Erano occhi di fuoco, di brace rossa -rossa come il sangue, rossa come l'amore, rossa come il velluto che di notte lascivamente copriva e scopriva la pelle bianca di latte, sempre perfetta, sempre, sempre, ingiustamente sempre.
Occhi di fuoco che mangiavano, divoravano, schernivano e stuzzicavano. Occhi da cavare con le dita, occhi da coprire con il palmo. Occhi da perdersi senza che nascesse la voglia di ritrovarsi.
Era uno sguardo che l'uomo più alto poteva catalogare solo come sessuale, e in mille modi diversi allo stesso tempo. Tutto era sessuale in lui, fosse il corpo, fosse un gesto, fossero appunto quegli occhi che lo fissavano come a dire vieni a prendermi, vieni a mangiarmi, sempre che tu ci riesca, sempre che tu riesca a muoverti, sempre che tu riesca ad alzarti.
Occhi brillanti di eccitazione nel vederlo annientato, occhi deliziati di meraviglia nel vedere il suo amante costretto a terra dalla sola vicinanza di poche ossa, dalla sola volontà di sua madre.
Occhi di brace accesa che guardavano le mura chiudersi e sigillarsi sotto i gesti alchemici di Dante, che fissavano il corpo dell'altro, steso a terra, sparire, nascosto, dimenticato.
Non si era mai sentito così eccitato.