Quella era la città cupa per eccellenza, nessuno sembrava felice li, nessuno sorrideva mai e a stento qualcuno salutava.
“…’cidenti…sono due giorni che vivo qui e già voglio ripartire…”
Una ragazza levò gli occhi a quel cielo plumbeo che tanto si addiceva a quella città, sembrava quasi che il sole si fosse stancato o dimenticato di splendere intero su Gotham.
Ripensò alla prima volta che l’aveva vista attraverso gli appannati finestrini del treno, all’effetto che i flebili raggi del sole che trapassavano le nuvole donavano alle abitazioni e a prima vista le era piaciuta, un po’ cupa lo doveva ammettere, ma il grande via vai di macchine per le strade, autobus treni e taxi le avevano dato l’impressione di una città vivace e in fermento e si stava convincendo che suo padre aveva avuto ragione quando le diceva di andare a vivere li dopo che…
Si portò la mano al petto, stringendo un pendaglio d’argento ripensando a quel genitore che ormai non c’era più.
Erano passati cinque giorni da quando aveva lasciato il suo Paese natio per trasferirsi a Gotham dopo la scomparsa di suo padre, e dato che non aveva altri parenti se non uno zio col quale non andava affatto d’accordo aveva deciso di cambiare aria e coi soldi dell’eredità si era comperata una piccola villetta appena fuori Gotham, piuttosto vecchia ma accogliente, con un bel giardino verde e delle aiuole un poco rovinate ma utilizzabili, tanto simile alla casa dove viveva prima;
ma la cosa che maggiormente l’aveva attirata, il piccolo particolare che l’aveva convinta a comperare quella casa fra tutte le altre a disposizione era stata la presenza di un antico pozzo in pietra, quello con l’arco in ferro battuto e la carrucola in legno, con la fune per il secchio fatta di iuta, con la manovella in faggio e il poggiamano in ardesia, ne aveva uno identico alla vecchia casa, per questo l’aveva scelta, le ricordava i bei pomeriggi passati col padre sul bordo del pozzo di casa, a guardare l’acqua stagnare e chiedersi da dove arrivasse, a gettarci dentro le monetine, a fantasticare sul principe che un giorno se ne sarebbe uscito da li.
Con la morte del padre tante sue convinzioni se n’erano andate, aveva litigato con lo zio che pretendeva l’intera eredità, aveva lasciato la casa paterna, il lavoro in azienda, i gioielli e tutto ciò che era stato del genitore, ma quella favola no, quei momenti e quei ricordi no.
E anche se molte delle cose materiali di suo padre le aveva perdute per sempre viveva a testa alta tenendosi stretta quelle memorie che l’aiutavano a mandar via la grande solitudine che spesso la pervadeva.
…………
“Francis muoviti! La torta è pronta!!”
“Eccomi!!”
Sorrise allo sbotto del suo nuovo datore di lavoro che faceva di tutto per essere o sembrare severo mentre in realtà era una pasta di pane bella e buona, e lei già lo adorava.
“Nhm…è uscita ok!!”
“Su sbrigati a decorarla, e poi portala in negozio…”
“Adesso io esco, devo fare una consegna, tu finisci queste plum cake e vedi se arriva John, il nuovo apprendista….e non scordare che alle 3 e mezza dovrebbe arrivare il maggiordomo dei Wayne a ritirare la torta per il signorino Dick….fa in modo che sia perfetta….”
“Contaci Boss!!”
La guardò torvo indeciso se fidarsi o meno, ma non poteva negare che quella ragazzina le piacesse un mondo, era un vulcano di energia, e anche se la conosceva da soli due giorni le si era affezionato.
“…vado…”
Lo salutò allegramente rimettendosi al lavoro per fare in modo che la torta del fantomatico Dick risultasse qualcosa di spettacolare.
E non si poteva dire assolutamente il contrario perché quando furono le due e quaranta, solo a vederla quella torta faceva venire una gran voglia di mangiarsela tutta in barba agli altri.
La soffice base al cioccolato risultava perfetta sotto alle mille sfogliavelo di cioccolato bianco finissimo, al bordo le nocciole miste decoravano in bianco e nero l’orlo creando quasi l’illusione delle profondità, e sulla facciata delle amarene glassate completavano il lavoro delineando il contorno della scritta AUGURI DICK.
“…Caspita, quasi quasi me la pappo io…”
“…e non pensi al povero Dick?”
Alzò gli occhi stupita verso chi le aveva rivolto la parola incontrando gli occhi azzurri di un tipo che sorridendo si stava avvicinando alla torta.
Indossava una tuta grigia con la giacchetta aperta dalla quale si intravedeva una t-shirt bianca, aveva il viso leggermente affannato segno che doveva aver corso per arrivare fino a li.
“…è davvero ben riuscita…dovrò complimentarmi con Huges…”
“…hey guarda che l’ho fatta io!!!”
“Davvero? In tal caso complimenti…?”
“Francis…mi chiamo Francis…”
“…complimenti Francis…io sono…”
“John giusto? L’apprendista che
stava aspettando Huges…”
“…ma…”
“Ottimo, sei anche in
anticipo…bravo! Allora, li ci sono i grembiuli, gli armadietti sono di sotto e
vieni di qua che ti mostro bene il laboratorio….”
“Aspetta…a dire il vero sarei…”
“Nh? Lo sai già? Ottimo, allora
mettiti al lavoro, io vado a servire in negozio…se hai bisogno chiama…intanto
tieni….allacciati questo…”
Così dicendo si allontanò
lasciando il tipo in mezzo ad un campo di battaglia al quale non era affatto
abituato con un ridicolissimo cappellino rettangolare in testa ed un grembiule
arancione allacciato in vita.
“…chi diavolo è quella pazza?”
“Hey John!!”
“…si?”
“Portami i cake! Li ho lasciati
accanto al forno…”
“….ehm…quale forno?”
Davanti a lui infatti c’erano
qualcosa tipo tre forni, tutti di grandezze e utilizzi differenti…
“…quello a convenzione…sbrigati
che mi servono…”
Allora, si fermò a valutare quali
fra i panetti dolci al cioccolato, quegli strani sformatini alle albicocche e
le tortine beige che stavano rispettivamente accanto a forni differenti
potessero essere le cake che voleva la tipa, cercò di spremersi le meningi e ne
prese un vassoio a caso sperando fossero quelli giusti, ma la faccia stupita di
lei gli confermò il contrario.
“Ops…scusa ma vedi io…”
“Lascia li prendo io, tu servi la
signora in fondo…”
Fu il turno di Francis di sparire nel
retro e al poveretto non rimase che servire l’amabile vecchietta che lo
guardava stranita chiedendosi che motivo aveva lui di lavorare in quella
modestissima pasticceria di quartiere.
“...tenga giovanotto…”
“Ehm la ringrazio ma vede…non ho
la minima idea di quanto costino queste…”
“…madlene…”
“…esatto…sa io mi occupo d’altro
normalmente…”
“Lo immagino…comunque fanno due
dollari e 30 cent…se non sbaglio…”
Detto ciò aspettò il suo resto e
se ne uscì tutta contenta.
“…guarda che se non sapevi quali
erano le cake potevi chiedermelo…”
Si voltò trovandosi lo spigolo di
un enorme vassoio a pochi centimetri dallo zigomo e si sbrigò a schivarlo
osservandola riporre con delicatezza le tortine nella vetrina.
“Ascolta Francis…c’è un
equivoco…io non sono…”
Ma ancora una volta non riuscì a
terminare la sua frase che un gruppetto di ragazzini entrò dalla porta
accompagnato da alcune mamme.
“Francis le cake!!!”
“Eccole campioni!!! Appena
sfornate…attenti che sono calde…”
Si incantò quasi a guardarla
servire quelle creaturine, si vedeva che le piaceva quel lavoro, anche se
continuava a non capire che lui non era…che lui in realtà era…
“John!!”
“Nh? Dimmi?”
“Il conto per favore!!”
Chinò lo sguardo sul bimbetto che
sventolava la sua banconota da cinque dollari per poter pagare la sua
merendina, e dopo aver fatto ciò se ne andò, guardandolo ancora un poco
dubbioso, convincendosi poi d’aver sbagliato persona, sicuramente uno come lui non poteva trovarsi in un posto come
quello.
“Ti stavo dicendo…”
DLING…
E ti pareva…di nuovo il
campanellino della porta suonò ed una figura fece il suo ingresso al locale.
“Buongiorno signorina….desidera?”
“O.O”
Il moro dietro al banco si
schiantò la mano sulla faccia riconoscendo la ragazzina che lo guardava
trattenendosi a stento dal ridere.
“…ciao Barbara…desideri?”
“Vi conoscete?”
FLASH
“Si…diciamo di si…”
CLICK
“È un amico di mio padre… ”
“Bene…”
Francis sorrideva guardando il
volto di John e successivamente Barbara intenta a scattare foto su foto col
telefonino da ogni angolatura.
“…se non la pianti giuro che…”
“Che cosa signor pasticciere?”
Il ragazzo si voltò a guardare la
tizia che ancora sorrideva, sospirando e rivolgendo a sua volta un sorriso poco
rassicurante alla cliente.
“Desidera? Questa me la paghi Barbara…”
“Sono venuta a ritirare la torta a
nome Wayne…doveva esser pronta per le 3 e mezza…”
“Infatti…lei è?”
“Oh…”
“La cameriera personale del signor
Wayne, quella che pulirà per il resto della vita la sua bellissima auto nera se
non si dilegua all’istante…”
La rossa capita l’antifona girò
sui tacchi ed uscì dal negozio dopo aver scattato l’ultima foto e riso
malignamente.
“Ma insomma…perché l’hai trattata
così? E la torta adesso chi la prende? Guarda che se mi resta invenduta poi
Huges se la prende sul serio…”
“…Gliela porto io non
preoccuparti…”
“E ti scusi ok?”
“…si e mi scu…”
“Sono tornato…hey Francis…come mai
la torta è ancora qui…?”
“Oh, non preoccuparti…la consegna
John…”
“John? È già arrivato?”
“Si…è qui con me…”
Il ragazzo assisteva in silenzio allo
scambio di battute fra la sua “collega” improvvisata e il vecchio Huges mentre
intanto si toglieva berretto e grembiule.
“Strano…di solito prima delle
cinque non si fa vivo…”
Intanto che mugugnava queste
parole era arrivato dal retro fino al negozio.
“Oh salve signor Wayne...”
Francis si voltò convinta che
questi fosse entrato in quel momento mentre il moro alzava la mano in segno di
saluto.
“…e John? Non hai detto che era
arrivato…? Dov’è?”
La ragazza che nel frattempo si
era voltata fece per indicare quello che lei credeva fosse John ma si dovette
ricredere quando in scena entrò un nuovo personaggio.
“Hey
Yu!! Salve signor Wayne…ciao…”
“Insomma John da dove esci?”
“Dal retro…sono appena arrivato…”
“Ma se lei mi ha detto che…”
Francis guardava prima Huges, poi
il “suo” John e infine quello che John lo era veramente e incominciava a non
capirci più niente.
“Oddio…che ho combinato?”
Huges la guardò torvo per poi
scoppiare a ridere seguito a ruota dagli altri due….
…….
“…Mi scusi ancora signor Wayne…ecco
perché la signorina di prima se la rideva, non immaginavo…io…”
“Fa nulla…non potevi saperlo se
sei appena arrivata in città…e poi è stato comunque divertente…”
“Hah ha…fortuna che Bruce è una
persona alla mano…fosse stato qualcun altro…bwaah hah…”
La ragazza guardò torva il suo
capo inchinandosi poi nuovamente a salutare Bruce, trovandosi la mano di lui a
pochi centimetri dal viso.
“Ridici sopra ok? E comunque
piacere…Bruce Wayne…”
“Francis Maresca…piacere mio
signor Wayne…”
“Maresca?…”
“Si…perché?”
Abbassò lo sguardo sulla
ragazzina, notando il ciondolo che sbucava da sotto al colletto della camicetta
bianca.
“No niente...e comunque chiamami
Bruce, i convenevoli mi fanno sentire vecchio”
“Ok!”
“A proposito, quel ciondolo è
molto particolare…dove l’hai preso?”
“Oh, è un regalo, mio padre
commerciava gioielli, non so da dove arrivi…”
Non fece caso al modo serio con
cui Bruce fissava quell’oggetto, anche perché fu presto distratta dall’arrivo
di alcune clienti.
“E’ meglio che vada, ciao e
grazie!”
“Arrivederci signor, ehm Bruce! E
ancora scusa!”
Alzò la mano e la salutò di schiena allontanandosi poi verso la sua
auto.
TH
Eccomi…diciamo che l’ho un po’
modificato dato che mi è stato fatto notare (GIUSTAMENTE u.u) che l’originale
non diceva assolutamente nulla!
Perciò scusate, credo di aver
sottovalutato questo genere, a prometto che d’ora in avanti mi darò da fare per
essere all’altezza della storia, che seppur semplice mi auguro apprezzerete!!!
^__^
grazie mille a tutti quelli che si
prenderanno il disturbo di leggerla!!!
Ciaz!!XD