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Autore: Xephil    01/12/2014    7 recensioni
Tre Shinigami. Tre personalità. Tre anime legate dall'amicizia e da un destino in comune.
Keishin Akutabi è uno Shinigami impulsivo e a volte immaturo, ma anche coraggioso e altruista. Maestro del Zanjutsu.
Meryu Kitayama è l'opposto: Shinigami calmo e riflessivo, che di rado mostra le sue emozioni. Maestro dell'Hakuda.
Kaisui Kitayama è il ponte che collega due personalità così diverse: Shinigami gentile e generosa ma al contempo severa e ostinata. Maestra del Kido.
Anche se sembrano tre comuni Shinigami, forse, in realtà, in loro c'è più di quel che vedi... E mentre l'oscurità si addensa e la loro realtà viene sconvolta dal tradimento, i tre dovranno raccogliere tutto il loro coraggio e la loro forza per proteggere due mondi e impedirne la distruzione.
Ciao a tutti! è la mia prima fanfic, ma vi chiedo di essere quanto più sinceri possibile con le vostre recensioni. Mi serviranno per migliorarla! La mia storia segue la trama della prima serie di Bleach fino alla sconfitta di Aizen, ma con protagonisti i miei personaggi e, quindi, diverse parti della storia reale saranno modificate. Spero vi piaccia e buona lettura!
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hitsugaya Toushirou, Kurosaki Ichigo, Soi Fong, Sosuke Aizen
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Chronicles of Three Shinigami - Shinigami Gaiden'
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Capitolo 2: Contatto
 
Il giorno dopo Meryu andò in ricognizione su ordine di Soifon, il suo Capitano, in cerca di tracce sulla possibile presenza di altri ryoka. Infatti, malgrado Gin li avesse respinti, c’era ancora il rischio che potessero tentare un nuovo attacco e penetrare nel Seireitei, il cuore della Soul Society.
Mentre scrutava il paesaggio saltando da un edificio all’altro, tuttavia, Meryu non riusciva a togliersi di mente una domanda: che cosa volevano quei ryoka? Che cosa li aveva spinti a tentare di entrare così impudentemente nel Seireitei sfidando addirittura un Capitano come Gin Ichimaru?
Fermandosi su uno dei tetti Meryu si passò una mano tra i corti capelli bianco-argentei, come sua abitudine, continuando a porsi quegli interrogativi. Poi percepì una reiatsu familiare avvicinarsi e, voltandosi, vide Kaisui atterrare vicino a lui mulinando i lunghi capelli castani per scoprire il volto. “Qualche novità?” le chiese. “Ancora niente” rispose la sorella. “Nessuna traccia o notizia di invasori o altri attacchi. Sembra che ora la situazione sia tranquilla. Anche troppo.” Assunse un’espressione pensierosa tormentandosi la treccia che aveva sul lato della testa, unica irregolarità nella sua lunga e liscia chioma castana.
“Capisco cosa intendi. Anche a me sembra che sia tutto troppo calmo. Ho come la sensazione che possa accadere qualcosa da un momento all’altro. Inoltre, non riesco a togliermi di mente un pensiero costante.”
“E quale sarebbe?”
“Qual’era l’obiettivo di quei ryoka? Perché hanno tentato di entrare nel Seireitei così sfrontatamente? Sembrava quasi che ci stessero sfidando.”
“A dire il vero, anch’io ci avevo pensato. Non credo che volessero semplicemente attaccarci, ma che stessero cercando qualcosa. Non penso neanche che fossero semplici ryoka, soprattutto quello che hanno detto essere simile a uno Shinigami.”
“Sono d’accordo. Chissà…”
Meryu s’interruppe di colpo quando vide un altro membro delle Unità Mobili Segrete avvicinarsi a loro. “Che cosa c’è?” gli chiese.
Questi gli si avvicinò e sussurrò qualcosa al suo orecchio. Anche se Meryu rimase visibilmente impassibile, Kaisui percepì del turbamento in lui. Non appena lo Shinigami se ne fu andato chiese: “Che succede?”
“Ikkaku Madarame è stato sconfitto. Sono stati gli ryoka di ieri. Sono riusciti a entrare nel Seireitei.”
“Come hanno fatto? Non è possibile!”
“A quanto pare hanno trovato un modo. Sembra che sia stato lo ryoka simile a uno Shinigami a sconfiggere Madarame.” Si guardò intorno. “Dobbiamo andare. Qualunque cosa vogliano, è nostro dovere proteggere la Soul Society e quindi non possiamo lasciarli girare liberi. Dobbiamo trovarli.”
“Hai ragione. Muoviamoci.”
I due si separarono e sparirono rapidamente con uno Shumpo, mettendosi sulle tracce di quei misteriosi ryoka.
 
Nel frattempo Keishin si stava dirigendo verso una zona del Seireitei in cui aveva percepito due reiatsu scontrarsi, una delle quali era di Renji Abarai, il luogotenente della Sesta Brigata. Lo aveva sentito lottare con qualcuno che non riconosceva, ma adesso la sua reiatsu si era fortemente indebolita, quasi non la percepiva più. Temendo il peggio per il suo amico accelerò il passo.
Mentre il tramonto lasciava spazio alla sera arrivò nel luogo dove li aveva sentiti. E lo vide: Renji stava riverso a terra in una pozza di sangue, gli abiti stracciati e lacerati in più punti, i lunghi capelli rossi di solito legati insieme in una coda ora erano sparsi sulla sua schiena e la mano destra stringeva ancora la sua Zampakuto, Zabimaru, spezzata. Sconvolto Keishin si avvicinò e mise a sedere il compagno; la sua stessa faccia era un maschera di sangue e gli occhiali che usava sempre portare sulla fronte giacevano per terra distrutti. “Renji! Renji! Rispondi, per favore! Dì qualcosa!” gridò scuotendolo leggermente.
Lo Shinigami emise un rantolo, poi lentamente socchiuse gli occhi. “K-Keishin.. Sei tu?” mormorò con un fil di voce.
“Si, sono io. Tranquillo amico, ora ti porto subito dal Capitano Unohana.” Detto questo si caricò l’amico sulla schiena facendo attenzione alle sue ferite e si diresse a gran velocità verso la Quarta Brigata.
 
Il mattino dopo Retsu Unohana, Capitano della Quarta Brigata, uscì dalla sede della sua brigata insieme alla sua Luogotenente e si avvicinò a Keishin, giunto poco prima per sapere le condizioni di salute dell’amico.
“Come sta?” fece quest’ultimo quando la vide.
“Ora meglio” rispose Unohana con il suo consueto sorriso. “Per fortuna è un tipo coriaceo. Le sue ferite stanno migliorando, ma per ora non può parlare. Deve dormire per recuperare del tutto.”
“Capisco. Grazie infinite per il vostro aiuto, Capitano.”
“Mio dovere, Keishin-san.” Gli rivolse un altro sorriso e tornò dentro la sede.
Keishin si rivolse alla sua Luogotenente, una bella Shinigami dai corti capelli azzurro-argentei e piuttosto alta di nome Isane Kotetsu: “Immagino che non sia stato facile, dopotutto era ridotto male. Grazie del vostro aiuto, Isane-san. Anche per Ikkaku.”
“Figurati” rispose lei pacata. “In fin dei conti è il nostro dovere ed è l’unico modo in cui noi membri della Quarta Brigata possiamo renderci utili. Non siamo molto bravi in altro.”
“Non dovreste sminuirvi in questo modo. Il vostro aiuto è determinante in qualsiasi situazione perché senza persone come voi, che ci curano e rimettono in forze, non dureremmo molto. Siete compagni estremamente importanti, ricordalo.”
Isane sorrise. “Apprezzo che ci siano Shinigami come te che ci vedono come loro pari, al contrario di quelli dell’Undicesima Brigata.”
“Non badarci. Per loro, dopotutto, conta solo la forza.”
Isane annuì, poi si voltò. “Scusa ora devo andare.” E si diresse dov’era entrata Unohana. Keishin la salutò con un cenno.
Un istante dopo percepì una reiatsu familiare dietro di sé e si voltò. “Salve amici.”
Meryu e Kaisui gli si avvicinarono. “Ben ritrovato. Renji?” chiese quest’ultima.
“Si sta riprendendo. Comunque sono sorpreso: questi ryoka si stanno rivelando più pericolosi del previsto. Prima Ikkaku e ora Renji.. chi sarà il prossimo?”
“Non dobbiamo abbassare la guardia” commentò Meryu. “Riusciremo a fermarli prima o poi. Dopotutto sono stati fortunati dato che nessun Capitano li ha finora incrociati.”
“Può darsi, ma comunque non credo che sarà così facile.”
Prima che qualcun altro potesse parlare una voce gridò: “Keishin! Keishin!”
I tre si voltarono e videro uno Shinigami di media statura, con capelli neri piuttosto lunghi e nervosi occhi verdi, che correva verso di loro con uno sguardo sconvolto.
Keishin lo riconobbe subito: era un suo compagno della Quinta Brigata e grande amico, Hiraku Saito. “Hiraku! Che succede? Perché sei così agitato?” gli chiese quando si fermò davanti a loro.
“Devi venire subito alla Quinta Brigata! È successa una cosa terribile!”
“Cosa? Che cos’è accaduto?”
“Il Capitano Aizen è stato ritrovato morto! È stato ucciso!”
 
La notizia aveva lasciato l’amaro in bocca a Keishin, ma non tanto quanto la visione successiva del corpo del suo Capitano Sosuke Aizen col petto perforato e sanguinante. Straziato dalla scena, crollò in ginocchio accanto al cadavere e iniziò a versare lacrime di dolore per la morte dell’uomo che più aveva rispettato in vita, per il suo Capitano il quale l’aveva sempre stimolato a migliorare e aveva sempre cercato di aiutarlo nei momenti difficili. Quelli intorno a lui dicevano qualcosa, ma era così addolorato che percepì solo strascichi di frasi; sentì che la sua Luogotenente Momo Hinamori era distrutta dal dolore, che aveva cercato di attaccare il Capitano Gin Ichimaru credendolo l’assassino e che era stata stordita e isolata per questo.
Per diversi minuti Keishin rimase immerso nel suo dolore e nel pianto, non muovendosi o reagendo nemmeno quando il corpo di Aizen venne portato via; poi, ad un tratto, si rialzò, si asciugò gli occhi e si girò per andarsene.
Mentre passava accanto ai suoi compagni, Kaisui gli afferrò un braccio: “Keishin..” mormorò cercando di trovare le parole adatte per incoraggiarlo.
Tuttavia, prima che riuscisse a dirgli qualcos’altro, Keishin liberò l’arto con uno strattone e scomparve con uno Shumpo senza voltarsi.
Kaisui e Meryu fecero per inseguirlo, ma Hiraku li fermò. “Lasciatelo stare. È un brutto momento per lui. Bisogna lasciarlo solo coi suoi pensieri in questi casi. Lasciamo che si riprenda da sé, è la cosa migliore che possiamo fare. Stimava molto il Capitano Aizen.. come del resto tutti noi della Quinta Brigata.” Mentre diceva queste parole, i suoi occhi arrossati e gonfi luccicarono. Anche lui stava soffrendo e versando lacrime per quella tragedia.
Meryu ci pensò su, poi annuì. “D’accordo. È giusto così.”
Kaisui continuava ad essere preoccupata e sembrava ancora dell’idea di seguirlo, ma alla fine decise di dar retta anche lei a Hiraku.
 
Keishin, dritto sopra il tetto di una delle caserme della sua Brigata, fissava un punto indefinito con gli occhi chiusi. Di colpo la voce di Hikami, lo spirito della sua Zampakuto, lo raggiunse: “Mi dispiace per il tuo Capitano. Era un brav’uomo.”
“C’era ancora così tanto che volevo imparare da lui e mostrargli” disse Keishin con un fil di voce. “A cominciare dal mio Bankai. Ma ora..” Non riuscì a proseguire oltre.
“Cosa pensi di fare adesso?” gli chiese Hikami.
“Se sei il mio compagno non credo che debba spiegartelo, no?”
“No. Immagino di no.”
Keishin aprì gli occhi in un’espressione furente e serrò i pugni. “Troverò risposte. Devo sapere perché e soprattutto chi l’ha ucciso. E quando lo scoprirò, quel qualcuno la pagherà molto cara, chiunque egli sia!” Si rivolse a Hikami: “Sei con me, fratello?”
“Fino alla fine, compagno. Fino alla fine.”
   
 
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