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Autore: Margal13    17/12/2014    2 recensioni
[-Creepypasta-]
[-Creepypasta-]Si dice che il fiore chiamato dahlia porti fortuna... a meno che non sia nero.
Ma la vita di Dahlia Chains era tutt'altro che fortunata.
[Remake della mia precedente storia]
Genere: Dark, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Si dice che il fiore chiamato dahlia porti fortuna... a meno che non sia nero.
Ma la vita di Dahlia Chains era tutt'altro che fortunata.
La quindicenne, infatti, iniziò a vestirsi di nero dal momento in cui i suoi genitori divorziarono. I suoi capelli lisci, lunghi fino ai fianchi e neri per natura, erano rasati sul lato destro.
Portava un piercing: una catena che partiva da un anello al lato destro del labbro inferiore e finiva con un altro anello posizionato all'estremità alta dell'orecchio destro.
I suoi occhi erano di colore grigio, e la sua pelle era talmente pallida da sembrare bianca.
La ragazza veniva spesso maltrattata dai suoi compagni di classe per via del suo aspetto. Quattro bulli l'avevano presa di mira e non facevano altro che pestarla e rinfacciarle la separazione dei suoi genitori, portandola ogni giorno all'esasperazione.
I suoi genitori non erano meglio.
La madre la lasciò nelle mani del padre non appena si risposò, trasferendosi in una città lontana e dando alla luce due gemelli. Suo padre si fidanzò con una donna estremamente cattiva, ed entrambi pretendevano troppo da parte sua, dicendole sempre cosa fare o cosa non fare.
L'unica cosa che la faceva stare bene era disegnare con il pennino e l'inchiostro: la ragazza era infatti una grande appassionata di manga e sognava di crearne uno tutto suo.
Era una giornata piuttosto mite, così Dahlia decise di indossare una felpa nera col cappuccio a maniche corte e la mise sopra alla sua maglietta grigia decorata solo da un teschio, poi lasciò aperta la cerniera.
Indossò dei jeans grigio scuro e delle All Star nere con delle borchie a piramide.
Prese un bracciale di cuoio nero fornito di borchie appuntite e lo mise al polso destro, mentre circondò quello sinistro con un altro bracciale di cuoio nero, questa volta a doppio giro e con dei piccoli teschi al posto delle borchie, risaltando così le unghie lunghe e smaltate di nero.
Riempì lo zaino di libri e quaderni, ed uscì dalla sua piccola camera dopo averlo posizionato sulle spalle.
Scese giù per le scricchiolanti scale di legno, attraversò il salotto ed aprì il portone senza degnare suo padre o la compagna nemmeno di un saluto.
Si sentì un po' orgogliosa nel vedere l'espressione offesa nel volto da cinquantenne con i capelli scuri brizzolati del padre George e quello da ultraquarantenne dai capelli corti e castani della sua fidanzata Sharon.
Camminò lungo il breve tragitto che la portava al liceo artistico che frequentava, e trattenne per un attimo il fiato quando adocchiò i quattro bulli che tanto odiava.
Il leader si chiamava Carl, aveva i capelli corti e biondi e gli occhi azzurri, mentre i suoi tre compagni si chiamavano Lucas, Frank e Steven, i quali avevano tutti e tre gli occhi marroni. Steven aveva i capelli neri ed era un po' più robusto degli altri; Frank aveva i capelli castani, più scuri e leggermente più lunghi di quelli del fratello Lucas.
Quest'ultimo notò la ragazza avvicinarsi all'ingresso della scuola ed avvertì i suoi amici, che poco dopo si avvicinarono a lei e le parlarono.
«Buongiorno, darkettona!» disse Carl.
Dahlia si limitò a fissare lui e i suoi amici con sguardo serio.
«Hai bisogno che ti insegniamo le buone maniere?» la minacciò Lucas, un po' irritato dal suo silenzio.
«No, grazie. Preferisco entrare in classe senza che voi mi diate fastidio.» ribatté lei.
«Ma come, vuoi già entrare? Manca ancora mezz'ora, e noi siamo ansiosi di divertirci con te come abbiamo fatto ieri all'uscita.» riprese Carl, sfoggiando un sorriso malefico.
Lo sguardo di Dahlia passò da serio a terrorizzato, ma scelse di non scappare.
«Vedo che vi sentite forti se siete insieme.» rinfacciò ai quattro con voce insicura.
«Hah! Al contrario dei tuoi genitori!» rispose il biondo.
Un brivido le percorse la colonna vertebrale, e non poté fare a meno di seguire l'istinto e piantare un pugno sul naso del ragazzo.
Egli indietreggiò di pochi passi, e i due fratelli bloccarono la ragazza tenendola per le braccia. Ignorò il dolore al naso e sferrò una gomitata sullo stomaco di Dahlia, facendola inginocchiare.
Ancora intontito per il dolore, il leader lasciò divertire Steven, che era l'unico che non tratteneva la ragazza.
Il ragazzo iniziò a lanciare pugni e ginocchiate a raffica per un breve periodo, poi si dovette spostare per far ricominciare Carl.
Dahlia, nonostante fosse molto debole e dolorante, riuscì a vedere il bastone nelle mani del biondino, il quale venne poi spaccato sulla sua testa e la mise definitivamente K.O.
La quindicenne si svegliò qualche ora dopo, e notò che si trovava sul soffice letto di camera sua.
Le mura bianche erano tempestate di poster delle sue band preferite e sulla scrivania dall'altra parte della stanza c'erano un computer portatile ed il suo barattolino di vetro per l'inchiostro con il pennino ancora dentro; sopra di essa vi erano due ripiani colmi di manga.
La ragazza si alzò di scatto ed uscì dalla camera, ma non prima di aver preso con sé il pennino ancora sporco. Camminò verso il bagno e vide suo padre e Sharon, ma loro erano troppo distratti per accorgersi di lei.
Entrò nel bagno e chiuse la porta a chiave cercando di non farsi scoprire.
Ad un tratto George e Sharon udirono dei singhiozzi e il pianto di Dahlia provenire dal bagno, perciò entrambi si precipitarono davanti alla porta.
«Tutto bene lì dentro?» domandò l'uomo.
«Sto una favola! Sono solo stata pestata per l'ennesima volta da quattro ragazzi, cosa volete che sia!?» rispose lei fra le lacrime.
«Apri la porta, Dahlia.» fece Sharon.
«NO!» urlò la giovane.
Dopo vari tentativi, i due adulti decisero di lasciar perdere ed uscirono di casa per fare delle commissioni.
«Noi torniamo stasera tardi. Cerca di riprenderti.» disse il padre ad alta voce prima di chiudere il portone.
La figlia non riuscì a sentire le sue parole, quasi ipnotizzata dal miscuglio di sangue ed inchiostro sul lavandino.
Alzò lo sguardo sul vetro dello specchio ed osservò la sua nuova opera.
Due sottili tagli partivano dal centro delle palpebre e percorrevano verticalmente entrambe le guance, somigliando a delle semplici lacrime. Il sangue che fuoriusciva dalle due ferite era nero per via dell'inchiostro sul pennino che aveva usato per autolesionarsi, così come le sue vere lacrime.
La ragazza cominciò a pulire il tutto e, quando si sciacquò il viso, vide che i due tagli erano rimasti di colore nero e se ne compiacque.
Ritornò nella sua camera ed appoggiò il pennino ormai pulito sulla scrivania, per poi rimettersi a letto.
Quando si risvegliò, guardò l'orario sul suo cellulare e vide che erano le due di notte. Balzò via dal letto e scese le scale in modo cauto per non farsi sentire e per non cadere.
Notò a malapena i giubbotti del padre e di Sharon, quindi si diresse in cucina. Era buio e non vedeva quasi nulla, ma dopo qualche minuto passato a sbattere i fianchi contro il tavolo al centro della stanza trovò l'interruttore ed accese la luce.
Aprì silenziosamente qualche paio di cassetti e mobili di legno verniciato di bianco prima di adocchiare un oggetto che le sarebbe tornato utile. Prese la mannaia in mano, sfiorò la sua lama con le dita e si procurò un taglietto, ma ciò non impedì ad un sorriso di comparire sul suo volto.
Sentì l'adrenalina scorrerle nelle vene mentre si avvicinava sempre di più alla porta della camera da letto dei due adulti, e con molta cautela la aprì e vi si addentrò.
Si fermò di fianco al corpo di Sharon, che dormiva beata a pancia in su. Con un solo movimento incavò un profondo taglio sulla gola della donna, la quale si svegliò immediatamente.
Tentò di chiedere aiuto al suo fidanzato, ma le sue braccia vennero bloccate dalla forte presa di Dahlia, che poi le tagliò i tendini per impedirle di muoverle.
Un'enorme quantità di sangue fuoriusciva dalla sua gola, impedendo alla donna di urlare ed impregnando il pigiama, il materasso e le lenzuola bianche. Dahlia la trascinò fino alla cucina prendendola per i piedi e, nonostante Sharon scalciasse con tutta la forza che aveva in corpo, riuscì a stenderla sul tavolo.
La ragazza notò che la vittima stava diventando sempre più pallida e debole, e delle lacrime sgorgavano dai suoi occhi azzurri. Capì che sarebbe morta in poco tempo, così si affrettò ad infliggerle più dolore possibile.
Le tagliò le braccia a colpi di mannaia e quando finì le gettò sul pavimento bianco, sporcandolo di un rosso intenso. Subito dopo passò alle gambe, e invece di staccarle si limitò a spellarle; il tutto accompagnato dalle urla soffocate della vittima.
Quasi le venne da vomitare alla vista dei muscoli e delle vene scoperte, ma era comunque felice del suo lavoro.
All'improvviso sentì un tonfo e si voltò, vedendo così la sagoma del padre avvolta quasi completamente nel buio.
«Che cosa... hai fatto...!?» sussurrò lui.
Sua figlia gli rispose con una risata malsana e fece uno scatto in avanti, pronta ad attaccarlo con la mannaia.
Non aveva notato la mazza da baseball fra le mani del genitore prima che la colpisse dritta in testa, facendola accasciare a terra. Nonostante fosse rimasta intontita e dolorante, Dahlia colse George alla sprovvista e lo ferì al polso, facendogli mollare la presa sulla mazza.
L'uomo appoggiò la mano sulla ferita per fermare la perdita di sangue e la ragazza ne approfittò per sferrare un altro colpo, questa volta procurandogli un grosso squarcio all'altezza dello stomaco. Egli barcollò e cadde a terra, facendole arrivare qualche schizzo di sangue in faccia. Una grande pozza si formò sotto il suo corpo, viaggiando lentamente fra una mattonella e l'altra.
La giovane fissò il padre dall'alto con i suoi occhi grigi leggermente spalancati, poi fece un lungo sospiro e piantò la lama della mannaia in mezzo alla sua fronte.
Estrasse la lama dalla fronte del cadavere e si girò verso Sharon, la quale aveva smesso di respirare già da tempo.
Dahlia rise di gusto finché delle lacrime nere non le solcarono il viso, ponendo fine alla sua breve felicità. Nonostante questo, la ragazza continuò a ridere ed uscì di casa dopo essersi pulita il viso.
Dopo mezz'ora di cammino arrivò in un vicolo cieco dove Carl e i suoi compagni avevano fatto baldoria, e la sua risata attirò la loro attenzione.
I quattro bulli, chiaramente ubriachi, le si avvicinarono.
«Eeehi, guarda chi c'è!» disse Carl fra i singhiozzi dovuti alla sbornia.
Quella fu l'ultima frase che riuscì a pronunciare.
Il giorno dopo, i poliziotti arrivarono sul luogo del delitto.
I quattro ragazzi erano stati sgozzati e privati degli arti, il tutto accompagnato da una scritta d'inchiostro sul muro che citava queste parole:
"La fortuna nera prima o poi colpisce tutti."
  
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