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Autore: lapoetastra    28/11/2014    4 recensioni
< E così domani ti sposi. >
< Sì. >
< Mi dispiace. >
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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< E così domani ti sposi. >
< Sì. >
< Mi dispiace. >
Le parole di Sherlock colpirono John, facendolo sussultare.
Si trovavano nel soggiorno dell'appartamento di Baker Street che avevano condiviso per molto tempo.
Il giorno dopo, però, Watson lo avrebbe lasciato per trasferirsi in una piccola villa con Mary, subito dopo il matrimonio.
Stava mettendoin uno scatolone le sue cose quando Sherlock gli si era materializzato improvvisamente alle spalle e gli aveva posto quella domanda.
John non riusciva a capire.
Che cos'è che dispiaceva esattamente al grande Holmes?
Che sarebbe rimasto solo nell'appartamento, senza coinquilino?
Che non vedeva di buon occhio il fatto che lui si sposasse con una donna che conosceva appena?
Tutti questi dubbi gli frullavano nella testa, facendogliela girare.
< Che cosa, di preciso, ti dispiace? >, domandò allora il dottore, con un improvviso batticuore che non riusciva a spiegarsi.
< John, questo mi sembra ovvio anche per un individuo intelletualmente limitato come te >, rispose Sherlock, con il suo solito tono baldanzoso a cui però l'altro era abituato.
< Mi dispiace che domani ti sposi. >, continuò poi, semplicemente, come se fosse davvero la cosa più scontata del mondo.
< E perchè? >, chiese John, ancora confuso.
< Perchè ho paura di perderti. >, disse Sherlock, senza guardarlo negli occhi, improvvisamente timido e impacciato.
Watson, dal canto suo, sentì un flusso di rabbia pulsante salirgli alle labbra.
< Di perdere cosa, esattamente?  Il tuo fedele assistente? L'unico in tutto il mondo che ti asseconda in qualsiasi impresa senza mai fiatare? Che rischia la vita per le tue folli idee? Quello che ti aiuta a risolvere i casi di cui poi ti prendi tu ogni merito? Non te ne importa niente di me, a parte questo, Sherlock!  Pensi solo a te stesso. Non mi hai mai fatto un complimento o rivolto una parola gentile in tutti questi anni! >, urlò John, rosso in viso e con i pugni stretti lungo i fianchi.
Finalmente dava libero sfogo all'ira bollente che si era accumulata di giorno in giorno nel suo cuore.
Perchè aveva sempre desiderato - ed era così anche adesso - che Sherlock si aprisse un po' di più con lui e che non fosse sempre così freddo, distaccato e imperturbabile nei suoi confronti, come se la sua presenza non lo toccasse minimante ma anzi gli desse un indicibile fastidio.
Holmes intanto rimaneva lì, in silenzio, gli occhi bassi ed il corpo che tremava violentemente.
John per un attimo ebbe paura.
Pensò che Sherlock, arrabbiato per tutto ciò che gli aveva gridato contro, lo stesse per picchiare.
Ma, d'improvviso, facendo restare il dottore a bocca aperta, l'investigatore iniziò a piangere.
Singhiozzava, come non l'aveva mai visto fare da che si erano conosciuti.
Watson si sentì in colpa.
Era stato davvero troppo duro nei suoi confronti, si rese conto.
Erano amici, dopotutto.
< Sherlock, io... >, iniziò a dire, provando a rimediare.
Ma le parole di Holmes lo zittirono.
< No! Tu non capisci! >, urlò, con la voce rotta dal pianto incessante.  < Io ho sempre cercato di essere freddo con te in modo da non affezionarmi troppo. Ho capito fin dal primo momento in cui ti ho visto che tu non eri come gli altri, che eri diverso, speciale, e io mi sono... Ma tanto sapevo che non avresti mai provato lo stesso per me. Quindi che senso aveva rivelarti i miei sentimenti? Allora sono stato zitto e distaccato per tutto questo tempo, sperando che tenendo le distanze con te prima o poi mi passasse. >, terminò poi, voltando le spalle ad uno stupito dottore.
Per un po' nel piccolo appartamento regnò il silenzio più assoluto.
< Ed è stato così? >, domandò improvvisamente John.
< No, affatto. >, rispose Sherlock, dopo appena un attimo di esitazione.
< Capisco. >
Così dicendo Watson se ne andò, lasciando lo scatolone con tutte le sue cose sul pavimento.
Holmes, rimasto solo, continuò a guardare fuori dalla finestra, e a piangere.
Era finita.
Per sempre.
Ed era stata tutta colpa sua.
Sarebbe dovuto restare zitto e non confidare i suoi sentimenti a John.
In questo modo lui si sarebbe sposato lo stesso, il giorno dopo, ma almeno sarebbe rimasto ancora suo amico.
Ora, invece, lo aveva perso definitivamente.
E ciò non poteva sopportarlo, ma sapeva anche che non era in grado di cambiare il corso degli eventi, non importava quanto lo desiderasse.
La disperazione dilagò nel suo cuore, ferendolo e tagliandolo come una lama affilata.
Le lacrime, intanto, continuavano a scendere.


Il giorno dopo
Sherlock era agitato.
Incredibilmente.
Quello era il giorno del matrimonio di John e lui non sapeva assolutamente cosa fare.
Andare alla cerimonia? Ma era convinto che il dottore non lo volesse più vedere, dopo la conversazione avuta la sera prima.
Restare a casa? Allora ciò avrebbe significato la rottura definitiva del loro rapporto.
Tutte queste domande gli scoppiavano nella mente, facendogli perdere la lucidità.
Ed era geloso, anche.
Molto.
Non sopportava l'idea che l'uomo che amava si unisse sentimentalmente in modo così profondo ad una donna.
E non con lui, cosa che desiderava da quando si erano incontrati la prima volta.
Ma tanto non poteva farci nulla.
Loro erano due uomini diversi, e non solo dal punto di vista intellettivo.
Il tempo intanto passava, veloce e inesorabile.
L'ora stabilita per l'inizio delle nozze giunse rapidamente.
Holmes, disteso sul divano del piccolo appartamento con gli abiti eleganti ancora addosso, si immaginava ad occhi chiusi lo svolgimento della cerimonia, mano a mano che i minuti trascorrevano.
L'arrivo della sposa... la promessa di fedeltà... lo scambio delle fedi... il bacio..
Il trillo del campanello riscosse Sherlock da quei tristi e malinconici pensieri.
Aprì gli occhi, sorprendendosi di sentirli umidi di lacrime.
Controvoglia, andò ad aprire la porta, convinto che si trattasse di qualcuno che voleva sottoporgli l'ennesimo caso da risolvere.
Quando però vide chi era davvero la persona che attendeva sull'uscio, si lasciò sfuggire un debole singhiozzo.
C'era John, di fronte a lui.
Ancora con lo smoking.
Lo sguardo di Sherlock corse involontariamente all'anulare sinistro del dottore.
Non vi era alcuna traccia della fede.
Il cuore di Holmes iniziò ad accelerare i battiti.
Forse...
Ma non era possibile.
Non doveva farsi illusioni, sarebbe stato soltanto peggio, dopo.
E allora cosa ci faceva Watson lì? Non sarebbe dovuto essere a festeggiare con la moglie?
Ma si era davvero sposato?
Ancora una volta, mille domande soffocavano il cervello dell'investigatore, che credeva di impazzire.
Ma le labbra di John, che d'improvviso premettero dolci e cariche di passione e di cose non dette sulle sue, fecero tacere per una volta la mente di Sherlock.
   
 
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