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Autore: BrokenArrow    09/12/2014    5 recensioni
"[...] Per tutto il tempo in cui sono rimasto a Trenzalore, ogni mio sforzo di dimenticarti è stato vano. Ti ho mentito per salvarti. Ma quando ti ho rivista dopo tutto quel tempo, aggrappata alla porta del Tardis sotto la neve... Quando sei tornata a prendermi ho capito. Esiste una sola persona che desidero avere al mio fianco per sempre e quella persona sei tu, Clara. La maniaca del controllo, testarda come un mulo, sagace e inarrestabile…” Le prese il viso tra le mani, come se stesse custodendo una gemma preziosa e fragile al tempo stesso, e scandì lentamente ogni parola. “Esiste una sola Clara Oswald e non ne esisterà un’altra in tutto l’universo.”
E Clara, di fronte a quella dichiarazione inaspettata, rimase completamente pietrificata. Perché quello era il suo modo, unico e irripetibile, di dirle che l’amava.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clara Oswin Oswald, Doctor - 12
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi tornata con una nuova OS Whouffle!
 
Stavolta si tratta di un what if, e io amo i what if. Quante volte vi sarà capitato anche a voi di desiderare che una certa scena andasse a finire in un certo modo ma poi non è successo? ECCO. Qui si tratta della scena nella 8x08, Mummy On The Orient Express, quando Clara e il Dottore tornano nelle loro carrozze e si danno la buonanotte. NELLA MIA TESTA UNA SERATA COME QUELLA NON POTEVA SEMPLICEMENTE FINIRE COSI’. Perciò, ecco cosa ha partorito la mia mente di brava shipper u.u
 
WARNING: ci sono momenti abbasranza HAWT (?), quindi fate un bel respiro prima di iniziare a leggere, eheh. Io stessa avevo le palpitazioni mentre scrivevo perché li shippo come se non ci fosse un domani e questi due che… beh, non dico altro, lo scoprirete da soli!
 
Buona lettura <3
 

 
 
 
I wanna be yours
 
 
 
 
 
 
 
 Secrets I have held in my heart
Are harder to hide than I thought
Maybe I just wanna be yours
I wanna be yours, I wanna be yours
Wanna be yours, wanna be yours, wanna be yours


(I wanna be yours, Arctic Monkeys)
 
 
Accadde senza che Clara avesse il tempo di capire lei stessa che cosa stesse facendo. Un attimo prima si trovavano nella carrozza principale del treno, a sorseggiare champagne e a godersi la musica jazz, e un attimo dopo si erano ritrovati davanti alle loro camere da letto, nel corridoio buio e vuoto, in procinto di salutarsi. Ma Clara non voleva che quella serata finisse così, con un semplice “buonanotte”. In quel silenzio che si era creato all’improvviso tra di loro, volle di più.
Si alzò improvvisamente in punta di piedi e prima che lui avesse il tempo di reagire gli afferrò il viso con entrambe le mani, lasciando cadere il bicchiere di champagne sulla moquette… e lo baciò.
Le sue labbra si scontrarono impetuosamente contro quelle di lui, facendolo barcollare e sussultare al tempo stesso. Un altro bicchiere di champagne cadde a terra, e Clar cercò di schiudere le sue labbra con le proprie, ma esse rimasero rigide, così come le sue braccia sospese nel vuoto e lontane dalla sua schiena nuda. Di conseguenza staccò le labbra dalle sue e allontanò repentinamente le mani dal suo viso pentendosi all'istante di ciò che aveva appena fatto. Gli occhi blu spalancati e sconvolti del Dottore ricambiarono quelli castano scuro di lei. Fece qualche passo indietro, imbarazzata come non mai, aspettando che lui dicesse qualcosa. Qualsiasi cosa. Lui si portò due dita alle labbra, nel punto in cui si erano posate quelle di lei e la fissò a lungo negli occhi.
  "Clara, tu...” Cercò di dire con voce roca e tremolante. “Mi hai… baciato."
La sua voce era un fievole sussurro, come se parlare gli stesse costando uno sforzo disumano. Non era una domanda ma una constatazione, come se non riuscisse a crederci e dirlo ad alta voce lo rendesse vero. Reale.
  "Io non-" Clara era sconvolta quanto lui, imbarazzata ma soprattutto mortificata. Deglutì, cercando
di trovare le parole. "Non so davvero che cosa mi sia preso. Deve essere stato lo champagne, ti chiedo scusa..."
Il suo sguardo scivolò in basso, non più in grado di ricambiare quello di lui. Fissò la moquette rossa scuro, impregnata dello champagne che aveva fatto cadere per terra poco prima, e all'improvviso le venne voglia di piangere. Le labbra di lui erano state così rigide...
Quando lo aveva baciato la prima volta, in quella magica Londra Vittoriana, aveva avuto la stessa identica reazione… eppure era stato diverso. Era rimasto sorpreso e imbarazzato come lo si può essere dopo essere appena stati baciati da una giovane sconosciuta. Quella prima volta aveva sentito sulle sue labbra il sapore di una promessa. Quello che sentiva ancora sulle sue labbra era invece il sapore amaro di un rifiuto. Le sue labbra erano rimaste completamente indifferenti alle sue… E si odiò per averlo baciato, per aver baciato un uomo che non la ricambiava più.
Stupida, stupida, sei solo una stupida! Come pensavi che avrebbe reagito?, si maledisse nella sua testa. Ma poi sentì il Dottore fare qualche debole passo verso di lei, riportandola alla realtà.
  "Clara, io..."
  "No." Disse, facendo goffamente un passo indietro per distanziarlo. "Va tutto bene."
Ma parlare non faceva altro che peggiorare la situazione. La sua voce tremante ne era la prova lampante. Così si voltò dandogli le spalle e chiuse gli occhi nel disperato tentativo di impedire alle lacrime imminenti di uscire allo scoperto. L'ultima cosa che voleva era che lui la vedesse piangere.
E poi la sentì. Una mano sulla sua spalla nuda, così leggera eppure così calda. Il contatto inaspettato la fece sussultare ma non volle voltarsi verso di lui. Non ricevendo risposta, la mano del Dottore scivolò lenta lungo il suo braccio, provocandole brividi in tutto il corpo… ma lei non lo fermò. Quasi impercettibilmente le sfilò il guanto, che finì a terra, insieme ai due bicchieri di champagne. Le sue dita trovarono quelle di lei e andarono a intrecciarsi timide e impacciate con le sue. Clara, ancora voltata di spalle, ricambiò la stretta quasi d'istinto. Era un sensazione tanto familiare quanto dolorosa. In quelle settimane aveva imparato a conoscere quelle mani così grandi e affusolate, che raramente avevano sfiorato le sue e men che meno si erano mai completate a vicenda come in quel momento.
  "Clara..."
Sussurrò il suo nome così piano che per un attimo temette di esserselo immaginato. Eppure lo aveva pronunciato, e la sua voce, notò, era diventata di una dolcezza senza eguali.
  "... La mia Clara."
Il suo respiro le solleticò il collo, e senza darle il tempo di reagire due braccia la avvolsero da dietro, intrappolandola. Quell'abbraccio così inaspettato le tolse completamente il fiato, sconvolgendola. Lui che ora non amava gli abbracci, la stava abbracciando. Le sue braccia, all'apparenza così fragili ed esili, la circondavano dolcemente e attraverso il suo vestito elegante, poteva sentire chiaramente i battiti forti dei suoi due cuori contro la sua schiena e il respiro irregolare sui suoi capelli. Così, Clara si voltò finalmente verso di lui e alzò lo sguardo per incontrare di nuovo quegli occhi antichi e luminosi. Continuò a rimanere in silenzio, per paura che le parole potessero spezzare quell’incantesimo.
  “La mia ragazza impossibile.” Le disse, sfiorandole dolcemente una guancia e portandole via una lacrima sfuggente.
L’aveva appena chiamata come faceva un tempo, con quell’aggettivo che l’aveva sempre fatta sentire speciale ai suoi occhi. Quell’unico mistero che valesse la pena risolvere. Non riusciva a capire come l’uomo che aveva davanti e quello che qualche minuto prima l’aveva respinta fossero la stessa persona.
Le sue dita, un secondo prima delicate e appena percettibili sulla sua pelle, si fecero strada dietro la sua nuca scivolando lungo il suo collo. Le sue mani si infilarono tra i suoi capelli corti, e ancora una volta fu capace di sorprenderla.
Era lui che ora la stava baciando… e quel bacio fu completamente diverso dal precedente. Fu impetuoso, colmo di desiderio, implorante, senza controllo. La lingua di lui si fece strada nella sua bocca, incontrando quella di lei e come in una danza dionisiaca si intrecciarono tra di loro senza sosta. Poi il Dottore la spinse deciso contro una delle porte della carrozza e premette il suo corpo contro quello di lei, senza smettere di baciarla. Clara aumentò la stretta delle sue mani contro le sue spalle, respirò il suo fiato caldo e si lasciò sfuggire un gemito di piacere, stordita da tutte quelle sensazioni, stordita da lui. In quel momento contava solo la certezza che lui la desiderava ancora e quel bacio ne era la prova. Così si lasciò guidare completamente dal suo istinto, dalle profondità del suo cuore che anelavano a lui soltanto. Mossa da un impulso che non poteva – e non voleva – controllare, afferrò la maniglia della porta e fece scattare la serratura. Ma il Dottore non se ne doveva essere reso conto perché nel momento in cui Clara spalancò la porta dietro di loro, egli barcollò in avanti e perse l’equilibrio. I loro corpi caddero l’uno sull’altro e i loro nasi si scontrarono nell’impatto. Entrambi lanciarono un urlo di dolore per poi scoppiare in una fragorosa risata subito dopo. Il Dottore alzò poi il viso e appoggiò i gomiti sul pavimento, ai lati della sua testa, diminuendo la pressione sul suo corpo minuto.
  “Scusa. La mia goffaggine deve essere un residuo della rigenerazione.” Le disse, facendo spallucce e accennando un sorriso imbarazzato. Clara non poté fare a meno di sorridere a sua volta.
“Sono solo io o a anche tu stai avendo un fortissimo déjà-vu?” Gli rispose ansimante, con ancora il sapore delle sue labbra sulle sue. E a quelle parole il sorriso di lui si trasformò in una risata che andò a confondersi con quella di lei. Le sottili crepe che solcavano il suo viso anziano lo rendevano paradossalmente più bello ai suoi occhi.
  “Me la ricordo bene quella caduta. L’unica differenza è che per una volta non siamo inseguiti da qualche mostro… e stavolta è stato il mio turno di caderti addosso.” Proferì, finendo la frase con una punta di malizia inconfondibile. Il ghiaccio dei suoi occhi penetrante la faceva sentire nuda e completamente alla sua mercé, come una preda sotto le grinfie del predatore, senza via di scampo.
Clara ricordava come in quell’avventura nella Londra Vittoriana la sua eco e il Dottore stavano cercando di scappare sul tetto attraverso una piccola finestra, come lei era rimasta incastrata in essa per colpa del vestito vittoriano troppo ingombrante e come per tirarla fuori lui era caduto all’indietro e lei su di lui. Ricordava come si erano guardati negli occhi, a pochi centimetri di distanza, il suo viso circondato dalla neve che continuava a cadere incessante, e quell’espressione familiare di imbarazzo e sorpresa che lo avevano reso sempre così buffo e irresistibile. Un viso completamente diverso da quello che ora la scrutava dall’alto, ma non per questo sconosciuto. Tornando al presente, Clara si rese conto che il Dottore si era fatto improvvisamente serio. Le accarezzò una guancia tracciando linee invisibili sulla sua pelle, ma a un certo punto si fermò, sospirò debolmente e la guardò con gli occhi colmi di quella tristezza che non l’era mai sfuggita.
  "Perdonami per prima… Temo di essermi un po' arrugginito. Sai, tutto quel tempo passato a Trenzalore..."
Clara, sentendo quelle parole, sentì il battito del suo cuore accelerare violentemente.
  "Vuoi dire che non hai mai... Non hai mai conosciuto qualche altra donna quando eri là?" Lo interruppe alquanto stupita. Per lei era passato qualche minuto, forse un’ora, ma per lui erano passati centinaia di anni. Il tempo sapeva essere davvero crudele e spietato.
  "Oh certo, quello sì! Ma nessuna che fosse alla tua altezza." Le disse dolcemente, strofinandole la guancia con un pollice. "Beh, nel senso letterale del termine ce n'erano tante più alte di te, ma comunque..."
Al che, Clara gli diede una gomitata dritta nello stomaco, provocandogli un gemito di dolore.
  "Fammi parlare!" La rimproverò massaggiandosi lo stomaco nel punto in cui lei lo aveva colpito. Più di mille anni. Più di mille anni che il Dottore non aveva posato le sue labbra su quelle di qualcuno. Non riusciva a crederci.
  “Quello che sto cercando di dirti è che… Per tutto il tempo in cui sono rimasto a Trenzalore, ogni mio sforzo di dimenticarti è stato vano. Ti ho mentito per salvarti. Ma quando ti ho rivista dopo tutto quel tempo, aggrappata alla porta del Tardis sotto la neve... Quando sei tornata a prendermi ho capito. Esiste una sola persona che desidero avere al mio fianco per sempre e quella persona sei tu, Clara. La maniaca del controllo, testarda come un mulo, sagace e inarrestabile…” Le prese il viso tra le mani, come se stesse custodendo una gemma preziosa e fragile al tempo stesso, e scandì lentamente ogni parola.  “Esiste una sola Clara Oswald e non ne esisterà un’altra in tutto l’universo.”
E Clara, di fronte a quella dichiarazione inaspettata rimase completamente pietrificata. Perché quello era il suo modo, unico e irripetibile, di dirle che l’amava.
  “Clara, dì qualcosa… Ti prego.” Le sussurrò, accarezzandole dolcemente i capelli leggermente scompigliati per colpa della caduta. Clara deglutì e guardandolo dritto negli occhi gli disse tre semplici parole.
  “Sei un’idiota.” Il Dottore alzò entrambe le folte sopracciglia “d’attacco”, come le chiamava lui, sorpreso da quella risposta. Ma subito i suoi occhi si ridussero a due fessure e un sorriso spuntò sul suo viso.
  “La cosa non mi è nuova. Credo tu me l’abbia già detto un miliardo di volte.”
  “E non so nemmeno perché sto piangendo ancora.” Gli disse con voce rotta, la vista offuscata dalle lacrime. Aveva passato così tanto tempo a farle credere che lui non la volesse più, a sentirsi rifiutata e presa in giro, che ora non poteva credere a quello che le aveva appena detto.
  “Oh, io sì.” Rispose, come se le avesse appena letto nel pensiero. E le stampò un bacio leggero su quel piccolo naso all’insù che aveva sempre trovato così buffo e irresistibilmente dolce. Dopodiché si alzò in ginocchio, infilò una mano sotto l’arco delle sue gambe nude e con un movimento deciso la sollevò dal pavimento lasciando che le mani di lei si aggrappassero alle sue spalle. Il suo gesto la lasciò senza fiato e, senza proferire parola, Clara lasciò che il Dottore la adagiasse delicatamente sul letto angusto della camera. Lui si posizionò ancora una volta sopra di lei, appoggiò i fianchi sopra i suoi, leggero, per paura di schiacciarla e farle male. Quel contatto le provocò un senso di vertigine improvviso. Il Dottore le sfiorò la mano e inizio a sfilarle l’altro guanto nero che aveva ancora addosso. Poi fu la volta del vestito anni ’20, che luccicava nella luce soffusa della stanza. Clara, senza distogliere gli occhi dai suoi, alzò una spalla e lasciò che la sua mano le abbassasse lentamente la bretellina del vestito. Il suo respiro iniziò a farsi affannoso e il suo cuore accelerò incontrollabile quando le sue labbra premettero contro la sua pelle nuda, nell’incavo della spalla. Quel tocco la fece tremare di piacere. Inarcò la schiena e chiuse gli occhi, inebriata da tutto ciò che quel semplice bacio irradiò dentro di lei. Senza interrompere quel contatto, il Dottore intrecciò le mani con quelle di lei, stringendole forti, e in quella notte si persero, l’uno nell’altra.
Qualche ora più tardi, cullato dal battito regolare del cuore di Clara, il Dottore si addormentò sulla sua spalla. Stanca, ma ancora incapace di addormentarsi, posò lo sguardo sul suo viso rilassato e immobile. Le rughe sembravano quasi assenti, meno minacciose. Persino le sue sopracciglia, ora distese e non più arcuate, erano diventate innocue. E in quel momento, nonostante il suo aspetto esteriore e i suoi 2000 anni, le sembrò di stare osservando un bambino. Era sempre rimasta stupita da quanto le persone sembrassero più giovani mentre dormivano, e il Dottore, si rese conto per la prima volta, lo era incredibilmente più di tutti. Così, nella penombra della stanza, posò le labbra sulla sua fronte fredda e delicata, sussurrandogli sulla pelle quattro parole inconfondibili e inequivocabili.
  “Ti amo anch’io.”
E lo raggiunse, scivolando nel sonno insieme a lui.
 
  
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