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Autore: Madama Pigna    01/12/2014    2 recensioni
Appartenente alla serie "Tre figli di Laufey(e un mucchio di guai)"
Gli abitanti di Jotunheim attribuivano al loro Principe le più diverse caratteristiche.
Per alcuni era solo un modesto compromesso tra la scaltrezza e la forza bruta; per altri eccelleva in entrambe.
Certi lo consideravano solo un ragazzo viziato e ribelle che faceva il bello e il cattivo tempo, senza alcun rispetto per virtù sociali quali l'assoluta fedeltà al proprio padre e al proprio Re.
In molti controbattevano: l'unico Laufeyson rimasto era anche l'unica speranza per risorgere dalle ceneri della Grande Guerra, che era stata presto seguita da un regno di terrore che durava da molti anni.
Cosa ne pensava Byleistr?
Non amava mettersi in mostra, pur riconoscendo che a volte era necessario, data la sua posizione.
A suo parere, bastava essere una guida accorta e avere degli uomini pronti a tutto. Erano i soldati motivati quelli che facevano la differenza, e lui, da solo, non avrebbe mai concluso alcunché. L'ammirazione che era seguita dalle sue azioni individuali era solo qualcosa in più, nulla a cui il guerriero dava realmente importanza.
Il resto veniva da sé.
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigga, Laufey, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Mpreg, Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Tre figli di Laufey(e un mucchio di guai)'
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Note autrice: 
Sono una vergona, lo so, scusatemi.. Non è proprio un bel periodo per me e questo si riflette sulla scrittura >.< d'ora in poi cercherò di aggiornare all'incirca ogni dieci giorni, ancora non sono in condizioni per gli aggiornamenti settimanali.. e si è visto, purtroppo >.<







 
Come potete immaginare, a Byleistr ci volle poco per bloccare Thìalfi dai suoi propositi.
Lo afferrò per il polso, torcendoglielo finché lui non cedette la presa sull’arma.
Quello tentò ancora di dimenarsi, ma inutilmente.
 
- Spiegati meglio, nano. Io non ti ho mai visto in vita mia -, parlò il corvino, alzando un sopracciglio.
Apparentemente insensibile all’accusa del ragazzo, che non aveva smesso di guardarlo con furia e odio.
- Sei stato tu a tradire i nani che sono stati uccisi tempo fa! -, urlò lui, con le lacrime agli occhi.
Il viso del Principe si pietrificò, comprendendo di cosa stesse parlando Thìalfi.
- Li hai uccisi tu! -, continuò lui, imperterrito.
 
Byleistr lo lasciò. 
Il suo sguardo si perse nel bianco della neve, che ancora rifletteva i pochi rimasugli di luce della sera. Gli sembrò di vederla rossa. Come il sangue.


 
Fu un solo istante di debolezza. Poi il suo viso divenne freddo e duro. Una maschera.
- Stupido. Non parlare di cose che non conosci -, affermò. – E se proprio devi cercare di uccidere qualcuno -, aggiunse, - Vedi di sceglierle meglio, le tue vittime -.
Entrò nella caverna, riprendendo la testa di Mimìr. Poi se la mise in spalla, preferendo cambiare aria. Uscì.
– Diventerai un assassino, ma forse, e dico forse, almeno non ti farai ammazzare -, mormorò.
 

Thìalfi lo fissò stupito. Sorpreso probabilmente dal fatto che il Principe non cercasse di ucciderlo.
Lo stupore durò poco, comunque. Finì per seguire Byleistr, stringendo un altro pugnale di ghiaccio.
- Fermo! Tu non te ne andrai così! -.
- Oh sì che lo farò, invece. E faresti meglio a non seguirmi, non vorrai mica che lo Sterminatore di Scarti stermini anche te! -, rispose il Principe, con un tono sarcastico assolutamente insopportabile che però celava dietro qualcosa di profondamente diverso. Amarezza, forse?
 
Chi lo sa.

 
Thìalfi era comunque troppo concentrato a far crescere la sua rabbia per rendersene conto.
Quasi come se questa potesse aiutarlo nell’uccidere Byleistr. Magari renderlo più coraggioso per farlo, forse?

E chi lo sa.

 
- Vieni qui! -, strillò, stringendo i pugni. – Non ho ancora finito con te! -.
Byleistr alzò un sopracciglio. Si fermò solo un istante per girarsi. – Se è per questo non hai nemmeno iniziato -, affermò, continuando a camminare per la sua strada subito dopo.
 
 
La tendenza a farsi del male può avere origini estremamente particolari: nel caso del piccolo Jotun, forse da collegare ad un distorto senso di dolore e dovere che lo spingeva a cercare di vendicare le persone a lui care che erano state uccise. Pur sapendo di essere più che pessimo nel corpo a corpo.
 
E non solo per le dimensioni.. C’era anche una discreta goffaggine in gioco.
 
 
Il nano, infatti, cercò di seguirlo, testardo, senza però vedere la radice di un albero, in parte occultata dalla neve. Rigidi com’erano i suoi muscoli, non fu abbastanza agile per mantenere l’equilibrio, cadendo così in modo decisamente imbarazzante. E per fortuna la neve ammorbidiva il terreno, altrimenti avrebbe di certo sentito un forte dolore al naso.
 
Nulla lo salvò tuttavia dalla storta che si prese con quella caduta.
 
Un gemito di dolore, e il Principe, alzando gli occhi al cielo, si voltò ancora.
 
Non fu il nano dolorante per terra, però, ad attirare la sua attenzione.
 
Spalancò gli occhi.
Sentì un brivido percorrergli la pelle.
Come se ogni centimetro del suo corpo si fosse immediatamente allertato alla vista di quella bestia.
 
Uno Skepna. Un esemplare adulto molto più grosso di lui.
 
 
 
 




 

 
Poco tempo prima... 

 
 
- Non ci riuscirai -, affermò Helblindi.
Il fratello gli scoccò un’occhiataccia. – E perché no? -, chiese, scorbutico.

Il maggiore sospirò, passandosi una mano sul viso, prima che questa ritornasse accanto al fianco. – Byleistr, dammi retta. Evita di provarci, o rischierai di farti male. Tu con gli animali hai un pessimo rapporto. E lo sai. Loro ti detestano e tu detesti loro -, disse, cominciando a seguire il giovane che si era avviato verso le deserte lande ghiacciate lontane da Utgarda.
- Non è mica una cosa di amore reciproco quello che cerco -.
­- Può darsi, ma Byleistr, seriamente, non vai d’accordo nemmeno con un gattino Midgardiano, come pensi di poter controllare uno Skepna? -, chiese il fratello, decisamente preoccupato. Non sottovalutava le capacità fisiche di Byleistr, anzi, ma uno Skepna era pur sempre uno Skepna e non capiva come mai il minore avesse accettato quella stupida sfida. Insomma, solo i Giganti molto stupidi o molto sicuri di sé provavano a domare uno di quei bestioni. Specie se si trattava di esemplari adulti..


- Devo comunque provarci -, mormorò Byleistr.
Accettare una sfida del genere da quegli idioti degli scagnozzi di Laufey era stato stupido, lo sapeva.
Era stato un maledetto momento di debolezza.
Un momento di debolezza in cui non è riuscito a sopportare le loro battute, che lo avevano portato a un’esasperazione e una frustrazione tale da farlo agire in quel modo.

Che stupido, pensava Byleistr stesso, sconsolato. Ma non poteva rimangiarsi la parola, o sarebbe stato anche peggio. Avrebbe solo confermato alcune delle voci che giravano a palazzo su di lui.
Non voleva essere un debole.. eppure lo era.
 



Continuò quindi a camminare, seguito dal fratello, che quel giorno aveva deciso di essere la voce della ragione. Il suo tono petulante gli martellava il cervello in maniera fastidiosa. Come coscienza era davvero pessimo, Helblindi. Sapeva perfettamente di stare facendo una cosa stupida, ma non c’era gran che da fare!

 
Arrivati al limite della Jarnvidr Helblindi aveva smesso di parlargli, ormai arresosi. Tuttavia era ancora con lui. Il secondogenito lo guardò. - Meglio se te ne vai.. -, disse, mormorando.
Helblindi scosse la testa. – Non ti lascio solo contro un intero branco di Skepna.. -, disse, testardo.
Byleistr desiderò che fosse così ragionevole sempre, e non solo nelle situazioni relativamente più semplici.
 
Si inoltrarono nella foresta, camminando in mezzo agli alberi con cautela, diretti verso la zona dove ben sapevano quegli animali amavano pascolare. Peccato fossero animali onnivori.
Carne e piante? Nessuna differenza per loro. Tanto andava tutto nello stomaco no?
Anche se la prima era decisamente più sostanziosa.
 


 
Poi li videro.

Un gruppo di circa dodici, enormi animali dalla pelle azzurra e gli occhi rossi si stava nutrendo di un compagno morto probabilmente per cause naturali. Alcuni pensavano che gli Skepna non fossero cannibali per natura, ma che le condizioni sempre più critiche di quel mondo di brina li portassero a non fare troppo gli schizzinosi quando si trattava di cibo.

Zampe tozze, coda lunga e piena di escrescenze ossee a punta, zanne affilate, tra cui un paio che usciva fuori dalla bocca come due corna mortali. Dai muscoli grossi e l’altezza spropositata – erano alti tanto quanto i cavalli più grossi lo sono proporzionalmente agli umani. Solo in dimensioni Jotun.

Beh, i parenti degli Skepna erano anche peggio, sebbene ormai quasi estinti: i Jagare.
Grossi il doppio e aggressivi dieci volte tanto. Ma gli esemplari ancora vivi erano stati tutti ibernati dai Giganti di Ghiaccio. Ce ne era uno proprio a Utgarda, guarda caso: congelato contro una delle pareti del palazzo reale in modo che lo vedessero tutti. Un vanto della famiglia reale.. oppure un avvertimento?
 
Nemmeno Laufey era così pazzo da risvegliarlo senza un buon motivo.
Byleistr non ci aveva mai neppure pensato.
 
Quelle erano creature troppo distruttive per essere lasciate a piede libero.
 
L’ultima volta che esseri simili erano stati liberati?
La Grande Guerra, ovviamente.
Anche se fu una mossa inutile, visto che Odino li aveva comunque sconfitti.
Come in futuro avrebbe fatto qualcun altro con un’arma potente tanto quanto Gugnir..
 
 
I due giovani si nascosero dietro alcuni cespugli, osservandoli.
Gli animali non sembravano aver fatto caso ai due. Ma visto che avevano un ottimo olfatto, presto o tardi li avrebbero individuati, non ci si doveva illudere del contrario.
 
- Con quale hai intenzione di provare? -, bisbigliò Helblindi, spiando il branco attraverso le foglie.
Byleistr li osservò attentamente, ogni tanto levando la testa sopra il cespuglio. Senza farsi notare troppo.
 
- Quello lì -, rispose piano, indicando uno degli esemplari. Uno Skepna di statura media. Non troppo grosso da rendere il tutto ancora più difficile, e nemmeno troppo piccolo per essere bollato come coniglio.
 
Suo padre ne aveva uno mastodontico. Non lo portava spesso, però quando lo faceva, beh, era impossibile non notarlo. Se avesse saputo di quella scommessa, probabilmente lo avrebbe costretto a scegliere il più grosso. Anche senza maltrattarlo fisicamente, sarebbe bastata qualche battuta di scherno a convincerlo.
 
 
Helblindi lo osservò. – Non credo che sia una buona idea.. -.
- Me lo hai già detto, fratello. Non essere ripetitivo -, sbuffò il minore.
Il maggiore scosse la testa. – Non è questo. Mi riferisco allo Skepna: sembra molto.. sulle sue, ecco. E’ più isolato rispetto agli altri -, mormorò, osservandolo. Gli Skepna in fondo si muovevano in branco.
Erano i Jagare i cacciatori solitari.
Byleistr scrollò le spalle. – Forse è quello di guardia, oppure è vecchio o malato -.
Helblindi continuava a fissare l’animale. – O forse è quello più aggressivo.. Byleistr aspettami! Dammi retta un secondo! -, affermò Helblindi, per quanto si sforzasse di non urlare. Ma il fratello era già lontano.
 
Byleistr, mentre l’altro cercava di richiamarlo, faceva il giro largo del luogo, con un pugnale di ghiaccio in mano. Non sarebbe mai riuscito a evocarne abbastanza per una spada o una mazza, lo sapeva. Non sul suo corpo, almeno. Il suo corpo tendeva a mandare gli impulsi in grado di spezzare il ghiaccio.
Ma poteva accontentarsi.
 
 
 
Ponderò bene la situazione. Gli Skepna erano animali grossi e feroci, ma, se colti di sorpresa, tendevano a scappare come impazziti da tutte le parti, senza una logica precisa, calpestando tutto quello che c’era intorno a loro. Era una delle tante ragioni per cui quasi nessuno tendeva a dar loro la caccia da solo. O in due.
 
Così a Byleistr venne un’idea.
 
Si riparò dietro un tronco, iniziando ad arrampicarsi. Le escrescenze ossee della mano, ancora in crescita, gli facevano male e già gli impedivano di aprire completamente le dita, ma resistette.
Si fermò solo a una certa altezza, seduto in un grosso ramo che sembrava reggere il suo peso senza problemi. Del resto in quella parte della Jarnvidr gli alberi erano molto grandi. Antichi di generazioni.
 
Con la coda dell’occhio, Byleistr vide un falco fissarlo con una strana perplessità. Una delle ali aveva qualcosa di strano: si intravedeva, tra le piume, una cicatrice vecchia ma ancora visibile.
Alzò gli occhi al cielo. – Helblindi, se sei troppo incapace per stare in forma bipede sopra un albero, abbi almeno la decenza di non fissarmi così -, esclamò.
L’uccello guardò il giovane con aria stizzita. Poi beccò Byleistr sull’avambraccio. Lui lo scacciò con una mano.
- E smettila di fare il bambino -, affermò, ignorando la piccola macchia di sangue dell’arto superiore.
 
Una cosa che, per fortuna, non era stata intaccata troppo dalle creste sulle dita era la mira.
Non eccellente, ma buona quanto bastava.
 
Lanciò il pugnale di ghiaccio con forza, colpendo il fianco di uno degli animali, che ringhiò di dolore.
Subito dopo un secondo, diretto verso la schiena di un vicino. I bestioni si agitarono ulteriormente.
Un terzo, e tutto il branco cominciò a correre via da ogni parte.
 
Una piccola daga di ghiaccio non sarebbe mai stata sufficiente a uccidere uno Skepna.
Ma poteva essere un buon diversivo.
 
La bestia che aveva scelto fu una delle ultime a cercare di lasciare la radura. Annusava l’aria intorno a lui come se cercasse di individuare nemici. Era proprio sopra l’albero in cui Byleistr si nascondeva.
Ragion per cui ne approfittò, saltando sopra di esso e infilzando un altro pugnale per aggrapparsi meglio.
 
Ovviamente, lo Skepna si imbizzarrì subito, agitandosi con forza pur di scrollarsi Byleistri di dosso.
Helblindi volò piano fino al terreno nevoso, ritornando alla sua forma originale e osservando la scena.
Non sapeva perché, ma in quei giorni si sentiva un po’… un po’ strano.
 
Qualche volta non riusciva neppure a trasformarsi bene. Non nei suoi tempi normali, ecco. Più lentamente.
E questo, per lui, era decisamente strano.
 
Tuttavia i suoi pensieri ritornarono ben presto alla battaglia del fratello.
Se la stava cavando piuttosto male.
 
Helblindi si mise una mano sulla bocca. – Byleistr! -, urlò.
 
 
 
In una frazione di pochi secondi, infatti, divenne molto chiaro chi, fra i due avversari, avrebbe vinto lo scontro.





 
  
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