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Autore: alessiacroce    29/11/2014    10 recensioni
"Riemersi con la testa e presi di nuovo fiato, ma Harry era pesante, non ci riuscivo. Mi chiesi se sarebbe stato meglio non averlo mai conosciuto. Tutto questo sicuramente non sarebbe mai successo. Adesso non starei per morire. Adesso lui non starebbe per morire."
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Trailer ufficiale:
 http://www.youtube.com/watch?v=w8YIoKs97YQ


Capitolo 21


“Innanzitutto credo che sarebbe bene iniziare a cercare dalla casa dove abitavo prima dei 18 anni, non so, magari troviamo qualche documento o qualche resoconto di alcune faccende riguardanti la questura” propose Harry, camminando con le mani nelle tasche di una felpa verde militare che non gli avevo mai visto addosso. Procedeva mettendo un piede davanti all’altro con ritmo frettoloso e costante, faticavo a stare dietro alle sue lunghe gambe.
 
“Mmh”, riflettei qualche attimo “e tua madre, tua sorella? Se ti vedono ritornare all’improvviso, dopo essertene andato via, rovistando, per giunta, nelle cartelle e negli affari di tuo padre con me, cosa diranno?”
 
“Niente” rispose lui, rivolgendo il suo sguardo verso di me e sorridendo in modo sinistro.
 
“Cos’hai in mente?” ricambiai lo sguardo, socchiudendo gli occhi.
 
Harry guardò avanti a sé, spostò da un lato il ciuffo di riccioli ricadente sulla fronte e giocherellò per un po’ con i sassolini che incontrava sul suo cammino, calciandoli in avanti e cercando di trascinarli il più lontano possibile.
Dopo una manciata di minuti, finalmente, si degnò di rispondermi.
 
“Be’, vedi, alle tre di notte non penso che mia madre e mia sorella siano tanto sveglie da vederci intrufolare nel vecchio studio di mio padre, nel giardino sul retro”
 
Se fossi stata impegnata a bere una bibita probabilmente avrei sputato tutto ciò che avevo in bocca all’istante, un po’ come si vede nei film.
 
“Cosa?! Vorresti entrare in piena notte, come se fossimo dei ladri di professione?” esclamai ad alta voce, tanto che le persone per strada si girarono a guardarci incuriosite.
 
“Shh, scema. Urlalo ancora più forte la prossima volta, mi raccomando” mormorò lui, posandomi l’indice sulle labbra.
 
Scostai il suo dito, cercando di riprendere la calma.
 
“Hai veramente intenzione di farlo?” riprovai, riducendo la mia voce ad un sussurro.
 
“Perché no? Direi anche stasera. Domani hai il funerale di Liam e sabato c’è la festa a casa di Jessica… Sempre che tu ci vada” rispose lui, soffermandosi sul mio sguardo.
 
Cavolo, la festa di Jessica. Me ne ero completamente dimenticata. Con tutto quello che era successo, però, era ovvio che mi fosse passato di mente e, a dirla tutta, non è che me ne importasse molto. Non ero di sicuro in vena di feste, soprattutto di quelle organizzate da Jess che si concludevano sempre alle 4 della mattina con metà gente ubriaca e la location del party ridotta ad uno schifo. No, avrei saltato questa volta, grazie.
 
“Penso proprio di non andarci, Harry. Direi che non è il momento adatto per feste di quel genere”
 
“Capisco. Pensavo di partecipare e se, magari ti andava, potevamo andare insieme… per passare una serata interessante, diversa da quella dell’ultima volta, al ballo” affermò lui, con una lieve nota di incertezza.
 
Sorrisi tra me e me. Mi voleva. Voleva che passassimo una serata assieme.
 
“Ci penserò” risposi, giusto per alimentare la sua speranza e funzionò.
 
Vidi i suoi occhi illuminarsi mentre accennava un piccolo sorriso, quasi imbarazzato.
Era così bello quando sorrideva. Gli si formavano quelle due bellissime fossette che apparivano solo quando rideva o quando, appunto, mostrava quel tipo di sorriso, sincero e cauto. Mi chiesi perché, prima che ci conoscessimo meglio, non avessi mai notato la sua bellezza, demoniaca, cattiva, ma allo stesso tempo così innocente e pacata. L’avevo sempre visto, sotto la luce di come la gente lo descriveva, come un bullo, un ragazzo violento e maleducato, da evitare il più possibile. Mi ero sempre soffermata su questa idea che mi era stata immessa dai miei coetanei e non avevo mai fatto caso che, come tutti, aveva punti deboli anche lui. Mi pentii di non averlo conosciuto prima, di averlo giudicato in modo sbagliato per così tanto tempo senza la curiosità di, magari, parlargli una volta, constatare se, effettivamente, era veramente il ‘badboy’ etichettato da tutti.
Mi avvicinai al suo viso e lo baciai, mordicchiandogli il labbro inferiore.
Lui sorrise sotto il mio bacio, accarezzandomi la schiena.
 
“E ora cosa facciamo, quindi?” gli chiesi, continuando a camminare affianco a lui e prendendogli la mano.
 
“Direi che, innanzitutto, tu ritorni a casa e ti riposi un po’. Io ho un po’ di questioni da svolgere” rispose lui, in modo deciso.
 
Sentii un tuffo al cuore. Quali questioni? Riguardavano i traffici di droga? Anche di peggio, forse?
Lo guardai, preoccupata e, senza accorgermene, strinsi più forte la sua mano. Lui si girò di scatto, guardando prima le nostre dita intrecciate per poi alzare lo sguardo sul mio viso. Probabilmente notò la mia espressione agitata e la scintilla di paura che mi illuminava gli occhi perché strinse a sua volta la mia mano, come per rassicurarmi.
 
“Lee, stai tranquilla. Andrà tutto bene” sussurrò.
 
 
***
 
 
Mi svegliai all’improvviso sentendo un rumore all’esterno provenire dalla finestra di camera mia.
Guardai la sveglia, segnava le 2:15 della mattina. Tre colpi decisi, era arrivato. Mi infilai una felpa nera e afferrai un paio di shorts. Scesi di fretta le scale, facendo attenzione a non fare il minimo rumore, mi infilai le scarpe da ginnastica che avevo lasciato accuratamente di fianco alla porta d’entrata qualche ora prima e uscii nella notte.
Lui mi stava aspettando in piedi, appoggiato ad uno dei due stipiti portanti del cancello. Gli sorrisi, salutandolo. Lui mi rivolse un cenno con il capo, guardandomi serio.
Camminammo per un lungo tratto, in silenzio, solo noi due e il buio della notte.
La strada era deserta, in lontananza si sentiva il rumore attutito delle macchine che sfrecciavano lungo la tangenziale e, dalla parte opposta, il frangersi delle onde al porto. Era una bella atmosfera, sotto il cielo dai tratti ormai estivi di quella notte.
 
“Dove stiamo andando di preciso?” me ne uscii io, all’improvviso.
 
Lui mise una mano in tasca e prese una sigaretta, la accese e se la portò alla bocca.
Lo guardai.
 
“Fumi?” gli chiesi, con tono leggermente sorpreso.
 
Che domanda stupida.
 
“Indovina” rispose semplicemente lui, “tu?”
 
Scossi la testa, fissando il fumo uscire dalla sua bocca per poi dissolversi leggero nell’aria.
Harry alzava lo sguardo verso il cielo sereno e costellato, aspirava intento il fumo, dopo di che lo rilasciava formando piccoli anelli o, semplicemente, schiudendo la bocca e lasciando che fluisse all’esterno. Sembrava lo rilassasse.
 
“Da quanto fumi?” domandai, continuando ad osservarlo.
 
Lui aspirò un altro tiro prima di rispondermi.
 
“Più o meno da quando ho iniziato a trafficare” disse, senza tanti giri di parole.
 
“Non hai ancora risposto alla mia precedente domanda” gli feci notare.
 
“Stiamo andando alla stazione. Da lì prenderemo un treno che ci porterà praticamente sotto casa”
 
Annuii, continuando a camminare.
Quando arrivammo alla stazione si erano ormai fatte quasi le tre. Mi sorpresi di vedere alcune persone ad aspettare il treno, probabilmente lavoratori o uomini senza fissa dimora.
Passati 5 minuti un fischio acuto annunciò che il treno stava arrivando. Presi il biglietto e salii con Harry, ci sistemammo in uno degli ultimi vagoni. Mi sedetti affianco al suo posto e lui mi avvolse con un braccio e chiuse gli occhi.
Dopo una ventina di minuti si svegliò, come se avesse un allarme interno che lo avvisava appena fosse giunto il momento di agire, e mi fece cenno di alzarmi, eravamo arrivati.
Le gambe erano indolenzite e addormentate e quando scesi dal binario quasi cedettero, facendomi inciampare. Harry rise tra sé e sé.
 
“Ma cosa ridi, idiota? Potevo farmi male” lo sgridai, ridendo allo stesso momento, però, pure io.
 
Mi condusse lungo una piccola via, in mezzo a delle abitazioni un po’ trasandate e vecchie. Alle finestre erano appesi dei panni bagnati che rilasciavano cadere, ogni tanto, delle piccole gocce d’acqua.
Dopo nemmeno una decina di minuti ci trovammo davanti ad una casa di dimensioni medie, pitturata di un color salmone ormai sbiadito. Il giardino era piccolo ma dal bel aspetto, l’edificio, nel complesso, faceva una buona impressione.
Lo guardai e lui annuii.
 
“Ci siamo” sussurrò, dopo di che fece un sorriso e si avviò verso il cancello principale.
 
“Ho ancora le chiavi” aggiunse, mentre ne infilava una nella serratura che scattò all’istante, spalancando l’entrata.
 
Ci dirigemmo all’interno, lui mi prese la mano e mi condusse attraverso il buio.
Vedevo poco, il retro dell’abitazione non era illuminato ma sapevo che lì si trovava il capanno e, finchè Harry mi teneva la mano, io mi sentivo al sicuro, mi fidavo.
 
“Eccoci qua” mormorò dopo poco, quando giungemmo davanti ad una casetta composta da assi di legno e che emanava un odore di vernice fresca.
Lasciò la mia mano e si mise a spingere il chiavistello che bloccava l’entrata. Un colpo secco e metallico confermò che aveva appena ceduto. Lentamente Harry spalancò la porta. Un odore di polvere si sollevò nell’aria, facendomi tossire. Sentii premere l’interruttore e la luce si accese. Il ragazzo se ne stava appoggiato al muro, osservando a braccia incrociate ciò che aveva davanti. Scatoloni, fogli, libri, una scrivania, delle sedie, un vecchio computer sporco, delle penne gettate per terra, degli scaffali dove erano sistemati altri libri e cartelle con documenti archiviati.
 
“È proprio come me lo ricordavo, uguale a quando me ne sono andato. Qui non c’è più entrato nessuno” affermò, con un tono di malinconia e amarezza nella voce.
 
Si avvicinò alla scrivania e restò a fissare i fogli e i quaderni pieni di scritte e appunti. Sfiorò la carta rovinata e ingiallita, fece correre le dita lungo il tratto di penna.
 
“La scrittura di mio padre. Sono i suoi vecchi appunti, il diario su cui scriveva per tenere i conti, per ricordarsi le cose, per gli appuntamenti o gli eventi. Era come una piccola agenda e se lo portava sempre dietro”
 
Rimasi in silenzio, aspettando che aggiungesse altro ma lui non lo fece.
Restò con lo sguardo puntato su di una scritta, una frase sola in mezzo ad una pagina vuota.
 
22 Novembre: giornata con la famiglia. Campeggio nella foresta di Saint Denis e accompagnamento al parco divertimenti accanto, sotto richiesta di Harry. Sarà una sorpresa, lui non lo sa ancora, ha sempre desiderato andarci e penso che ora sia arrivato il momento di premiarlo.
 
“Quell’uscita non fu mai fatta” disse Harry e una lacrima gli scivolò lungo la guancia.



 

Spazio Autrice.

Buon pomeriggio genteee
dopo un mese senza aggiornare, o quasi, sono ritornata *applausi*
è stato un mese intenso, tra studio e il ragazzo (da poco ehehe) non ho quasi mai trovato il tempo di continuare a scrivere la ff
mi dispiace di avervi fatto aspettare, davvero, ma ecco qui il capitolo 21
spero vi piaccia come vi sono piaciuti i precedenti
continuate a commentare e a lasciare recensioni, mi fa davvero piacere
alla prossima
twitter: @aspettamiharry

un bacio x

-Alessia

  
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