. –Torna sempre utile- disse, girandosi verso Clara e alzandosi in piedi.

-Come, ce ne andiamo già?- chiese confusa lei. –E tutto quello che dovevi dir…- ma non concluse la frase, perché lui si era già voltato e stava armeggiando per rientrare nel TARDIS.

Il Dottore rimase in silenzio anche quando si rimise alla consolle, digitando coordinate e numeri rabbiosamente, lo sguardo in fiamme.

-Che succede?- domandò Clara, aggrappandosi forte alla ringhiera, rendendosi conto che si stavano muovendo. –Dottore, parlami. Che sta succedendo?- domandò con insistenza.

Poi, veloci com’erano partiti, si fermarono. Il Dottore le lanciò un’occhiata significativa e poi indicò la porta, sempre senza aprir bocca. La linea delle labbra era serrata e le sopracciglia le ricordavano le ali di un gabbiano che volava controvento.

Sapendo che non avrebbe risolto nulla cercando di farlo parlare, uscì dal TARDIS come le era stato detto, sperando solo di non trovarsi davanti a casa sua.

 

 

 

No, non era a casa.

Clara tirò un sospiro di sollievo. Soprattutto quando il Dottore comparì accanto a lei. Non sembrava essersi calmato, ma almeno era ancora lì. Finché erano insieme…

Il sollievo passò in un attimo, però, perché le bastò un’occhiata intorno perché si rendesse conto che erano atterrati in un cimitero.

-Dottore- tentò di nuovo, allungando il passo per stargli dietro. Ma non c’era verso di ottenere una risposta. Lui camminava deciso, i risvolti rossi della giacca aizzati dal vento, i capelli grigi e indomabili che gli danzavano sul capo. Sembrava sapere esattamente dov’era diretto, non si guardava attorno, non indugiava. Aveva una meta e Clara aveva quasi paura di scoprire quale fosse.

Si arrestò talmente all’improvviso che lei quasi gli andò a sbattere contro. Quando si sporse oltre la sua figura, si coprì la bocca con le mani.


                                                                       



-Volevi sapere chi fosse Amelia, no? Volevi sapere perché non fossi rimasto più a lungo a parlare con la bambina? Clara, Clara… sempre la domanda sbagliata- la rimproverò, ma la furia di poco prima era sparita. Ora c’era solo un uomo spezzato che stava in piedi sulla tomba della propria migliore amica. –Non avresti dovuto chiedere quelle cose. La domanda giusta è: che è successo ad Amelia?-

-Non capisco- sussurrò Clara, ma non era del tutto vero.

-Ti ho anche detto che, dopo quasi duemila anni, si commettono degli errori- continuò lui, questa volta prodigo di informazioni. –Quello di prima è stato uno di questi. Perché non ha senso che io visiti la piccola Amelia, quando Amy è morta davanti ai miei occhi. Perché il passato è passato, e ci dovrebbe insegnare a non ripeterci.-

Clara rimase in silenzio, si limitò ad avvicinarsi a lui e a prenderlo per mano. Non era più un uomo da abbracci, lo sapeva e lo rispettava per questo, ma aveva bisogno di lei, altrimenti non l’avrebbe portata lì perché vedesse. E lei non lo avrebbe mai abbandonato, mai.

-Io sono ancora qui- disse, allora.

-E per quanto?- ribatté il Dottore, ma ora quel tono burbero non la ingannava più.

Clara gli strinse forte la mano, intrecciando le sue dita con quelle dell’altro. Voltò piano il viso e gli rivolse un sorriso triste.

-Per quanto resterai con me?- chiese di nuovo lui, incrociando i loro sguardi.

-Per sempre.-

 

 

E un brivido scese lungo la schiena del Dottore.

Un déjà vu.


                                                                         







Inathia's nook:


Ssssssalve :)

e finalmente mi sono sbloccata. Ho scritto anche di Twelve e Clara. Nel bene o nel male, sono tornata.

E' un sacco che non scrivo una OS, e questa mi è venuta di getto... e non è betata, perchè è dedicata alla mia beta, quindi non mi sembrava un gran bel regalo fargliela correggere... insomma, tutto questo per dire che spero che non ci siano errori. Nel caso, è tutta colpa mia, segnalate e avrete un biscotto in omaggio. 

No, nessun biscotto, ma vi vorrò bene.

Tornando alla fic, non saprei bene quando collocarla. Sicuramente prima del finale di stagione (per quello il brivido dejavuoso del Dottore alla fine...), ma direi che ci sono riferimenti anche al primo episodio, a Mummy on the Orient Express e a Listen. Ma non è nulla che io considererei spolier, sinceramente. Poi, oh, ognuno ha i suoi standard ;)

Non è propriamente una Twelve/Clara, per quanto io li shipperò fino alla morte. Diciamo che qui Clara è molto presa da Danny, mentre il Dottore è cotto cotto a puntino. Quello che la serie ci ha mostrato ( a mio modestissimo parere).

Passando alla storia, mi è uscita di getto. Erano giorni che la frase che da il titolo alla fic mi frullava nella testa e allora mi sono detta: "Ehi, perchè non ci scrivo sopra qualcosa di terribilmente deprimente?" Ok, forse non è così deprimente come lo era nella mia zucca vuota, ma... questo il risultato. 

La dedico in particolare a JOHNLOCK IS THE WAY, perchè l'università mi sta portando via l'anima e sto diventando una pessima beta e amica. Spero che questa OS possa essere un'offerta di pace :) 

Questo è quanto: se vi è piaciuta, mi farebbe piacere sapere il vostro parere. E la cosa vale anche nel caso in cui non vi sia piaciuta. E' la mia prima OS su Twelve e vorrei sapere se sono riuscita a coglierlo in pieno.

 

  
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