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Autore: screaming_underneath    28/11/2014    9 recensioni
"Si è ritrovata ad occhieggiare questo nuovo Dottore con sospetto, cercando dettagli a lei familiari come le erano familiari e cari il volto, il sorriso, persino quelle buffe orecchie a sventola, di prima. Si è ritrovata a chiedersi quanto fosse cambiato, come. In meglio, in peggio?
Rose non riesce ancora a decidersi. Ogni tanto è come parlare ad un estraneo, anche se lui dice di ricordare, anche se lui dice che nulla è andato perduto. Ogni tanto la chiama “Rosie”, come faceva quell'altro, il Dottore che amava con tutta se stessa, quello che si è sacrificato per lei, e l'unica cosa che prova è ancora più confusione, perché non sa se vuole essere la Rosie di questo tizio alto e magro, con un sorriso bello, certo, ma in cui non riesce a sorprendere la stessa scintilla di brillante brio che vi vedeva prima.
Così cerca il guardaroba."
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Scritta per il Weekend Drabble indetto sul WAJ, gruppo di Johnlocked su effebì.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Doctor - 9, Rose Tyler
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Burning up a sun just to say goodbye'
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A Glass Heart, companion del mio cuore, che mi fa scrivere cose che mi fanno pure piagnucolare un po'.
(Diamine, sei una garanzia, donna,)





 
Di menta e tabacco

 




Cammina a passetti piccoli, quasi vergognandosi di farsi sentire.

Non ricorda mai dove si trovi il guardaroba.... primo corridoio a sinistra, o deve salire le scale e dopo a destra? È quasi certa che la TARDIS faccia di testa sua, comunque. È solo questione di vagabondare ancora un po'.

All'inizio ha pensato di chiederlo direttamente al Dottore, prima di rendersi conto che avrebbe provato vergogna. Inspiegabile, sì ― quando mai si è vergognata di qualcosa, lei? Sempre stata una gran sfacciata, fin piccola ― ma vero. La sola idea di porgli una domanda del genere la faceva arrossire.

È entrata nella enorme stanza-armadio del Dottore un milione di volte, prendendo vestiti d'epoca, ficcando il naso tra vecchi abiti inamidati che ormai nessuno indossa più, anche solo sfiorando con gli occhi certi ornamenti, alieni ed esotici, ma anche umani e preziosissimi, che sembrano potersi sbriciolare in polvere al minimo tocco, ricordi di tempi che sono stati per chissà quante volte, a bordo della stramba cabina spaziale di un alieno con due cuori.

Ma adesso è diverso.

È diverso perché non vuole una gonna, o un cappellino anni sessanta; non le interessa il guardaroba da donna ― e neanche quello da uomo, in un certo senso.

È quello scomparto in cui il Dottore custodisce gelosamente tutti gli abiti del suo passato che va cercando. Ciò che ha lasciato indietro, oggetti di scena che non possono mutare come fa lui, pelle dopo pelle, rigenerazione dopo rigenerazione, echi di un Dottore che sono più.

Ne ha bisogno perché non capisce.

Si è ritrovata ad occhieggiare questo nuovo Dottore con sospetto, cercando dettagli a lei familiari come le erano familiari e cari il volto, il sorriso, persino quelle buffe orecchie a sventola, di prima. Si è ritrovata a chiedersi quanto fosse cambiato, come. In meglio, in peggio? Rose non riesce ancora a decidersi. Ogni tanto è come parlare ad un estreano, anche se lui dice di ricordare, anche se lui dice che nulla è andato perduto. Ogni tanto la chiama “Rosie”, come faceva quell'altro, il Dottore che amava con tutta se stessa, quello che si è sacrificato per lei, e l'unica cosa che prova è ancora più confusione, perché non sa se vuole essere la Rosie di questo tizio alto e magro, con un sorriso bello, certo, ma in cui non riesce a sorprendere la stessa scintilla di brillante brio che vi vedeva prima.

Così cerca il guardaroba.

Cammina a passetti piccoli, per non farti sentire da lui, quello nuovo, quello che si fa chiamare Dottore anche se lei ha ancora qualche dubbio a riguardo e non sa se potrà amarlo come lo amava prima, e vaga per i corridoi.

Le ci vogliono quasi quattro passaggi davanti alla stessa porta ― giallo pallida e decisamente anonima ― perché capisca che non è la TARDIS a giocarle un brutto scherzo, ma la sua memoria. Oppure, chissà. Forse si sono rimodernati anche gli interni, assieme al Dottore.

Rose gira il pomello con lentezza e pensa a come dovrebbe sentirsi. C'è vergogna, certo, e anche un pizzico di disapprovazione per se stessa, perché quello che cerca non è forse la prova che questo nuovo lui sia un'altra persona? Qualcuno che non conosce, con cui lei non ha niente a che spartire, nessuna avventura tra le stelle, o corsa a perdifiato per salvare l'osso del collo, o ancora, un ballo, come quello che gli aveva strappato con grande fatica. Cerca qualcosa che le dica di tornare a casa, abbandonare questa meravigliosa nave dello spazio e del tempo con tutti i prestigi che riesce a creare, qualcosa che le dica che la sua presenza qui non è più giustificata. Qualcosa per cui valga la pena lasciar cadere nell'oblio un anno ― l'anno più bello ― della sua stupida vita umana.

Ma poi lo trova.

È l'ultimo di una fila di abiti, alcuni stravaganti, altri solo buffi, qualcuno serioso.

Una giacca di pelle quasi anonima, vecchia e un po' rovinata in qualche punto, probabilmente con più storie da raccontare di quante Rose potrebbe sentirle in un'esistenza intera. La sua.

Quella del Dottore che non c'è più ― il Dottore di Rosie ― messa da parte come un libro ormai terminato, un capitolo di una vita lunga centinaia e centinaia di anni di cui lei ha solo una minima conoscenza.

Piange per un po'.

Nasconde il viso in una manica, inspirando a pieni polmoni, dandosi della stupida, della traditrice, ottusa piccola umana dal cervello limitato e piange, circondata dall'odore familiare di tabacco e menta

(“Fumi, Dottore? La tua giacca profuma di tabacco”

“No, Rosie. Mai fumato, ne vado piuttosto fiero. Che stia andando a fuoco il guardaroba?”)

di un vecchio giaccone.

«Non sono cambiato così tanto, eh?»

Il Dottore ― quello nuovo, quello alto col completo marrone e le converse e niente giacca, sì, e un sorriso un po' triste ma bello, bello come Rose non era mai riuscita a vederlo ― scivola silenziosamente al suo fianco e l'abbraccia.

«Sono ancora qui, Rosie. Mi senti?» sussurra.

E lei inspira e sente profumo di menta e di tabacco e capisce. «Sì» dice, e adesso non piange più.

«Sei sempre rimasto».     






Due parole.
Il mio grande amore per il Nono. Spero si senta almeno un po'. Lo spero tanto.

   
 
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