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Autore: Baikolet    08/12/2014    6 recensioni
Era cambiato tutto. In un certo senso poteva anche dire che le mancavano quegli incontri/scontri tra lei e lo sceriffo, le riempivano le giornate.
Prima/seconda stagione (SWANQUEEN)
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: David Nolan/Principe Azzurro, Emma Swan, Henry Mills, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti :)
È la prima storia in assoluto che scrivo su questo sito, quindi se trovate errori o semplicemente avete voglia di farmi sapere cosa ne pensate, ditemelo senza problemi. Grazie in anticipo a tutti coloro che leggeranno e/o lasceranno una recensione. Bye!





Era chiusa in casa da giorni. Oramai aveva perso la cognizione del tempo, insieme forse ad un po' del proprio senno. Non ricordava più l'ultima volta che avesse fatto qualsiasi cosa che le ricordasse la quotidianità. Come dare il bacio della buonanotte ad Henry, abbracciarlo prima di vederlo correre verso scuola, preparare i pancake ogni mattina, il suo lavoro e insomma, la sua routine.
Era cambiato tutto. In un certo senso poteva anche dire che le mancavano quegli incontri/scontri tra lei e lo sceriffo, le riempivano le giornate.
No, assolutamente. Non poteva provare nostalgia per certe cose. Diamine lei era Regina, La Regina. 

Affondò la testa nelle pieghe della coperta e si stiracchiò lungo il divano. Diede un'occhiata veloce all'ora e realizzò che fosse il momento di andare a letto. 
-Non si sa mai, bisogna essere in forma e riposati per giorni così monotoni e vuoti. Aggiungerei anche tristi- pensò.
Tanto nessuno aveva bisogno di lei, nessuno sarebbe spuntato all'ultimo davanti alla porta per salutarla o, magari, sapere se fosse ancora viva. A nessuno importava, e nemmeno a Henry. Questo pensiero le colpì il cuore talmente forte che sentì gli occhi bruciare e le lacrime spingere, pronte ad uscire calde sul suo viso. Era davvero l'ora di andare a letto.
Si sistemò sotto le coperte e l'ultimo pensiero che le ricoprì la mente come una nube, prima di addormentarsi, fu il ricordo di quel giorno. Il giorno in cui tutto era cambiato. Il giorno in cui diede quel dannato dolce alle mele ad Emma. Quel giorno in cui suo figlio morì, e lei lo vide. Lo vide con i suoi occhi e poteva ancora sentire quelle sensazioni, che aveva provato, mangiarle le interiora. Ricordò quel giorno in cui Emma semplicemente si chinò sopra Henry e spezzò la maledizione. E ricordò la felicità sui loro volti, la rabbia invece su quelli dei cittadini che avevano di nuovo (e sfortunatamente) la loro memoria. Ricordò quella folla infuriata di fronte a casa sua e, Dio, gli occhi verdi di lei che le correvano incontro per salvarla dal destino che gli abitanti di Storybrooke avevano deciso e che, in fondo, meritava davvero. Poi infine ricordò Biancaneve e James che le portavano via Henry finché -parole loro- non ce ne sarebbe stato bisogno. Lentamente cadde nel sonno più profondo, tormentata dall'immagine dei Charming con suo figlio, abbracciati l'un l'altro come una famiglia e beh.. Lei sola, nella sua lussuosa villa di Mifflin Street che ormai sapeva solo di dolore e immenso vuoto.

—————————————————

Aprì gli occhi infastidita dal rumore di padelle che proveniva dalla cucina e in meno di un minuto il suo olfatto fu risvegliato dal profumo di toast francesi, uova strapazzate e bacon. Emma si abbandonò completamente a quella piacevole sensazione. Sentiva il cuore leggero e sapeva che quel sollievo non era solo dovuto alla deliziosa colazione che avrebbe gustato a breve ma anche dal fatto che finalmente, in un modo abbastanza strano, si sentiva a casa. Ok, doveva metabolizzare ancora tutte le novità che erano venute a galla dopo la rottura del sortilegio -come scoprire che i suoi genitori non erano altro che Biancaneve e il Principe Azzurro, che l'avevano abbandonata perché la Regina Cattiva voleva abbattere su di loro il suo rancore, e chi più ne ha più ne metta- ma in fondo era convinta che avrebbe realizzato il tutto. E magari, dopo 28 anni, avrebbe avuto finalmente la sua famiglia.
Si alzò, e una volta uscita dal bagno si diresse quasi correndo nell'altra stanza. L'immagine che le si presentò davanti la fece quasi commuovere: il tavolo straripava di cibo, vide Henry addentare un pezzo di bacon mentre rideva insieme a David, e in piedi c'era Mary Margaret che si girò immediatamente verso di lei.

"Tesoro, sei sveglia! Vieni a fare colazione"

Emma abbozzò un sorriso e si diresse verso, quello che risultava ai suoi occhi, il paradiso. Si sedette affianco ad Henry, gli scompigliò i capelli accompagnando quel gesto con un "Buongiorno ragazzino" e successivamente sorrise a.. Beh sì, suo padre. 
Mary Margaret le versò il caffè nella tazza e si sedette a sua volta. 
"James, dopo accompagni tu Henry a scuola? Vorrei portare Emma a fare un giro sai," voltò il viso verso la bionda "per recuperare il tempo perso."

Non seppe perché, o meglio non se lo domandò mai, ma in quel momento la mente dello sceriffo fu colpita violentemente da l'immagine di una donna. Rimase pietrificata per qualche secondo finché non sentì la voce di Mary Margaret richiamarla da quello stato di trance. 

"Emma? Mi dispiace, se non te la senti ancora di beh sì, parlare con me.. Va bene" 

Emma si riscosse subito, si alzò di scatto e tre paia di occhi la guardarono con una certa preoccupazione. Iniziò ad agitarsi ed a confabulare frasi a susseguirsi. 

"No sì non c'è problema no, in realtà c'è un problema ma ehi non riguarda voi. I-io devo ecco risolvere una cosa importante e va bene, David può accompagnare Henry sì"

Doveva ammettere da una parte però che non aveva intenzione di passare un'intera giornata con la sua appena ritrovata mamma. Aveva bisogno di tempo, le serviva solo quello. Inoltre aveva anche una questione urgente e importante ancora aperta quindi iniziò a dirigersi verso il bagno per farsi una doccia e successivamente si sarebbe preparata per uscire. Dio, c'era anche il lavoro. 
"Una cosa alla volta Emma" pensò. 

"Oh.. Ok va bene" 
L'espressione di Mary Margaret dopo quella frase era ben chiara. Ma, per quanto la bionda si sentisse in colpa, non poteva davvero più rimandare. 

Riuscì ad urlare un "Mi dispiace" prima di entrare nella doccia. David si avvicinò alla moglie e le baciò una guancia sussurrandole "Non preoccuparti, ha bisogno del suo spazio. Andrà tutto bene." La mora si sentì meglio e sorrise.

Circa mezz'ora dopo Emma tornò dalla camera pronta e profumata. Si avvicinò a Henry che stava aspettando David, gli lasciò un bacio sulla testa seguito da un "Ti voglio bene ragazzino", salutò gli altri ed uscì. L'aria pungente e fredda di Storybrooke la colpì in pieno viso, si diresse verso il bug giallo e salì. La sua testa era continuamente fissa e ferma su quell'unico punto, il suo obiettivo. Le strade erano ancora semi deserte, imboccò la via di Mifflin Street e si fermò davanti al 108. Le sembrava di rivivere un deja vu, non sarebbe stata in grado di dire quante volte e in che situazioni si era già trovata davanti quella villa. 
Sentiva una sensazione strana dentro di sé, come se qualcuno la stesse pugnalando più volte nello stomaco. Rimase per almeno cinque minuti buoni dentro la macchina, dopo di che sussurrò «fanculo» e scese. Si diresse a passo spedito verso la porta, prese un profondo respiro e suonò. 

—————————————————

Aveva una grande libreria colma di libri eppure nessuno sembrava interessarla abbastanza da iniziare a leggerlo. Ne prese uno a caso e si sedette sul divano. Sospirò tenendo il libro chiuso sulle ginocchia. Alzò lo sguardo verso la finestra che dava sul giardino, si leccò le rosse labbra carnose e sospirò nuovamente. Avrebbe voluto chiamare Henry, o magari andare a prenderlo a scuola tra qualche ora, ma non poteva. Si sentiva una prigioniera, di se stessa però. Abbassò lo sguardo e lesse il retro della copertina: "Temo che il senso della vita sia estorcere la felicità a se stessi". Fece una smorfia e gettò il libro dall'altra parte del divano. Puntò di nuovo gli occhi sulla finestra, stavolta scrutando il cielo.
Improvvisamente il campanello suonò e sussultò domandandosi chi mai potesse essere. Rimase ferma, contò fino a dieci e si diresse verso la porta. Come ormai d'abitudine si sistemò la gonna e i capelli, e aprì la porta. 
I suoi occhi color nocciola incontrarono quelli verdi, tendenti anche quasi all'azzurro, di Emma Swan. 
Regina si paralizzò mantenendo però il contatto visivo con l'altra. Anche Emma fece lo stesso, ma sembrava fosse rimasta in qualche modo colpita dalla figura del sindaco. Lo sceriffo si riscosse e fece un passo in avanti.

"Regina.." 
La mora reagì come se avesse ricevuto uno schiaffo improvviso.

"Vattene via" Indietreggiò chiudendo la porta ma Emma quasi involontariamente si mise in mezzo bloccando l'entrata.
 
"Devo parlarti, ti prego"
"È successo qualcosa a Henry?"
"No, ma è comunque importante."

Una risatina acida arrivò alle orecchie della bionda, la quale incatenò nuovamente i suoi occhi a quelli cupi e profondi di Regina.

"A meno che non si tratti di mio figlio Miss Swan, non c'è niente di estremamente importante che possa riguardare entrambe."
La mora tentò di chiudere nuovamente la porta ma Emma era decisamente più forte e alla fine si arrese. 

"Va bene! Cosa vuoi?"
"Fammi entrare"
"Non se ne parla."

Si stava stancando e stava provando con tutta la buona volontà che aveva in corpo di non prendere Regina, bloccarla al muro e schiaffeggiarla. Decise comunque di usare un po' di forza, quindi aprì la porta quel tanto che bastava, spinse il sindaco ed entrò. 

"Come osi? Vattene immediatamente da casa mia, non hai nes.."
Ma Emma la bloccò urlando un 'Mi dispiace' che fece immobilizzare l'altra.

"Wow, se devo dirti che mi dispiace per farti stare zitta ben venga" 
La bionda sorrise e stranamente Regina non sentiva più il bisogno di strangolarla o chissà che altro, anzi. 

"Perché sei qui?"
"Per te"

Il cuore del sindaco sussultò, la gola si chiuse, diventò secca, il battito iniziò ad accelerare e i polmoni iniziarono a chiedere più ossigeno. 

"I-io ecco, volevo chiederti scusa per quello che è successo sai, quel giorno. Non avrei dovuto attaccarti in quel modo all'ospedale. Non è stata colpa tua. Beh, in parte sì ma se non fosse stato per me, se avessi creduto in Henry, lui non avrebbe mai mangiato quel dolce. Ok, ho spezzato la maledizione e tutto il resto ma poteva succedere anche senza che nostro figlio rischiasse di morire."

"..Nostro?"

Emma alzò lo sguardo, il suo cuore era in procinto di esplodere. Si stava completamente aprendo con lei, Regina. Quella situazione era assurda ma sentiva come la sensazione di dover spiegare alcune cose e di fare qualcosa. Si avvicinò lentamente alla mora, incatenando i suoi occhi con quelli dell'altra. 

"Sì, nostro figlio Regina. È mio come anche tuo. L'hai cresciuto, sei un'ottima madre davvero. E io, in quel momento, non ho tenuto conto del fatto che anche tu stessi provando il mio stesso dolore, scaricando su di te tutta la colpa. Quindi sì, mi dispiace e vorrei che tu provassi ad uscire di qua. Henry chiede di te, è preoccupato. E sinceramente.. Lo sono anche io." 

Rimasero entrambe in silenzio fino a quando Regina non interruppe il contatto visivo con Emma ed iniziò ad annuire. 

"È tutto Miss Swan?" 

La bionda sgranò gli occhi guardandola come se fosse diventata pazza. Insomma le aveva appena detto cose che non si sognava di dire neanche se fosse stata ubriaca e tutto quello che riceve è una frase inutile e ancora quel nominativo formale? Era stanca, davvero.

"No Regina, non è tutto."
"Credo di sì invece."
"Credi di sì? Tutto quello che hai da dire è questo? Fai sul serio?"
"Mai stata più seria Miss Swan"
"Smettila di chiamarmi così! Dio mio Regina perché ti ostini ad essere così fredda e stronza? Perché non possiamo comportarci come persone normali, cosa t'ho fatto?" 

Emma sentiva gli occhi bruciare, la gola e i polmoni gonfi, e nello stesso istante sentiva una strana sensazione. Quasi una pulsione. Regina la stava guardando tra l'incredula e l'offesa. 
Era troppo, voleva andarsene. La bionda fece un sorriso combattuto, sospirò e si girò incamminandosi verso la porta. 

"M'hai resa debole" 

La voce arrivò chiara e lampante ma medesimamente con un notevole tremolio alle spalle di Emma, la quale si bloccò immediatamente. Si girò e tornò davanti alla figura di quella donna così bella e fragile. 

"Cosa?"
"È tutta colpa tua. Sin dall'inizio. Dal primo momento in cui hai messo piede in questa città di idioti m'hai resa debole. Dalla prima volta in cui i tuoi occhi hanno incontrato i miei. -Regina iniziò ad avvicinarsi sempre di più alla bionda, le sue parole cominciarono a diventare sussurri- 
Sei arrivata qui e m'hai permesso di entrarti dentro come se fosse tutto a posto. Ma non lo è Miss Swan - I respiri e battiti delle due donne erano ormai un tutt'uno, gli sguardi divisi dalla distanza di un centimetro, i loro profumi si mischiavano come i colori delle loro iridi-
Non va tutto bene. Non esco da questa casa per paura di incontrarti. Volevi parlare? Parliamo, ma sappi che vorrei distruggerti perché l'amore è una debolezza e tu mi rendi così debole da dovermi nascondere."

Lo sguardo di Regina era talmente intenso, cupo ma sincero che Emma credette di svenire. Continuarono a guardarsi cercando entrambe di realizzare ciò che era appena stato detto. La bionda parlò per prima:

"Vieni fuori con me"
Il sindaco rimase pietrificato, spalancò leggermente bocca e occhi. Non capiva, andare fuori dove? Era come se Emma non avesse ascoltato una parola di quel discorso. 

"Come prego?"
"Vieni dai"

Lo sceriffo la prese per mano, aprì la porta e la richiuse alle loro spalle. 
Regina guardò come incantata quella chioma bionda davanti a lei.
Si fermarono sul pianerottolo della villa, Emma si posizionò di fronte alla mora, si avvicinò al suo viso e appoggiò delicatamente le mani sui suoi fianchi.
Regina era immobile, aveva perso ogni capacità razionale da qualche minuto.
Le loro labbra si incontrarono lentamente. Il sindaco si lasciò completamente andare a quella piacevole sensazione e prese il viso di Emma tra le mani. Quest'ultima iniziò ad accarezzare con estrema dolcezza le labbra carnose e soffici di Regina, passando delicatamente anche la lingua sulla cicatrice. 
La mora mugugnò di piacere e decise di approfondire il bacio. In un primo momento la bionda rimase sorpresa ma accolse successivamente con gioia la lingua dell'altra. Era un bacio che sapeva di passione, amore ma anche dolore e desiderio. 
Restarono così, ad accarezzarsi e baciarsi fino a che entrambe rimasero senza fiato. Una volta separate Emma si avvicinò all'orecchio dell'altra donna e le sussurrò: "Non dovrai più nasconderti Regina". 
  
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