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Autore: Eruanne    05/12/2014    8 recensioni
E' periodo natalizio in casa Armitage. L'albero è addobbato, la letterina per Babbo Natale è stata scritta e si ricomincia con la tradizionale lettura di un classico inglese molto importante per i protagonisti. Tra pioggia, latte e tè caldo, la febbre sembra ormai solo un ricordo.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Richard Armitage
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo come Severus Piton amava Lily'
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FEBBRE


Non seppe spiegare l'immensa gratitudine che provò non appena si chiuse il portone alle spalle e lo scroscio violento di pioggia arrivò attutito alle orecchie. Nonostante avesse preso la metro – la fermata era praticamente a due passi dal condominio in mattoni rossi – era bagnata fradicia; i capelli lunghi gocciolavano, e Dio solo sapeva quanto si sarebbero increspati di lì a breve. Il cappuccio del giubbotto non l'aveva salvata, l'ombrello nemmeno: era definitivamente morto con una raffica di vento particolarmente violenta.

Un saluto al valoroso e coraggioso soldato, morto per una buona causa.

Una vampata di calore dovuta alla corsa disperata la fece boccheggiare e togliere la sciarpa blu di lana, stando attenta a non inciampare sui gradini o bagnare più del previsto in giro.

Giunta al terzo piano rovistò frenetica alla ricerca delle chiavi perché, ovviamente, non erano al loro solito posto; dovevano essere scivolate nelle profondità oscure e infingarde della borsa.

Quella era decisamente una giornata no.

Tanto per cominciare non avrebbe dovuto piovere: le previsioni non l'avevano annunciato. Ma, d'altra parte, quando mai ci azzeccavano ultimamente? Il mondo si ribaltava come gli pareva.

Seconda cosa, doveva trovarsi a casa già da ben due ore; però era arrivato un grosso ordine di antiche edizioni – la più vecchia risaliva a tre secoli fa – quindi Sam le aveva chiesto gentilmente di rimanere. Aveva soffocato le proteste e la preoccupazione inviando un semplice messaggio di scuse; e quando la risposta era giunta aveva sospirato sollevata leggendo che là andava tutto bene e che sarebbero sopravvissuti fino al suo ritorno – come era accaduto durante tutta la giornata, tra l'altro. E le precedenti tre

L'ascensore era fuori uso. Da mesi. Un minimo di bile saliva in gola per forza, specie quando si desiderava solo accasciarsi in qualche angolino a dormire. Ormai il danno era fatto, e il rumore del terzo giro delle chiavi nella toppa le scatenò quasi un'ondata di pianto al culmine della gioia. Quando entrò nell'ingresso illuminato debolmente dalla luce proveniente del soggiorno si annunciò piano, sperando non fossero già tutti al calduccio sotto le coperte.

«Sono tornata.»

Dalla cucina le zampettò incontro il suo piccolo carlino color champagne; abbaiò una sola volta e le annusò le caviglie, contento di rivederla.

«Ciao anche a te Lafayette» gli accarezzò la testa fermandosi dietro le orecchie «Sei sveglio solo tu? Lasciami togliere le scarpe, da bravo.»

Tirò fuori la lingua e le lecco la mano, felice di ricevere tante attenzioni dalla sua padrona; si allontanò di pochi passi ma un richiamo dal soggiorno lo portò là, così da lasciarla asciugarsi le punte dei capelli alla bell'e meglio con la sciarpa e spogliarsi in pace.

Non badò al gorgoglio dello stomaco e vi si diresse anche lei, sorridendo nel riconoscere una vocina famigliare intenta a leggere con qualche difficoltà; si fermò sullo stipite della porta, appoggiandosi a braccia conserte per gustarsi lo splendido quadretto delle persone più importanti della sua vita semi sdraiate sul lungo divano.

«Il leone è uno degli a – anim –» aggrottò la fronte, adorabilmente concentrato.

«Animali» dissero in contemporanea i due adulti, aiutandolo.

All'udire la sua voce il bambino alzò di scatto la testa dal libro che reggeva tra le manine, sgranando gli occhioni azzurri; si scostò la coperta di pile che lo copriva fin quasi al mento e le corse addosso, gettandosi tra le sue braccia spalancate e pronte ad accogliere quel frugoletto di sei anni.

«Ciao mamma

Le si scaldò il cuore, come ogni volta. Perché niente era più bello di quella dolce frase in italiano. Era un piccolo gioco della loro famiglia, iniziato da quando suo figlio aveva imparato a parlare; lui la salutava nella sua lingua madre e lei rispondeva sempre in inglese.

«Ciao, tartarughina!»

Al che seguiva la risata argentina e un abbraccio forte forte, per quanto glielo permettessero le sue braccine.

«Oggi come ti senti? Sei stato buono?»

Il bambino annuì e poi si scostò, permettendole di guardarlo in quegli occhi così diversi, ma così simili ai suoi.

«Sto meglio, non ho la febbre. Vero papà?»

L'uomo, che mai aveva smesso di guardarli, si alzò e annuì con un sorrisetto «Niente febbre» confermò «Nessuno dei due.»

«Meno male» premiò il figlio con un bacio a schiocco sulla guancia «Mi spiace aver fatto tardi. Avrei voluto cenare con voi.»

Il marito le si avvicinò e le accarezzò la schiena, mentre gli occhi azzurri brillavano in modo strano «A me niente bacio?» chiese con tono deluso.

Lei e il piccolo si guardarono, trattenendo a stento una risata «Mmh, no! E' un'esclusiva del mio nanetto e di nessun altro. Inoltre non vorrei prendermi anch'io la febbre; è solo il primo giorno in cui non l'avete.»

«Sono molto contrariato, Anna.»

«Facciamo in questo modo, signor contrariato: mi preparo qualcosa da mangiare e poi forse – e dico forse – avrai il tuo bacio.»

«La cena è già pronta, devi solo riscaldarla. Che dici Peter, facciamo pagare di più alla mamma? Direi che due baci possono bastare.»

«Sì! Sì!»

«Ah, ma grazie tante! Volete proprio che mi ammali?» chiese, fintamente arrabbiata.

Peter ridacchiò – aveva capito che la mamma stava scherzando –, decidendo di defilarsi alla ricerca di Lafayette; l'aveva intravisto passare in corridoio con qualcosa di colorato in bocca, e voleva capire di cosa si trattasse.

Nel frattempo lei aveva acceso il microonde e si era dedicata alla contemplazione del piatto al suo interno, attività che aveva scoperto essere molto rilassante specie per pensare alle questioni più disparate e sciocche o anche alle più serie senza dare di matto. Era talmente assorta che sobbalzò impaurita quando qualcosa di morbido le cadde in testa finendo a coprirle gli occhi.

«Ehi, Richard!» protestò, scostando un lembo di un asciugamano viola.

La risata bassa la avvolse con calore, e il suo volto coperto da un filo di barba entrò nell'ormai ridotto campo visivo «Asciugati quei capelli, o prenderai seriamente un malanno.»

«Oh, giusto» borbottò, allontanandosi dalla cucina per frizionarsi la chioma indomabile; fortuna non era bagnata sulla cute, quindi il pericolo influenza sembrava scongiurato. Ormai era solo un po' umida dappertutto, specie sui jeans.

Sporse la testa in cucina, sorridendo con calore «Grazie.»

Lui scrollò le spalle, esibendosi nella perfetta espressione malandrina che tante volte l'aveva stregata nel corso della loro relazione ed ammirato molto spesso quando vestiva i panni di sir Guy di Gisborne nella serie televisiva Robin Hood. Davvero, come resistere a quello sguardo che ti scrutava e pareva spogliarti? Come respingere quelle labbra sottili piegate verso l'alto che non chiedevano altro d'essere baciate?

Ancora si stupiva dei momenti passati in quegli anni: dall'incontro fortuito proprio nel giardinetto posteriore al condominio – non avrebbe mai ringraziato abbastanza Lafayette –, della speranza persa molte volte giacché non si incrociavano quasi mai sulle scale o sui vari pianerottoli, della frequentazione impacciata, dei momenti lunatici – di entrambi, mica esclusivamente di Richard –, le gelosie e fraintendimenti, terminando in quell'amore a volte contrastato da loro stessi che successivamente aveva visto il coronamento. E da lì v'era stato un susseguirsi di momenti dolci, tragici – il suo primo evento mondano, la sua prima première, la conoscenza dei parenti – fino alla convivenza, al matrimonio e alla gravidanza tanto attesa. Se glielo avessero detto anni prima si sarebbe limitata a ridere ed alzare le spalle, pensando che una fortuna del genere non potesse capitare ad una ragazza come lei, un po' nerd e un po' fangirl amante della tranquillità e con pochi ma buoni amici. La solitudine era sempre apprezzata, anche se lei non si era mai definita sola, nemmeno quando aveva lasciato l'Italia per una nuova destinazione. E non era stata abbandonata a se stessa nemmeno durante il periodo di riprese de Lo Hobbit: Richard l'aveva portata in Nuova Zelanda, chiedendoglielo con un tale ardore e una dolcezza infiniti da non rifletterci due volte. Perché lo amava e per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche sopportare un volo lunghissimo ed estenuante – lei non apprezzava molto i viaggi in aereo, però quelle pastiglie le erano state di immenso aiuto –; sopportare la pressione che il ruolo di Richard richiedeva – l'essere il Re dei Nani poteva presentare notevoli vantaggi o insormontabili svantaggi, dipendeva dalle situazioni. Di certo trovarselo alla porta il giorno del suo compleanno con abiti e parrucca di scena aveva contribuito a rendere la festività più... stimolante e divertente. Molto divertente.

E aveva sopportato stoicamente i principi di infarti isterici ogni qual volta veniva chiamata perché “Richard si è infortunato sul set! Si è spaccato il labbro col proprio scudo!”

Se ci ripensava adesso trovava tutti quei piccoli contrattempi piuttosto divertenti; avevano contribuito a rendere il soggiorno movimentato e aiutatola a comprendere quanto ampio fosse l'amore per quella persona eccezionale.

Con l'asciugamano stretto in testa a mo' di turbante rientrò nella stanza, abbracciandolo e beandosi della solidità del petto coperto da un maglione; espirò soddisfatta quando sentì le braccia avvolgerla, proteggendola da qualsiasi forma di negatività, e percepì distintamente le sue dannate labbra sulla fronte.

«Ti amo tanto.»

«Anche io, straniera.»

Ridacchiarono entrambi, rimanendo abbracciati e in silenzio a godersi la compagnia dell'altro finché i gridolini di Peter e gli ansimi di Lafayette non li riportarono alla realtà.

«Quello è un mio calzino?» domandò l'uomo, indicando la macchia rossa che penzolava dalle fauci del cane.

Anna alzò la testa e lo guardò «Uno di quelli vecchi.»

«Ah.»

Ne approfittò per sporgersi sulle punte e posargli un bacio a fior di labbra, sciogliendosi poi dal contatto. Ricevette uno sguardo insoddisfatto e, successivamente, una divertita alzata di sopracciglio.

«Ma come? Non avevi detto d'aver paura di ammalarti?»

«Quanto sei noioso, Armitage» lo rimproverò, picchiettandogli l'indice sul petto «Non meriteresti il secondo bacio. Però, data la mia magnanimità, te lo concederò più tardi.»

«Oh, non vedo l'ora, mia signora.»

Altro che la sua frase-quasi-ma-non-sexy. Maledetto uomo dalla voce baritonale! Questo era da classificarsi come un colpo basso. Bassissimo.

Armitage 1 Anna 0.

Ogni replica venne inghiottita a causa dei rumori piuttosto alti che arrivavano dalle altre stanze; era tempo di riprendere il ruolo di mamma.

«Peter, non correre in casa, te l'avrò ripetuto decine di volte! Se non stai attento rischi di farti male o rischi di far cadere l'albero addobbato!»

Il bambino si fermò dal rincorrere il suo piccolo amico, e la guardò dispiaciuto «Ma non sono caduto» protestò debolmente.

Anna gli si avvicinò, piantando le mani sui fianchi «Sarebbe potuto accadere. E poi cosa ti ho sempre detto? Il rispetto per i vicini prima di tutto. Pensa a chi ci abita sotto, si saranno chiesti se ci fosse un qualche terremoto.»

«Va bene.»

«Perché non le mostri la letterina?» gli suggerì Richard, pronto come sempre a risolvere la situazione con tono conciliante.

«Quale lettera?»

Peter si rianimò come se nulla fosse capitato, camminando veloce verso il tavolino del soggiorno «Quella per Babbo Natale, mamma» gliela tese e lei la afferrò, leggendo il nome del destinatario vergato in quella scrittura infantile e un po' disordinata.

«Papà mi ha aiutato, e ha detto che l'avremmo imbucata prestissisimo!»

Risero entrambi, rivolgendosi un rapido sguardo «Bé, prestissisimo no, probabilmente prestissimo. Hai scritto tutto?»

«Sì! Gli ho detto che sono stato buono tante volte, ma qualche altra no, vi ho fatto arrabbiare. Ho promesso di essere più bravo, e gli ho chiesto se per favore poteva portarmi l'elicottero con i soldatini! Ho anche scritto l'indirizzo sulla busta, papà mi ha detto di metterlo anche lì» commentò entusiasta, talmente tanto che perfino lei si dimenticò di quel piccolo particolare dell'esistenza del fantomatico uomo vestito di rosso.

Si rigirò il pezzo di carta, sorridendo affettuosa «Perfetto! Vorrà dire che domani mattina la spedirò e tra pochissimi giorni arriverà in Lapponia.»

Peter annuì più volte, gli occhi azzurri brillanti di aspettativa «Ho visto dov'è la Lapponia! È vicina a noi» si fermò a contare «quattro dita» esultò, mostrandogliele «Arriverà presto, allora.»

«E non saremo gli ultimi ritardatari visto che mancano ben due settimane a Natale» si intromise Richard, arruffando i capelli del figlioletto.

Il timer del microonde suonò, distogliendo Anna da discorsi riguardanti renne, elfi dai buffi cappelli a punta e una slitta carica di doni. Tolse il piatto e dovette ricacciare l'acquolina in bocca nel notare carne e patate; sistemò tutto sulla tavola e si sedette, venendo imitata dai suoi uomini.

«Buon appetito.»

«Grazie!»


Un quarto d'ora dopo tutto era stato spazzolato, pronto per essere lavato. Peter iniziava a sentire una certa sonnolenza però prima d'andare a letto vi era un altro piccolo rito, e non aspettava altro. Lasciò i genitori dirigendosi verso la libreria, scelse uno dei tomi su uno scaffale alla sua portata e ritornò sul divano, impaziente.

Lafayette arrivò subito, trotterellando e reclamando un po' di coccole, al che lui – guardandosi ben bene attorno per accertarsi d'essere solo – lo afferrò con entrambe le mani e lo issò su, poggiandoselo in grembo. Lasciò che gli leccasse le dita e batté i piedi tra loro, creando un ritmo costante mentre ascoltava il rumore dell'acqua del lavello e quello delle stoviglie che sbatacchiavano tra loro; a questi si aggiunse il suono gorgogliante dell'acqua che bolliva e del liquido versato nelle tazze.

Ma quanto ci mettevano?

Dopo un'eternità – preannunciata dal silenzio e dalle chiacchiere più nitide dei genitori – eccoli arrivare: mamma con due tazze in mano e papà con una. Peter si esibì in un enorme sorriso quando ricevette la sua, annusando rapito il profumo del latte caldo e chiedendo a Lafayette di non muoversi perché sennò l'avrebbe urtato.

Rimase seduto in mezzo – come da tradizione – e mostrò soddisfatto la sua scelta dopo una generosa sorsata.

«Ottimo!» commentò sua madre.

«Come ogni anno nel periodo natalizio» aggiunse papà, ammiccando «ormai è un rito. Dunque, inizio sempre io a leggere?»

Peter abbassò un attimo gli occhi, vergognandosi della richiesta che pronunciò subito dopo con voce sottile «Posso provare?»

Richard sbatté le palpebre due volte e poi le sue labbra si aprirono in un sorriso orgoglioso «Mi sembra più che giusto! Ormai è tempo che tu legga durante le nostre serate. A te l'onore.»

Gli porse il libro mentre Anna si premurò di togliergli la tazza dalle mani; e quando voltò la testa verso di lei ricevette un sorriso e una strizzatina d'occhio in segno d'incoraggiamento.

Lo aprì e sfogliò le pagine fino a trovare il primo capitolo; si concentrò per bene mentre leggeva mentalmente le parole ed iniziò.

«In una caverna sotto terra viveva uno hobbit.»



Si erano susseguiti altri due capitoli e poi era giunto il momento di andare; Peter ormai non riusciva a tenere gli occhi aperti, perciò Richard lo prese in braccio mormorandogli che ora avrebbe potuto dormire e lo portò il più silenziosamente possibile nella sua cameretta. Nel frattempo Anna si occupò delle tazze; ripensò con dolcezza ai momenti appena trascorsi, e a quel piccolo rituale che era diventata abitudine perfetta e solo loro. Nemmeno a casa, là in Italia, aveva trascorso una serata del genere dove tutti si sedevano con una tazza fumante di latte o tè – aveva scoperto di gradirlo molto di più con un goccio di latte mentre Richard, d'altra parte, quasi quasi preferiva la variante col limone, lieve smacco alla sua personalità così britannica – ascoltando una buona storia. Il tutto durante i preparativi per le festività natalizie, il che comportava dover leggere mentre le lucette dell'albero danzavano e creavano nuovi giochi, nuovi ritmi ora calmi e poi più veloci.

Semplicemente un'atmosfera... magica.

La metteva di buonumore a dispetto di com'era andata la giornata, dei problemi o della felicità riscontrate. E sapeva per certo che anche per Richard era così; lui glielo aveva confidato tempo addietro, quando era incinta e trascorrevano le serate nello stesso modo. Un piacevole momento solo loro, senza il peso della popolarità o dei problemi che una coppia poteva affrontare.

Per Peter, poi, quel momento era davvero magico e loro cercavano sempre di renderlo tale; modulavano le voci per interpretare meglio i vari personaggi, recitando solo per vederlo stupito, meravigliato o ansioso, partecipe delle tante avventure che l'avevano accompagnato da quando ne aveva memoria – e anche prima.

Udì gli inconfondibili passi del marito mentre finiva di asciugarsi le mani sul canovaccio, e la sua alta figura comparì, mezza assonnata e con i capelli arruffati.

«Stamattina ha chiamato mia madre. Voleva sapere come stavamo.»

«Mi sembrava strano non l'avesse fatto, in effetti. Sai che si preoccupa sempre quando vi ammalate. E ha chiamato anche me, oggi pomeriggio.»

Richard soffocò uno sbadiglio «Ah sì? Che ti ha chiesto?»

«Solo se potevo suggerire un'idea per il regalo di Natale.»

«Mmh. Ecco perché continuava a domandarmi se mi si fosse rotto il rasoio elettrico.»

Davvero, non riuscì proprio a ricacciare la risata in gola «E non ti è venuto un qualche sospetto?»

«Sì, ma dovevo badare anche a Peter e – oh, che meraviglia» mugolò soddisfatto, quando lei gli passò una mano tra i capelli e lo accarezzò.

Era come un gatto troppo cresciuto, anche se non li apprezzava. Era più un tipo da cane, e lei non poteva non considerarlo un punto – l'ennesimo – a suo favore.

«Cosa le hai risposto? Perché quando mi ha telefonato sembrava ancora a corto d'idee.»

«Ho detto di scegliere in base al suo gusto. Fosse per me rimarrei senza regali, contando tutto quello che hanno sacrificato per rendermi l'uomo che sono oggi.»

Ah, ecco l'umile Richard! Il cuore le balzò in petto constatando quanto poco la notorietà avesse intaccato il suo animo. Ringraziò tutte le divinità conosciute per il suo essere così normale nonostante l'evidente fama dopo la trilogia diretta da Peter Jackson.

«Un Natale senza regali non è Natale» disse, parafrasando la celebre battuta di Jo March in Piccole Donne «Credimi, fosse per me e per i tuoi genitori ti riempiremmo di doni.»

Richard le rifilò la sua migliore occhiata contrariata, ma ogni protesta venne zittita sul nascere «Non guardarmi così, è la pura e semplice verità. Non ti sei mai arreso in quegli anni in cui non trovavi una parte, hai lavorato sodo dimostrando una dedizione senza eguali e hai sempre trovato del tempo per la tua famiglia, sia “vecchia” che “nuova”. Nel tuo cuore abbiamo sempre occupato il primo posto.»

«Questo perché senza il vostro sostegno non sarei mai andato avanti.»

«Chissà.»

«No, Anna» la corresse, scuotendo la testa «Il mondo dello spettacolo è un campo minato. Una piccola mossa falsa e vieni messo sulla graticola. Senza qualcuno che ti vuol bene e ti appoggia, che ti sostenga nei momenti difficili e in quelli più belli... tutto diventa vano, tramutandosi in cenere. Per questo sono grato ai miei. Per questo sono grato a te.»

Le baciò il dorso della mano, portandosela sulla guancia in una muta richiesta di carezza. E lo accontentò, regalandogli il secondo bacio promesso; non avrebbe trovato parole giuste con cui ribattere senza cadere in un banale grazie, perciò la mossa migliore si dimostrò il silenzio.

Quando si staccarono per riprendere fiato – era durato un bel po', proprio come le piaceva – continuò il discorso.

«Comunque ho detto a tua madre di non preoccuparsi; le ho proposto il porta orologi, mi sembrava lo volessi.»

Il sorriso fu la prova sperata: aveva centrato l'obiettivo-regalo-Richard «Te ne sei ricordata? Ne avevamo parlato mesi fa!»

«Avrò una pessima memoria, lo ammetto, però alcune cose mi rimangono impresse, sai?»

Le avvolse le braccia attorno ai fianchi, guardandola tanto intensamente da sentire le guance in fiamme e il cuore galoppare peggio di una ragazzina; le sembrò d'essere tornata indietro, durante i primi tempi di conoscenza.

«Non riesco neppure ad immaginare una vita senza di te. È assolutamente inconcepibile» disse serio, sottolineando la portata delle frasi.

Lei allacciò gli occhi ai suoi facendogli comprendere d'aver capito, in quanto la sua risposta sarebbe risultata altrettanto importante «La mia sarebbe stata così grigia, e vuota! Mi hai donato così tanto che non credo d'aver mai ricambiato, anche se so che un rapporto non si basa certo su questo.»

«Abbiamo l'un l'altro e abbiamo il piccolo Peter. Sono più che soddisfatto» si sporse a baciarla di nuovo, iniziando una dolce catena costellata di piccoli e soffici incontri di labbra. Sopirono ogni parola superflua, ogni stupido dubbio. Non dovevano temere poiché non erano soli. Non lo sarebbero mai stati, nemmeno in futuro.



«Papà, dai! Faremo tardi a scuola!» urlò Peter, cercando di infilarsi il cappello nel modo giusto; aveva già indossato guanti e sciarpa per evitare una nuova febbre – non aveva proprio voglia d'ammalarsi di nuovo e rimanere in casa tutto il giorno senza combinare nulla.

Si caricò lo zainetto sulle spalle e ne approfittò per giocare un altro pochino con Lafayette mentre aspettava.

Arriveremo in ritardo. Di sicuro!


«Hai tutto? Mi pare di sì. Rimani al caldo e non compiere movimenti bruschi, non vorrei trovarti svenuta a terra quando tornerò» disse in fretta Richard, ricontrollando che termometro, pastiglie e acqua si trovassero sul comodino «Per qualsiasi problema chiamami, lo sai. Terrò il cellulare in tasca durante l'intervista, quindi ti sentirò. Altrimenti chiama mia madre, lei ce l'ha sempre con sé.»

«Per l'amor del cielo Richard, respira! È solo influenza» borbottò, poggiandosi un fazzoletto bagnato sulla fronte bollente.

Si sentì osservata e, curiosa, lo guardò notando l'espressione mortalmente dispiaciuta «Mi dispiace, amore mio.»

Come poteva restare indifferente di fronte a quegli occhi da cucciolo ferito? «Avrei dovuto aspettarmelo con due malati in casa. Non ho più le difese di una volta, ma non importa» minimizzò, agitando la mano destra e sospirando pesantemente.

Le si avvicinò, chinandosi pericolosamente verso le sue labbra «Non sei pentita del momento post lettura, quindi?» bisbigliò cospiratore, con un timbro piuttosto malizioso.

Incrociò le braccia al petto ed assunse l'espressione più offesa che riuscì a produrre – con un febbrone del genere risultò un'impresa piuttosto ardua. Tutto pur di non lasciargli la soddisfazione di saperla anche fin troppo entusiasta di quel lungo momento conclusosi tra le lenzuola. Tanto il maledetto era a conoscenza dell'apprezzamento, era piuttosto evidente.

«Ti odio.»

Richard rise, riuscendo a contagiarla per la seconda volta in poche ore; le diede prima un bacio sul naso e poi uno sulla bocca rosea proprio mentre Peter entrava, scocciato.

«Andiamo?»

«Sono prontissimo!» si aggiustò i lembi del cappotto antracite e si sistemò la sciarpa blu – la sua – al collo.

«Ti amo.»

Gli sorrise affettuosamente di rimando, guardandoli sparire ed ascoltando i loro passi e le loro voci finché non si chiusero la porta alle spalle.

«Anche io, Richard» disse, chiudendo gli occhi «Non sai quanto.»

Dopotutto, l'essere malata poteva fruttarle qualche vantaggio.





CANTUCCINO DELL'ATTRICE

Sono tornata a scrivere, e non posso crederci.

Buonasera! Debutto in questa sezione con questa storiella leggera e zuccherosa che spero vi abbia strappato qualche sorriso; il clima natalizio ha ghermito il mio cuore, e chiedeva a gran voce di produrre qualcosa. E quale modo migliore se non questo? Premetto che di solito non amo molto cimentarmi in storie su personaggi reali e famosi, perché ho sempre difficoltà a capire come sono davvero. Insomma, noi li conosciamo tramite interviste o i loro lavori cinematografici – purtroppo :'(. Però ho scelto Richard Armitage perché, bé... trovo sia una persona straordinaria con un grandissimo talento e perché lo apprezzo sia come uomo che come attore, avendolo visto recitare nei suoi ruoli principali di Thorin Scudodiquercia, Guy di Gisborne, John Thornton e John Porter; dire che l'ho amato in tutti i ruoli sarebbe riduttivo!

Avevo questa scena in testa di un Richard seduto accanto ad un bambino che leggeva e lo aiutava (omaggio alla famosa scena madre di Nord e Sud, dove ho solennemente giurato che nei miei sogni Richard sarebbe stato il padre dei miei figli XD), quindi DOVEVO scriverla qui. Il resto è venuto da sé!

Non so se questa one-shot avrà prequel, sequel e via dicendo; ma da un po' di tempo mi frulla l'idea di una storia con N.P e attore, quindi chissà. Diciamo che per adesso vorrei concentrarmi e tornare nella sezione Lo Hobbit (ispirazione permettendo! E qui mi scuso sempre con le mie ragazze!)

Insomma, grazie per aver letto anche le note ^^; per qualsiasi vostro parere vi rimando alle recensioni o messaggi privati, sarò sempre lieta di scambiare chiacchiere e pareri con voi!

Un bacione e grazie del vostro tempo,

Eruanne


P.S. Solo le intere frasi in corsivo sono in italiano, il resto è tutto “parlato” in inglese :)


  
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