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Autore: Marinaoceano    15/12/2014    6 recensioni
Sono passati trecento anni da quelle poche ultime ore trascorse insieme. A Caroline sembra una vita lontanissima ed ormai sbiadita, che non riesce più ad afferrare.
Ma negli occhi dell'Originale, al di là della freddezza, bruciano ancora tre fiamme.
Rabbia.
Rancore.
Rivalsa.

Un addio, un incontro ed un'ultima conferma.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline\Klaus
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Incontro

 



 
«Caroline.»
Lo aveva già notato da qualche minuto, lì in piedi, ma non se l’era sentita di corrergli incontro, fargli un gran sorriso e tagliare di netto quei lunghissimi secoli di lontananza. La vita era andata avanti ed era stata vissuta – la ragazza non nutriva alcun dubbio riguardo a quei trecento anni ed a come Niklaus Mikaelson li avesse dissanguati appieno, bevendo l’essenza di ogni giorno e di ogni notte.
«Klaus.»
Camminò verso di lui, scoprendosi stranamente tranquilla. Era come se non fosse reale, avercelo davanti. Era come un ricordo o un sogno, lontanissimo e di scarsa attinenza alla praticità del vero, del tangibile e dell’esistente.
Eppure lui le sorrise, benché di un sorriso che non coinvolse gli occhi. Forse doveva essere abituato dopo milletrecento anni di vita, rifletté la vampira, a recuperare le persone dalla memoria senza trasfigurarle in fantasmi.
«Non ho saputo più nulla di te» osservò l’Originale, immobile come una statua di sale.
«Oh,» finalmente Caroline si azzardò a sorridere «non è successo poi molto.»
«Forse, ma mi sarebbe comunque piaciuto saperlo.»
Caroline si concesse un attimo per chiudere gli occhi. Davvero non le sembrava reale. Era passato troppo tempo. Si riscosse al pensiero che forse, dopo trecento anni di lontananza, non lo conosceva più. D’altronde le era capitato anche con Elena, con Damon e con Stefan. D’altronde le sarebbe capitato persino con se stessa, se avesse rincontrato la giovane vampira di secoli fa.
«Già» sospirò per rompere il silenzio.
Era meglio andarsene, a quel punto. Che cosa le avrebbe portato restare, se non una conversazione piatta, tiepida ed incolore? Klaus la osservava con quella che sembrava attenzione, se non proprio interesse, ma non accennava a sbottonarsi nemmeno un po’; c’era solo quel sorriso piatto ed una cristallizzata attesa.
A quella così palese assenza di coinvolgimento qualcosa, che non era proprio fastidio ma che bruciava comunque, punzecchiò con un sottilissimo spillo il fegato di Caroline e la ragazza fece fuoriuscirne il conseguente lamento:
«Per tutto il tempo necessario, Caroline».
Lo vide irrigidirsi di un’immobilità differente e quando, dopo aver chiuso un secondo gli occhi, Klaus tornò a guardarla, la vampira pensò di essere riuscita a trasferire quel bruciante punzecchiare di spillo a lui.
«Io amo Tyler Lockwood» la celiò allora l’ibrido, cambiando finalmente espressione.
Caroline ruotò gli occhi, tentando di minimizzare. «Lui è il tuo primo amore, Caroline... Io intendo essere l’ultimo» ghignò, sentendo quel bruciore cambiare d’intensità e farsi più discreto.
Le sembrava di stare giocherellando con un gingillo antico, trovato per caso in soffitta, tutto impolverato e pieno di ragnatele.
Era come un ricordo o un sogno, lontanissimo e di scarsa attinenza alla praticità del vero, del tangibile e dell’esistente, .
«So che sei innamorato di me» ribatté Klaus Mikaelson, e Caroline ammiccò.
«Lo eri davvero, non cercare di negarlo.»
Klaus abbassò lo sguardo e la ragazza si chiese se fosse per l’imbarazzo. Poco importava, comunque.
«Per discutere dobbiamo appellarci alle nostre vecchie battute» sospirò l’ibrido, masticando quella che un tempo sarebbe stata irritazione. «Dove sei stata negli ultimi trecento anni?»
«Lontano.»
Lo vide assottigliare lo sguardo, trapassando non lei ma quell’ultima parola da lei pronunciata. «In Australia.»
Caroline impiegò un secondo per trovare il coraggio di spiegarsi, e fu facile come parlare ad uno sconosciuto: «Nella mia vita c’era troppo passato. Davvero, non so come tu abbia potuto resistere per tutti questi secoli... Io, ad un certo punto, ho tagliato ogni cosa. Dovevo ricominciare da zero.»
«Non mi dirai che ti dispiace essere un vampiro.»
Caroline sorrise. Aveva davanti una persona che un tempo l’aveva emozionata, nel bene e nel male, e con cui aveva mischiato la propria esistenza; eppure ora... Ora non riusciva ad afferrare tutto quello che c’era stato. Questo pensiero le rimbombò dentro – maturava da quando era tornata – facendo accartocciare tutta la sua anima, ora malinconica.
«Quasi mi dispiace non aver accettato la tua offerta» sussurrò la vampira. La voce le uscì incrinata e quando alzò lo sguardo su di lui e si vide riflessa nei suoi occhi – colmi di... sgomento? – capì di essersi commossa nel comprendere che tutti quei ricordi non avevano più consistenza per lei, ed allora ecco che quel bruciore si era fatto nostalgia. «Quale delle tante, ti chiederai» rise, cercando di darsi un tono più scherzoso.
«Posso immaginare quale» mormorò l’Originale con voce roca. Forse, vedendola mutare così repentinamente dal disincanto alla commozione e seguendo il suo percorso logico, doveva essersi turbato anche lui di riflesso.
Le sfiorò una sottile ciocca di capelli, senza spostarla, e poi ritrasse la mano, come scottato.
 
«Sposami.»
Caroline sentì il bottone dei jeans saltare via insieme a quelle parole.
Maledizione.
Si stavano rivestendo dopo averlo fatto – e rifatto, e ririfatto, maledizione! ­– contro quella quercia. Non avevano aggiunto parole ai loro gemiti se non le promesse d’addio che si erano rivolti all’inizio – che lui, specificamente, le aveva rivolto. Non tornerò mai indietro.
Ed ora Klaus se ne usciva così.
Maledizione.
La vampira, in piedi, lo guardò allibita facendo calare il silenzio. Klaus le si avvicinò e a Caroline, nel suo stato di shock più totale, sembrò di notare una sfumatura rossa sulle sue guance.
«Sposami...» ripeté l’ibrido con voce più debole. Quasi... fragile?
Caroline sentì il proprio sangue congelarsi istantaneamente; quando lui accennò a sfiorarle una ciocca di capelli spettinata in cui si era impigliata una foglia secca, si ritrasse esplodendo in una risatina isterica.
Maledizione. Perché le veniva da ridere?
L’Originale parve farsi di sale.
«Non dire nulla» si affrettò a contraddirsi Klaus, con quella che sembrava agitazione, ma che non lo era di certo. I vampiri millenari non sono mai agitati.
«Non dire nulla.»
Maledizione.
Caroline lo guardò allacciarsi i bottoni della camicia così velocemente da far saltare l’ultimo e si domandò se l’Originale, riguardo a lei, avesse mai ragionato razionalmente o se si fosse semplicemente dimenticato come si aziona il cervello.
Perché non poteva, davvero non poteva, aver letteralmente pestato una merda come quella, scoprendo tutte le proprie carte. Prima faceva il duro e poi la pregava di sposarlo, guardandola con due occhi da cucciolo baston... Maledizione.
«Klaus...»
«Non dire nulla» la zittì ancora lui, iniziando a camminare.
Caroline ebbe la sensazione che, se avesse osato fermarlo, Klaus avrebbe potuto maledirla come una vecchia strega zingara.
E allora lo lasciò andare.
 
 
Caroline si aggiustò quella stessa ciocca che lui aveva sfiorato, nascondendola dietro l’orecchio. Sapeva di essere stata sempre dura con Klaus, ma lo era stata sin dall’inizio e lui, se non si considerava quel minuscolo ricordo che ora affollava le menti di entrambi, non aveva mai dimostrato una sofferenza o un’agitazione maggiori di quelle di un ragazzino che si vede negato dalla sua prima cotta. L’aveva salvata, aveva lasciato libero Tyler e si era sempre proposto con l’eleganza e la compostezza un po’ vintage di chi non è abituato a farlo. Era bellissimo, e per certi versi spiazzante e commovente, non l’avrebbe mai negato.
Però, si era detta spesso la vampira, Klaus non si era mai immolato sull’altare della dignità e della disperazione. E Caroline l’aveva sempre pensata in questo modo: non l’amava come Damon o Stefan avevano amato Elena.
Eppure in quel momento, guardando la ritrovata immobilità del volto dell’Originale – quell’immobilità che le aveva riservato fin quasi da principio di quell’incontro casuale – Caroline si domandò se, quel giorno lontano nel bosco, la merda per caso non l’avesse pestata lei.
La prima conferma dell’avvenuto pestaggio furono le parole dell’ibrido:
«Ho vissuto molto bene, Caroline, nonostante tu non abbia accettato quella proposta.»
Rabbia.
La seconda conferma fu la vampira che comparì, elegantemente vestita e con una coppa di champagne in mano, al loro fianco.
«Klaus, dov’eri finito? Ti ho cercato per tutta la sala...»
«Camille, ti presento Caroline. Caroline, mia moglie Camille.»
Rancore.
La terza conferma la vide splendere intorno al polso di lei quando, con un sorriso sincero, la moglie le tese la mano e Caroline riconobbe il bracciale di diamanti che un tempo era stato suo. L’ennesima offerta di Klaus che aveva rifiutato.
Rivalsa.
Camille era identica a lei. O, ragionò la vampira, era una possibilissima copia migliorata.
Di nuovo lo spillo ed il bruciore si fecero sentire e, per la prima volta da quando era tornata in America dopo la sua lunghissima nuova vita in Australia, Caroline vide quei ricordi lontani e passati riscuotere dal proprio dorso i centimetri di polvere accumulati nei secoli.
Allora, commossa, guardando Niklaus Mikaelson dritto negli occhi rabbiosi, rancorosi e rivali con tutta la pietà – quella che non aveva mai saputo mostrargli – e l’amore che fu in grado di evocare e trasmettere in un momento, la vampira scappò dal locale in cui era entrata per caso senza sapere di star varcando la soglia della propria vecchia vita.
 
 
L’ultima conferma, che non fu per lei ma da lei, la sussurrò all’ibrido centocinquanta anni dopo, quando si rincontrarono, di nuovo per caso, ad una latitudine diversa.
Ma quella volta i ricordi di Caroline bruciavano.
«Non ho saputo capire niente, Klaus. E ti chiedo perdono con tutta me stessa per come ti ho trattato. Davvero, non guardarmi così. Ascoltami. Avrei dovuto capirti senza giudicarti. Ma allora ero troppo giovane per saperti amare» gli confidò mentre il volto dell’ibrido si trasfigurava, lasciando esplodere quella rabbia che, dopo quel patetico ennesimo rifiuto, le aveva portato per secoli sulle sue labbra morbide, che trovò già schiuse.
La conferma che Niklaus Mikaelson sapeva amare – non innamorarsi, ma amare –.
E la conferma che Caroline Forbes poteva accettarlo.
 
 
 
 
 
 
Note:
Spero vi sia piaciuta.
Citazione “Ero troppo giovane per saperti amare” dal Piccolo Principe.
Baci,
Marina.
   
 
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