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Autore: Laly of the Moonlight    21/12/2014    2 recensioni
Dopo la partenza di Eragon e Saphira, cosa ne sarà mai stato di loro?
In questa one-shot ho immaginato come i sentimenti di Eragon nei confronti di Arya potessero evolversi dopo la conclusione del Ciclo dell'Eredità.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya, Eragon, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Alcuni dei personaggi presenti in questa fanfiction non mi appartengono, ma sono proprietà dell'autore; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro




Credits to Ailwing


L'incessante battito delle ali di Saphira era come una dolce nenia per Eragon. Lo portava a rilassarsi, a calmarsi e, soprattutto, a riflettere.
Se n'era andato, alla ricerca di una nuova terra in cui addestrare nuovi Cavalieri.
Se n'era andato, consapevole del fatto che nessun luogo conosciuto sarebbe stato adeguato a tale scopo.
Se n'era andato, perché aveva capito qual'era il suo ruolo e lo aveva accettato.
Ma soprattutto, se n'era andato per dimenticare.
Per dimenticarla.
Lei, Arya, l'elfa, la principessa.
I suoi pensieri si persero nei meandri della sua mente, così come il suo sguardo fece lo stesso in un punto indefinito dell'orizzonte.
"Arya..il tuo solo nome è per me dolce e amaro allo stesso tempo. Ti ho amata..ti ho amata davvero. Ma un semplice contadino poteva aspirare ad amare una principessa elfica? Potevo io avere qualche possibilità con te, che sei perfetta? No..non avevo alcuna possibilità. Tu mi hai sempre rifiutato, senza mai darmi nemmeno una speranza. Il tuo no è sempre stato categorico e l'ho accettato.
Ma non posso impedire al mio cuore di desiderarti, di provare per te quell'amore che non hai mai accettato.
E nemmeno posso impedire alla mia mente di ricordarti, di pensarti, di immaginarti qui, accanto a me, in groppa al tuo Firnen, mentre mi sorridi lieve, con i capelli scuri mossi dal vento. E' solo un sogno, un sogno ad occhi aperti. Il mio sogno di sempre, semplicemente tu. Un sogno mai destinato a divenire realtà, un sogno che rimarrà tale, un sogno che non so se mi abbandonerà mai.
Arya..già mi manchi, in questa solitudine che accompagna il mio viaggio. Certo, Saphira è qui insieme a me, ma non è la stessa cosa. Ti ho lasciata da poche ore e già mi sembra passata un'eternità. Mi manca tutto di te..la tua voce, le tue parole, persino i tuoi rimproveri.
Arya..dove sei ora? Chissà che starai facendo..sarai tornata a casa, nella foresta? Oppure avrai accompagnato i Warden nel loro cammino?
Arya, dolce sogno..dove sei?"
Il filo dei suoi pensieri venne improvvisamente interrotto da una presenza a lui familiare infiltratasi nella sua mente.
"Per quanto ancora la piangerai, piccolo mio?"
"Saphira.."
"Comprendo il tuo dolore, provo lo stesso tuo smarrimento ora che sono lontana da Firnen. Ma abbiamo una missione da compiere, il destino dell'intera Alagaësia è nelle nostre mani."
"Lo so..lo so. Ma in questo momento sto odiando questo nostro destino, che ci allontana da chi amiamo di più al mondo."
"Piccolo mio..non disperare. Sono sicura che andrà tutto bene..ci sono io con te."
"Grazie, Saphira. Grazie per le tue parole, per il tuo sostegno. Io..senza di te..sarei perso e non riuscirei a fare nulla."
"Nemmeno io sarei mai riuscita a fare tutto quello che ho fatto se fossi stata una dragonessa libera. Io dipendo da te, come tu dipendi da me. Io sarò il tuo sostegno e tu sarai il mio, e sarà così finché vivremo. Coraggio, nulla è impossibile per noi due."
Il ragazzo sorrise e diede una leggera pacca sulla spalla della dragonessa, grato delle parole che lei gli aveva rivolto, così dolci e materne. Era vero, senza Saphira lui sarebbe ancora un giovane contadino a Valle Palancar, intento a zappare la terra, a mietere il grano e ascoltare affascinato le storie di Brom, il cantastorie, il Cavaliere..suo padre.
Il ragazzo aveva deciso che ogni giorno avrebbe compiuto un giro d'ispezione dall'alto, in groppa a Saphira: non voleva sorprese nel suo viaggio in nave verso i confini del Mondo. E soprattutto, non voleva rischiare la vita degli elfi imbarcati con lui, né l'incolumità degli Eldunarì che portava con sé.

 


I giorni passavano, lenti ed inesorabili, portando con sé nuove scoperte, luoghi misteriosi ed affascinanti, strane creature ed una flora ancora più strana. Il fiume si stendeva davanti alla nave come un nastro di seta, azzurro di giorno e colorato d'argento dalla luce lunare di notte. La Talìta sembrava non avere nessuna difficoltà e si muoveva sinuosa sulla superficie liquida, destreggiandosi tra le anse e le rapide che costellavano il suo percorso.

Dopo cinque giorni di navigazione, la nave fu in vista della foce a delta del fiume, che si inoltrava in un bacino d'acqua di cui non si vedevano le sponde. Che fosse il mare?
Preso dalla curiosità, Eragon saltò in groppa a Saphira e partì per l'esplorazione. Volarono per diverse ore, delineando i confini di un lago immenso, l'acqua cristallina che rifletteva la loro immagine. Più di una volta la dragonessa lasciò che le sue ali lambissero la superficie perfetta del lago, rabbrividendo di piacere, creando scie schiumose e schizzando acqua intorno a creare una sinfonia di piccole onde concentriche.
Ai bordi la vegetazione era rigogliosa e molto varia, diversi alberi crescevano a differenti altezze creando un gioco di luci e colori quasi surreale. Dalla parte opposta, un affluente portava le sue acque al gigantesco bacino e ve le riversava formando una cascata alta almeno una trentina di metri. Sulla destra rispetto al punto di partenza vi era un altro fiume, che raccoglieva le acque del lago e si inoltrava nella foresta, serpeggiando tra le rive rocciose e scomparendo tra il fitto sottobosco di cui quella foresta sembrava essere ricca.
Ed infine, al centro, sorgeva un'isola enorme, talmente grande da sembrare un lembo di terraferma, un promontorio proteso verso quel deserto color lapislazzuli.
Eragon e Saphira ebbero lo stesso pensiero, non appena iniziarono a sorvolare le scogliere a picco e le foresti vergini presenti su quel terreno circondato dal mare: eccolo.
Ecco il luogo in cui avrebbero addestrato i nuovi Cavalieri.
Ecco il luogo che avrebbe visto la nascita di una nuova era.
Ecco il luogo che avrebbero finalmente chiamato "casa".
La dragonessa virò per tornare verso la nave, in modo che Eragon potesse avvertire tutti gli occupanti della loro scoperta.
In capo ad un paio d'ore, la Talìta veleggiava tranquilla verso una piccola spiaggetta sul lato ad est dell'isola misteriosa, fermandosi a pochi metri dalla riva. Gli elfi scesero, ammirando la sabbia bianca che si stendeva sotto i loro piedi, l'acqua trasparente e la vegetazione che si delineava verso l'entroterra.. Sembrava il paradiso terrestre, un luogo creato da Madre Natura per accogliere i suoi figli al termine del loro viaggio terreno.
Eden.
Così Eragon decise di chiamare quell'isola così rigogliosa e perfetta. Non sapeva che cosa significasse, ma gli suonava bene, dava l'idea di un luogo idilliaco.
Il sole stava ormai calando, dipingendo le acqua trasparenti del lago di rosso e arancio, mentre l'astro si andava a posare sulle spumeggianti altezze della cascata.
Eragon e gli elfi tennero una riunione sulle rive immacolate su cui erano approdati.
- Ormai il sole è tramontato. Non mi pare il caso di iniziare le esplorazioni via terra ad un'ora così tarda. Propongo quindi di accamparci qui e di partire domattina all'alba. Saphira farà un giro di ricognizione dall'alto, mentre noi ci muoveremo sul suolo. Ci sono obiezioni? -
Blodgharm incrociò lo sguardo dei suoi stregoni, poi scosse il capo in segno di diniego. Lo stesso fecero i suoi simili, quindi si diressero tutti alla barca, da dove vennero scaricate le provviste, le tende e le stuoie da usare come giaciglio.
La notte passò del tutto tranquilla e l'alba li sorprese ancora dormienti, con i suoi riflessi rosati e tenui. Mentre la compagnia di avventurieri si svegliava e iniziava a prepararsi per la partenza, il sole illuminò tutta la piccola baia con la sue luce dorata, annunciando un nuovo giorno di novità e scoperte.

Erano ormai passati anni da quel giorno, il giorno in cui Eragon e Saphira iniziarono la loro nuova vita lì, sull'isola di Eden.
Dopo due settimane di controlli ed esplorazioni, avevano ormai trovato il luogo ideale in cui far sorgere il nuovo complesso di costruzioni in cui alloggiare e addestrare i futuri Cavalieri di Drago. Ed infatti, molti nuovi Cavalieri erano giunti da Alagaësia per addestrarsi e perfezionarsi sotto la loro guida. Gli Eldunarì, dalla costruzione circolare in cui erano alloggiati, dispensavano saggi consigli a chiunque li richiedesse, affinché una tragedia come l'ascesa al potere di Galbatorix non si ripetesse mai più.
Le giornate passavano tra addestramenti pratici e lezioni teoriche, con l'immancabile esecuzione giornaliera della Danza della Gru e del Serpente.

Era una sera di fine estate, quando Eragon tornò sfinito dalle lezioni di quel giorno. Gli Urgali non erano proprio portati per lo studio della storia, aveva potuto appurarlo per l'ennesima volta quel pomeriggio. L'aria era tiepida, l'umidità era pressoché assente e la temperatura era piacevole, ragion per cui il ragazzo decise di salire su una delle torri che si innalzavano verso il cielo. Arrivato in cima, si appoggiò al parapetto con i gomiti, ammirando la luce del tramonto che scemava lasciando il posto alla notte. Una stella brillava solitaria nella volta celeste, la sua tenue luce azzurrina era chiaramente visibile, unico punto di luce nell'oscurità dilagante. Senza capirne il motivo, gli venne in mente Arya.
"Arya..quanto tempo è passato da quando ci siamo separati, da quando ci siamo detti addio? Anni..anni lunghi e faticosi, ma anche pieni di soddisfazioni e meraviglie. Con quanta gioia vedo crescere questi nuovi Cavalieri che tu mi mandi, che portano con sé il tuo marchio indelebile.
Arya..non ho più tue notizie, chissà dove sei, se stai bene o se ti sei sposata.
Arya..come passa il tempo.
Quanti anni sono passati, da quando ammiravo le stelle insieme a Brom? Quanti anni sono passati dal mio addestramento con Oromis, dalla mia battaglia con Galbatorix? Quanti anni sono passati da quando ho abbandonato Alagaësia per trasferirmi qui? Quanti anni sono passati da allora, Arya?"

- Lo sapevo che ti avrei trovato qui. -
Il cavaliere si voltò di scatto: era talmente assorto nei suoi pensieri da non essersi accorto dell'arrivo di qualcuno. La ragazza rimase immobile e gli sorrise, gli occhi azzurri scintillanti sotto la luce bianca della luna.
- E' tardi, la cena si raffredda. -
Eragon sorrise di rimando alla ragazza.
- Arrivo tra cinque minuti, aspettami giù. -
La ragazza dai lunghi capelli biondi annuì e si voltò, scendendo le scale che l'avrebbero riportata al piano inferiore. Eragon tornò ad appoggiarsi alla balaustra.
"Quanti anni sono passati da quando tu eri il mio sogno, Arya?
Ero convinto che ti avrei amata per sempre..finché non è arrivata lei."

Un sorriso gli increspò il volto, mentre il suo sguardo scendeva ad incontrare la figura della ragazza dagli occhi azzurri che camminava sul corridoio esterno esattamente sotto di lui, per poi tornare a posarsi sul manto stellato.
- Eri il mio sogno, Arya, lo eri davvero...ma ora ne ho trovato uno nuovo. Ti auguro di essere felice, ovunque tu sia. -
Sorrise ancora una volta guardando la volta celeste, poi si allontanò dal parapetto e scese le scale, lasciandosi alle spalle i sentimenti che per tanti anni avevano attanagliato il suo cuore.

  
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